Sabato 25 febbraio si è svolta in piazza Castello la seconda manifestazione per la pace di Torino in concomitanza con l’anniversario del primo anno dall’inizio della guerra in Ucraina.
Organizzata dal Coordinamento contro la guerra e chi la arma di Torino con il supporto del coordinamento AGITE, che ha fatto convergere in piazza il cinquantaduesimo presidio Aboliamo la Guerra, affronta il tema della guerra in Ucraina e delle guerre in generale da una prospettiva dichiaratamente antimilitarista.
La manifestazione comincia alle 15 con gli interventi degli organizzatori e la prima parte del concerto di Alessio Lega. Successivamente è partito il corteo lungo via Po che è confluito nuovamente in piazza Castello dove la manifestazione si è conclusa. Durante l’evento hanno partecipato tra le 300 e le 500 persone.
I temi del manifesto di convocazione
Il manifesto di convocazione[1] ha raccolto diverse tematiche che sono state toccate durante gli interventi dal microfono, sia in piazza che lungo il corteo.
L’inquadramento generale è un deciso no alla guerra ed alla cultura militarista che sta prevalendo nel dibattito pubblico con il corollario dell’aumento delle spese militari e della corsa al riarmo che brucia le risorse per la sanità ed l’istruzione. La stessa cultura che considera logico inviare armi per raggiungere la pace: lo stop all’invio delle armi è un altro punto qualificante del manifesto.
Una strada per interrompere la logica militarista nei paesi coinvolti nella guerra è quella di sostenere chi si vi si oppone in Russia e in Ucraina, ad esempio aprendo le frontiere per gli obiettori di coscienza ed i disertori.
Non manca la vicinanza per chi paga da vicino i costi della guerra; la popolazione ucraina martoriata dalle bombe, dal freddo, dalla mancanza di medicine, cibo, riparo. Senza dimenticare la popolazione russa sottoposta ad un embargo di cui sono prime vittime i poveri.
Altro tema toccato, l’opposizione al progetto DIANA della NATO a Torino ed allo sviluppo in città dell’industria aerospaziale militare con conversione per quella esistente.
Siano benedetti i pontieri
Benché il desiderio di pace sia maggioritario nell’opinione pubblica italiana, risulta difficile al momento fare convergere le varie anime di un movimento contro la guerra che appare abbastanza convergente nelle analisi, ma estremamente divergente nelle proposte e nelle strategie.
Personalmente ammiro con convinzione chi cerca spazi di convergenza perché, data la gravità della situazione, servirebbe un’azione forte, popolare e a livello europeo per interrompere questa sequenza di atti che sembra avere come solo sbocco un conflitto mondiale, con pericolo nucleare, che apparentemente nessuno vuole, ma nessuno sembra avere la volontà politica di fermare.
I tentativi sul campo sono plasticamente rappresentati dalle due manifestazioni per la pace di questo week end a Torino: da un lato il tentativo di allargare la partecipazione per avere un coinvolgimento popolare, sorvolando sulle questioni divisive e con una piattaforma più a breve termine, dall’altro il mantenimento delle posizioni più radicali perdendo in partecipazione per guadagnare in definizione.
Difficile che a breve si riesca a trovare un punto comune tra questi due diversi approcci ad una realtà dalle prospettive oscure; una prospettiva possibile è quella di mettere la nonviolenza al centro delle relazioni internazionali ed interpersonali, per avviare un processo che porti allo smantellamento degli arsenali nucleari, al depotenziamento del complesso militare industriale, a relazioni tra popoli ed esseri umani più evolute.
Un’evoluzione necessaria alla nostra stessa sopravvivenza come specie abitante del pianeta Terra.
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