Paolo Cornetti: L’attacco con i droni al Cremlino è stato veramente una “false flag” russa?

Rassegna del 09/05/2023

 

Paolo Cornetti: L’attacco con i droni al Cremlino è stato veramente una “false flag” russa?

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L’attacco con i droni al Cremlino è stato veramente una “false flag” russa?

di Paolo Cornetti

I fatti

Mosca, mercoledì 3 maggio, ore 02:27 (locali) del mattino.

La Piazza Rossa è già completamente imbandita a festa in vista delle celebrazioni della Giornata della Vittoria (День Победы – Den’ Pobedy), anniversario della resa incondizionata delle forze naziste.

Gli spalti pronti ad ospitare cittadini ed autorità sono già stati montati e spiccano i colori bianco, blu e rosso della Federazione Russa. Anche il mausoleo che ospita la salma di Lenin è stato coperto da imponenti strutture dalle quali risalta la data del 9 maggio.

Nel silenzio del cielo notturno di Mosca improvvisamente si sente un rumore, un drone vola in direzione del Cremlino e si schianta contro la cupola del Palazzo del Senato (Сенатский дворец – Senatskiy Dvorets) e prende fuoco.

Il Palazzo del Senato, situato nel perimetro interno del Cremlino, è la residenza presidenziale, ma il nome non deve ingannare. Non si tratta né di un luogo adibito ai lavori parlamentari né il luogo dove dorme il presidente Putin (che si trova a Novo-Ogaryovo, nell’ovest della capitale). Il Palazzo del Senato ospita invece tutta l’amministrazione presidenziale, in particolare l’ufficio esecutivo del presidente, posto all’interno della “Sala Ovale”, e stanze per gli incontri di rappresentanza e gli eventi internazionali. L’edificio è situato all’interno di un’area considerata – ovviamente – di estrema sicurezza ed è interdetta al pubblico.

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“Temps critiques”: Fine della corsa…

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Fine della corsa…

di “Temps critiques”

172528621 513e70dd 3321 4e91 b422 b6057463694aContinuità e discontinuità

Come si è detto nei nostri precedenti opuscoli, la lotta contro il decreto pensioni – così come il movimento dei Gilet Gialli, o le lotte contro i cosiddetti «grandi progetti» – rappresenta un imbarazzante ritorno della «questione sociale», e lo fa in un momento in cui i «problemi della società» vengono posti – da parte poteri forti, dai media e da alcuni gruppi di opinione – come se fossero le questioni più urgenti da risolvere. Ma questa riapparizione, oggi sta avvenendo in forme nuove e più varie, e contrariamente a quanto pensano alcuni, queste varie forme di protesta, o movimenti, non costituiscono affatto delle «sequenze» (una parola, che in questo momento sembra essere di moda) in un processo lineare che, da un lato, andrebbe in maniera unilaterale verso un «sempre più»: vale a dire, sempre più sfruttamento e sempre più dominio sugli esseri umani e sulla natura, e verso sempre più repressione (ma anche sempre più «resistenze»); mentre dall’altro andrebbe invece verso un «sempre meno»: sempre meno diritti, sempre meno progresso, sempre meno uguaglianza… A tal punto che – se davvero così fosse – è inevitabile chiedersi cosa mai riesca a far stare in piedi un «sistema» talmente apocalittico. La risposta – per cui si finisce per vedere questa situazione solo come nient’altro che il risultato di un potere che si basa esclusivamente sulla forza delle baionette («lo Stato di polizia») – appare assai povera, politicamente. E di fatto, una simile risposta si riesce a imporre solo se accettiamo il rischio di non tener conto delle situazioni concrete, e di quelle che sono le reali differenze di trattamento da parte delle autorità.

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Chris Nineham: Marxismo e classe

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Marxismo e classe

di Chris Nineham

Parte 1: Perché non vogliono che parliamo di classe

s l1600Gli scioperi dell’estate scorsa in Gran Bretagna e l’annuncio da parte di Mick Lynch del RMT (il sindacato dei lavoratori ferroviari, navali e dei trasporti) che «La classe operaia è tornata» devono aver fatto correre un brivido lungo la schiena dell’establishment. Quest’ultimo sperava di aver seppellito definitivamente l’idea di una classe operaia combattiva. Uno dei grandi paradossi degli ultimi quarant’anni è che proprio mentre la società è diventata più diseguale di quanto lo sia stata da un secolo a questa parte, la classe è stata esclusa dal dibattito.

Questo è un risultato per il quale la classe dirigente britannica ha lavorato molto sodo sin dall’inizio del progetto Thatcher. Alfred Sherman, importante consulente dell’allora leader del Tories Margaret Thatcher, tenne una serie di lezioni nel corso degli anni Settanta con l’intento di dimostrare che la classe era «un termine marxista che è privo di significato in qualunque contesto non marxista». La Thatcher fece eco in seguito a queste affermazioni dichiarando che la classe era «un concetto comunista». E Keith Joseph, tra i più intimi confidenti della Thatcher, riteneva che il loro progetto fosse la creazione di una società in cui sarebbe stato possibile affermare «Oggi siamo tutti borghesi».1

Questi temi sono stati ripresi con entusiasmo dall’intero establishment. Nelle università i dipartimenti di studio delle relazioni industriali hanno chiuso i battenti, mentre i business studies sono fioriti. Ormai da molto tempo i giornali hanno licenziato i loro corrispondenti sindacali e si concentrano sulle quotazioni di borsa invece che sulle statistiche sugli scioperi. Ignorando le proprie radici all’interno della classe operaia, ovunque i partiti socialdemocratici hanno abbandonato ogni retorica di classe.

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Piccole Note: Il drone abbattuto a Kiev, quello sul Cremlino e le stragi in Serbia

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Il drone abbattuto a Kiev, quello sul Cremlino e le stragi in Serbia

di Piccole Note

Sta facendo il giro del mondo la notizia che un drone russo sarebbe stato abbattuto sopra il palazzo presidenziale di Kiev. L’attacco sarebbe una ritorsione al drone inviato sul Cremlino in precedenza (La Sette). In realtà, come si legge sul Kyivpost, non un media russo, era un drone ucraino finito fuori controllo. Tante le falsità che circolano su questa guerra…

Mosca risponderà all’attacco al Cremlino, ma quando lo riterrà “necessario”, come ha detto l’ambasciatore russo negli Stati Uniti. A riportare le dichiarazioni di Anatoly Antonov è M.K. Bhadrakumar su Indianpunchline, in un articolo dal titolo: “Il destino del regime di Zelensky è segnato”.

Secondo l’analista, dopo l’attacco, la Russia non avrebbe altra scelta che eliminare i suoi nemici di Kiev, ormai troppo pericolosi. Si era contenuta finora, ora si toglierà i guanti.

La scelta sarebbe facilitata dal disimpegno americano che, secondo Indianpunchline, starebbe iniziando a defilarsi, come dimostrerebbero le parole del Capo di Stato Maggiore Mark Milley, che in un’intervista a Foreign Affairs non solo ha espresso dubbi sull’esito della controffensiva, ma addirittura è rimasto sul vago sulla sua effettiva attuazione.

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Il Rovescio: Sostituzione macchinica

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Sostituzione macchinica

di Il Rovescio

Mentre il ministro dell’agricoltura Lollobrigida parla, con linguaggio nazista, di «sostituzione etnica» degli italiani da parte degli immigrati; mentre i cosiddetti democratici – che il razzismo istituzionale lo hanno sempre praticato senza dichiararlo – lo accusano di «suprematismo bianco», esiste una ben reale «sostituzione» in atto, che tutti gli schieramenti della classe dirigente promuovono: quella degli umani da parte delle macchine.

«Macchine che scimmiottano gli esseri umani tendono a infiltrarsi in ogni aspetto della vita delle persone e le costringono a comportarsi come macchine. I nuovi dispositivi elettronici hanno in verità il potere di costringere le persone a “comunicare” con essi e con gli altri esseri umani nei termini dettati dalla macchina. Ciò che strutturalmente non rientra nella logica delle macchine viene filtrato e in pratica scompare da una cultura dominata dal loro uso. Il comportamento meccanico degli esseri umani incatenati all’elettronica corrisponde a un deterioramento del loro benessere e della loro dignità, a lungo andare intollerabile per la maggior parte di essi.

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Carlo Clericetti: Mes e nuove regole: l’Europa e il parto del topolino

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Mes e nuove regole: l’Europa e il parto del topolino

di Carlo Clericetti

La riforma delle regole è una delusione assoluta. Non è vero che siano più semplici e meno arbitrarie, ricalcano la stessa logica del passato, non danno spazio agli investimenti che la Ue dice di voler fare. L’Europa resta prigioniera di idee sbagliate

Chi avrebbe mai creduto che si sarebbe dovuta apprezzare una posizione del governo più di destra della storia della Repubblica? Eppure è così, tanto che vale la pena di parlarne prima di dare un’occhiata alla riforma delle regole europee. La resistenza del governo alle pressioni interne ed europee a ratificare la pessima riforma del Mes è una delle rare buone notizie di questo periodo che non avremmo voluto vivere.

Il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha spiegato in un’intervista al Sole24ore (del 29 aprile) che non è la nostra mancata ratifica della riforma del Mes a bloccare i progressi dell’unione bancaria: “L’unione bancaria si è fermata perché alcuni non vogliono che i bond governativi italiani abbiano lo stesso trattamento delle emissioni degli altri paesi nella valutazione degli asset degli istituti di credito”.

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Giuseppe Lorenzetti: La guerra e l’ultimo invito a cambiare strada

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La guerra e l’ultimo invito a cambiare strada

di Giuseppe Lorenzetti

Stando ai sondaggi, la percentuale di italiani contrari all’invio di armi in Ucraina è massiccia e questa opinione, con buona pace dei media mainstream che si impegnano con dedizione nella causa di trasformare in eretici tutti coloro che contestano l’attuale approccio alla guerra, sembra rimanere costante nel tempo, se non addirittura rafforzarsi dall’inizio della crisi in Ucraina.

Al di là dei sondaggi, sempre più persone con cui mi capita di confrontarmi, compresi – incredibile ma vero – numerosi giovani, si dicono non favorevoli alla strategia adottata dal governo del proprio Paese. Forse, nonostante tutta la manipolazione mediatica messa in campo, nonostante una gran parte degli adolescenti e non solo sia letteralmente abbandonata a sprecare la propria vita davanti a uno schermo, e nonostante la più totale follia nella gestione politica e sanitaria dell’”era covid” abbia messo duramente alla prova la conservazione di un pensiero logico in buona parte dell’italico genere umano, ci sono ancora parecchie persone che sono in grado di stupirsi di fronte all’assunto “Servono armi per fare la pace.”

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Salvatore Bravo: Il tempo della storia

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Il tempo della storia

di Salvatore Bravo

Siamo nella storia, l’essere umano non è solo un animale sociale è, specialmente, un animale storico. La storia è la nostra speranza, anche quando spira la tempesta e la reazione oppressiva sembra invincibile; dobbiamo rammentarci che la storia è il luogo della prassi in cui “il possibile” non è tramontato, ma attende i popoli per la sua concretizzazione reale. Rammentarci della storicità della condizione umana in questo periodo storico non è banale, in quanto la cancellazione della cultura ha l’obiettivo di ipostatizzare il presente e di porre un taglio netto tra l’essere umano e la storia. Senza storia si è astratti dal tempo reale e materiale, pertanto si è esposti alle manipolazioni ideologiche. Cancellare la memoria significa eliminare il potenziale trasformativo e rivoluzionario che ogni popolo reca con sé. Si impara a diventare “animali storici” nutrendosi e formandosi all’ombra della storia dei popoli che hanno ribaltato le condizioni materiali e psicologiche di vita reificanti e umilianti. Nello stesso modo si impara la “conservazione” con la derealizzazione storica, si impara, così, a sopravvivere senza speranza e in uno stato di perenne prostrazione.

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Luca Benedini: Storia e democrazia: alcuni nodi cruciali

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Storia e democrazia: alcuni nodi cruciali

di Luca Benedini

Spunti vitali per il presente e per il futuro a partire dai complessi rapporti tra antichità comunitaria e patriarcato, tra il democratico “socialismo scientifico” marx-engelsiano e i “marxismi” spessissimo fasulli e autoritari, tra l’attuale società ipercomplessa e lo sguardo di don Milani e del pensiero olistico, con alcune osservazioni di fondo sull’attuale drammatica crisi della “sinistra” e sulle vicende storiche e politico-culturali della filosofia dialettica

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La tensione storica tra democrazia e società patriarcale

In occasione della traduzione italiana di un’opera di Robert Eisler redatta nell’originale inglese a metà ’900 (Uomo diventa lupo, pubblicata da Adelphi nel 2019), Michelangelo Cianciosi sintetizzava nella rivista Il Senso della Repubblica dell’agosto 2020 una serie di considerazioni storico-antropologiche presentate appunto in quel testo dall’autore austriaco: in particolare, il fatto che sin dalla preistoria umana si trovano ampie ed ineludibili tracce sia di popolazioni pacifiche ed evidentemente ricche di spirito collaborativo sia di popolazioni violente e predatrici. In tal modo – concludeva Cianciosi – «Eisler ci pone in maniera quasi brutale nudi di fronte alla nostra libertà: far parte di una società di competizione spietata e di sopraffazione o costruirne una di rapporti armonici e pacifici è una scelta a portata dell’essere umano, non un destino» [1].

In pratica, quegli apporti di Robert Eisler riformulavano su altri piani osservazioni storiche precedenti come quelle esposte da Lewis Henry Morgan e da Friedrich Engels nella seconda metà dell’Ottocento e, a loro volta, sono stati approfonditi in seguito in varie direzioni soprattutto da autrici come Marija Gimbutas e Riane Eisler e più recentemente da David Reich [2]. Il fulcro della questione sta nel fatto che a partire dalla seconda metà del ’900 si sono moltiplicate le prove archeologiche (e indirettamente paleogenetiche) che indicano in un’ampia parte del continente eurasiatico l’antica presenza – fino solitamente intorno ai 5 millenni fa – di società pacifiche, solidali, non sessiste e non pesantemente classiste.

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Leonardo Mazzei: Con la Meloni si torna all’euro-austerità

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Con la Meloni si torna all’euro-austerità

di Leonardo Mazzei

NANE E BALLERINE«Altro che sovranismo! Il governo Meloni, già servile verso la politica guerrafondaia degli U.S.A., ubbidisce supinamente anche alle spietate direttive dell’Unione Europea. Con il “nuovo” Patto di Stabilità (leggi austerità) l’Italia entrerà in recessione: più disoccupazione, più precarizzazione, salari sempre più bassi».

Detto in lucchese, “si torna ai santi vecchi”. Vi eravate scordati dell’Europa, o meglio dell’Ue, dei suoi eccitanti numerini e dei suoi simpatici tecnocrati? Tranquilli, sono di nuovo tra noi. Dopo tre anni di purgatorio si torna adesso all’inferno dell’austerità. Alla faccia di quelli che… “stavolta l’Europa ha capito la lezione”. Come no, ci mancherebbe!

A nome della Commissione europea, il nuovo “Patto di stabilità”, versione 2023, è stato presentato nei giorni scorsi dal duo Gentiloni-Dombrovskis, una vera garanzia di cambiamento. Nella loro proposta c’è una certezza ed una minaccia. La certezza è che il volto del mostro eurista non cambia, né ha intenzione di farlo, essendo l’austerità nel suo Dna al pari della sua natura antipopolare. La minaccia è che senza un nuovo accordo entro il 2023, dall’inizio del nuovo anno tornerebbe addirittura in vigore il folle meccanismo del Fiscal compact. Un’ipotesi, quest’ultima, che non dispiacerebbe troppo alla Germania.

A Bruxelles, tuttavia, sono criminali ma non folli. Il Fiscal compact non ha mai funzionato davvero, e non ha funzionato per nulla sulla regola della riduzione di un 5% all’anno della quota di debito eccedente il 60% nel rapporto col Pil.

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Andrea Boitani e Roberto Tamborini: Inflazione da profitti o profitti da inflazione?

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Inflazione da profitti o profitti da inflazione?

di Andrea Boitani e Roberto Tamborini

Andrea Boitani e Roberto Tamborini si occupano del rapporto tra inflazione e profitti, distinguendo i casi in cui si realizzano profitti da inflazione da quelli in cui l’inflazione è innescata (anche) da un aumento dei margini di profitto. I due autori sostengono che, quando il caso è quest’ultimo, affidarsi solo alla politica monetaria ha costi troppo elevati in termini di disoccupazione mentre occorrerebbe un accordo generale sulla dinamica dei redditi, accompagnato da incisive politiche pro-concorrenziali e fiscali

181233 sdL’analisi via via più dettagliata dei dati aggregati, e soprattutto settoriali, relativi all’inflazione post-pandemica – in atto su scala globale dalla seconda metà del 2021 – ha messo in luce una significativa crescita dei margini di profitto. Il fenomeno è presente da tempo nella maggior parte dei paesi avanzati e dei settori produttivi, anche se appare più marcato in alcuni paesi (Stati Uniti e Regno Unito ad esempio) e in alcuni settori (agroalimentare, energetico, costruzioni, ristorazione, turismo). Il grafico tratto da un recente intervento di Fabio Panetta riassume i dati per l’Europa tra il IV trimestre del 2019 e il IV trimestre del 2022. Panetta afferma che “i profitti unitari hanno contribuito per più di metà della pressione inflazionistica interna nell’ultimo trimestre del 2022”, annotando anche che “la resilienza dei profitti cominciò ad essere visibile durante la pandemia, quando vi fu una recessione eccezionalmente profonda con un incremento dei profitti unitari (contrariamente a quanto accaduto nelle recessioni precedenti), mentre il sostegno fiscale assorbiva lo shock economico”.

Come sempre, in presenza dell’andamento congiunto di due variabili, i profitti e l’inflazione, la domanda è se siamo in presenza di un’inflazione da profitti (dove l’aumento dei profitti è una delle concause dell’aumento dei prezzi) o in presenza di profitti da inflazione (l’aumento dei prezzi porta con sé anche un aumento dei profitti). La risoluzione dell’enigma ha, naturalmente, conseguenze importanti, per ragioni distributive, equitative e per l’impostazione di una corretta politica antinflazionistica. Purtroppo, l’enigma è intricato e difficile da risolvere in maniera generale. Qui proviamo a fornire alcuni elementi che possono aiutare a mettere in ordine le idee.

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comidad: Il tradimento dei morti di fame

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Il tradimento dei morti di fame

di comidad

Un giorno il Sacro Occidente si sveglierà, folgorato dalla luminosa evidenza di chi sia il colpevole di tutti i suoi mali: Enrico Mentana. Il nostro eroe tiene da anni un sito internet apposta per smascherare bufale e fake news; ed esattamente un anno fa ad esservi demolita era la versione circolata a proposito di un’intervista rilasciata dal finanziere George Soros all’emittente CNN. Mentana e soci si preoccupavano di smentire la voce secondo cui Soros avrebbe ammesso di essere lui l’organizzatore del colpo di Stato di piazza Maidan in Ucraina del 2014.

A piazza Maidan infatti non c’era Soros ma il senatore John McCain, mentre il governo del dopo-golpe fu selezionato da Victoria Nuland. La preoccupazione di Mentana però è ugualmente sproporzionata e mal diretta. Mentana dovrebbe infatti domandarsi se siano più insidiose le esagerazioni sul ruolo del miliardario ungherese-americano, oppure se sia più letale l’enfasi che proprio i media riservano a quel personaggio, per cui ogni sua intervista, o conferenza stampa, o semplice dichiarazione riesce a calamitare i giornalisti.

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Piccole Note: I droni sul Cremlino. Prove di terza guerra mondiale

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I droni sul Cremlino. Prove di terza guerra mondiale

di Piccole Note

I droni lanciati sul Cremlino questa notte indicano il livello di follia raggiunto da questa guerra. Certo, si tratta di un’azione del tutto spettacolare, dal momento che non potevano fare che qualche danno, non avendo alcuna possibilità di penetrare il bunker che protegge il presidente russo.

Ma si può immaginare cosa sarebbe successo se al posto del Cremlino ci fosse stata la Casa Bianca… l’Ucraina sarebbe stata letteralmente incenerita. Kiev nega responsabilità sull’accaduto, ma non può essere creduta, nonostante stavolta il suo diniego potrebbe essere vero.

Mosca non può far altro che puntare il dito contro Kiev: non può certo accusare Washington o altri Paesi (che pure usano gli ucraini come manovalanza) senza dare inizio a una guerra, e a una guerra atomica data la portata dell’attacco subito (l’ipotesi che sia parto di guerriglieri russi è ridicola: servono capacità altissime per violare i sofisticati presidi che di certo difendono il Cremlino; né è una false flag, è assurdo pensare che il Cremlino possa ostentare proprie vulnerabilità).

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Alessandro Volpi: Sul corpo del leader: per una politica della disarmonia

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Sul corpo del leader: per una politica della disarmonia

di Alessandro Volpi

La querelle della consulente di armocromia di Elly Schlein ha portato sulle scene una questione antica sulla politica, il tema della presenza estetica e simbolica del leader politico. Le critiche che si sono concentrate sul fatto che un partito o un leader di sinistra non possa spendere 300 euro per una consulenza su questi temi, perché meramente comunicativi, secondo un’idea che li svaluta, pensando la politica come una pura discussione razionale fatta da soggetti senza corpo, non colgono il punto. La questione di cosa comunica e cosa rappresenta il corpo del leader merita infatti un’alta considerazione, e pagare professionisti che si occupino di questo è quanto di più normale. Questa centralità del momento rappresentativo del corpo del leader (o del sovrano) non è una novità – c’è una letteratura sterminata sull’epoca medievale e primo-moderna su questi aspetti – e oggi, con la sovraesposizione mediatica, questa questione è diventata ancora più importante. Questa riflessione invece va fatta, ma è proprio in virtù della centralità della comunicazione – e non della necessità di concentrarci sulle “questioni materiali” – che Schlein ci dice chi vuole rappresentare.

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Jack Orlando: Il posto di confine di Rossanda. Il problema della cultura (nella) politica

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Il posto di confine di Rossanda. Il problema della cultura (nella) politica

di Jack Orlando

Alessandro Barile, Rossana Rossanda e il PCI. Dalla battaglia culturale alla sconfitta politica. 1956-1966, Carocci Editore, Roma, 2023, pp. 265, 32€

Al momento della sua scomparsa, ormai due anni e mezzo fa, Rossana Rossanda, come molti degli intellettuali della sua generazione, ha avuto la sua generosa dose di elogi postumi. Ritualità.

Eppure, a differenza della maggioranza dei suoi omologhi, la fondatrice del Manifesto ed ex dirigente del PCI ha avuto la buona sorte di veder riconosciuta, o quanto meno solo leggermente mistificata, la propria identità storica.

Di Rossanda in effetti, si son dovuti attenere più o meno tutti ad un riconoscimento inaggirabile: era una intellettuale comunista. Definizione magari generica, ma certamente non scontata per un paese ossessionato dal normalizzare, mistificare, occultare o estirpare, qualsiasi traccia di comunismo lo abbia attraversato.

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Andrea Prizia: La rivoluzione in esilio

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La rivoluzione in esilio

Recensione di Andrea Prizia

A. Cerutti, G. Dettori (a cura di), La rivoluzione in esilio. Scritti su Mario Tronti, Quodlibet 2021

La rivoluzione in esilio. Scritti su Mario Tronti, a cura di Giulia Dettori e Andrea Cerutti, è un volume collettaneo edito da Quodlibet che raccoglie contributi di studiose e studiosi, spesso giovani, che riflettono sul lascito del pensiero di Mario Tronti. Non è senza motivo che si sottolinea la giovane età di molti autori e autrici, come è anche importante notare l’ambito in cui si muovono, a volte fuori dell’accademia: negli interventi – così come nel pensiero di Tronti — le riflessioni politiche e teoriche sono affrontate e percepite come problemi attuali, rivolte alle questioni del tempo presente, affidate anche ad una forma stilistica lontana dallo stile scientifico – come nel caso di alcuni agenti scismatici del partito immaginario o l’intervento di Andrea Cerutti.

La parola rivoluzione che appare nel titolo è da considerare come il nome del pensiero più radicale cui Tronti ha dedicato i propri scritti e che oggi è del tutto lontano e forse inaccessibile. Uno degli scopi di questo volume è proprio quello di mostrare come oggi tale pensiero radicale che si intendeva rivoluzionario sia costretto a ripensarsi, nel doppio senso di ripensare agli elementi che lo strutturavano e a ripensarsi da capo, a rinnovarsi.

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