Sara Reginella – 02/05/2023
Ho conosciuto Alexey Albu nell’agosto 2022, durante una delle mie trasferte in Donbass. È stata una delle persone che mi hanno aiutato ad orientarmi, in quei territori dilaniati dal conflitto.
Alexey è anche uno dei testimoni che hanno vissuto sulla propria pelle il massacro avvenuto nove anni fa, nella Casa dei Sindacati di Odessa. Ex deputato regionale nella stessa città ed esponente dell’organizzazione politica “Borotba”, oggi vive a Lugansk, in Donbass, territorio in cui si è trasferito otto anni fa.
Della lunga intervista rilasciatami, condivido l’estratto inedito relativo alla testimonianza sul massacro del 2 maggio 2014.
Mi hai raccontato che eri nella Casa dei sindacati, il 2 maggio 2014. Che cosa è accaduto al suo interno?
Nella Casa dei sindacati c’è stato un massacro, il massacro di coloro che non erano d’accordo col colpo di stato avvenuto a Kiev. In quel giorno, militanti neonazisti ucraini sono arrivati a Odessa. Ce n’erano diversi, un migliaio, e hanno organizzato questo terribile crimine. Hanno ucciso persone indifese e, nonostante il fatto che la propaganda ucraina dica che le persone sono morte a causa delle fiamme e del fumo, posso affermare che questo non è vero. Le persone sono state uccise con armi da fuoco e armi bianche, all’interno della Casa dei sindacati. Sono stati ritrovati molti corpi con ferite da taglio. Altre persone sono state uccise dopo essersi gettate dall’edificio in fiamme. È così che è morto il mio compagno di “Borotba”, Andrey: si è gettato da una delle finestre della Casa in fiamme ed è stato ucciso mentre non poteva opporre resistenza.
Qual è stata la cosa peggiore che hai visto all’interno dell’edificio?
La Casa dei Sindacati è molto grande. Se mi puoi vedere vivo, è perché sono stato fortunato, non mi sono ritrovato nel punto in cui sono successe le cose peggiori. Mi sono salvato perché mi trovavo nell’ala destra del palazzo e non nella parte centrale, dove si era sviluppato un grande incendio e avvenivano i massacri. La cosa peggiore che ho visto, è stata quando ho lasciato la Casa dei sindacati e i militanti neonazisti hanno iniziato a picchiarci. Mi hanno rotto la testa e siamo stati tutti gettati a terra, giacevamo in un mucchio, eravamo un mucchio di persone che giacevano a terra. Ricordo un uomo ancora vivo, gettato in mezzo a noi: mi è morto accanto. In quel momento, non capivo del tutto cosa stesse accadendo. Molti fatti mi sono diventati più chiari grazie ai resoconti dei testimoni oculari, grazie ai video e alle foto apparse su internet, riferite a ciò che è successo lì. È grazie a questi materiali che ho potuto fare confronti, che sono riuscito a capire cosa stavo facendo nel momento in cui veniva ucciso il mio compagno Andrey, o cosa stavo facendo mentre veniva ucciso un altro mio compagno, Markin, grazie al quale sono sopravvissuto. Noi non siamo stati uccisi quando abbiamo lasciato la Casa dei sindacati, in quanto era arrivato un gran numero di testimoni, persone che raccolsero testimonianze video e fotografiche. Molte di queste prove raccolte, sono ancora oggi disponibili e di pubblico dominio.
In Occidente, si tende perlopiù a riportare che nella Casa dei sindacati vi fu solo un incendio. Cosa pensi di ciò?
In primo luogo, vorrei dire che l’Ucraina sta diffondendo diversi miti su quel terribile giorno. Il primo mito è che gli attivisti filo-ucraini fossero cittadini comuni, pacifici. Non è così. Alla manifestazione organizzata per l’unità dell’Ucraina hanno partecipato militanti di estrema destra. Erano ben organizzati. Avevano molte armi: da fuoco, armi bianche, oltre a speciali dispositivi di protezione, scudi, elmetti, giubbotti antiproiettile e persino maschere antigas. Dunque, questo mito è distrutto, basta analizzare le prove che sono di dominio pubblico (filmati diffusi online, n.d.a). Il secondo mito che l’Ucraina sta diffondendo è che le persone nella Casa dei sindacati siano morte solo a causa delle fiamme e del fumo. Non è vero. È vero solo per metà. Molte persone morirono per le fiamme e il fumo, ma molti morirono perché fucilati con armi da fuoco. Posso fornire fotografie che confermano questi fatti, a convalida delle mie parole. Una donna che si trovava in uno degli uffici è stata strangolata con un filo. Altre persone sono state uccise dopo essersi buttate dalle finestre dell’edificio in fiamme, cioè, non sono state assistite, ma al contrario sono state colpite. Per molte di loro, questi colpi sono stati fatali. Ovviamente, la propaganda ucraina può raccontare storie diverse, ma io sono un testimone oculare vivente di questi eventi (…).
Quando gli agenti di polizia, che erano già impegnati negli scontri nel centro della città, sono arrivati presso la Casa dei sindacati, hanno fornito assistenza alle persone colpite. Hanno cercato di proteggere le persone che venivano picchiate dai neonazisti. Tra l’altro, vorrei dire grazie ai poliziotti, perché quando hanno iniziato a picchiarmi e sono caduto, i nazisti mi hanno iniziato a spaccare la testa e diversi agenti di polizia me l’hanno coperta con degli scudi. I neonazisti hanno continuato a picchiarmi, ma tutti i colpi sono finiti sulle braccia e sulle gambe, la testa ce l’avevo protetta dagli scudi della polizia.
Fummo tutti arrestati e portati in questura. Tuttavia, la polizia ci disse: “Abbiamo l’ordine di considerarvi tutti fuorilegge, ma siamo scioccati da ciò che sta accadendo. Pertanto, non vogliamo arrestarvi. Adesso chiameremo un’ambulanza e andrete in ospedale, vi verranno prestati i primi soccorsi e dovrete andarvene, perché abbiamo una squadra già pronta per arrestarvi”. I poliziotti della regione di Odessa sono figli di quella gente, sono figli di quelle persone. Non potevano andare contro il popolo, non potevano agire contro il popolo. Sono i nazisti e il piccolo gruppo di politici e funzionari corrotti, ad essersi schierati dalla parte di coloro che compirono il colpo di stato a Kiev.
Per ulteriori approfondimenti e testimonianze video sui fatti avvenuti il 2 maggio 2014 a Odessa, si suggerisce la visione del documentario “Start Up a War. Psicologia di un conflitto”: