Rassegna del 27/02/2023
Mimmo Porcaro: La guerra capitalista. Considerazioni di un profano
La guerra capitalista. Considerazioni di un profano
di Mimmo Porcaro
Uno dei più importanti problemi teorici di questi tempi è quello di mostrare il legame necessario tra guerra e capitalismo e di fare in modo, quindi, che tra la cosiddetta geopolitica e la critica dell’economia politica non si crei un fossato tale da indurle ad andare ognuna per la sua strada, dimenticando l’una le classi e l’altra gli stati. Il libro che qui esamino[i] entra di fatto nel merito perché, proprio mentre sottolinea la cogenza della marxiana legge di centralizzazione del capitale, costruisce immediatamente un nesso tra questa legge “economica” e la funzione “politica” del banchiere centrale. Il risultato, come vedremo, non è del tutto convincente: vengono chiarite importanti questioni, ma altre vengono offuscate. Il ragionamento degli autori è comunque di quelli che impongono di andare all’essenza delle cose, il che è esattamente quello che dobbiamo fare. E oggi più di ieri.
Centralizzazione, una riscoperta opportuna
Cominciamo col riassumere alcune delle tesi fondamentali del volume, anche se esse dovrebbero essere ormai note agli happy few che si interessano di queste cose. Come gli autori ci ricordano, se in Marx la concentrazione del capitale è il processo di crescita del capitale singolo attraverso l’autonoma accumulazione, la centralizzazione – spesso erroneamente chiamata anch’essa concentrazione – si ha quando numerosi capitali già formati, sconfitti nella competizione, cadono nelle mani del capitale vittorioso attraverso liquidazioni, fusioni e acquisizioni; oppure si ha quando una proprietà formale assai frammentata si trova di fatto riunita in poche mani vuoi per il meccanismo dell’outsourcing , vuoi per effetto della gestione del capitale di una miriade di azionisti da parte dei vertici di Spa o banche.
Roberto Fineschi: Marx e Hegel
Marx e Hegel
di Roberto Fineschi
Conferenza al Ghislieri, dicembre 2018
Trascrizione leggermente rivista della relazione dal medesimo titolo presentata al convegno internazionale “Marx e la tradizione filosofica” organizzato in occasione del bicentenario della nascita di Karl Marx presso l’Università di Pavia, Dipartimento di Studi Umanistici – Sezione di Filosofia, dal Consorzio di Dottorato in Filosofia Nord-Ovest (FINO) e dal Collegio Ghislieri (Pavia, 13-14 dicembre 2018).
§1
Ringrazio innanzitutto per il gradito invito. È per me un vero piacere essere presente in questa conferenza, sia per il tema che per un risvolto personale: il mio maestro Alessandro Mazzone fu allievo del Ghislieri e, poiché il rapporto Marx-Hegel era uno dei temi a lui più cari, essere qui a parlarne un po’, confesso, mi emoziona.
L’argomento che mi è stato assegnato è ovviamente molto, troppo complesso per essere affrontato in 40 minuti; chi ha familiarità con l’opera di Marx sa benissimo come il rapporto con Hegel attraversi tutto lo sviluppo della sua produzione scientifica e come sia stato inevitabilmente al centro di vastissimi dibattiti nella tradizione successiva; inevitabilmente non potrò che essere sommario.
Vorrei partire proprio con un accenno alla ricezione, perché chi si avvicina a questo tema attraverso la letteratura critica onestamente non può che rimanere disorientato: si è praticamente sostenuto tutto e il suo contrario.
Alice Schwarzer e Sahra Wagenknecht: Germania. “Mettiamo fine a questa guerra”
Germania. “Mettiamo fine a questa guerra”
Der Spiegel intervista Alice Schwarzer e Sahra Wagenknecht
I giornalisti dello Spiegel, Susanne Beyer e Timo Lehmann, hanno curato una lunga intervista ad Alice Schwarzer e Sara Wagenknecht. La prima nota giornalista, la seconda parlamentare della Linke spesso dissonante rispetto alla linea ufficiale del Partito della Sinistra tedesca.
Le due donne hanno lanciato un appello per fermare la guerra in Ucraina e stoppare la fornitura di armi da parte della Germania. L’appello ha raggiunto le 500.000 firme ed è diventato un fatto politico. Per sabato prossimo, 25 febbraio, i firmatari dell’appello hanno convocato una manifestazione contro la guerra alla porta di Brandeburgo a Berlino.
Contro la manifestazione di sabato a Berlino si sta scagliando il fronte conservatore e quello guerrafondaio, quest’ultimo assai più trasversale. Il politico della Cdu Roderich Kiesewetter ha lanciato un suo appello contro il corteo di sabato prossimo.
Tra i primi firmatari figurano lo scienziato Joachim Krause dell’Istituto per la politica di sicurezza dell’Università di Kiel e l’ex parlamentare dell’FDP Hildebrecht Braun. Ma anche il gruppo parlamentare della Linke ha preso le distanze della manifestazione.
I giornalisti dello Spiegel incalzano le due esponenti del movimento contro la guerra a tutto campo, inclusi alcuni colpi bassi riservati in questi dodici mesi a tutti coloro che nei vari paesi, Italia inclusa, si sono opposti alla logica guerrafondaia.
Fabrizio Poggi: Gli applausi de il manifesto per Biden e Meloni
Gli applausi de il manifesto per Biden e Meloni
di Fabrizio Poggi
Ogni tanto mi ritrovo a comprare il manifesto. Non che pensi di trovarci chissà che. Un po’ per vecchie abitudini dure a morire; un po’ perché, guardando i titoli online, a prima vista mi paiono accattivanti: d’altronde, la specialità de il manifesto sono proprio i titoli.
Così l’ho comprato, il manifesto, ma mi sono limitato a questi tre temi; dopo di che è passata ogni voglia di leggere altro.
Il confronto tra i servizi è illuminante sulle “convinzioni” di via Bargoni: tanto sbeffeggiante il primo, nei confronti delle «prevedibili accuse» di Putin «all’”Occidente” e all’Ucraina», quanto ossequioso e mieloso il secondo verso la Meloni, secondo la quale «in Ucraina è in atto un processo accomunabile all’Ottocento italiano».
Noi non abbiamo patria: La Guerra e la terra di Lilliput
La Guerra e la terra di Lilliput
di Noi non abbiamo patria
#Bakhmut cittadina di poco più di 72 mila abitanti situata nell’Oblast di Doneck, e #Zelensky la voce stridente dell’Occidente.
Il 24 febbraio prossimo sarà un anno che il conflitto sotto traccia, solcato dalla disperata cavalcata dell’Occidente verso l’Oriente, è sfociato in conflitto militare aperto. Un conflitto denso di incognite, che l’Occidente, nonostante le sue strategie messe in atto soprattutto negli ultimi 13 anni, non riesce a venirne a capo.
Biden si reca a Kiev a rassicurare che il mondo è con l’Ucraina, le democrazie sono a fianco dell’Ucraina, perché l’America è al fianco degli Ucraini.
Uno <<sfavillante>> Zelensky, così lo descrive il giornale” la Repubblica”, durante l’incontro con Biden conferma che l’Ucraina sta vincendo per la rafforzata ed ostinata volontà del suo popolo a resistere. Usa come esempio gli esiti sul campo di battaglia degli ultimi giorni, proponendo come emblema proprio quanto accade a Bakhmut, teatro di aspri combattimenti tra le forze militari russe e ucraine per il controllo strategico lungo il corso del fiume Bakhmutka, affluente del Dnepr.
Sergio Cararo: Siamo al “clash” tra le grandi potenze?
Siamo al “clash” tra le grandi potenze?
di Sergio Cararo
I discorsi tenuti ieri in successione temporanea dal presidente russo Vladimir Putin e dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden e poi la visita dell’inviato cinese a Mosca in preparazione di quella del presidente cinese Xi Jinping, “hanno definitivamente alzato il velo su un conflitto da cui dipenderà la tenuta o il superamento dell’ordine globale a guida statunitense”.
A scriverlo è il quotidiano statunitense Wall Street Journal, secondo cui le tre potenze si stanno preparando a un conflitto di lungo termine in Ucraina e nell’Indo-Pacifico.
La decisione del presidente Putin di sospendere il trattato Nuovo Start sulle armi nucleari strategiche, secondo il giornale della finanza statunitense segna il tramonto “delle ultime vestigia dell’architettura di sicurezza che per decenni ha aiutato a mantenere la pace nei rapporti tra grandi potenze”.
Segnali analoghi, secondo il “Wall Street Journal”, vengono dalla promessa di Biden di un sostegno militare incondizionato all’Ucraina, dalle accuse rivolte dal capo della diplomazia cinese Wang Yi agli Stati Uniti per la vicenda del presunto pallone spia cinese abbattuto dagli Usa, e dalla sua proposta di un vertice bilaterale tra i capi di Stato di Russia e Cina.
Mario Lombardo: Biden-Zelensky, farsa a Kiev
Biden-Zelensky, farsa a Kiev
di Mario Lombardo
La visita in Ucraina del presidente americano Biden è alla fine andata in scena per una manciata di ore nella mattinata di lunedì nonostante le ripetute smentite della vigilia da parte della Casa Bianca. L’utilità pratica dell’incontro con Zelensky resta quanto meno dubbia, mentre è certo che l’evento attentamente studiato rappresenta un’altra operazione di pubbliche relazioni per salvare ciò che rimane dell’unità dei membri NATO e, soprattutto, del consenso di un’inquieta opinione pubblica europea e americana attorno alla causa persa dell’Ucraina.
Ufficialmente, Biden era diretto in Polonia per la prima tappa del suo tour europeo, ma la situazione di gravissima crisi che il regime di Kiev sta vivendo sembra avere resa necessaria una “sorpresa”, utile in teoria anche a provare a rilanciare l’interesse nel conflitto. Secondo la versione ufficiale del governo USA, le misure di sicurezza prese per garantire l’arrivo di Biden in Ucraina sarebbero state eccezionali. L’unica misura utile in questo senso è stata in realtà la notizia preventiva del viaggio recapitata a Mosca per evitare incidenti, come ha scritto tra gli altri la Associated Press.
Guia Soncini: Il complesso di Edipo re. Il delirio postmodernista di credere ai bambini che vogliono essere trans (o Batman)
Il complesso di Edipo re. Il delirio postmodernista di credere ai bambini che vogliono essere trans (o Batman)
di Guia Soncini
Sturgeon, Rowling e la consapevolezza che la cosa più antiscientifica e dannosa che si possa fare alla scienza è rifiutarsi di metterla in discussione
Spero che gli avvocati di Baricco non mi chiedano le royalties se saccheggio per la milionesima volta quelle sue due righe per dire che accadono cose che sono come domande, passa un minuto oppure anni e la vita risponde.
In questo caso, un giorno: ragionevole via di mezzo tra minuto e anni. Un giorno tra la lettera degli editorialisti del New York Times, e l’editoriale di Pamela Paul. Un giorno tra la resa di Nicola Sturgeon e un altro editoriale, sul Washington Post. Ma, prima di parlarne, bisogna chiarire il contesto.
Il contesto delle opportunità sanitarie rispetto alla disforia di genere in America è, innanzitutto, un contesto americano. Cioè relativo a quel paese in cui ogni giorno si leggono storie dell’orrore su donne che sono dovute andare in un altro stato a liberarsi d’un feto morto contenuto nel loro utero e per il quale stavano andando in setticemia.
Raffaele Sciortino: La guerra capitalista. Alcune note di lettura
La guerra capitalista. Alcune note di lettura
di Raffaele Sciortino
Continua il dibattito su La guerra capitalista, il libro di Emiliano Brancaccio, Stefano Lucarelli e Raffaele Giammetti di cui abbiamo dato conto su Machina a partire dall’intervista che il curatore di questa sezione, Francesco Maria Pezzulli, ha condotto con uno degli autori (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/la-guerra-capitalista). Pubblichiamo oggi, invece, l’interessante contributo inviatoci da Raffaele Sciortino che mette in evidenza i pregi e alcune problematicità di questo fondamentale lavoro collettivo.
* * * *
Nell’attuale temperie politica e culturale in cui, anche e forse soprattutto a «sinistra», per discutere di guerra è d’obbligo prima genuflettersi un consono numero di volte alla vulgata atlantista sull’«aggressione russa», su «Putin criminale al servizio degli oligarchi», sulla «difesa della democrazia ucraina» e via sproloquiando in volgare american-english – un libro come quello di E. Brancaccio, R. Giammetti, S. Lucarelli (BGL), La guerra capitalista, offre una boccata d’aria pura oltre a far tornare coi piedi sulla terra[1]. E non è forse un caso che la riflessione lì contenuta sulle radici profonde del conflitto in corso non provenga da ambienti di radical left, intrisa di neo-progressivismo woke di importazione anglo-sassone e oramai distantissima da ogni riferimento classista. Ma proviene da studiosi seri (sì, studiosi) che mostrano di saper ricercare e ragionare in gruppo, capacità oggi pressoché scomparse, senza paura di nuotare, oggi, contro la corrente.
Gaspare Nevola: Una ‘guerra civile’ sottotraccia tra società dell’iper-fiducia e società dell’ipo-fiducia
Una ‘guerra civile’ sottotraccia tra società dell’iper-fiducia e società dell’ipo-fiducia
Scienza, politica e media nella crisi covidiana
di Gaspare Nevola
Dietro alle spalle un pescatore
E la memoria è già dolore
E’ già il rimpianto d’un aprile
Giocato all’ombra di un cortile
(F. De André)
I
Lo scrivevo già tra l’inverno e la primavera del 2020. Quando stavamo entrando sotto il regno del Covid. Oggi ritorno su quella stagione, a proposito del ruolo della scienza e delle decisioni pubbliche, ammonendo gli esperti dei salotti televisivi, i politici alla “si salvi chi può” e i mass media all’arrembaggio. Ritorno su alcune delle considerazioni fatte all’epoca per due motivi principali: 1) perché tali considerazioni non erano (né sono) ispirate dalla fregola di partecipare alle contingenti polemiche di un momento, e tanto meno erano (e sono) il riflesso di una paura obnubilante o di una “crisi di nervi” dettate dal virus e foraggiatrici di negazionismi scientifici vari o complottismi improvvisati “per dirne quattro a quel farabutto di nemico”; 2) affinché tali considerazioni tengano viva nella memoria collettiva gli equivoci e le responsabilità di chi ha operato scelte che hanno avuto un impatto devastante su tutti coloro che le hanno subite, con accondiscendenza o meno, ma spesso senza interrogarsi su come funzionano di fatto scienza, politica e mass media e su come invece dovrebbero funzionare una scienza, una politica e una comunicazione matura, se non virtuosa.
Torniamo con la mente ai primissimi mesi del 2020. Ci si chiede, tutti, da chi occupa posizioni apicali negli apparati politici, scientifici e mediatici, fino al comune uomo della strada, compreso il “personale di servizio” a collegare gli uni agli altri: come si propaga il virus? come fermarlo? quando e come ne usciremo?
Sandro Moiso: Dal Bunga Bunga al Festival. Missione compiuta
Dal Bunga Bunga al Festival. Missione compiuta
di Sandro Moiso
La recente assoluzione del Cavaliere da cabaret non può stupire più di tanto, pertanto l’autore di queste righe non si protrarrà nel ricordare gli eventi e le polemiche che hanno accompagnato la vicenda. Già fin troppo tempo si è speso su un terreno che di opposizione politica reale ben poco aveva ma che, in compenso, è servito da paravento per segnare un passaggio epocale di tanta sinistra italica da una posizione di carattere ancora socialdemocratico ad una persa tra le spirali del liberalismo salottiero e moralista, oltre che economico, destinate soltanto a far smarrire qualsiasi riferimento alla guerra tra le classi e ai bisogni materiali delle fasce sociali meno abbienti della società.
Sì, le lunghe “battaglie”, soprattutto mediatiche, condotte sulle “malefatte” di un premier autentico erede del Marchese del Grillo, intravisto nel nostro futuro più che nel passato nazionale da quel geniaccio cinematografico che rispondeva al nome di Mario Monicelli, avranno pure alimentato tanta ironia, anche sulle pagine di «Carmillaonline» attraverso le “Schegge taglienti” di Alessandra Daniele, ma, soprattutto, sono servite a diffondere una tendenza al moralismo e al giustizialismo che, dopo aver rinvigorito l’immagine di Marco Travaglio e del suo giornale e aver costituito le fondamenta dei “Vaffa Day” di Beppe Grillo, che hanno preceduto l’entrata in scena del Movimento 5 Stelle, ha cancellato, o almeno ha cercato di farlo, ogni riferimento al fatto che la battaglia politica, soprattutto se condotta da Sinistra, dovrebbe fondare le sue radici nelle contraddizioni reali del modo di produzione capitalistico. E non nelle sue platoniche ombre mediatiche.
Andrea Zhok: Lo sguardo altrui
Lo sguardo altrui
di Andrea Zhok
Nei rapporti con gli altri il fattore fondamentale per consentire l’instaurarsi di rapporti pacifici e di mutua comprensione è la capacità di mettersi nei panni altrui, di guardare il mondo circostante anche con gli occhi dell’altro, dalla sua prospettiva.
Non è un esercizio facile, ma è l’esercizio etico primario che sta alla base di tutte le etiche tradizionali come formula della reciprocità. Questa prassi è stata tuttavia progressivamente erosa nella cultura occidentale (in particolare americana). Non è sempre stato così, ma oggi lo sguardo occidentale è addestrato a concentrarsi su quali possano essere i lati da cui l’altro potrebbe avermi offeso, dal mio punto di vista, posto come ultima autorità.
Spostato sul piano della politica estera questo unilateralismo etico nell’opinione pubblica si esprime in forme di “imperialismo ingenuo”, che farebbero tenerezza se non lasciassero dietro di sé una scia di morte e distruzione.
Il Chimico Scettico: Scrivere di scienza?
Scrivere di scienza?
di Il Chimico Scettico
C’era una volta “Le Scienze”. Ci tenevano rubriche Douglas Hofstadter, che mi iniziò a feedback e ricorsività, e Martin Gardner, allora. E se scorrete le pagine di questo numero del 1981 vi renderete conto di quanto la proposta editoriale dei tempi fosse radicalmente diversa da quella odierna – indipendemente da considerazioni sullo spessore degli autori specie dell’edizione italiana, che sarebbero pure doverose…
Ecco, se si parla di “scrivere di scienze” a me viene in mente uno standard delineato da Scientific American e New Scientist fino a tutti gli anni 80. Quanto a trattare argomenti scientifici d’attualità nel dibattito pubblico non posso non ricordare il magistrale classico di Robert May e Roy Anderson The Logic Of Vaccination (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/la-logica-della-vaccinazione-1982-uk.html). Un classico che segna l’abisso tra il livello e la qualità con cui allora vennero trattati questi temi e quello che perlopiù oggi si chiama “divulgazione” o science writing : nessuno specie in Italia negli ultimi cinque anni ha voluto né saputo trattare il tema “vaccinazioni” in questo modo, anzi, cinque anni fa, quando qualcuno ripropose questo testo, venne perlopiù tacciato di eresia (dai più imbecilli fu classificato come materiale obsoleto).
Fabrizio Poggi: La preparazione yankee alla guerra con Russia e Cina viene da lontano
La preparazione yankee alla guerra con Russia e Cina viene da lontano
di Fabrizio Poggi
Premettiamo per onestà che non riportiamo niente di completamente nuovo, né tantomeno di nostre “scoperte”. L’argomento circola da tempo e, nelle sue forme più articolate, così come sono state illustrate dal “padre” di quell’organismo che, con le sue ricette geopolitiche, sembra dettare la linea alla stessa CIA – vale a dire George Friedman e la Strategic Forecasting – abbraccia la nuova geografia di buona parte dell’Europa centro-orientale e, più in generale, descrive futuri scontri planetari.
E dunque, l’estate scorsa, su buona parte delle reti sociali in lingua russa, è ricomparso il frammento di un confronto televisivo risalente al 30 maggio 1997, nel corso del quale il conduttore Aleksandr Ljubimov, inframmezzando la discussione, riportava in breve una notizia che, all’epoca, aveva del “fanta-politico”.
Il programma era “Faccia a faccia” e gli ospiti principali erano l’ex primo presidente dell’Ucraina “indipendente” (cioè: post 1991), Leonid Kravčuk e il politologo e consigliere presidenziale russo Sergej Karaganov.
Alessandro Robecchi: Riscriviamo tutto! Com’è possibile che nei Malavoglia siano tutti terroni?
Riscriviamo tutto! Com’è possibile che nei Malavoglia siano tutti terroni?
di Alessandro Robecchi
E’ solo un piccolo segnale, un inizio incoraggiante, non fermiamoci, ora! Avanti con la revisione politicamente corretta dei testi – classici e non – della letteratura mondiale! Hanno cominciato, com’è noto, alla Puffin Books, casa editrice inglese che ha riscritto i capolavori di Roald Dahl, cancellando parole come “grasso” e “brutto”, che non vanno bene, perché se uno è grasso o brutto si sente discriminato e smette di leggere. Giusto! E’ solo l’inizio. Vi sembra possibile che nei grandi romanzi russi dell’Ottocento siano tutti bianchi? Che assurdità! Una vera discriminazione! Ora almeno un fratello Karamazov del Congo bisognerà mettercelo, senza contare che il povero principe Myškin, che è tanto puro ma un po’ indietro di comprendonio, non potrà essere più chiamato “l’idiota”, Dostoevskij se ne faccia una ragione! Naturalmente è inaccettabile che in Via col vento i ricchi siano tutti bianchi e i neri facciano gli schiavi, si suggeriscono edizioni alternate: i bianchi fanno gli schiavi negli anni dispari, con “signorina Rossella” presa dai campi di cotone, e la sua domestica, che le stringe il busto e le porta la colazione, una bianca del Wisconsin, ma non grassa come nel romanzo, se no si ricomincia daccapo.
Renato Caputo: Marx e i limiti dell’emancipazione politica
Marx e i limiti dell’emancipazione politica
di Renato Caputo
L’uomo portatore dei diritti dell’uomo non corrisponde al concetto di uomo quale essere sociale, ma è la persona meramente esistente nella società borghese, dominio di rapporti di produzione fondati sul diritto di proprietà, che dà sanzione giuridica alle profonde disuguaglianze su cui si fonda
Di contro alla concezione idealista della “sinistra” hegeliana e dei “sinceri” democratici, Karl Marx e Friedrich Engels mostrano che non è lo Stato a tenere uniti “gli atomi della società civile, ma il fatto che essi sono atomi solo nella rappresentazione, nel cielo della loro immaginazione, – il fatto che nella realtà sono esseri fortemente distinti dagli atomi, cioè non sono egoisti divini, ma uomini egoistici. Solo la superstizione politica [democratica e piccolo borghese] immagina ancora oggi che la vita civile debba di necessità essere tenuta unita dallo Stato, mentre, al contrario, nella realtà, lo Stato è tenuto unito dalla vita civile” [1].
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