Rassegna del 28/05/2023
Toni Iero: Crisi bancaria negli USA: ci risiamo?
Crisi bancaria negli USA: ci risiamo?
di Toni Iero
Premessa
Ci aspetta il decoupling, ossia il “disallineamento di sistema”? Quelli che si erano illusi che con la globalizzazione il mondo fosse diventato per sempre “uno” si devono ricredere perché invece corre velocemente verso il “due”, verso il West and the Rest, l’Occidente contro il Resto, come dal titolo di un del libro di Niall Ferguson. Colpa certamente della guerra russo-ucraina, ma pure degli alti tassi d’interesse della Federal Reserve che manda in default le banche e spinge il dollaro alla “de-dollarizzazione”.
Per capirci qualcosa pubblichiamo l’articolo di Toni Iero appena comparso sulla rivista bolognese “Cenerentola” (Aprile 2023, n. 262) [Giorgio Gattei].
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Il recente fallimento di Silicon Valley Bank (SVB) ha riportato alla memoria quello avvenuto nel settembre del 2008 della Lehman Brothers. Fino a che punto si tratta di episodi simili? Siamo di fronte ad un’altra tempesta finanziaria in grado di scuotere i sistemi economici mondiali? Cominciamo col dire che, in realtà, il dissesto di SVB ha origini diverse da quello che travolse la Lehman. Circa quindici anni fa, la banca d’affari americana venne messa in ginocchio dall’insolvenza dei clienti cui aveva prestato il suo denaro. Oggi la banca californiana è stata colpita dal ritiro di ingenti quantità di dollari depositati sui suoi conti correnti. Nel primo caso il problema sorse dal lato dell’attivo (prestiti), questa volta dal lato del passivo (depositi). Per chiarire, in estrema sintesi, una banca raccoglie denaro (conti correnti, depositi) e lo presta (finanziamenti alle imprese, mutui), guadagnando sulla differenza dei tassi di interesse applicati (quello su conti correnti e depositi è, usualmente, molto minore di quello sui prestiti).
Fulvio Bellini: La Gran Bretagna si propone per affiancare gli Stati Uniti nella guida dell’Occidente
La Gran Bretagna si propone per affiancare gli Stati Uniti nella guida dell’Occidente
di Fulvio Bellini*
“Marx aveva avuto ragione una prima volta, l’aristocrazia aveva ceduto il passo alla borghesia, ma aveva avuto ragione una seconda, la borghesia si dimostrò immediatamente incapace di ricoprire il ruolo di classe dirigente egemone, non essendo stata in grado di soffocare sul nascere la rivoluzione bolscevica in Russia prima e quella comunista in Cina poi”
Premessa: la rivoluzione borghese ha fallito
Una rilevante parte dell’opera di Karl Marx si è imperniata sulla descrizione della rivoluzione borghese ai danni dell’aristocrazia di origine feudale, che ancora nel XIX secolo occupava posti di comando in Europa, e con la quale la borghesia trionfante della Rivoluzione francese e della successiva epopea napoleonica doveva ancora spartire il controllo dello stato. Lo abbiamo sottolineato in passati articoli, sotto un certo punto di vista, nel vecchio continente il delicato equilibrio tra borghesia ed aristocrazia, tipico ad esempio dell’élite britannica, ha determinato la nascita della Banca d’Inghilterra prima e del Gold Standard poi; negli Stati Uniti, dove la classe aristocratica con le sue patenti regie ed i suoi privilegi derivanti era inesistente, la borghesia poté esprimere liberamente la propria visione politica e quindi, nonostante due tentativi, una Banca degli Stati Uniti paragonabile a quella inglese non esistette mai, ed il “dollar standard” fu il modello finanziario per la conquista dell’ovest, fatta cioè con carta moneta. In Europa, l’equilibrio tra borghesia ed aristocrazia si ruppe definitivamente a favore della prima con la fine della Grande Guerra, ed il tramonto di antiche dinastie come quella degli Asburgo, degli Hohenzollern e dei Romanov portò con sé la classe che aveva governato dai tempi della caduta dell’Impero romano.
Joshua Clover: Riot. Una nuova epoca di rivolte
Riot. Una nuova epoca di rivolte
di Joshua Clover
Nella collana «Culture radicali» (a cura del Gruppo Ippolita) delle edizioni Meltemi, è appena uscito il saggio «Riot Sciopero Riot. Una nuova epoca di rivolte» di Joshua Clover (traduzione di Lorenzo Mari e postfazione di Into the Black Box). Secondo l’autore la lotta del popolo contro lo stato è scesa in strada inaugurando una nuova epoca di rivolte. Queste sono state la principale forma di protesta nel XVII e XVIII secolo. Soppiantate dagli scioperi all’inizio del XIX secolo, sono prepotentemente tornate alla ribalta a partire dalla crisi economica globale del 1973. Il libro sarà presentato mercoledì 19 aprile alle 19.00 al CSOA Forte Prenestino (via Federico Delpino, Roma), con il Gruppo Ippolita e il Duka. Qui ne anticipiamo un estratto per i nostri lettori, ringraziando l’editore, l’autore e i curatori per la disponibilità.
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I riot stanno arrivando, alcuni sono già qui e altri sono in preparazione. Non c’è dubbio. Ci vuole una teoria adeguata. Una teoria del riot è una teoria della crisi. Questo è vero, in una dimensione locale e specifica, nel momento in cui i vetri vanno in frantumi e scoppiano gli incendi, quando il riot significa l’irruzione sulla scena, per la durata di poche ore o pochi giorni, di una situazione disperata, di un impoverimento estremo, della crisi di una certa comunità o amministrazione cittadina. Tuttavia, il riot può essere compreso soltanto se lo si considera dotato di valenze interne e strutturali e, per parafrasare Frantz Fanon, nella misura in cui possiamo discernere il movimento storico che gli dà forma e contenuto. A quel punto, ci si deve spostare su altri livelli nei quali la chiamata a raccolta tipica dei riot risulta inscindibile dall’attuale crisi sistemica del capitalismo.
Paolo De Prai: Unione popolare tra guerra e politica
Unione popolare tra guerra e politica
di Paolo De Prai
La notizia dell’elezione di Nicoletta Dosio, candidata con Unione Popolare, è sicuramente una ottima notizia per tutti i comunisti, perché frutto di lotte radicate nel territorio, ma sono necessarie alcune riflessioni.
La vacanza romana di Zelenski, poi andato in pellegrinaggio a Parigi, Berlino e Londra dimostra che il viaggio è stato in funzione di qualcosa di grosso che “bolle in pentola” nella NATO e non soltanto la necessità per i nazi-ucraini di chiedere ancora più soldi e armi sempre più sofisticate.
L’atteggiamento da bullo dimostrato da Zelenski nel colloquio con il papa in cui brutalmente gli ha detto di non avere bisogno di mediazioni significa che si sta preparando un salto di qualità nella guerra tra NATO e Russia.
È in preparazione l’invio di aerei militari con tanto di piloti occidentali?
Ci vogliono preparare all’invio di truppe NATO sul fronte ucraino?
Non sono farneticazioni perché per quanto la propaganda main-stream nasconda la realtà l’esercito russo sta operando per la distruzione sistematica sia delle truppe ucraine (R.F. Kennedy J. ha affermato una settimana fa che i soldati ucraini morti sono 300mila!
Jeffrey D. Sachs: Le guerre americane e la crisi del debito statunitense
Le guerre americane e la crisi del debito statunitense
di Jeffrey D. Sachs
Per superare la crisi del debito, l’America deve smettere di alimentare il Complesso Militare-Industriale, la lobby più potente di Washington
Nel 2000 il debito pubblico degli Stati Uniti era di 3,5 trilioni di dollari, pari al 35% del prodotto interno lordo (PIL). Nel 2022 il debito ha raggiunto i $ 24 trilioni, pari al 95% del PIL. Il debito degli Stati Uniti è alle stelle, da qui l’attuale crisi del debito americano. Eppure sia ai repubblicani che ai democratici manca la soluzione: fermare le guerre scelte dall’America e tagliare le spese militari.
Supponiamo che il debito del governo sia rimasto a un modesto 35% del PIL, come nel 2000. Il debito odierno sarebbe di 9 miliardi di dollari, invece di 24 trilioni di dollari. Perché il governo degli Stati Uniti ha contratto l’eccesso di $ 15 trilioni di debito?
L’unica grande risposta è la dipendenza del governo degli Stati Uniti dalla guerra e dalle spese militari.
Fabrizio Poggi: Polonia, servizi Usa e Zelensky. Cosa si cela dietro le nuove rivelazioni di Seymour Hersh?
Polonia, servizi Usa e Zelensky. Cosa si cela dietro le nuove rivelazioni di Seymour Hersh?
di Fabrizio Poggi
Cominciamo col riportare le affermazioni di una persona che, a differenza di tanti “leccazampe” (il mio babbo usava questa parola per non essere volgare) di produzione nostrana, il giornalista lo fa davvero e da diversi decenni: come minimo, da quando scriveva delle stragi yankee nei villaggi vietnamiti. Basandosi su propri contatti tra i Servizi americani, il premio Pulitzer Seymour Hersh dice che alcuni paesi dell’Europa orientale – tra l’altro, tra i più sfacciati russofobi – cominciano ad averne abbastanza del conflitto in Ucraina e cercano tacitamente di convincere il nazigolpista-capo a trattative di pace.
RIA Novosti riferisce la frase completa di Hersh: «Ora si parla solo della possibile offensiva di ognuna delle parti per fine primavera o estate. Ma si sta preparando anche qualcos’altro, come hanno riferito in segreto funzionari dell’intelligence americana, sulla base di voci di rappresentanti a vario livello dei governi di Polonia, Ungheria, Estonia, Rep. Ceca, Lettonia e Slovacchia. Tutti paesi alleati dell’Ucraina e nemici dichiarati di Vladimir Putin».
Marta Mancini: E l’uomo creò l’uomo
E l’uomo creò l’uomo
di Marta Mancini
La recente controversia sui diritti negati ai figli di coppie omogenitoriali apre l’ennesima polemica a matrice binaria tra i sostenitori e gli oppositori della causa, rendendo di fatto interdetta al pensiero la facoltà del dubbio a favore di pretese risolutive quanto sommarie: sui diritti è vietato discutere così come non è ammesso dubitare della triade “dio, patria e famiglia”. Il paradosso di questi veti incrociati porta ad una insana contrapposizione tra la legittimità dei diritti e la liceità dei valori ma soprattutto porta alla confusione di piani che rendono impossibile sondare la complessità della procreazione eterologa da cui nasce la controversia.
Le società sono di per sé organismi dinamici e conflittuali. Ciò che muta è il ritmo e la velocità del cambiamento, mai come oggi sollecitato da un’accelerazione tale che l’introduzione di nuove pratiche sociali anticipa la percezione della loro presenza e del loro bisogno. Al confronto, le trasformazioni che hanno riscritto il costume italico nei decenni passati, hanno avuto un periodo di incubazione che sarebbe incompatibile con l’attuale compressione del tempo.
Mario De Gaspari: I conti col fascismo
I conti col fascismo
di Mario De Gaspari
La destra al governo riporta d’attualità una vecchia e irrisolta questione. “In Italia non abbiamo fatto fino in fondo i conti col fascismo”. Per la verità non è che dalla considerazione scaturisca poi chissà quale discussione. Non li abbiamo fatti e fine della discussione. Ad essere precisi c’è ancora qualcuno che impreca sull’amnistia di Togliatti o che rimpiange il mancato “lavacro” inutilmente invocato da Concetto Marchesi. Immancabile, ma anche a questo proposito non si va troppo per il sottile, il confronto con l’esperienza tedesca. In Germania hanno sistemato la questione, forse in maniera tardiva, ma alla fine ci sono arrivati. In Italia invece, dove pure abbiamo avuto una fase di guerra civile che per certi versi è proseguita anche dopo il 25 aprile, ci siamo un po’ fermati, non siamo andati in fondo e la questione del fascismo è rimasta lì in sospeso, o meglio è stata derubricata nel campo della morale o al più della giurisprudenza.
È innegabile che in Germania la condanna del nazionalsocialismo sia entrata nelle coscienze in maniera più profonda, a prescindere dal ricorrente riemergere di raggruppamenti dichiaratamente nazisti.
Douglas MacGregor: “La verità è che l’esercito ufficiale ucraino è stato cancellato”
“La verità è che l’esercito ufficiale ucraino è stato cancellato”
Clayton Morris intervista il colonnello Douglas MacGregor
Il colonnello Douglas MacGregor rivela la devastante verità sull’esercito permanente dell’Ucraina: è stato cancellato. Il Presidente Zelensky questo fine settimana ha detto che ci sono lunghe file ai centri di reclutamento dell’Ucraina, ma non ci sono prove. La Russia continua a decimare la difesa aerea in tutta l’Ucraina in vista dell’offensiva di giugno.
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Morris: Poche ore fa, la Russia ha scatenato un massiccio attacco aereo sull’Ucraina. L’Ungheria è arrabbiata perché l’Ucraina ha progettato di far saltare il proprio gasdotto verso la Russia. Gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania hanno intenzione di inviare altri miliardi di armi all’Ucraina. E Rishi Sunak ha abbracciato Zelensky ieri nel Regno Unito. Quindi tutto questo denaro, tutte queste armi, cambieranno qualcosa? Se non cambierà nulla e cosa è successo durante la notte, lo faremo con il colonnello Douglas McGregor che ci fornirà la sua analisi e i suoi approfondimenti… Colonnello, è un piacere vederti, amico mio. Bentornato alla trasmissione.
MacGregor: Il piacere è mio.
Morris: Parliamo prima di tutto di quello che è successo durante la notte, della strategia e della tattica di quello che è successo durante la notte con Putin che ha lanciato una raffica di attacchi. I rapporti dicono che si è trattato di un attacco devastante da parte ucraina. Gli ucraini però dicono di averli abbattuti tutti. Anche sei missili Kinzhal, i missili ipersonici. Quindi l’Ucraina dice: “Non preoccupatevi, abbiamo tutto sotto controllo”. La Russia dice che hanno colpito tutti e hanno centrato i loro obiettivi. Cosa ne pensate di quest’ultima raffica di missili contro la capitale?
Alessandro Visalli: Carlo Formenti “Guerra e Rivoluzione”
Carlo Formenti “Guerra e Rivoluzione”
di Alessandro Visalli
Schema
Il libro di Carlo Formenti è diviso in due testi, la prima parte, “Le macerie dell’impero”[1], introduce una profonda rilettura della tradizione marxista, in particolare guidata da una rilettura di autori come Costanzo Preve, Lukacs ed Ernst Bloch. Quindi ricostruisce sinteticamente quegli scenari di guerra di classe dall’alto che nel ventennio abbondante dagli anni Ottanta alla crisi finanziaria aperta (ma non chiusa) nel 2007-8 hanno profondamente ristrutturato il campo dei conflitti sociali in Occidente e nel mondo. Termina il secondo capitolo un bozzetto della ‘mobilitazione totale’ che chiude, per ora, il quindicennio della crisi di sistema degli anni Dieci con la rapida successione della mobilitazione pandemica, prima, e militare, poi. Il primo volume definisce, infine, i “nemici”: il liberalismo tutto, l’impero e le ‘sinistre de capitale’.
Il secondo volume, “Elogio dei socialismi imperfetti”[2], parte con gli esempi (come il primo aveva chiuso con i ‘nemici’): la rivoluzione paziente cinese, il socialismo reale e la sua damnatio memoriae, il postneoliberalismo dell’America Latina. Nella seconda parte entra finalmente nel tema della costruzione di un partito di classe, muovendo dall’enorme problema di definire la composizione di questa e passando per una serrata discussione sui fenomeni morbosi del presente, il populismo e sovranismo, le tante facce della ‘libertà’.
Completano il testo una postfazione di Vladimiro Giacché, e alcune appendici affidate a Onofrio Romano (“Un’alternativa di civiltà”), Alessandro Somma (“Il mercato delle riforme. Come l’Europa è divenuta un dispositivo neoliberale irriformabile”), Alessandro Visalli (“Le teorie e la realtà della dipendenza. Una panoramica storica”).
Paolo Ercolani: “Il transumanesimo è erede dei progetti nazisti”
“Il transumanesimo è erede dei progetti nazisti”
Giulia Bertotto intervista Paolo Ercolani
Paolo Ercolani insegna filosofia all’Università di Urbino. Fra i suoi ultimi saggi “The West Removed. Economics, Democracy, Freedom: A Counter-History of Our Civilization” (2016), “Contro le donne. Storia e critica del più antico pregiudizio” (2016), “Figli di un io minore. Dalla società aperta alla società ottusa” (2019), “Nietzsche l’iperborea. Il profeta della morte dell’uomo nell’epoca dell’intelligenza artificiale” (2022). Le sue riflessioni non restano “imbalsamate” nel mondo accademico, ma si calano nell’attualità per cercare di interpretare i cambiamenti della nostra società.
Ercolani si definisce portatore di “Un pensiero critico, rompipalle, contro”: proprio per questo lo abbiamo intervistato.
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Professore, parliamo di uno dei temi più complessi e destabilizzanti del nostro presente: L’intelligenza artificiale. Di recente lei ha scritto che questo potentissimo -e in fin dei conti sconosciuto mezzo- deve servire l’uomo, non distruggerlo: “La specie più evoluta comparsa su questo pianeta – rischia di estinguersi a causa di (…) un’intelligenza in grado di soppiantare quella umana”. Secondo il suo ultimo saggio “Nietzsche l’iperboreo” il filosofo che demolisce idoli con il martello è ancora tra noi e c’è il suo zampino se siamo passati dall’aspirazione alla vita eterna all’affidarla ad un dispositivo artificiale.
L’intelligenza artificiale, con la sua capacità di creare immagini fittizie e notizie totalmente false sembra realizzare quel concetto nietzschiano per cui “non esistono verità ma solo interpretazioni”.
Francisco Soriano: Modelli alluvionali
Modelli alluvionali
di Francisco Soriano
Basterebbe affermare con onesta e olimpica tranquillità che, in cima alle regioni per consumo di suolo anche in territori protetti, c’è l’Emilia Romagna. Sempre più copiosamente i nostri mezzi di informazione mainstream non possono non ammettere l’enorme tragedia: la devastazione che ha colpito in particolar modo la Romagna assume contorni biblici mai visti prima. Dire che la natura è matrigna, anche in questo caso, è semplicistico, fuorviante e disonesto. I numeri hanno la caratteristica di essere estremamente dolorosi, talvolta drammatici: la cementificazione come modello di sviluppo, nella regione muscolare di Stefano Bonaccini, si innalza al 9% di suolo impermeabilizzato, sopra la media italiana già inverosimilmente attestata al 7,1%.
Come di solito capita in questo Paese dopo il verificarsi di una tragedia, si scoprono quelle cause che, in realtà, qualcuno già conosce nei dettagli. Questa drammatica situazione è la prova di quanto siano superficiali le politiche ambientali. Molto spesso, viene da pensare, si è consapevolmente “flessibili” nei confronti di quelle norme che sono state emanate a tutela dell’ambiente.
F. R.: Il PNRR nelle scuole non guarda alle urgenze. Una scuola dice no, scoppia il putiferio
Il PNRR nelle scuole non guarda alle urgenze. Una scuola dice no, scoppia il putiferio
di F. R.
Il totem della “digitalizzazione” delle scuole ritenuto il focus dei fondi del PNRR può nascondere un grande omissione sulle urgenze delle scuole pubbliche. A svelare che non è tutto oro quello che luccica, è stato il Consiglio di istituto del liceo romano “Pilo Albertelli” che hanno detto no al PNRR sulla base dei criteri che il ministero intende imporre a tutte le scuole scatenando un vero e proprio putiferio.
Ieri all’Albertelli si è tenuta una assemblea aperta. Gli studenti di Opposizione Studentesca d’Alternativa hanno convocato una conferenza stampa per lunedì 22, alle 7.30, fuori l’Albertelli per far esprimere gli studenti sulle recenti vicende legate ai progetti del PNRR rifiutati dal Consiglio di Istituto.
In una lettera aperta insegnanti, genitori e studenti del Liceo Pilo Albertelli di Roma difendono la scuola pubblica. Anche gli studenti di OSA, molto attiva nella scuola in questione, hanno preso posizione con un comunicato (vedi più sotto).
Leandro Cossu: Ritorno al vagone ristorante
Ritorno al vagone ristorante
di Leandro Cossu
«… Cosa c’è di più glorioso che mangiare filetti di sogliola Bragation attraversando Laroche-Migennes?»
Si è ironizzato molto sulla proposta di Fratelli d’Italia riguardante una multa fino a 100mila euro per l’uso di parole straniere nella pubblica amministrazione. Come da uso italico, il sarcasmo si è però rivolto contro una lettura di questa iniziativa che non solo non era quella dei proponenti, ma avrebbe finito, paradossalmente, per nobilitarla. Per quella minoranza (sottolineiamo: minoranza) di giovani plasmati dall’Anglosfera, e desiderosi di ostendere il capitale simbolico a essa correlata, si tratterebbe di un sacrilegio pagare cashless senza poterlo chiamare cashless, partecipare a un global climate strike senza poterlo chiamare global climate strike, e simili. Significante e significato diventano a loro volta il significante di qualcos’altro: a essere ostentata è la sudditanza culturale e politica agli Stati Uniti, e simili proposte minerebbero in sé la possibilità di una simile προσκύνησις (proskýnesis) spirituale e della totale abnegazione della propria volontà a favore di quello che l’algoritmo di Instagram indicherà loro come verità numinosa e urgenza improrogabile[1].
Roberto Gabriele: Comunisti alla prova
Comunisti alla prova
di Roberto Gabriele
Una rifondazione inesistente e un identitarismo facilone, attraversato da tentativi corsari di rianimare un soggetto politico scomparso, hanno condannato per decenni l’area comunista, quella storica e quella di nuova generazione, alla ghettizzazione.
Per porre fine a questo stato di cose bisogna riportare il ragionamento (e l’autocritica) a quelli che sono i pilastri di una possibile discussione che appare quanto mai necessaria.
In premessa bisogna dire, e ricordarlo a chi ci ha provato, che la costruzione di un partito, e in particolare di un partito dei comunisti, ha bisogno di individuare e svolgere un ruolo storico su cui la sua azione possa fondarsi. Sembra una considerazione ovvia ma, dati i risultati, non pare faccia parte del DNA di almeno una generazione di rifondatori del comunismo italiano. Il ruolo storico di un partito, infatti, non si basa solo su principi generali, ma anche e soprattutto sulla capacità di affrontare la situazione in cui ci si trova concretamente ad operare. La prima domanda da porsi perciò è questa: i comunisti italiani, se vogliono uscire dal ghetto in cui si sono cacciati dopo l’esperienza Cossutta-Bertinotti, in che modo devono ‘rifondarsi’?
Paolo Ferrero: Guerra in Ucraina, le scelte Nato rappresentano un criminale salto di qualità
Guerra in Ucraina, le scelte Nato rappresentano un criminale salto di qualità
di Paolo Ferrero
Le scelte assunte nell’ultima settimana dai paesi occidentali disegnano uno scenario di aggravamento della guerra in Ucraina con rischi drammatici per il nostro futuro. Dieci giorni fa la Gran Bretagna ha annunciato che consegnerà all’Ucraina missili a lungo raggio denominati Storm Shadow e tre giorni fa, al G7, Biden ha annunciato che gli Usa addestreranno piloti ucraini sugli F16 che qualche altro paese appartenente alla Nato darà all’Ucraina. Per avere idea della scelta, i missili Himars che gli Usa avevano dato nei mesi scorsi all’Ucraina avevano una gittata inferiore ai 100 km, mentre i missili inglesi arrivano a 300 km e quindi possono essere lanciati senza problemi sul territorio russo. Per quanto riguarda la fornitura degli F16, è opportuno ricordare che la Nato si è sempre rifiutata di fornire cacciabombardieri all’Ucraina nella consapevolezza che questo sarebbe stato da un lato una chiara scelta di entrare in guerra a fianco dell’Ucraina, dall’altra di un immediato innalzamento del livello dello scontro.