[Sinistrainrete] Leonardo Mazzei: Nucleare? No grazie! In risposta a Thomas Fazi

Rassegna del 19/02/2023

 

 

Leonardo Mazzei: Nucleare? No grazie! In risposta a Thomas Fazi

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Nucleare? No grazie! In risposta a Thomas Fazi

di Leonardo Mazzei

Un’indagine impeccabile sulla questione dell’uso civile dell’energia nucleare, una critica frontale a chi si ostina a non capire o fa finta di farlo

no nukeL’articolo di Thomas Fazi — «Perché l’Occidente dovrebbe diventare nucleare» — lascia sinceramente sconcertati. Se il titolo è già un programma, il contenuto è un vero concentrato di luoghi comuni, di superficialità, di cieca adesione alla narrazione della lobby nucleare. Ma la cosa più sconcertante è che l’autore non è un propagandista della casta neoliberista al potere. Al contrario, Fazi si definisce un “sovranista di sinistra”, ed in base ai suoi scritti che conosciamo la definizione ci appare alquanto corretta.

E’ qui che il problema si fa più inquietante. Cosa spinge un “sovranista di sinistra” ad assumere una posizione del genere? Se l’articolo in questione fosse stato opera di un qualsiasi fanatico dell’atomo, come quelli che calcano il palcoscenico mediatico da mezzo secolo, ci sarebbe stato ben poco da dire. Che l’abbia invece scritto uno come Fazi lascia piuttosto interdetti.

La cosa è dunque intrigante. E una risposta è francamente dovuta. Del resto, non si tratta di un caso isolato. Alla fine dello scorso mese di ottobre sono stato invitato dagli amici di Pro Italia ad un loro convegno sull’energia. In quella sede ho rappresentato le ragioni del no al nucleare, confrontandomi in una tavola rotonda con Fulvio Buzzi, un PhD in Ingegneria Energetica, convinto sostenitore del sì all’energia atomica ed amministratore della pagina Facebook L’Avvocato dell’Atomo.

Il gruppo che si raccoglie attorno a quella pagina è un club di sfegatati sostenitori dell’energia nucleare, ma L’Avvocato dell’Atomo è anche il titolo di un libro di Luca Romano, edito proprio da Fazi Editore. Che dire? Il cerchio si chiude.

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Lorenzo Velotti: Graeber: l’antropologia e le alternative possibili

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Graeber: l’antropologia e le alternative possibili

di Lorenzo Velotti

Oggi [12 febbraio 2023] David Graeber avrebbe compiuto 62 anni. Per ricordare l’antropologo scomparso nel settembre 2020, pubblichiamo oggi la postfazione di Lorenzo Velotti a Le origini della rovina attuale, tradotto dall’inglese da Carlotta Rovaris, pubblicato da E/O nel settembre 2022 nella collana BPM, curata da Goffredo Fofi. Ringraziamo l’editore per averci consentito la pubblicazione di questo contributo [Gli asini]

33. tuffo dal Malecon 1536x1002L’idea di accogliere David Graeber tra gli autori della Piccola Biblioteca Morale risale all’inizio del 2020. Avremmo voluto fare un libro-intervista: ne avevo parlato a lungo con David che, da vivo sostenitore della natura essenzialmente dialogica del pensiero, ne era entusiasta, e avevamo pianificato sei ore di conversazione. Vivevo a Londra, l’anno precedente ero stato un suo studente, avevamo stretto un rapporto e, in quel periodo, ci vedevamo soprattutto in conviviali contesti di lotta politica. Partendo dalla considerazione che Graeber – grande nome dell’antropologia contemporanea e punto di riferimento dell’attivismo libertario (soprattutto nel mondo anglosassone e in Francia) – non fosse altrettanto conosciuto nel panorama italiano, pensavamo potesse essere utile trattare alcuni dei problemi contemporanei, italiani e globali, a partire dai suoi studi e dalla sua esperienza.

L’idea, purtroppo, non si concretizzò. Ci dicemmo che avremmo fatto le interviste non appena fosse finita la pandemia, ignari di quella che ne sarebbe stata l’effettiva durata. A settembre 2020 Graeber ci lasciò all’improvviso, mentre si trovava in vacanza a Venezia dopo aver terminato il suo ultimo libro, L’alba di tutto (Graeber e Wengrow, 2022). In tanti – studenti, amici, attivisti – ci rendemmo conto della nostra totale impreparazione di fronte alla mancanza di dialogo con David. Eppure, ci trovammo costretti a trasformarlo in antenato. Per quanto riguarda questo progetto, rimase la possibilità di tradurre in italiano qualcosa di inedito.

Non è stato difficile scegliere la prima parte di Possibilities: Essays on Hierarchy, Rebellion, and Desire (“Possibilità: saggi sulla gerarchia, la ribellione, e il desiderio”).

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Federico Simoni: Il rapporto sociale «che si presenta in una cosa»

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Il rapporto sociale «che si presenta in una cosa»

Legge del valore, carattere di feticcio e metodo della critica dell’economia politica: una lettura del primo capitolo del Capitale

di Federico Simoni

MAG16 INPRATICA2 Mimmo Paladino Calce1. Introduzione

Diversi studiosi marxiani hanno recentemente sostenuto che nel Capitale Marx elaborerebbe, più o meno consapevolmente, una vera e propria rivo­luzione epistemologica. Secondo Michael Heinrich, il pensatore di Treviri presenta nel primo capitolo dell’opera il concetto, del tutto originale, di “forma [sociale] oggettuale di una cosa”, rapporto sociale “che si presenta (darstellt) in una cosa”1 . Tale concetto innerverebbe sia la sua teoria del va­lore sia quella del feticismo delle merci, entrambe presentate in tale capitolo. Esso non è in effetti altro che il valore delle merci:

La forza-lavoro umana allo stato fluido, ovvero il lavoro umano, costituisce va­lore, ma non è valore. Esso diventa valore allo stato coagulato, in forma oggettuale [gegenstandlicher Form ]. Per esprimere il valore della tela come gelatina di lavoro uma­no, esso deve essere espresso come una ‘oggettualità’ [ Gegenstandlichkeit] che sia dis­tinguibile, cosalmente [dinglich], dalla tela stessa e che, allo stesso tempo, sia ad essa in comune con altre merci2.

Per Tommaso Redolfi Riva, in Marx “il carattere di feticcio che assume la socializzazione del lavoro nel modo di produzione capitalistico, il suo carattere oggettuale, è l’origine del feticismo nell’economia politica”3. Il nesso sociale tra produttori privati si trova, in questo “valore”, per così dire tradotto in forma di rapporto di cose. Il valore non rappresenta perciò una qualità dei prodotti come tali (in sé indipendente da questa forma deter­minata, socialmente e storicamente, dello scambio). Esso è però parimen­ti forma oggettuale, ovvero compare necessariamente in forme e rapporti di cose, dei prodotti del lavoro, in virtù diretta di tale nesso. Questo per Marx diviene ed opera realmente come un’oggettualità di fronte ai soggetti sociali stessi che lo attuano, predeterminando la forma della loro “azione sociale”4.

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Manlio Dinucci: Ucrania : la recita e la realtà

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Ucrania : la recita e la realtà

di Manlio Dinucci

Il Festival di Sanremo sarà ricordato come il “Festival dei due Presidenti”: il presidente della Repubblica Mattarella all’apertura e il presidente ucraino Zelenski alla chiusura. Quest’ultimo non appare in immagine, in seguito alle proteste levatesi in Italia. Resta però la sostanza: Zelenski invia al Festival di Sanremo un intervento che – annuncia il conduttore Amadeus incaricato di leggerlo – “viene tradotto addirittura dall’Ambasciata ucraina per poter essere proprio fedelissimi alla scrittura del presidente Zelenski”.

La recita che Zelenski fa al Festival viene messa, in questa puntata di Grandangolo, a confronto con la realtà di ciò che sta avvenendo in Ucraina, ricostruita attraverso drammatiche documentazioni visive.

Quale sia il reale ruolo di Zelensky lo rivela una inchiesta giornalistica pubblicata da The Guardian. Nelle elezioni presidenziali del 2019 l’attore Zelenski, divenuto famoso per la sua sitcom televisiva sulla corruzione dei vertici politici ucraini, si impegna a far finire la guerra in Donbass e a ripulire il sistema di governo dominato dagli oligarchi. Accusa il ricco Petro Poroshenko, presidente in carica, di nascondere i suoi beni in paradisi fiscali all’estero.

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Francesco Biagi: Di che cosa parliamo quando parliamo di ecomarxismo?

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Di che cosa parliamo quando parliamo di ecomarxismo?

Glosse a margine del volume di J. N. Bergamo

di Francesco Biagi

Il più grande pregio del volume di Jacopo Nicola Bergamo dal titolo Marxismo ed ecologia. Origine e sviluppo di un dibattito globale (Ombre Corte, Verona, 2022) è di restituire al pubblico italiano il dibattito internazionale, in gran parte anglofono, che si è sviluppato intorno al rapporto tra “marxismo” ed “ecologia”. Un connubio molto proficuo, ma ancora oggi troppo sottovalutato, perché il pensiero unico neoliberista ha seminato bene, “avvelenando i pozzi” del sapere critico negli spazi universitari e nella sfera pubblica, che – con buona pace di Jürgen Habermas – è tutt’altro che uno spazio aperto e plurale. Lo spazio della presa di parola nella nostra società è, di nuovo, tutt’altro che razionale e non è partecipato da soggetti liberi che confrontano le loro opinioni attraverso forme serie di argomentazione. La crisi climatica, il dissesto idrogeologico e la distruzione ecologica del mondo in cui viviamo è di fronte ai nostri occhi e si presenta come una catastrofe che sempre più accumula una violenza stimolata dal modo di produzione capitalista.

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Giovanni Dursi: A proposito di “Peace & Love”. “Linguaggi” post-moderni di pace, trasformazione sociale e “sinistra” frustratamente extraparlamentare

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A proposito di “Peace & Love”. “Linguaggi” post-moderni di pace, trasformazione sociale e “sinistra” frustratamente extraparlamentare

di Giovanni Dursi

La simbologia che ha storicamente accompagnato l’universale rivendicazione di pace – a partire dal 21 Febbraio del 1958 quando, con notevole rilievo sociale, un mobilitazione di massa sostenne iniziative per il disarmo nucleare – trova oggi nello sloganPeace & Love” un punto d’approdo di certa leadership della cosiddetta “sinistra” frustratamente extraparlamentare.

Alcuni esponenti di vertice di tale “sinistra” dimenticano il fatto – o si mostrano sprezzantemente non curanti dello stesso – che l’iconografia ed i “messaggi” del pacifismo (ad esempio, “fate l’amore, non la guerra”) sono stati del tutto riassorbiti dalla logica mercantile del capitalismo maturo che dell’epopea degli hippie e delle aspirazioni insurrezionali del Sessantotto novecentesco ne hanno fatto prodotti di consumo, dal brand Moschino alla Disney Pixar, per limitarci ad alcune aziende che operano globalmente.

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Renato Caputo e Holly Golightly: Lukács e la continuità fra Hegel e Marx

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Lukács e la continuità fra Hegel e Marx

di Renato Caputo e Holly Golightly

Lukács attribuisce ai limiti storici e sociali della Germania del tempo l’atteggiamento sempre più rassegnato e conciliativo di Hegel: l’arretratezza tedesca assurge così a criterio chiave di spiegazione dei tratti conservatori e dell’idealismo del pensiero di Hegel, nonché del carattere tragico delle sue scelte pratiche e teoretiche

Come mostra György Lukács, l’equiparazione di positività e oggettività anticipa la natura idealistica della concezione hegeliana dell’alienazione, ma, accanto a ciò, il giovane Hegel, sviluppando l’indagine sul soggetto collettivo nel suo decorso storico (il futuro spirito), arriva a concepire “l’oggettività vera e propria, l’indipendenza degli oggetti dalla ragione umana, come un prodotto dello sviluppo di questa stessa ragione, come un prodotto della sua attività”; non solo, ma viene già abbozzato il principio guida della futura filosofia della storia hegeliana: “in questa attività scaturisce qualcosa d’altro da ciò che gli uomini si sono proposti consapevolmente come mèta delle loro azioni, che i prodotti dell’attività sociale degli uomini scavalcano gli uomini stessi e acquistano nei loro confronti un proprio potere indipendente, un’oggettività specifica” [1].

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Piero Pagliani: Slittamento di paradigma

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Slittamento di paradigma

Paradossi, nonsense e pericoli di una svolta storica

di Piero Pagliani

b10bb0598ea2cb70aeb46311c0d51d78Nell’analisi che segue enuncio quelli che mi sembrano dei dati di fatto, tiro alcune somme, pongo una domanda per rispondere alla quale avanzo un’ipotesi sull’oggi e due sul domani concludendo con un’assunzione che in modo irrituale espongo alla fine e non all’inizio. In specifico:

Primo dato di fatto: la guerra contro Kiev ha sancito la fine del monopolio statunitense della violenza planetaria.

Secondo dato di fatto: la guerra stessa ha neutralizzato le sanzioni contro la guerra perché ha ampliato istantaneamente il campo d’attrazione russo.

Terzo dato di fatto: La Russia ha trasformato in una guerra sistemica quella che per lei è alla base una guerra esistenziale.

Prima conclusione: gli Stati Uniti stanno giocando la propria egemonia globale sul terreno più favorevole al proprio avversario, quello che lo ha sempre visto vincitore.

Ipotesi dello sfasamento cronologico: Lo sviluppo ineguale e i meccanismi del circuito globalizzazione-finanziarizzazione hanno suddiviso il mondo in due parti con processi di accumulazione disallineati, cosa che ha portato a una sfasatura rispetto al loro posizionamento nella crisi sistemica: economie finanziarizzate quelle più mature (Occidente collettivo) ed economie reali quelle più giovani (Sud collettivo).

La domanda fondamentale: si tratta solo dello scontro tra blocchi con sviluppo disallineato (cosa che lo avvicinerebbe a un classico conflitto interimperialistico) o da questo conflitto sistemico uscirà (obbligatoriamente?) uno scenario socio-economico che poggia su basi diverse?

Quinto dato di fatto: una nazione oggi può essere egemone globalmente solo a costi altissimi e quindi per un periodo molto limitato di tempo.

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Antonio Mazzeo: Soldati italiani nell’Europa dell’Est. 1500 pronti alla guerra con la Russia

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Soldati italiani nell’Europa dell’Est. 1500 pronti alla guerra con la Russia

di Antonio Mazzeo

1oknbqaIn meno di un anno è aumentato di cinque volte il numero dei militari italiani schierati in Europa orientale alle frontiere con Ucraina, Russia e Bielorussia. Sui 7.000 effettivi impiegati attualmente in missioni internazionali quasi 1.500 operano in ambito NATO nel “contenimento” delle forze armate russe. A partire del 2014 l’Alleanza atlantica ha dato vita ad un’escalation bellica sul fianco est come mai era accaduto nella sua storia. Nelle Repubbliche baltiche, in Polonia, Romania, Bulgaria e Ungheria, sono state realizzate grandi installazioni terrestri, aeree e navali, sono state trasferite le più avanzate tecnologie di guerra, sono state sperimentate le strategie dei conflitti globali del XXI secolo con l’uso dei droni e delle armi interamente automatizzate, cyber-spaziali e nucleari.

A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 il processo di riarmo e militarizzazione dell’Europa orientale è pericolosamente dilagato e ancora oggi appare inarrestabile. E l’Italia c’è con le sue truppe d’élite, le brigate di pronto intervento, gli obici, i carri armati e i cacciabombardieri “gioielli di morte” del complesso militare-industriale nazionale e dei soci-partner stranieri, primi fra tutti USA e Israele. A inizio 2023 il tricolore sventola in Lettonia, Ungheria, Bulgaria e Romania. E ogni giorno, 24h, le truppe sono in stato d’allerta e si addestrano in condizioni estreme ad ogni possibile scenario di conflitto con il Cremilino, dai combattimenti casa per casa, vicolo per vicolo, piazza per piazza, agli sfondamenti nell’infinito bassopiano sarmatico, finanche all’impiego di armi atomiche, chimiche e batteriologiche e alla “sopravvivenza” al tragico inverno nucleare.

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Simplicius76: Munizioni e mezzi corazzati: chi ne produce di più?

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Munizioni e mezzi corazzati: chi ne produce di più?

Una breve analisi sulla produzione industriale militare di NATO/Ucraina e Russia

di Simplicius76

Leopard 2Cerchiamo di fare il punto sulle prospettive di mantenimento per entrambe le parti, Nato/Ucraina e Russia.

Sappiamo che l’Ucraina utilizza 5.000-6.000 proiettili di artiglieria al giorno e che la Russia è arrivata a spararne fino a 60.000 – anche se si era trattato di un “picco” isolato – mentre la sua media giornaliera nel corso del conflitto è più vicina a 20.000-30.000.

Gli Stati Uniti, autoproclamatisi “potenza” manifatturiera del mondo, producono 14.000 proiettili al mese e hanno recentemente annunciato di “aver triplicato la produzione” portandola a 40.000 pezzi/mese per aiutare l’Ucraina, poi disperatamente corretta a 90.000 per arginare le perdite che l’AFU stava rapidamente accumulando. Anche per gli Stati Uniti, si tratta di uno sforzo abbastanza grande che richiederà circa 2-3 anni per essere portato a termine.

Il motivo è che le aziende produttrici di armi sono riluttanti ad effettuare i necessari e costosi investimenti in attrezzature e personale per aumentare enormemente la produzione quando sospettano che la guerra potrebbe comunque finire presto, con la conseguente perdita delle somme appena spese in attrezzature/personale/addestramento. Questi costi valgono la pena solo se sono garantiti i profitti a lungo termine e, per come si stanno mettendo le cose per l’AFU, le garanzie non sono molto sicure.

Il New York Times ha appena pubblicato un pezzo sulle strutture e le relative capacità di produzione degli Stati Uniti per i proiettili da 155 mm: un processo decisamente arcaico; alcune delle macchine, ammettono, hanno più di 80 anni e non erano state progettate per un’escalation di questo tipo.

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Gigi Sartorelli: Il «There Is No Alternative» di Visco su inflazione e salari

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Il «There Is No Alternative» di Visco su inflazione e salari

di Gigi Sartorelli

Si è concluso ieri 12 febbraio il Warwick Economics Summit del 2023 – il forum internazionale organizzato da più di vent’anni all’Università di Warwick – in cui studenti universitari incontrano alte figure dell’economia mondiale.

L’11 febbraio è intervenuto all’evento anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, con una relazione dal titolo significativo: Monetary policy and the return of the inflation.

In queste pagine Visco sembra voler quasi fare la parte della colomba rispetto alle politiche monetarie messe in campo da Christine Lagarde, in quanto governatrice della BCE. Invita alla prudenza sul rialzo del tasso di interesse, in particolare su quello che devono corrispondere gli istituti bancari quando ricevono soldi dalla Banca Centrale, portato al 3% all’inizio di febbraio.

L’economista italiano, infatti, non nasconde quello che in molti dicono da tempo, ovvero che l’inflazione che stiamo sperimentando ha ragioni molto diverse da quelle per cui la stretta monetaria è pensata, ovvero una eccessiva offerta di moneta.

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G. P.: Banditismo americano

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Banditismo americano

di G. P.

Lo spirito americano è quello del bandito. Sotto sotto gli statunitensi non sono mai cambiati nonostante si presentino al mondo quali paladini della democrazia. Questi pistoleri che terrorizzano il pianeta con le loro scorribande, a cui noi sciocchi europei siamo piegati ormai da decenni, non conoscono altro linguaggio che quello della violenza e della forza. Con la violenza e con la forza impongono la loro visione sociale e si ingeriscono negli affari internazionali.

Dopo aver costretto l’Italia ad abbandonare il gasdotto South stream che ci avrebbe evitato la crisi energetica in corso hanno distrutto anche il tubo sottomarino del North Stream che era già sbucato in Germania.

Di fronte a quest’attacco, che è un atto di terrorismo, l’Ue ha chinato il capo e anziché sciogliere qualsiasi legame con Washington ha dichiarato guerra a Mosca.

Inoltre, tutta la comunicazione europea, invece di denunciare questa gravissima situazione, continua imperterrita con la sua campagna d’odio contro i russi. Fino a che i media non verranno azzerati e ripuliti, con metodi coercitivi, resteranno infiltrati dagli scagnozzi della Casa Bianca il cui compito è capovolgere la realtà dei fatti.

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Massimo Ilardi: Rivolta o rivoluzione

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Rivolta o rivoluzione

di Massimo Ilardi

Gli anni Ottanta, sostiene Massimo Ilardi in questo articolo, costituiscono un cambiamento dei paradigmi del conflitto: a partire da quel decennio, la rivolta prende il posto della rivoluzione. Si trasforma così la temporalità: il tempo viene sospeso e non più appropriato. I rivoltosi, invece di dirigersi minacciosi verso la Bastiglia o il Palazzo d’Inverno, cominciano a prendere d’assalto gli shopping mall dei loro quartieri o a occupare illegalmente i luoghi dismessi e le fabbriche abbandonate delle periferie urbane per organizzare centri sociali o rave illegali. La catastrofe della politica, sostiene l’autore, sta nel non aver capito questo salto d’epoca.

* * * *

Un’inchiesta pubblicata da Occupy.com qualche anno fa ci informava che solo dal 2006 al 2013 ci sono state in tutto il mondo 843 rivolte popolari, esplose in 84 paesi, ma in nessun caso si erano trasformate in rivoluzioni per cambiare radicalmente il sistema, il suo ordine statuale e l’assetto di potere contro il quale si erano scagliate.

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Pierluigi Fagan: Homo cognitivus

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Homo cognitivus

Revisioni e rifondazioni di paleoantropologia

di Pierluigi Fagan

L’immagine di mondo, che comprende una nostra immagine di uomo, è un tutto coerente. Ogni epoca ha la sua IDM dominante che è poi quella largamente condivisa in un sistema piramidale che dai primi livelli sociali giunge fino alla massa. Non ricordo chi sostenesse, a ragione, che ogni filosofia generale parte da una esplicita o implicita antropologia, una idea di cos’è l’uomo. L’antropologia profonda ovvero la ricerca sull’intero arco temporale della nostra esistenza di genere prima che di specie, tra 3 e 2,5 milioni di anni, è la cornice che maggiormente influisce sulla risposta.

A metà Settecento Linneo era ancora fuori l’impeto della rivoluzione industriale. Quando dovette catalogare l’intero genere umano entro il generale catalogo dei viventi, lo chiamò Homo sapiens. Il genere Homo, il nostro, si caratterizzava specificatamente per la cognizione. Ovviamente Linneo era ignaro della profondità temporale del genere e la sua suddivisione in molte specie, ma gli sembrò chiaro che il concetto di umano fosse la nostra peculiare mentalità.

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