Trento, 20 dicembre: manifestazione contro la repressione. “Massimo libero subito!”

Trento, 20 dicembre, presso il Tribunale di Piazza Venezia, dalle ore 10.30: Manifestazione solidale.

 

MASSIMO LIBERO SUBITO!

Contro l’abiura e coloro che la pretendono

La vicenda del nostro amico Massimo Passamani – anarchico roveretano e compagno di tante lotte sociali, in Trentino e altrove – è emblematica dei tempi che viviamo. Agli arresti domiciliari da oltre due anni per un cumulo di
sentenze definitive (tra le quali la condanna a un anno di reclusione per un’azione contro il TAV in Valsusa), Massimo sarebbe già libero se non fosse stato colpito da una misura cautelare per «tentativo di estorsione con finalità di terrorismo». Il motivo? Aver tentato, insieme ad altri compagni e compagne, durante il lockdown della primavera del 2020, di far mandare in onda a Radio80 di Rovereto un comunicato di denuncia sui detenuti che in quel momento venivano torturati e ammazzati nelle carceri (con i 13 morti a Modena e la mattanza di Santa Maria Capua Vetere). Oltre a ciò, il tribunale di Trento gli aveva già rifiutato la scarcerazione anticipata per non essersi «ravveduto» ed avere espresso una «spinta anti-Stato» in un suo articolo sull’archiviazione dell’omicidio Tenni (ucciso dai carabinieri ad Ala nel 2021). A ciò si aggiunge che a un altro nostro compagno – Rupert – è stata rigettata una misura alternativa al carcere per «la sua radicata adesione valoriale all’anarchismo» (e con analoghe motivazioni un’altra compagna, Sasha, si trova ai domiciliari con tutte le restrizioni, senza la possibilità di lavorare: non l’hanno messa in carcere solo perché ha figlie).

Il messaggio non potrebbe essere più chiaro: o l’abiura, o la galera. Non lo diciamo noi, ma le carte di tribunale.

Ora basta. Mentre sindacalisti e occupanti di case vengono arrestati o addirittura condannati per «associazione a delinquere» (come a Piacenza e a Milano); mentre dei nostri compagni – Juan Sorroche, Anna Beniamino, Alfredo Cospito – ricevono pene da ergastolo per azioni che non hanno provocato né morti né feriti; mentre lo stesso Alfredo, in sciopero della fame contro la tortura del carcere speciale e dell’ergastolo ostativo, rischia di morire rinchiuso in 41 bis per «una strage senza strage attribuita senza prove»; mentre l’uso creativo del diritto e i processi in videoconferenza diventano la «nuova normalità»… non prendere atto di questa situazione sarebbe soltanto cieco. Nel frattempo, se per compagni e compagne le misure non finiscono mai, i torturatori in divisa di Santa Maria Capua Vetere non hanno oggi nemmeno una blanda restrizione, mentre gli assassini in divisa di Modena non sono stati neanche indagati. Per chi ha torturato e ucciso, come sempre, nessuna conseguenza; per chi ha denunciato torture e omicidi, gli arresti domiciliari senza fine.

Conosciamo bene Massimo. Dalle “fratte” di Mori ai picchetti alla Bartolini di Rovereto, dalle vertenze nei cantieri e nei supermercati fino alla lotta contro la devastazione ad Alta Velocità, in tanti e tante abbiamo avuto modo di apprezzare la sua lucidità, il suo coraggio, la sua generosità. Se questo già basta e avanza per dargli tutta la nostra solidarietà, è innanzitutto per noi che dobbiamo lottare anche per lui. Nell’era delle guerre e delle Emergenze permanenti, del controllo sociale sempre più ossessivo e del capitalismo più onnivoro e assassino, ciò che ci giochiamo è la stessa possibilità di lottare, di pensare ad alta voce, di portare avanti pratiche conflittuali, di coltivare il pensiero critico e le idee di ribellione.

Per questo, in occasione dell’udienza di Riesame che questo 20 dicembre deciderà della libertà di Massimo, chiamiamo alla mobilitazione.

Trento, 20 dicembre, presso il Tribunale di Piazza Venezia, dalle ore 10.30
MANIFESTAZIONE SOLIDALE

per l’immediata scarcerazione del compagno Massimo Passamani;
contro le misure infinite a carico di compagni e compagne e le pretese di abiura;
contro lo Stato di Guerra ed Emergenza permanente;
contro
l’immiserimento, il controllo sociale e la repressione che ne ricevono alimento;
contro le condanne da ergastolo per Juan, Anna e Alfredo;
in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo e Anna contro il regime 41 bis e l’ergastolo ostativo.

Amiche e amici, compagni e compagne di Massimo

 


 

Il testo del comunicato che un gruppo di compagne e compagni ha cercato di far leggere, il 15 aprile 2020, dall’emittente Radio 80 di Rovereto:

Nonostante la durissima repressione che si è abbattuta su di loro (15 morti seguiti da trasferimenti e pestaggi per centinaia di persone) non si fermano le proteste e le rivolte dei detenuti. Non potrebbe essere diversamente. Mentre il contagio avanza nelle celle (a Bologna il primo morto da COVID19, nel carcere di Spini diversi contagiati, puniti due volte con l’isolamento), la linea dello Stato rimane la stessa: “Se crepate come topi, per noi non è un problema”. La lotta dei detenuti quindi continua.

A Santa Maria Capua Vetere le guardie attuano una rappresaglia dopo che 200 detenuti si sono barricati in una sezione: ne seguono botte e umiliazioni. Addirittura ai reclusi vengano rasati barba e capelli. Come ha dichiarato uno di loro in una coraggiosa intervista in cui denunciava le brutalità subite, «Da “detenuti” siamo diventati “prigionieri”, e c’è una bella differenza».

A Secondigliano i parenti protestano mentre è in corso una battitura, a Poggioreale i solidali bloccano anche il traffico e una delegazione di loro incontra il direttore della struttura. Nelle frattempo alle Vallette di Torino i carcerati in semilibertà pubblicano una richiesta di aiuto, battiture si svolgono anche a Rebibbia, Alessandria, Palermo e Ariano Irpino, a Crotone e Bologna comincia lo sciopero della fame e della sete. Nonostante il divieto di uscire di casa, in diversi territori e città compaiono scritte e manifesti di solidarietà alle proteste nelle galere. Questa lotta è anche la nostra. In nome della loro cara Sicurezza lo Stato e il governo stanno dimostrando il peggiore cinismo, non preoccupandosi né di limitare dei potenziali focolai di contagio, né tanto meno di evitare che degli esseri umani possano morire sotto chiave.

Porre un limite a questa indecenza è difendere la vita e la libertà di tutti. Rivolte e proteste esplodono ovunque in tutto il mondo. Regimi assolutamente totalitari come quelli di Iran e Turchia hanno posto agli arresti domiciliari più o meno 200.000 detenuti, mentre gli Stati democratici dell’Occidente non solo non hanno preso misure di questo tipo, ma hanno attivato misure di reclusione estrema che arrivano addirittura alla negazione delle cure mediche tempestive e non all’ultimo minuto, quando la vita del detenuto contagiato è già condannata, come è successo l’altro giorno a Voghera con la morte di un recluso, al quale è stato negato anche l’ultimo saluto con la sua famiglia che non è nemmeno stato informata della sua situazione. La responsabilità è di tutti quelli che lavorano per il sistema penitenziario, dal ministro alla guardia fino al medico del carcere che si attiene agli ordini dei politici invece che al giuramento di Ippocrate.

Ricordiamocelo, il silenzio è complicità!

LIBERARE TUTTI I DETENUTI
ANDRÀ TUTTO BENE SOLO SE ANDRÀ BENE PER TUTTI E TUTTE

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