Rassegna del 23/02/2023
Jacques Baud: Le strategie fatali dell’Occidente in Ucraina
Le strategie fatali dell’Occidente in Ucraina
La decifrazione della situazione da parte del colonnello Jacques Baud
Laurent Schong intervista Jacques Baud
Saggista “complottista” per Conspiracy Watch e “agente della lobby filorussa” per la RTS, Jacques Baud è ora sulla lista nera di Mirotvorets, un battaglione di “esecuzioni extragiudiziali” per conto del governo ucraino. Questo non sembra smuovere molto i difensori professionisti della libertà di espressione. Colpa sua? Per aver ricordato al “campo occidentale”, lui che nel 2014 era a Kiev in qualità di colonnello svizzero in missione presso la NATO, la sua pesante parte di responsabilità nello scoppio della guerra in Ucraina. Con l’avvicinarsi del primo anniversario dell’operazione militare speciale russa, era necessario un nuovo aggiornamento.
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ELEMENTS: All’epoca della nostra prima intervista (Elements n. 196), il conflitto in Ucraina stava raggiungendo il sesto mese e lei stava per pubblicare Operazione Z, un libro che faceva il punto sulla realtà dell’OMS: i suoi prodromi, i suoi attori, le sue poste in gioco. Dalla sua pubblicazione sono passati altri sei mesi e la situazione si è naturalmente evoluta, apparentemente a vantaggio delle forze armate ucraine…
JACQUES BAUD. Prima di tutto, dobbiamo sottolineare un aspetto che in Francia fingiamo di ignorare: il modo in cui intendiamo una crisi determina il modo in cui viene risolta. L’insopprimibile tendenza a sostituire le spiegazioni dei protagonisti con le nostre “impressioni” distaccate dai fatti ci porta invariabilmente a un peggioramento della situazione.
Questo è ciò che ha alimentato il terrorismo jihadista in Francia nel zoi5-zoi6 e dovrebbe servire da lezione.
Maurizio Brignoli: Continuare l’attacco imperialistico alla Siria con altri mezzi
Continuare l’attacco imperialistico alla Siria con altri mezzi
di Maurizio Brignoli
Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo
Per quanto spacciata dalla disinformazione occidentale come “guerra civile” quella che si è sviluppata in Siria dal 2011 è un’aggressione imperialistica, che andrebbe meglio collocata nel contesto di un grande conflitto interimperialistico che in Siria si è combattuto in buona parte per interposta persona fra quello che si può definire un asse occidentale-sunnita (Usa, Ue, Israele e petromonarchie) volto a far cadere Bashar al-Assad alleato di Russia e Iran (e Cina). Un conflitto che si connette col progetto statunitense di mantenere un assetto mondiale unipolare e che prevedeva di ridisegnare le mappe del potere e in alcuni casi anche quelle geografiche del Grande Medioriente rovesciando governi non subordinati per mezzo di aggressioni dirette o per tramite delle formazioni jihadiste o attraverso le cosiddette “primavere arabe” condotte con la complicità dei Fratelli musulmani. Ultimo ma non meno importante la contrapposizione al grande progetto del capitale cinese della Nuova via della seta per fronteggiare il quale la destabilizzazione di questi territori è cruciale.
Il concetto di “guerra civile” perde di significato nel momento stesso in cui ci si trova di fronte a un conflitto progettato anni prima della sua effettiva conflagrazione a opera di paesi esterni e tramite un’aggressione condotta con miliziani in buona parte stranieri. Le origini più dirette dell’Isis risalgono a quando la Nato, con la collaborazione di Israele e petromonarchie, ha finanziato e addestrato queste milizie per rovesciare Gheddafi nel 2011 e che poi, a lavoro fatto, si sono spostate in Siria per abbattere Assad.
Luca Busca: Alle Regionali ha vinto Pirro
Alle Regionali ha vinto Pirro
di Luca Busca
Analisi del voto
Normalmente il giorno dopo le elezioni ogni partito celebra la propria vittoria. Dopo le regionali 2023 alcuni di questi si sono dovuti esimere dal rito scaramantico per totale mancanza di voti. La sinistra di destra, il M5S e l’aborto democristiano di Renzi e Calenda sono entrati nella fascia Cites 1 della rappresentanza politica in via di estinzione. Quindi grande vittoria della destra. Come al solito, però, non sempre le cose sono come sembrano:
Unione Sindacale di Base: “Abbassate le armi, alzate i salari”: 25 febbraio a Genova per la pace, contro il carovita e l’economia di guerra
“Abbassate le armi, alzate i salari”: 25 febbraio a Genova per la pace, contro il carovita e l’economia di guerra
di Unione Sindacale di Base
L’Unione Sindacale di Base invita tutti e tutte a partecipare alla manifestazione nazionale contro la guerra e per il salario, sabato 25 febbraio a Genova con appuntamento alle 14,30 al porto (ponte Etiopia –Lungomare Canepa).
A un anno esatto dall’inizio del conflitto in Ucraina, che ha causato migliaia di vittime civili e rinverdito l’imperialismo della Nato, scatenando la corsa globale al riarmo con i pesantissimi effetti sull’economia e sul carovita che tutti stiamo sperimentando, USB torna in piazza per gridare ancora una volta “Abbassate le armi, alzate i salari”, la parola d’ordine che ha accompagnato tutte le mobilitazioni di questi dodici mesi.
Vogliamo pace e salario, contro la guerra e l’economia del carovita che ingrassa il padronato, le multinazionali e la speculazione finanziaria, strangolando le popolazioni di tutto il mondo.
Fabrizio Poggi: La “campagna d’Italia” del Dipartimento di Stato Usa
La “campagna d’Italia” del Dipartimento di Stato Usa
di Fabrizio Poggi
«La borghesia trasforma tutto in merce, anche la storiografia. È nella sua natura, nella condizione d’esistenza, falsificare tutte le merci: essa falsifica anche la storiografia. E viene meglio pagata quella storiografia che è meglio falsificata per la borghesia».
Friedrich Engels
A quanto pare, il vaglio cui vengono sottoposte nei paesi vassalli le notizie sgradite a Washington sembra non più sufficiente e là sul Potomac non si è pienamente soddisfatti del lavoro degli italici “informatori”. Così, il Dipartimento di stato ha deciso di incentivare il lavoro dei suoi solerti controllori e, anzi, stimolarli a brevettare modi e momenti di diffusione del verbo “democratico” tra quei popoli che manifestano incertezze nell’accodarsi alla carovana resiliente e nella fiducia verso «la supremazia della democrazia».
Dunque, se i canali televisivi nostrani sono carenti quanto a spettacoli, film, show, bollettini meteo e filmetti americani da cui pare doversi desumere che la società americana sia divisa, da un lato, in ladri e assassini, tra i quali spiccano magnati e finanzieri e, dall’altro, in avvocati miliardari e poliziotti corrotti, ecco che chiunque, a partire dai mezzi di “informazione”, passando per cooperative sociali, patronati o club sportivi, può racimolare qualche migliaio di dollari diffondendo «una significativa quantità di elementi della cultura americana», così da fornire il proprio contributo alla «crescita della comprensione della politica e dei punti di vista USA».
Dario Di Conzo: Stati Uniti e Cina allo scontro globale
Stati Uniti e Cina allo scontro globale
di Dario Di Conzo
Edito da Asterios a fine 2022, “Stati Uniti e Cina allo scontro globale: strutture, strategie e contingenze” di Raffaele Sciortino, racconta la tensione Usa-Cina come asse portante del capitalismo globale
Lo scontro globale tra Stati Uniti e Cina, con le sue implicazioni ed il suo esito, è la tensione che caratterizzerà il dibattito globale per anni se non decenni. Un confronto, purtroppo, spesso inquadrato con le pericolose lenti del “noi” e del “loro”, linfa vitale per bellicisti mai sazi e crociati dell’identità, nazionale od occidentale secondo convenienza.
Con tutt’altro spirito, questo scontro è tema e titolo del libro di Raffaele Sciortino, ricercatore indipendente che ha alle spalle un dottorato a Unimi con una tesi sul rapprochement sino-americano del 1972.
Edito da Asterios alla fine del 2022, “Stati Uniti e Cina allo scontro globale: strutture, strategie e contingenze” si inserisce in un sentiero saggistico sempre più battuto, ancor più ora che la geopolitica torna alle masse dopo quasi un anno di guerra d’Ucraina.
Massimo Carlotto: Ismael e gli altri
Ismael e gli altri
di Massimo Carlotto
Questo testo è la prefazione del graphic novel Ismael e gli altri di Beppi Zambon e Paolo De Marchi (Becco Giallo) che esce in libreria il 17 febbraio
Massimo Carlotto ci introduce a un graphic novel che racconta una vicenda di caporalato nel Nord-Est del paese. Storie che i media mainstream tendono a evitare, perché tracciano un filo inconfessabile tra criminalità e imprenditoria.
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Ismael e gli altri racconta una storia di caporalato. Il termine riporta al passato e ai campi del meridione, ma in realtà accade tutt’oggi nell’operoso e opulento nord Italia. E non solo nelle campagne ma anche in moderne aziende, considerate dai politici e dalle organizzazioni di categoria fiore all’occhiello dell’imprenditoria locale.
L’illegalità nel mondo del lavoro non è più rappresentata da eventi sporadici ma dalla presenza a ogni livello di forme di criminalità, spesso organizzata. Dalla produzione allo smaltimento dei rifiuti, dal riciclaggio come forma di investimento in attività «pulite» alla costruzione di rapporti stabili con la finanza e la politica.
Carlo Clericetti: Addio alle urne
Addio alle urne
di Carlo Clericetti
Quando sei elettori su dieci non vanno a votare, non è più tempo di analizzare che cosa ha spinto chi ha scelto, ma quali sono i motivi di chi ha scelto di non scegliere
Quando non c’è una proposta credibile da votare, gli elettori non votano. Potrebbe essere questa la scritta per la lapide sulla tomba della politica, la cui scomparsa è ormai certificata dalla partecipazione elettorale più bassa di sempre. Il 37,2% del Lazio ritocca di mezzo punto il record negativo che apparteneva all’Emilia Romagna, ma in Lombardia non è andata molto meglio: nelle due regioni l’affluenza è crollata di oltre 30 punti rispetto alla scorsa tornata.
Entrambi i candidati della destra hanno superato il 50% delle preferenze: sembrerebbe un trionfo, se non fosse che lo schieramento nel suo complesso ha perso un milione di voti rispetto all’ultima votazione. E dunque il significato di questo risultato non può essere letto che in un modo: i partiti alternativi allo schieramento di destra hanno talmente deluso i loro vecchi elettori da non ottenerne il consenso nemmeno per sbarrare il passo a quelli che una volta erano visti come avversari, ma ormai, evidentemente, sono accomunati agli altri secondo il vecchio adagio qualunquista “tanto sono tutti uguali”.
Seymour Hersh: «Gli Usa hanno attaccato il North Stream»
«Gli Usa hanno attaccato il North Stream»
Fabian Scheidler intervista Seymour Hersh
Il premio Pulitzer Seymour Hersh racconta a Jacobin il suo scoop sulla missione segreta ordinata da Biden per danneggiare il gasdotto che dalla Russia conduce alla Germania e lasciare al freddo l’Europa
Il 26 settembre 2022, nel mar Baltico, il gasdotto North Stream dalla Russia alla Germania è stato in gran parte distrutto da diverse esplosioni. La scorsa settimana, il pluripremiato giornalista investigativo Seymour Hersh ha pubblicato un articolo, basato su informazioni provenienti da un’unica fonte anonima, nel quale sostiene che ne sono responsabili l’amministrazione Biden e la Cia.
Hersh ha vinto il Premio Pulitzer nel 1970 per il ruolo che ha svolto nel raccontare la storia del massacro di Mỹ Lai, in cui i soldati statunitensi ammazzarono dai trecento ai cinquecento civili disarmati. Ha accettato di parlare con Fabian Scheidler di Jacobin delle accuse contenute nel suo ultimo articolo e dell’influenza che la Cia e lo stato di sicurezza nazionale hanno sulla politica estera statunitense.
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Per favore, spiegaci le tue scoperte in dettaglio. Cosa è successo esattamente secondo la tua fonte, chi è stato coinvolto e con quali le motivazioni?
Mi sono limitato a spiegare l’ovvio. Era una storia che chiedeva soltanto di essere raccontata. Alla fine di settembre del 2022, otto bombe avrebbero dovuto esplodere; sei sono finite sott’acqua vicino all’isola di Bornholm nel Mar Baltico, nella zona dove l’acqua è piuttosto bassa. Hanno distrutto tre dei quattro principali oleodotti del Nord Stream 1 e 2.
Christian Marazzi: Diario della crisi | Il collasso del paradigma postfordista
Diario della crisi | Il collasso del paradigma postfordista
di Christian Marazzi
Christian Marazzi torna a misurare la temperatura della crisi globale infinita. In questa quarta puntata del «Diario», Marazzi analizza il nuovo ordine energetico e monetario mondiale, spiegando la sua genealogia, gli attori principali, il conflitto attorno ai processi di de-dollarizzazione. In questo contesto, si colloca la crisi delle nuove politiche industriali, delle strategie produttive e di creazione del valore inaugurate nella fase del postfordismo
Nuovo ordine energetico (e monetario) mondiale
È dal 1945 che l’alleanza geopolitica tra Usa e Arabia Saudita ha garantito agli Stati Uniti sicurezza militare nel Medio Oriente e, soprattutto, petrolio ancorato al dollaro. Quella alleanza diede inizio al regime del petrodollaro. Nel 1974, quando un gruppo di paesi arabi impose l’embargo sul petrolio come rappresaglia per il sostegno statunitense a Israele nella guerra del Kippur, Richard Nixon garantì di nuovo armi e un accesso preferenziale ai titoli del tesoro americani, ottenendo in cambio che l’Arabia Saudita si impegnasse a indicizzare tutte le vendite di petrolio in dollari. Nel 2003, tra le accuse rivolte a Saddam Hussein, ci fu anche quella di aver cominciato a vendere petrolio in altre valute. Sappiamo come è andata a finire. In ogni caso, è qui che si incomincia a parlare di de-dollarizzazione. Dal 2018 la Russia ha iniziato ad affrancarsi dal dollaro, regolando le forniture di petrolio in euro. Per questo motivo la prima sanzione contro la Russia è stata il congelamento di una parte delle riserve valutarie della Banca centrale russa. Questo precedente di «militarizzazione» (weaponisation) delle riserve valutarie in dollari fa intravedere un cambio di direzione del sistema monetario ed energetico internazionale. Il 2023 potrebbe essere ricordato come l’anno in cui prende forma un nuovo ordine energetico mondiale tra Cina e Medio Oriente, con la nascita del regime del petroyuan1.
Claudio Conti – Guido Salerno Aletta – Robert Kuttner: Usa, profondo rosso
Usa, profondo rosso
di Claudio Conti – Guido Salerno Aletta * – Robert Kuttner **
Quando la potenza fin qui egemone sul pianeta cerca di “salvarsi” agendo come un normale paese produttore di idrocarburi… vuole dire che quella potenza è alla frutta, economicamente parlando.
La propaganda in stile Rampini omette accuratamente ogni dato che dimostra questa realtà, dunque diventa indispensabile rivolgersi fuori dal mainstream giornalistico italico per trovare qualche ricostruzione attenta ai numeri, anziché alle parole.
Come spesso ci capita, abbiamo trovato in Guido Salerno Aletta – sulla testata specializzata TeleBorsa (nulla di bolscevico, come si può verificare…) – un analista serio della struttura attuale della bilancia commerciale Usa, ossia della voce più indicativa dello stato di salute di quell’economia.
“Non solo il deficit commerciale complessivo, per merci e servizi, è peggiorato di 103 miliardi di dollari, passando dagli 845 miliardi di dollari del 2021 ai 948,1 miliardi del 2022, ma si è verificato un andamento particolarmente negativo: il maggior deficit complessivo non è stato determinato solo dal peggioramento di 101,5 miliardi di dollari del deficit relativo alle merci (+9,3%), quanto anche dalla riduzione, a dire il vero marginale ma significativa, del surplus relativo ai servizi, con -1,6 miliardi di dollari (-0,6%).”
Detto brutalmente, ciò che viene consumato negli Usa è in gran parte prodotto altrove, come peraltro avviene da decenni. La novità sta nel fatto che questo scarto tra import ed export continua ad allargarsi e persino i “servizi” – settore terziario che fin qui aveva compensato la caduta delle esportazioni industriali, e stiamo parlando di “specializzazioni” storiche come le assicurazioni e i servizi finanziari – è finito in rosso, sia pur di poco.
Piccole Note: Falchi anti-Cina vs falchi anti-Russia. E la sconfitta di Kiev
Falchi anti-Cina vs falchi anti-Russia. E la sconfitta di Kiev
di Piccole Note
Una guerra sorda si sta consumando tra le élite americane sulle priorità della politica estera. E da essa dipende il destino della guerra ucraina. Ne scrive Alastair Crooke in un articolo ripreso dal Ron Paul Institute nel quale spiega che i circoli americani sono divisi: da una parte i neocon più ossessionati dalla Russia, dall’altra i falchi che spingono per un contrasto più aperto con la Cina.
Il pallone spia-meteo della Cina abbattuto in questi giorni ha fatto segnare un punto a quest’ultima “potente fazione”, letteralmente “estasiata” per l’accaduto perché, “in un istante, ha elevato la Cina a ‘minaccia principale’. È stata l’occasione per questi falchi di ‘riorientare’ la politica estera [Usa] da Ucraina e Russia, per concentrarla completamente sulla Cina”.
“Essi sostengono che l’Ucraina stava ‘consumando’ eccessivamente gli arsenali di armi americane, lasciando l’America vulnerabile; già, perché ci vorranno anni perché gli Stati Uniti compensino questa perdita di equipaggiamento ripristinando le linee di produzione di armi. E non c’è ‘tempo da perdere’. Il ‘recinto di deterrenza’ militare intorno alla Cina deve essere alzato al più presto”.
Stefania Fusero: Grandi speranze, ovvero l’Ucraina che verrà
Grandi speranze, ovvero l’Ucraina che verrà
di Stefania Fusero
L’Occidente collettivo, sempre più direttamente coinvolto nel conflitto in Ucraina, si è dimostrato ondivago riguardo gli obiettivi della sua partecipazione alla guerra e si è più volte contraddetto sulla natura e il numero delle armi da inviare in Ucraina. Su un altro fronte ha mantenuto invece chiarezza e costanza nel tempo: la totale dedizione ad un progetto neoliberista per un’Ucraina aperta alle corporazioni occidentali in cui i lavoratori non abbiano alcuna tutela o protezione
Come sonnambuli verso un precipizio
Non si può dire che le potenze occidentali – USA, NATO, UE – abbiano espresso posizioni univoche, coerenti e lineari sulla gestione del conflitto in Ucraina, se non un partigiano sostegno per una delle parti in causa (il governo ucraino post-Maidan), la demonizzazione della Federazione Russa ed uno sdegnoso rigetto dell’antica arte della diplomazia.
Se il presidente francese Macron, ad una settimana dall’ingresso delle truppe russe in Ucraina affermava: “Non siamo in guerra contro la Russia”, dopo circa un anno la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock dichiarava di fronte al parlamento UE: “Stiamo combattendo una guerra contro la Russia”.
Il Chimico Scettico: Perchè sono contento che Sinistrainrete mi condivida
Perchè sono contento che Sinistrainrete mi condivida
di Il Chimico Scettico
Lo vedo nelle informazioni del blog. E la ragione dovrebbe essere chiara.
1) Perché l’intento dell’operazione CS era politica (non nel senso che i più intendono)
2) Perché non esiste sinistra che sia davvero tale nell’arco parlamentare italiano. “Moriremo democristiani”, si diceva un tempo.
3) Perché ormai i Labour il centro blairiano se lo sono dimenticato (almeno per ora) e i partiti sedicenti desinistra italiani sono ancorà lì, cioè fisiologicamente indietro di 20 anni.
4) Perché un tempo qualcuno si definiva l’avanguardia dei lavoratori e oggi, al massimo, può essere definito il lacché del sistema bancario-finanziario.
5) Perché nello stivale ogni rapporto industriale che non preveda il lavoro a 90° è definito eversivo, e i pochi sindacalisti ancora tali rischiano il procedimento penale.
6) Perché nella nazione che aveva il partito comunista più pesante d’Europa i suoi eredi leggeri come una piuma cercano ogni scappatoia per governare senza essere stati votati.
Giuseppe Masala: L’Italia nell’epoca dell’Euronichilismo
L’Italia nell’epoca dell’Euronichilismo
di Giuseppe Masala
«L’incommensurabile si farà notare in ogni direzione quale corrispettivo della scienza esatta, ridotta finalmente a pura tecnica della misurazione. La vertigine dinanzi all’abisso cosmico è un aspetto del nichilismo.»
Ernst Jünger, Oltre la linea (1950)
L’ultima fatica di Stefano D’Andrea (L’Italia nell’Unione Europea – tra europeismo retorico e dispotismo illuminato, Rubettino 2022) è un’opera che va oltre la linea, oltre le stesse volontà dell’autore. Dico questo perché si è dimostrata una riflessione di urgente attualità se saputa leggere anche in controluce. Nel profluvio di parole che possiamo leggere sui giornali, sul web e sui primi libri istantanei a riguardo della guerra tra l’Ucraina (e ormai la Nato) e la Russia certamente chi riusce ad andare più di tutti gli altri alla radice del problema è D’Andrea che ripercorrendo la genesi e l’evoluzione dell’Unione Europea riesce a darci uno spaccato esaustivo di come è nato questo mostro che ha completamente sovvertito l’ordine internazionale a partire dal commercio e che probabilmente si apprestava a sovvertirne anche l’ordine geopolitico (1).
Oskar Lafontaine: “La preoccupazione fondamentale degli europei è come liberarsi dalla tutela degli Stati Uniti”
“La preoccupazione fondamentale degli europei è come liberarsi dalla tutela degli Stati Uniti”
Carmela Negrete* intervista Oskar Lafontaine
La Germania ha annunciato l’invio di carri armati Leopard all’Ucraina, anche se lo stesso Cancelliere Olaf Scholz ci aveva assicurato a marzo che una simile mossa avrebbe potuto portare il Paese e i suoi partner NATO direttamente in guerra.
Abbiamo intervistato Oskar Lafontaine, ex ministro delle Finanze, ex presidente del partito socialdemocratico SPD e fondatore del partito di sinistra Die Linke, che ha lasciato a marzo. Lafontaine ha scritto un libro intitolato “Amico, è ora di andare”, in cui riflette sulla guerra in Ucraina e sul ruolo della Germania e dell’Europa nel conflitto. Questa intervista per il portale spagnolo CTXT è stata condotta telefonicamente nella prima settimana di gennaio.
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Perché ritiene importante opporsi alla fornitura di armi all’Ucraina?
Il continuo invio di armi all’Ucraina non fa che prolungare le sofferenze, la morte delle persone e la distruzione dell’Ucraina. La guerra in Ucraina non è una guerra della Russia contro l’Ucraina o viceversa, ma una guerra degli Stati Uniti contro la Russia.