Rassegna del 07/06/2023
Andrea Ventura: Il feudalesimo digitale, quando il potere va a nozze con l’algoritmo
Il feudalesimo digitale, quando il potere va a nozze con l’algoritmo
di Andrea Ventura
Gli esiti della competizione internazionale sull’intelligenza artificiale e il modo di utilizzare le potenzialità delle nuove tecnologie avranno ripercussioni profonde su chi eserciterà il potere nel prossimo futuro, su quale modello di società potrà affermarsi e su quali diritti saranno garantiti
Nel 1950 Alan Turing, celebre per aver decifrato il codice di comunicazione dei nazisti nel corso della guerra, affermò che in futuro le macchine potranno conversare come gli esseri umani. La prova di ciò sarebbe venuta nel momento in cui un essere umano non sarebbe stato più in grado di distinguere se teneva una conversazione con una macchina o con una persona. Il problema del linguaggio è sempre stato uno dei più difficili da trattare, e il test di Turing è rimasto uno scoglio non superabile, ma Chat GPT rappresenta un indubbio avanzamento verso il superamento della differenza tra un testo prodotto da un essere umano e quello prodotto da un programma. Come si è arrivati a questo? Possiamo affermare che presto le macchine potranno sviluppare capacità cognitive pari o superiori a quelle umane? Gli sforzi per approdare ai risultati attuali datano diversi decenni. Dapprima si è tentato di fornire alle macchine le conoscenze del mondo e le regole della sintassi, ma presto si è visto quanto questo compito fosse irrealizzabile. Le informazioni necessarie, infatti, erano così tante da superare qualsiasi possibilità di catalogarle e di inserirle nei programmi. Con l’avvento dei big data si è passati ad un approccio statistico. Fornendo alle macchine testi, traduzioni e conversazioni, grazie a metodi di apprendimento automatico (machine learning) esse hanno cominciato a registrare delle regolarità nelle sequenze delle parole, poi nella formulazione e delle frasi, riuscendo a generare testi sempre più complessi e privi di errori. In futuro, grazie all’uso che faremo tutti noi, si potranno raggiungere risultati sempre più raffinati.
Franco Milanesi: Appunti contro il destino. Militanti e ribelli nel Novecento
Appunti contro il destino. Militanti e ribelli nel Novecento
di Franco Milanesi
Cosa accomuna il rapinatore bolscevico Kamo, l’operaio nero delle Pantere Nere che difende il quartiere, la studentessa negli anni Settanta che occupa la scuola o l’università? Cosa condividono la staffetta partigiana che sfida gli infami repubblichini, la miliziana nordirlandese che prepara i Troubles contro gli inglesi, il conricercatore degli anni Sessanta che inchiesta la fabbrica per sovvertirla?
La militanza: una forma totale di guardare al mondo e agire al suo interno, per ribaltarlo. Punto di vista, parzialità, conflitto, odio per il nemico, fratellanza con i propri compagni. Baricentro tra spontaneità e organizzazione, il militante si colloca lì dove l’azione modifica la teoria e la teoria indirizza l’azione.
Ripercorrendo la storia e le lotte di questa figura chiave del Novecento, cosa rimane del militante oggi? Quali ricchezze e limiti ha espresso? Che tipo di militante potrà raccogliere le sfide ancora aperte?
Sono queste le domande che ci siamo posti e abbiamo condiviso con Franco Milanesi, autore di un vecchio libretto molto interessante poiché inattuale (Militanti. Un’antropologia politica del Novecento, edito nel 2010 da Punto Rosso) e ospite del primo appuntamento di MILITANTI, ciclo di incontri sulla militanza di ieri e di oggi.
Quelli che seguono, in forma di appunti, sono alcuni dei nodi e delle categorie di riflessione teorico-politica toccati da Franco nella discussione, che ha visto anche confliggere punti di vista ed esperienze di militanza differenti, perfino opposti – compresi i nostri, soprattutto per quanto riguarda i potenziali terreni del conflitto e le ambivalenze dei soggetti sociali che la nostra idea, e prassi, di militanza vuole inchiestare, presidiare, scomporre e ricomporre.
Francesco Cappello: Come sbarazzarsi anche del Balkan Stream
Come sbarazzarsi anche del Balkan Stream
Verso un’altra più vicina Ucraina?
di Francesco Cappello
L’esito delle elezioni turche con la riaffermazione di Erdogan non era certo tra gli auspici statunitensi.
Il conflitto che si sta riaccendendo nella regione Serba del Kossovo pare giungere al momento giusto per poter affrontare e forse eliminare l’unica via sopravvissuta al gas doganale di provenienza russa verso l’Europa alimentante anche Serbia ed Ungheria (oltre a Bulgaria, Macedonia del nord, Romania, Grecia e Bosnia Erzegovina che ne usufruiscono).
La sezione serba del gasdotto Balkan Stream era stata inaugurata nel 2021 da Aleksandar Vučić. «E’ un giorno importante per la Serbia», aveva dichiarato il presidente pensando alla sicurezza energetica con prezzi del gas significativamente più bassi e alle entrate derivanti dai diritti di transito degli idrocarburi.
Il ramo del gasdotto Turkish Stream consente, infatti, il trasporto di gas naturale russo proveniente da Turchia e Bulgaria attraverso la Serbia fino all’Ungheria raggiungendo l’Europa attraverso l’Austria.
Michael Roberts: Le teorie mainstream sull’inflazione sono un attacco ai lavoratori
Le teorie mainstream sull’inflazione sono un attacco ai lavoratori
di Michael Roberts
Ben Bernanke e Oliver Blanchard sono due alfieri di quella teoria economica dominante, la scuola neoclassica nelle sue varie sfaccettature, che da circa mezzo secolo è tornata ad accecare governi e studenti e ad affamare lavoratori e lavoratrici di mezzo mondo.
Il primo è un prestigioso professore nordamericano ed è stato il presidente della Federal Reserve (Fed, la banca centrale degli Stati Uniti) dal 2006 al 2014 (scelto da Bush e confermato nel 2010 da Obama), ossia dell’istituto che più di altri ha influenzato l’economia occidentale durante la crisi del 2007/2008.
Per comprenderne la cecità neoliberista, basti leggere le dichiarazioni di Bernanke del maggio 2007 sulle prime avvisaglie che cominciavano a scuotere le fondamenta del sistema finanziario statunitense: “non ci aspettiamo ricadute significative dal mercato dei subprime al resto dell’economia o al sistema finanziario. La stragrande maggioranza dei mutui, compresi quelli subprime, continua a funzionare bene“. Di lì a poco veniva giù tutto.
Quando si dicono le “capacità predittive” dei modelli fondati sui principi dell’economia mainstream…
comidad: La guerra e il debito sono spot con sacrifici umani
La guerra e il debito sono spot con sacrifici umani
di comidad
Per alcuni giorni i media sono stati col fiato sospeso, narrandoci del rischio default del debito statunitense. Secondo la fiaba, solo un accordo al Congresso tra democratici e repubblicani avrebbe potuto scongiurare il disastro. Ma il lieto fine non poteva mancare, infatti l’accordo è stato raggiunto, giusto in tempo per evitare il precipizio, aumentando il tetto del debito pubblico. Per raggiungere l’intesa, purtroppo è stato necessario imporre qualche piccolo sacrificio e taglio di spesa nell’assistenza ai poveri, assecondando così le consuete richieste dei repubblicani. Uno dei sacrifici richiesti riguarda appunto la riduzione dei buoni-pasto (food stamps) per gli indigenti.
Sul sito di Jp Morgan ci si spiega che questi buoni-pasto, elargiti dal governo federale, sono l’unica possibilità per milioni di persone di accedere al consumo di un cibo fresco e di qualità. I motivi di tanto umanitarismo sono presto spiegati dalla stessa Jp Morgan, la quale ci informa che la concessione dei “food stamps” è condizionata da una serie di servizi bancari, con relative commissioni, tra cui anche carte prepagate.
Mauro Armanino: Lettere dal Sahel VII
Lettere dal Sahel VI
di Mauro Armanino
La prima volta all’hotel Bravia di Niamey
Niamey, 30 aprile 2023. Visto finora solo dall’esterno, l’hotel Bravia appare come una fortezza cintata nel quartiere ‘plateau’ di Niamey. È il numero tre dei 18 hotel di Niamey, cresciuti come funghi durante il regime ‘socialista’ del precedente Presidente della Repubblica. Assieme a nuove arterie che collegano con il rinnovato aeroporto internazionale, gli hotel di Niamey si vogliono come luogo di incontri, sessioni, dibattiti e approdo per organismi onusiani, africani e Ong internazionali. Il sito dell’hotel ricorda che il prezzo di una camera del Bravia per un giorno è di 175 000 franchi locali, cioè 266 euro. Meno comunque del più noto ‘Radisson Blu’ il cui prezzo per camera è di 190 000 franchi per notte. I proprietari sono indiani e la sede del gruppo Bravia, che possiede anche le agenzie di viaggio Satguru, si trova a Dubai. Varie cucine, piscina, sale di incontri e atrio monumentale climatizzato.
M. Parretti: Pensiero e umanità
Pensiero e umanità
di M. Parretti
A metà del 1800, Marx ritenne che fossero maturi i tempi per sostituire la filosofia con la scienza, anche nella conoscenza del pensiero umano giungendo alla geniale formulazione del paradigma del materialismo storico. Al tempo stesso formulò il criterio per distinguere la filosofia da quella che d’ora in avanti sarebbe stata la scienza, e lo identificò con la capacità di cambiare consapevolmente la realtà.
La sintesi marxiana fu dunque che la politica, cioè l’attività umana che cambia le stesse relazioni sociali, dovesse d’ora in poi basarsi sulla “scientificità”, cioè fare i conti con i cambiamenti sociali, che l’umanità avrebbe potuto realmente produrre, in relazione al livello effettivo di produttività raggiunto e non sulla “ideologia” dell’antropos di se stesso, cioè sulla “utopia”. Per questo sostenne l’idea di un comunismo “scientifico”, contrapposto a quello “utopistico” di quelli che ritenevano che gli esseri umani fossero capaci, per natura, di cooperare tra loro.
L’opera di Giovanni Mazzetti rivela gli elementi comuni delle analisi economiche di Marx e di Keynes, entrambe basate sulla produttività e, al tempo stesso, riprende il paradigma del materialismo storico, ne ridefinisce con precisione i contorni evidenziando la simultaneità tra i processi di “formazione delle (nuove) relazioni sociali produttive e riproduttive” e la “autodeterminazione del pensiero”. Con questa operazione culturale, Mazzetti riporta lo storicismo dall’ambito filosofico a quello scientifico e lo ripropone come chiave dell’analisi dello sviluppo della civiltà umana.
Maria Zakharova: “La vecchia Europa ha perso la sua sovranità”
“La vecchia Europa ha perso la sua sovranità”
Thomas Röper intervista Maria Zakharova
Pubblichiamo alcuni, importanti, estratti dall’intervista con Maria Zakharova – condotta da Thomas Röper per il suo sito ANTI-SPIEGEL e per il suo canale YouTube. La traduzione è stata effettuata da Nora Hoppe.
Röper: Grazie per il tempo e l’opportunità di parlare con lei. Vorrei iniziare con la questione del confronto tra Occidente, Russia, Ucraina e così via. I media occidentali molto spesso ritraggono tutto questo come se Putin si svegliasse un giorno di cattivo umore e decidesse di attaccare l’Ucraina. Forse, dal suo punto di vista, come portavoce del ministero degli Esteri e del governo russo, può spiegare al pubblico tedesco, che non ne sa molto, i retroscena di questo conflitto: perché è nato, come si è sviluppata questa situazione.
Zakharova: Se uno vuole solo capire questa parte della nostra storia, il nostro rapporto con l’Occidente, e “perché è iniziata l’operazione militare, come è successo?”… vorrei precisare che dal 2014 c’è stato un continuo spargimento di sangue, per otto anni, nel Donbass – quella regione che faceva parte dell’Ucraina dopo gli anni ’90 e ora fa parte delle nuove regioni russe.
Non si trattava qua di morti isolate, sporadiche. Questo è stato un massacro incentrato su civili, cioè gente comune: donne, bambini e persino uomini… che avrebbero dovuto andare al lavoro, a scuola. Sono stati tenuti in ostaggio da questa situazione politica, e per 8 anni sono state uccise tante persone lì.
Lei conoscerà molto bene le statistiche… Non so se la gente in Occidente lo sappia, ma nel corso degli 8 anni, secondo stime diverse, 11.000, 13.000, 15.000 persone sono state uccise da entrambe le parti. Questi erano rappresentanti del regime di Kiev e residenti del Donbass e anche quelli che sono venuti al popolo del Donbass dalla Russia che erano volontari. E a proposito, ci venivano persone non solo dalla Russia.
Il Chimico Scettico: Tre anni dopo la fine del primo lockdown tutto a posto: c’è la guerra
Tre anni dopo la fine del primo lockdown tutto a posto: c’è la guerra
di Il Chimico Scettico
Tre anni dopo la fine del primo lockdown: voglio ricordarlo con un video che sintetizza l’alta intelligenza della maggioranza delle misure che furono prese.
E voglio ricordare come venne trattato chi iniziò a sollevare eccezioni contro la propaganda del terrore ispirata a “non chiedere quello che il sistema sanitario può fare per te, pensa a quello che puoi fare tu per lui”. Sì, è stato un grande momento di chiarezza, per me. Mi ha fatto capire quanto sia caduta in basso, la Repubblica Italiana, quanto tra chi la governa sia forte il disprezzo per la sua Costituzione (aggiungerei come, cent’anni fa, la popolazione ha accettato il fascismo). E quanti siano i medici e gli infermieri infinitamente stupidi, ignoranti e settari che lavorano nella medicina di base e negli ospedali o altrove (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2021/12/questo-non-e-hate-speech.html) – burn out questo par di sfere, le attitudini erano le stesse nel 2017. Poi basta rilevare il silenzio degli ordini e di Fnomceo al riguardo per avere il quadro completo.
Giuseppe Giannini: Gruppi di (op)pressione
Gruppi di (op)pressione
di Giuseppe Giannini
All’interno della competizione globale fra macro aree (Nord America ed Europa, Asia) ed imperialismi (USA, Cina, Russia, Turchia) un ruolo non secondario è esercitato dalle multinazionali. Esse si inseriscono perfettamente in un mondo degli affari deregolamentato, nel quale viene meno la funzione degli Stati. L’impresa multinazionale ne ha praticamente sottratto settori strategici, e da semplici organismi operanti in più nazioni, usufruendo di legislazioni amiche sono diventate talmente condizionanti da renderle immuni al controllo democratico. In pratica dettano le scelte della Commissione europea, e piegano i governi in base ai loro voleri, influenzando anche i media.
Con dirigenti strapagati decidono liberamente di chiudere delle sedi e spostarsi altrove, anche in presenza di profitti crescenti, perché l’unico interesse è quello di ridurre ogni tipo di costo e tassazione, trasferendosi lì dove il regime fiscale o la manodopera è più favorevole. In questo gioco al ribasso i Paesi si fanno concorrenza per usufruire degli investimenti delle corporations. Abbiamo imparato a conoscere i nomi di questi soggetti, la cui fama non serve solo a brandizzare le produzioni, perché mettendo le mani in ogni dove e disconoscendo l’etica si comportano come degli agenti di oppressione.
Francesco Piccioni: Il “vento di destra” è il “vento di guerra”
Il “vento di destra” è il “vento di guerra”
di Francesco Piccioni
È davvero noioso leggere le interpretazioni sui risultati elettorali nei ballottaggi.
Che abbiano vinto i candidati della destra, che l’astensione sia il primo partito, che non ci sia una “sinistra” (una forza politica la cui pratica corrisponda all’”idea” che si ha della “sinistra”), è così evidente che bisognerebbe interrogarsi sulle ragioni, piuttosto che – sui “giornaloni” come sui social – cercare di soppesare quanto abbia influito l’ininfluenza della Schlein o “l’abilità” della Meloni. Degli altri inutile parlare…
Mai come in questo caso restare con gli occhi e la mente inchiodati alle dinamiche italiche significa diventare ciechi.
La stessa tendenza – lo stesso “vento” – spira infatti su tutta Europa. Inchioda al muro la Spagna, la Grecia, la Slovenia, i paesi scandinavi, in varia misura anche la Germania e la Francia, dove pure per fortuna c’è ancora vivo e forte un movimento sociale contro Macron e il neoliberismo che non regala spazio a Le Pen et similia.
Alberto Giovanni Biuso: Wokismo e decostruzione
Wokismo e decostruzione
di Alberto Giovanni Biuso
I fenomeni collettivi che vanno sotto la denominazione di woke e di cancel culture (quelli che, ad esempio, generano gli abbattimenti delle statue di poeti e pensatori in nome di principi contemporanei) possono apparire e sono un poco bislacchi e fanatici.
Espressioni di tale loro natura sono alcuni elementi assai chiari: il vittimismo elevato a principio metodologico; la tendenza fortemente censoria verso tutto ciò che i ‘risvegliati’ ritengono espressione del Male assoluto; l’aspirazione a fare tabula rasa di tutto il passato dell’umanità, la cui vicenda si ritiene di dover riscrivere come fosse una pagina bianca; una dimensione fortemente mediatica e lontana dal sentimento comune alla stragrande maggioranza delle persone; la conseguente attenzione che il wokismo riceve dall’informazione e dalle istituzioni pur costituendo un fenomeno di nicchia; la singolare analogia con il fanatismo della «Rivoluzione culturale» maoista, la quale voleva fare anch’essa tabula rasa dell’intera cultura cinese; la natura profondamente americanista e puritana della cancel culture, che pur presentandosi spesso sotto sembianze ‘gauchiste’ – come direbbero i francesi – è in realtà l’esatto opposto delle tradizioni più feconde della sinistra, quali la libertà d’espressione, l’affrancamento dal fondamentalismo religioso, il primato delle questioni collettive sui desideri individuali.
Felice Cimatti: Roberto Esposito: reinventare la vita
Roberto Esposito: reinventare la vita
di Felice Cimatti
Non riescono a capirlo. Quello che i reazionari di tutti i tempi non capiscono (i reazionari sono coloro che contestano la modernità in nome della natura e della tradizione) è che non c’è niente, nella vita degli esseri umani, di semplicemente naturale: “non c’è natura senza storia, nel senso che l’uomo è un animale naturalmente storico, vale a dire situato in un contesto che egli stesso contribuisce a formare” (Roberto Esposito, Vitam instituere. Genealogia dell’istituzione, Einaudi 2023, p. 130). La natura umana non è indipendente dalla storia dei modi con cui gli esseri umani hanno lavorato e modificato la loro stessa natura. Ma questo significa che l’unica natura umana effettivamente praticabile è quella che gli esseri umani hanno socialmente e storicamente istituito. Prendiamo il caso del corpo umano. Nonostante – come viene continuamente ribadito, benché in modo molto approssimativo – non si possa “prescindere dal fatto che i cromosomi siano quelli”, ebbene quegli stessi cromosomi non hanno l’ultima parola. Qualcuno può nascere con un determinato insieme di cromosomi, ma questo non gli impedisce di non trovarsi a proprio agio con quell’insieme.
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