[Sinistrainrete] La critica di Marx all’umanesimo illuminista: una prospettiva ecologica rivoluzionaria

Rassegna del 26/01/2023

John Bellamy Foster: La critica di Marx all’umanesimo illuminista: una prospettiva ecologica rivoluzionaria

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La critica di Marx all’umanesimo illuminista: una prospettiva ecologica rivoluzionaria

di John Bellamy Foster

2021 02 12 Mario LupoÈ difficile negare che Karl Marx sia stato il principale critico rivoluzionario dell’umanesimo illuminista del XIX secolo. Nessun altro pensatore ha sviluppato una critica dell’Uomo astratto ed egoista dell’Illuminismo in così tanti ambiti – religione, filosofia, Stato, diritto, economia politica, storia, antropologia, natura/ecologia – né ha rivelato così a fondo la sua brutale ipocrisia.

Ma l’opposizione di Marx all’umanesimo illuminista può anche essere vista come un superamento di ogni altra analisi critica fino ai giorni nostri nel suo carattere distintivo di critica dialettica e storica. La sua risposta all’umanesimo borghese non consisteva in una semplice negazione unilaterale, come nella nozione althusseriana di una rottura epistemologica tra il primo Marx e il Marx maturo. Il suo approccio è stato invece più radicale e ha trasformato la sostanza del suo originario approccio umanista e naturalista in un materialismo evoluto.[1] Il risultato fu un simultaneo approfondimento della sua ontologia materialista, che ora assumeva un’enfasi definita e corporea, incentrata sulle condizioni della sussistenza dell’uomo, e la sua estensione all’ambito storico sotto forma di materialismo pratico.

L’analisi di Marx è stata quindi unica nell’offrire una sintesi superiore che prevedesse la riconciliazione tra umanesimo e naturalismo, umanità e natura. Piuttosto che fermarsi a una mera antitesi (come nella maggior parte delle concezioni “post” contemporanee), l’oggetto era il superamento delle condizioni materiali del modo di produzione capitalistico che avevano fatto dell’umanesimo illuminista la forma paradigmatica del pensiero borghese.

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Roberto Finelli: Due libri di Silvio Maresca

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Due libri di Silvio Maresca

di Roberto Finelli

Silvio Maresca, Socialtotalitarismo (Armando, Roma 2021) e La doppiezza dell’Occidente (Armando, Roma 2022)

foto decadenzaSocialtotalitarismo e La doppiezza dell’Occidente sono due testi di Silvio Maresca che formano un’endiadi, un percorso cioè che va letto unitariamente, per comprenderne la significativa attualità: non solo quanto a discorso sul presente ma anche, più in generale, sulla natura e sulla destinazione ontologico-storica di ciò che è “modernità”.

In Socialtotalitarismo la riflessione è svolta sulla rivoluzione digitale, sul suo carattere epocale, sui modi profondissimi, che ne vengono conseguendo, di trasformazione dell’esperire individuale e collettivo, di nuovi generi di socialità e di identità personale, di nuove configurazioni nelle istituzioni della democrazia politica.

Riguardo alla scoperta e alla diffusione del digitale Silvio Maresca non è certamente affetto da tecnofobia e da rifiuto verso i nuovi dispositivi inventati dall’informatica e dalla scienza dell’informazione. Egli infatti mostra di essere ben consapevole che il presente vada analizzato senza atteggiamenti tradizionalisti e conservatori e che le nuove tecnologie rappresentano una risorsa, fatta di una strumentazione sorprendente e innovativa, che potrebbe sollecitare ed aiutare l’umanità intera a entrare in una più estesa unificazione ed autocoscienza di sé. Proprio secondo quell’istanza definita da J. Habermas “costellazione postnazionale” che vede kantianamente un processo di nuova teoria e pratica della democrazia attraverso il progressivo allargamento, quanto più esteso possibile, di una “sfera pubblica illuminata”, capace cioè di reciprocità di discorso e di confronto tra le ragioni.

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Davide Fabbri: Elly Schlein, la finta candidata del cambiamento

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Elly Schlein, la finta candidata del cambiamento

di Davide Fabbri

Il personaggio politico Elly Schlein è un caso esemplare da manuale che andrebbe studiato nelle scuole di cultura politica per chi vuole ottenere consenso e successo a dispetto di tutti.

Schlein è la rappresentazione plastica della involuzione della dignità e della coerenza in politica. Il suo percorso politico, le sue scelte, le decisioni assunte nelle istituzioni rappresentano una lezione straordinaria di scaltrezza, astuzia e arrivismo da studiare appunto nelle scuole.

La mitica Elly è stata europarlamentare eletta nel PD da sostenitrice della mozione di Pippo Civati (2014-2019); si è poi allontanata (per finta) dal PD e si è candidata alle elezioni regionali in Emilia-Romagna del 2020 nella lista fintamente di sinistra EMILIA~ROMAGNA CORAGGIOSA, è stata eletta all’Assemblea legislativa facendo incetta di voti fra giovani disinformati e ha svolto il ruolo di vicepresidente nella giunta regionale dell’uomosoloalcomando Stefano Bonaccini.

Alle elezioni politiche del settembre 2022 si è candidata alla Camera dei Deputati nella lista del Partito Democratico, venendo eletta, affermando di non essere del PD (certamente, le crediamo).

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Caitlin Johnstone: Gli Stati Uniti possono aiutare l’Ucraina a lanciare un’offensiva in Crimea?

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Gli Stati Uniti possono aiutare l’Ucraina a lanciare un’offensiva in Crimea?

di Caitlin Johnstone

In un nuovo articolo intitolato “Gli Stati Uniti si preoccupano di aiutare l’Ucraina a prendere di mira la Crimea “, il New York Times riferisce che l’amministrazione Biden ora ritiene che Kiev potrebbe aver bisogno di lanciare un’offensiva sul territorio che Mosca considera parte della Federazione Russa dal 2014, “anche se una tale mossa aumenta il rischio di escalation”.

Citando funzionari statunitensi a condizione di anonimato, il New York Times ritiene che “l’amministrazione Biden non pensa che l’Ucraina possa conquistare militarmente la Crimea”, ma che “la Russia deve credere che la Crimea sia a rischio, in parte per rafforzare la posizione dell’Ucraina in eventuali negoziati futuri”.

È difficile immaginare che un assalto su vasta scala a un territorio geo strategicamente cruciale a lungo considerato parte della patria russa non provochi una grande escalation. E come nota Dave DeCamp di Antiwar, piccoli attacchi alla Crimea hanno effettivamente visto un’escalation significativa da Mosca, contrariamente a quanto affermato nell’articolo del NYT.

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Enrico Tomaselli: ‘Vittoria’ è una parola pericolosa

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‘Vittoria’ è una parola pericolosa

di Enrico Tomaselli

Le armi della propaganda aprono il fuoco sempre prima di quelle sul campo. Preparano il terreno alle seconde. E – all’interno del fuoco propagandistico – ogni mutamento di linguaggio indica un preciso aggiustamento della strategia militare.

Per comprendere ogni singolo passaggio della guerra in atto, è necessario capire gli obiettivi che in essa hanno i due (attuali) contendenti reali, ovvero USA e Russia; per gli Stati Uniti, l’obiettivo militare (quello politico va ovviamente oltre) è una guerra prolungata, che duri quanto più possibile, senza arrivare però ad un fronteggiamento diretto di massimo livello.

 

La propaganda precede le armate

Affinché l’obiettivo della lunga durata sia perseguito, si è reso necessario sin dall’inizio che l’intensità del conflitto fosse opportunamente graduata, tenuta ad un livello di costante – e crescente – tensione bellica, impedendo che si realizzi qualsiasi accadimento decisivo, capace di accelerare la fine del conflitto.

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comidad: Una Meloni coerente con la propria nullità

comidad

Una Meloni coerente con la propria nullità

di comidad

Il fatto che colei che nel settembre scorso il settimanale tedesco Stern definiva la “donna più pericolosa d’Europa”, si sia rivelata invece la servetta più prona dell’orbe terracqueo, viene moralisticamente annoverato come un caso di incoerenza. In realtà l’incoerenza non esiste, e ciò che potrebbe apparire come tale, è in effetti solo la diretta conseguenza dell’inconsistenza pratica delle proprie idee politiche. Il nazionalismo, che la Meloni diceva di professare, è una suggestione propagandistica spesso efficace; ma, come categoria politica, il nazionalismo è stato sempre un gran vuoto. La Meloni si dimostra quindi del tutto coerente con la propria nullità.

Il nazionalismo è uno dei babau preferiti dal politicamente corretto poiché la malvagità dei nazionalisti consente, in base allo schema buono-cattivo, di legittimare indirettamente l’internazionalismo del capitale finanziario. Ma il nazionalismo non esiste sul piano della prassi politica, per cui nell’agire o si è imperialisti o si è antimperialisti; e, se si vuole essere antimperialisti, il primo imperialismo da combattere è il proprio.

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Alessandro Bagnato: Perché l’eccesso di mortalità non è dovuto né al Covid né alle mancate cure

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Perché l’eccesso di mortalità non è dovuto né al Covid né alle mancate cure

di Alessandro Bagnato

20230120T101419 cover 1674209658209Ora che anche la BBC pubblica un tweet come quello qui sotto, possiamo presumere che l’aumento della mortalità registrato in questi ultimi due anni nel mondo, e in particolare i paesi del mondo occidentale, sia un dato condiviso anche da chi prima lo negava.

L’eccesso è particolarmente anomalo sia per la sua ampiezza sia perché arriva quando, con l’affievolirsi della pandemia, era atteso un rientro della mortalità in direzione della media pre-pandemica.

A questo fenomeno è stato spesso associato quello delle morti improvvise, le cui notizie riempiono con sempre maggiore frequenza le cronache locali. Sono soprattutto giovani sani, che muoiono improvvisamente nel sonno, sui banchi di scuola, in monopattino, al bar, al museo, mentre fanno sport, ecc.

Qualcuno ha fatto rilevare che i malori improvvisi ci sono sempre stati e quindi non ci troviamo davanti a nessuna novità.

E’ proprio così?

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Thomas Fazi: La distopia globalista di Davos

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La distopia globalista di Davos

di Thomas Fazi

Sul sito Unherd una interessante analisi di Thomas Fazi sulla filosofia di base di questa organizzazione, che può essere considerata un emblema quasi caricaturale delle istituzioni globaliste: l’obiettivo è scindere la politica dal processo democratico e il mezzo per garantirne il successo è l’infiltrazione nelle istituzioni statali e internazionali. Aldilà di ogni complottismo, perché tutto è dichiarato in maniera aperta

davos 4.0 638x368Migliaia di membri dell’élite mondiale si sono riunite in questi giorni a Davos per il loro più importante raduno annuale: l’incontro del World Economic Forum (WEF). Accanto ai capi di Stato di tutto il mondo, sono discesi nella capitale svizzera, tra gli altri, gli amministratori delegati di Amazon, BlackRock, JPMorgan Chase, Pfizer e Moderna, come anche la presidente della Commissione europea, la direttrice operative del FMI, il segretario generale della Nato, i vertici dell’FBI e del MI6, l’editore del New York Times e, naturalmente, il famigerato “Cicerone” dell’evento, il fondatore e presidente del WEF, Klaus Schwab. Fino a 5.000 soldati sono stati mobilitati a protezione dell’evento.

Data la natura elitaria quasi caricaturale di questo “festival”, è naturale che l’organizzazione sia diventata oggetto di ogni sorta di teoria del complotto riguardo al suo presunto intento malevolo e alla sua “agenda segreta” legata al cosiddetto “Grande Reset”. In verità, non c’è nulla di cospiratorio nel WEF, nella misura in cui le cospirazioni implicano segretezza. Al contrario, il WEF – a differenza, ad esempio, del Bilderberg Group – è molto aperto sulla sua agenda: si possono persino seguire le sessioni in streaming online.

Fondato nel 1971 dallo stesso Schwab, il WEF è “impegnato a migliorare lo stato del mondo attraverso la cooperazione pubblico-privata”, nota anche come “governance multistakeholder”. L’idea è che il processo decisionale globale non dovrebbe essere lasciato ai governi e agli Stati-nazione — come nel quadro multilateralista del dopoguerra sancito dalle Nazioni Unite — ma dovrebbe coinvolgere un’intera gamma di “stakeholder”, o parti interessate, non governative: organismi della società civile, esperti accademici, personaggi dei media e, soprattutto, multinazionali.

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Davide Carrozza: Racconti di piombo

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Racconti di piombo

di Davide Carrozza

#1

anni di piombo2Quella mattina di Giugno del ‘76 Marcella aprì discretamente la porticina del mio scompartimento. Un dolce quasi impercettibile “permesso” confermò che quella donna bellissima avrebbe viaggiato con me. Subito per istinto nascosi tutti i ritagli di giornale nella cartellina non badando al loro ordine. Mentre dicevo “lasci non si preoccupi” avevo già preso la sua mastodontica valigia e con uno sforzo sovraumano l’avevo issata sul porta bagagli. Parlammo. Era di Pisa, stava tornando li per andare a votare. Io invece stavo andando a Genova ad unirmi al comando brigatista che di lì a pochi giorni avrebbe freddato il giudice Coco. Ovviamente non glielo dissi.

In quel periodo avevo paura di chiunque incontrassi, cercavo di carpire in ogni volto segnali di pericolo per la mia incolumità da buon clandestino, ma quella donna non mi fece paura, forse me ne stavo già innamorando. Finalmente mi trovavo a parlare con agio con un membro della società civile, anzi una vera e propria borghese in carne e ossa, e che borghese! Che lo fosse lo avevo capito dagli occhiali e dalla camicia di raso con fantasia di rombi, nonostante i jeans sportivi a vita altissima. “Noi abbiamo sempre votato lo scudo crociato e ci siamo sempre trovati bene” Stranamente non provai ribrezzo a queste parole, ma un’incredibile curiosità, la stessa curiosità che mi faceva volerle strappare di dosso quella camicia. Anni dopo, sulle mura del carcere di Poggio Reale vedevo il mio fantasma, quello che sarei stato. Come sarebbe stata la mia vita se invece di combattente comunista fossi diventato impiegato d’azienda borghese, marito di Marcella?

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Piccole Note: Ucraina. L’assassinio della pace e l’escalation prossima ventura

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Ucraina. L’assassinio della pace e l’escalation prossima ventura

di Piccole Note

Pochi ricordano ormai che nei primi mesi di guerra si erano svolti dei negoziati di pace tra russi e ucraini. E pochi ricordano che tali negoziati avevano portato risultati, nonostante i vari tentativi di affossarli da parte dei circoli atlantisti e delle fazioni più intransigenti di Kiev.

 

L’assassinio di Kireev e i negoziati di pace

Tra questi, l’assassinio del banchiere Denis Kireev, che faceva parte delle delegazione ucraina che si era incontrata più volte con la controparte russa. Kreev fu ucciso a Kiev dal controspionaggio ucraino perché accusato di essere una spia russa e il suo assassinio fu spiegato come accidentale.

A dare un’altra versione dell’accaduto è niente di meno che il Wall Street Journal, che pur evitando di contraddire apertamente la versione di Kiev, la mina nel profondo.

A riferire l’altra versione è Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare ucraina (GUR) che, interpellato dal WSJ, ha spiegato come Kireev, mentre era impegnato nei negoziati, fu contattato di notte da Oleksandr Poklad, membro del controspionaggio, che gli chiese di incontrarlo.

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Matt Colquhoun: Note sul surrealismo capitalista

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Note sul surrealismo capitalista

Il lato psichedelico di Mark Fisher

di Matt Colquhoun

Il surrealismo, rifiutando qualsiasi aldilà distinto da questo mondo e professando una dottrina dell’immanenza, resta sempre e comunque, in quanto squalifica del Mondo oggettivo, il messaggero di una certa trascendenza.

Ferdinand Alquié, Filosofia del Surrealismo

Nella sua Filosofia del Surrealismo, Ferdinand Alquié ha messo in luce una particolare tensione che ho sempre cercato di chiarire nell’opera di Mark Fisher: il contrasto tra l’immanenza e la trascendenza.

È un problema che attraversa l’intera opera di Fisher. Eppure è soltanto davanti alle promesse inadempiute di Comunismo Acido che le persone sembrano iniziare a prendere sul serio il lato psichedelico del suo lavoro, il suo viaggio liberatorio; è soltanto pronunciando ad alta voce questa parte, generalmente sottaciuta, che la gente pare prenderne nota. E anche in questo caso, soltanto alla fine.

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Marco Cattaneo: Il punto chiave della riforma MES, e perché va bocciata

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Il punto chiave della riforma MES, e perché va bocciata

di Marco Cattaneo

La riforma del MES peggiora un trattato già di per sé orribile. La modifica principale riguarda la possibilità di utilizzare la capacità d’investimento del MES per intervenire sulla risoluzione delle crisi bancarie.

Il che equivale a dire “tappare buchi di banche in difficoltà”, dove le difficoltà nascono da politiche di affidamento o di investimento imprudenti.

Questa possibilità sarebbe condizionata a buoni parametri di finanza pubblica dello Stato che chiede di accedere al MES per sostenere le sue banche. Non ci vuole un genio per capire che i parametri di finanza pubblica saranno considerati adeguati nel caso (per esempio) della Germania e della Francia, e non nel caso dell’Italia.

In sintesi: se le banche italiane hanno problemi, dovremo come sempre cavarcela da soli. Se le banche tedesche o francesi vanno nei guai, si utilizzeranno soldi (anche) nostri.

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Marta Mancini: Diritti per tutti, o quasi

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Diritti per tutti, o quasi

di Marta Mancini

La protesta del popolo iraniano contro il regime oppressivo dei diritti umani sta suscitando nelle società occidentali sentimenti di solidarietà e di ammirazione per i giovani in rivolta che non temono di rischiare e di sacrificare la vita per riprendersi il paese e costruire un futuro di libertà. Numerose sono le vittime – stando al rapporto di Amnesty International – migliaia le perquisizioni, gli arresti, le torture e le sparizioni. L’Iran non è nuovo alle rivolte che si sono susseguite dal tempo della costituzione della Repubblica Islamica di Khomeini, alternando da lì in poi fasi di turbolenza sociale e di fragile tolleranza con la restaurazione di forme repressive ancora più cupe. In assenza di contronarrazioni, non è facile bucare la cortina propagandistica con la quale l’occidente rappresenta all’opinione pubblica ciò che accade in quella parte di mondo e c’è molto da temere per il popolo iraniano e per le ripercussioni nei già disastrosi dis-equilibri internazionali. Altre rivolte “dal basso” (Serbia, Libia, Tunisia, Iraq, Afghanistan, Siria, Ucraina, per nominarne solo alcune) hanno visto stravolti gli obiettivi di liberazione e di autodeterminazione dei popoli, strumentalizzate da altri contendenti interessati all’accaparramento delle risorse del sottosuolo, al foraggiamento degli apparati militari e all’implosione del “satana” di turno per mire geopolitiche più che all’esportazione della democrazia.

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