Rassegna del 12/01/2023
Luca Busca: Caro amico, ti scrivo, …
Caro amico, ti scrivo, …
L’anno vecchio è finito, ormai Ma qualcosa ancora qui non va …
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno … *
di Luca Busca
La fine di un anno e l’inizio di quello nuovo sono da sempre l’occasione migliore per fare bilanci. Si parte generalmente con un bilancio consuntivo per passare poi a quello preventivo per l’anno seguente. Di suo il 2022 è stato un anno di rara intensità, carico di eventi che possono essere racchiusi in quattro capitoli diversi di bilancio:
1. La Pandemia.
Cronologicamente viene prima la delirante gestione della pandemia di Covid-19 iniziata nel 2020. A gennaio la situazione si fa insostenibile. A causa di provvedimenti tanto coercitivi quanto inutili si superano i 250 mila contagi quotidiani. La propaganda, scatenata a favore di un vaccino privo di qualsiasi capacità di immunizzazione, ha indotto un odio feroce nei confronti di tutti coloro, incolpevoli, che hanno fatto una scelta diversa da quella imposta dal regime. Provvedimenti come il Green pass, nelle sue molteplici forme, hanno soppresso i diritti umani, civili e sociali di una minoranza composta da quasi nove milioni di individui. Numero a cui vanno aggiunti i genitori vaccinati che si sono rifiutati di far sottostare i propri figli al ricatto della somministrazione di un farmaco sperimentale. Crimine, quello di imporre una vaccinazione inutile a bambini e adolescenti, sicuramente tra i più gravi mai perpetrati da un governo nei confronti dell’unico futuro possibile del paese, i giovani.
Con il passare del tempo tutte le menzogne pandemiche sono venute a galla: l’immunizzazione nulla, anzi negativa dopo sei mesi dall’ultima somministrazione; il sostanziale e generalizzato abbassamento delle difese immunitarie, causato da vaccini e restrizioni che ha ritardato l’endemizzazione del virus; la blanda se non addirittura inesistente difesa contro le forme più gravi; il protocollo di cura sbagliato (“Tachipirina e vigile attesa”), divenuto la principale causa di morte da Covid; accanimento contro l’uso di antinfiammatori, del plasma iperimmune, delle cure precoci e domiciliari con il medico in presenza.
Alessandro Visalli: Poche note sulla morte di Joseph Ratzinger
Poche note sulla morte di Joseph Ratzinger
di Alessandro Visalli
Sono stato pochi giorni fuori dall’Italia, raggiunto a stento dalla notizia della morte del papa emerito Benedetto XVI e quindi ignaro della sorprendente ricezione della notizia. Improvvisamente alla vicenda terrena del vescovo cattolico sono state appiccicate etichette e bandierine da parte dei più diversi attori. L’intero sistema dei media, come un sol uomo, ha montato il racconto del santo e dell’eroe (nonché del genio) mentre molta parte della cosiddetta “area del dissenso”[1] ha ricalcato lo schema, riproducendovi sopra i propri stilemi.
Entrambi, abbastanza palesemente, utilizzando l’uomo contro il papa in carica che ha diverse colpe: non si allinea con il sufficiente entusiasmo alla parte dei ‘buoni’ nella guerra in corso contro la Russia[2], sostiene ancora, se pure in forma attenuata e dilavata, temi pauperistici ed anticapitalisti (peraltro tradizionali nella plurimillenaria istituzione che dirige)[3]. Ha sbandierato vistosamente uno scontro con la Curia nei primi mesi del suo papato, probabilmente giungendo ad un ‘modus vivendi’ negli ultimi. Il discorso di Francesco è del resto fortemente antimondialista e radicalmente opposto alle deviazioni dell’economia finanziarizzata, come si può apprezzare in questo frammento all’avvio della sua ultima enciclica.
“12. ‘Aprirsi al mondo’ è un’espressione che oggi è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza. Si riferisce esclusivamente all’apertura agli interessi stranieri o alla libertà dei poteri economici di investire senza vincoli né complicazioni in tutti i Paesi. I conflitti locali e il disinteresse per il bene comune vengono strumentalizzati dall’economia globale per imporre un modello culturale unico.
Giorgio Griziotti: Sul Capitalismo digitale
Sul Capitalismo digitale
Francesco Maria Pezzulli intervista Giorgio Griziotti
Giorgio Griziotti, tra i primi ingegneri informatici laureati al Politecnico di Milano, ha esercitato la professione presso grandi aziende ICT, in Francia, dove ha vissuto in seguito alla sua partecipazione al movimento autonomo italiano degli anni ’70. La prima intervista a Giorgio Griziotti ho avuto modo di condurla nel 2016, in seguito alla pubblicazione di Neurocapitalismo, lavoro di fondamentale importanza per orientarsi nelle questioni del capitalismo digitale (vedi: “Neurocapitalismo, reti, comune”, in Sudcomune. Biopolitica inchieste soggettivazioni, n.1-2/2016). L’intervista che segue, invece, può essere considerata una continuazione della precedente (qui scaricabile: https://www.machina-deriveapprodi.com/post/la-rivista-sudcomune) dal momento che affronta gli sviluppi recenti della riflessione sul Neurocapitalismo e sull’impatto delle tecnologie avanzate sulle soggettività. L’intervista viene pubblicata contemporaneamente da Effimera e Machina.
****
Uno dei tanti meriti del tuo lavoro è legato al concetto di «Bioipermedia», ovvero un ambiente immateriale, fatto di tecnologie connesse, che influisce sui cambiamenti di soggettività ed è in grado di esercitare un controllo su ogni aspetto della vita dei singoli. Puoi raccontarci la formazione e lo sviluppo di questo concetto?
Ho introdotto una decina di anni fa il concetto di Bioipermedia, un termine derivato dall’assemblaggio di bios/biopolitica e ipermedia, in un numero speciale da me curato della rivista Alfabeta2 di Nanni Balestrini dal titolo “AlfaBioipermedia”[i] e poi l’ho ripreso e sviluppato in Neurocapitalismo[ii].
Federico Giusti: Notizie sulla guerra dal Fronte interno ed esterno
Notizie sulla guerra dal Fronte interno ed esterno
di Federico Giusti*
Non ci meraviglia l’imminente visita in Ucraina del Presidente di Confindustria e del Ministro delle imprese, trattasi di un viaggio pianificato da tempo con un Fondo di investimento Usa, il Blackbrock, il cui patrimonio totale supera 10000 miliardi di $ di cui un terzo in Europa, che farà la parte del leone (Il Fatto Quotidiano del 6\1\23) nella ricostruzione del paese.
E’ interessante consultare il sito del Fondo di investimento Voto per delega: il potere trasformativo della scelta BlackRock per leggervi una sorta di manifesto democratico degli azionisti giusto a ricordare come la democrazia, nell’attuale fase capitalistica, è svuotata di ogni sua prerogativa diventando una variante funzionale agli assetti del Mercato.
Un viaggio in Ucraina da tempo nell’aria e non per nulla isolato nel contesto europeo, si tratta di andare a raccogliere le briciole, tanto briciole non saranno, di un colossale affare economico e militare attorno alla ricostruzione post bellica del paese.
Geraldina Colotti: Guaidò e il “regno di Narnia”: in Venezuela c’è chi si preoccupa per il bottino
Guaidò e il “regno di Narnia”: in Venezuela c’è chi si preoccupa per il bottino
di Geraldina Colotti
Come si smantella una finzione a cui tutti hanno voluto credere pur sapendo che era tale? Certo, non proprio tutti, considerando che le nazioni esistenti sono 193, mentre i governi che hanno riconosciuto l’autoproclamazione di Juan Guaidó come “presidente a interim” del Venezuela sono stati “quasi 60”, poi progressivamente ridotti via via che la sinistra latinoamericana tornava a vincere nelle più importanti economie della regione, e che persino nell’Europa sdraiata dalle imposizioni Usa, i reali obiettivi della banda bucavano lo schermo protettivo.
Per l’imperialismo, a contare sono però solo i suoi paesi satelliti, a cominciare, beninteso, da quelli occidentali. Sono loro che hanno diritto di “battezzare” o “scomunicare” governi e presidenti. Solo loro hanno la “licenza” di strangolare i popoli con le “sanzioni”, passando sopra quelle regole, a cui i popoli devono sempre e comunque sottostare. E dunque, per una messinscena che abortisce, subito ne spunta un’altra.
Giuseppe Masala: Céline (Louis Ferdinand) batte OpenAI ChatGPT
Céline (Louis Ferdinand) batte OpenAI ChatGPT
di Giuseppe Masala
Nel mondo della tecnologia e in particolare dell’Intelligenza Artificiale sta spopolando l’ultimo strumento di Machine Learning denominato forse troppo precipitosamente “IA Generativa” dove con questo termine di “nuovo conio” si vorrebbe intendere uno strumento informatico in grado di generare immagini, testi, o addirittura anche melodie, partendo da una nostra semplice richiesta. Molto noto è per esempio lo strumento Stability.AI (Link: https://stablediffusionweb.com/ ) con il quale si può generare una immagine partendo da una semplice descrizione dell’utente, oppure lo strumento ChatGPT (Link: https://chat.openai.com/chat ) realizzato dall’Ente Non Profit americano che ha come obbiettivo la ricerca sull’intelligenza artificiale. Un ente, sia detto subito, finanziato potentemente da persone appartenenti al Gotha della Silicon Valley quali Altman, Musk, Hoffman e Thiel.
ChatGPT è uno strumento assolutamente rivoluzionario specializzato nell’interazione uomo-macchina che consente un dialogo tra l’utente e la macchina serrato e (quasi) indistinguibile tra quello che si ha tra due esseri umani.
Paolo Massucci: Lo stato attuale della democrazia
Lo stato attuale della democrazia
di Paolo Massucci
A dispetto della narrazione apologetica sulla nostra democrazia, l’Italia e in generale i Paesi del mondo occidentale, sin dagli anni ’80, ma con un’accelerazione a partire dall’implosione dell’URSS, hanno subito un attacco non solo alla democrazia sostanziale, ma anche ed in particolare a quella formale
Norberto Bobbio -in “Quale socialismo? Discussione di un’alternativa“, Einaudi, Torino 1976, p. 42- definisce la democrazia come ” un insieme di regole (le cosiddette regole del gioco) che consentono la più ampia e più sicura partecipazione della maggior parte dei cittadini, sia un forma diretta sia in forma indiretta, alle decisioni politiche, cioè alle decisioni che interessano tutta la collettività“.
Illustre filosofo del diritto del XX secolo, Norberto Bobbio fu sempre, indiscutibilmente, un intellettuale appartenente all’area liberal-socialista e la sua definizione di democrazia qui citata, peraltro elegante ed essenziale, si colloca pienamente nella tradizione liberale, in quanto circoscrive la definizione di democrazia a livello formale.
Gilbert Doctorow: Le guerre creano le nazioni
Le guerre creano le nazioni
di Gilbert Doctorow*
Nei media tradizionali si è parlato molto di come la guerra con la Russia, iniziata il 24 febbraio 2022, abbia forgiato l’Ucraina in una nazione sotto la brillante guida del presidente Zelensky. Questa nazione ha trovato fiducia in se stessa nella sua apparente capacità di resistere all’invasione armata da parte del potente vicino a est e persino di contrattaccare con un certo successo, misurabile nei grandi guadagni territoriali nell’oblast di Kharkov prima e in quello di Kherson poi. La nuova nazione ucraina sta condividendo le difficoltà e ci dicono che la speranza della vittoria la tiene unita, per ora.
Del fatto che un quarto della popolazione ucraina abbia abbandonato il paese non si parla. Non sto contando solo quelli che sono fuggiti in occidente, ma anche quelli che sono fuggiti in Russia. E perché si dovrebbe discutere il significato di questo fatto? Un quarto della popolazione dei tre stati baltici, un quarto dei rumeni e dei bulgari fuggirono all’inizio degli anni ’90 dopo il crollo delle economie dei loro paesi a seguito alla rottura dei legami commerciali con la Russia e mentre questi paesi tentavano, inizialmente senza successo, di integrarsi nei mercati europei. Che gli ucraini fuggano ora da una guerra mentre quelli di prima erano rifugiati economici, il risultato finale per chi rimane non cambia: e’ una specie di pulizia etnica autoinflitta che sfocia nella costituzione di una nazione politicamente piu’ omogenea dopo la crisi.
Nel frattempo, dall’inizio della “Operazione militare speciale”, nessuno ha parlato di come si sta formando una nuova nazione in Russia. La cosa non deve sorprendere ovviamente dato che i nostri esperti nelle università americane ed europee e nei centri studi hanno ormai smesso di essere centri studi sulla Russia, che era la loro funzione quando furono creati e per cui ricevono finanziamenti dall’inizio della guerra fredda nel 1949.
Franco Romanò: Verso le conclusioni
Verso le conclusioni
di Franco Romanò
L’articolo si collega ai precedenti già pubblicati qui, qui e qui.[E. A.]
Così riprende il testo:
Ora che abbiamo esaminato le diverse idee di costo elaborate da diverse generazioni di economisti, e le difficoltà che abbiamo incontrato, passeremo a discutere quali sono le relazioni fra il valore delle merci e il loro costo di produzione; e in particolare in che senso si può dire che il costo di produzione determina il valore e in che misura deve condividere il suo potere di determinazione con la domanda. Naturalmente la prossima parte della nostra inchiesta sarebbe stata più facile qualora avessimo trovato una chiara e definita concezione di costo di produzione, sulla quale fossero d’accordo gli economisti. In prima istanza abbiamo fallito, ma vedremo pure che nella dettagliata applicazione della nozione di costo alla teoria del valore saremo in grado di portare avanti la nostra analisi per un pezzo un po’ più lungo di strada prima di essere costretti di nuovo rinunciare a fronte di nuove difficoltà che possono finalmente spingere la nostra mente a considerare cosa intendiamo realmente quando parliamo di costo. La difficoltà è dovuta al fatto che. nella determinazione del prezzo di ogni particolare merce, la nozione di spese di produzione sarà sufficiente per molti propositi, senza che sia necessario decidere se 1) ci sia o meno l’ombra di “costi reali” oppure sacrifici dietro di esso; 2) un altro nome per utilità del prodotto (costo di opportunità), esso stesso costo reale in ultima analisi (non in quanto somma di denaro ma somma di cose consumate nella produzione) e se tale concetto abbia o meno un solido fondamento. Per alcuni qualsiasi definizione di costo funzionerà bene. Tutte tranne una e cioè il costo di opportunità nella sua estrema e più consistente interpretazione … che non ha alcunché a vedere con la determinazione del prezzo delle merci.
Le compagne e i compagni di Prospero: Un contadino nella metropoli, di Prospero Gallinari
Un contadino nella metropoli, di Prospero Gallinari
Introduzione
di Le compagne e i compagni di Prospero
Dieci anni fa, il 14 gennaio 2013, Prospero Gallinari moriva a Reggio Emilia. Colpito dall’ultimo e definitivo malore cardiaco, venne trovato nei pressi della sua abitazione, riverso al volante dell’automobile. Era agli arresti domiciliari per motivi di salute. Come ogni giorno, si apprestava a recarsi nella ditta dove aveva il permesso di lavorare svolgendo mansioni di operaio.
Ai suoi funerali presenziarono molte persone. Vecchi militanti delle Brigate Rosse, anziani esponenti del movimento rivoluzionario italiano, tanti emiliani che lo avevano conosciuto da giovane, e tanti giovani che avevano imparato a rispettarlo ascoltando le sue interviste, e leggendo il suo libro di ricordi intitolato Un contadino nella metropoli.
Sembrò e fu veramente un funerale di altri tempi. Una testimonianza di unione, e una occasione per legare insieme passato, presente e futuro, nel ricordo di un uomo la cui integrità era assolutamente incontestabile. La circostanza disturbò parecchio. Piovvero dichiarazioni di condanna e fioccarono persino denunce. Come si era potuto pensare di seppellire quel morto in quel modo? Ci sono cose, nel nostro paese, che non si devono fare. Scoperchiare l’infernale pentola della storia, come la chiamava Marx, può essere pericoloso.
Infatti la storia è un campo di battaglia. E lo è nel duplice senso di mostrarsi come terreno di lotta fra le classi tanto nel suo svolgimento, quanto nella sua ricostruzione postuma. Questo assunto, o se si vuole questa cruda verità, emerge nel modo più chiaro quando si parla degli anni Settanta italiani. A distanza di parecchi decenni, risulta evidente l’importanza politica e la vastità sociale del conflitto che vi si produsse fra il proletariato e la borghesia. Ma non per caso, dopo tutto questo tempo, le polemiche infuriano ancora senza esclusione di colpi, inscenando sempre lo stesso copione: il rifiuto, da parte della classe dominante, di ammettere che il proprio potere venne messo in discussione da una nuova generazione di comunisti, radicata nella società e intenzionata a dare senso concreto alla parola rivoluzione.
Megas Alexandros: Mattarella: “La Repubblica è di chi paga le tasse” – anche di ENI che le paga in Olanda?
Mattarella: “La Repubblica è di chi paga le tasse” – anche di ENI che le paga in Olanda?
di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Nell’ultimo discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intriso di affermazioni apodittiche e luoghi comuni vari – come solitamente i personaggi delle nostre istituzioni sono costretti a pronunciare per mascherare, agli occhi della gente, il disastro provocato dalle loro azioni – c’è una frase che più di tutte meriterebbe lo sviluppo di una tesi di dottorato, per far vedere quanto ormai i rappresentanti del popolo italiano non provino più neanche il minimo di vergogna nel prendere in giro il popolo stesso.
Sto parlando della famosa frase ad effetto pronunciata da Mattarella e sulla quale ogni mezzo di stampa ha posto l’accento:
La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte, perché questo serve a far funzionare l’Italia e, quindi, al bene comune.
Il siciliano di Castellammare del Golfo – bellissima cittadina del trapanese, terra di mafia, “culla” del latitante Matteo Messina Denaro e con una densità di logge massoniche tra le più alte in Italia – con questa frase, in perfetto stile “divide et impera”, ha voluto di fatto dividere i buoni dai cattivi, allo scopo di far ricadere sui secondi tutti i mali della nostra società.
Riccardo Zolea: Il socialismo nel XXI secolo
Il socialismo nel XXI secolo
di Riccardo Zolea
Recensione di SOCIALIST ECONOMIC DEVELOPMENT IN THE 21ST CENTURY . A Century after the Bolshevik Revolution di Alberto Gabriele e Elias Jabbour
Cos’è il socialismo oggi?
A più di 100 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre (1917) e più di 150 dalla Comune di Parigi (1871), cosa rimane del socialismo? L’onda lunga della Rivoluzione d’Ottobre è senz’altro finita, eppure… Eppure Cuba, Cina, Vietnam, Laos e (a suo modo) Corea del Nord continuano a dichiararsi socialisti (e questi Paesi contano una popolazione di oltre 1,5 miliardi di persone). In Sud America l’ALBA (Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America) raccoglie una decina di Paesi in un’alleanza di stampo socialista (Cuba, Venezuela, Nicaragua, Bolivia, Antigua e Barbuda, Dominica, Grenada, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, più altri Stati ospiti e osservatori anche non sud-americani). Infine, nel resto del mondo partiti socialisti o comunisti partecipano alle elezioni, spesso esprimendo maggioranze di governo.
Giuseppe Sapienza: Il capitale contro l’individuo
Il capitale contro l’individuo
di Giuseppe Sapienza
L’individuo è un essere obsoleto, inviso al capitale e il sistema cerca di disfarsene.
Nel 1987 Margaret Thatcher disse: «Non esiste una società. Ci sono singoli uomini e donne e ci sono famiglie e nessun governo può fare nulla se non attraverso le persone e le persone guardano prima a se stesse”.
Per Baudealaire ‘Non vi può essere progresso (vero, cioè morale) che nell’individuo e attraverso l’individuo stesso’, e secondo Nicolás Gómez Dávila ‘per Dio non ci sono che individui’.
Eppure, nel suo sviluppo naturale, il capitalismo trova nell’individuo un ostacolo nelle sue tre declinazioni di soggetto portatore di un’esperienza individuale, indicatore della domanda e mercato dell’offerta, e come cittadino.
L’individuo come esperienza