Rassegna del 14/06/2023
Enrico Tomaselli: Jeux de massacre
Jeux de massacre
di Enrico Tomaselli
Mentre assistiamo alle prime mosse dell’ormai famosa offensiva ucraina, preludio a quella che sarà probabilmente la più grande battaglia della guerra, a migliaia di chilometri dalla linea del fronte altri schieramenti si muovono, non meno importanti per le sorti del conflitto. All’interno del NATOstan almeno tre diverse posizioni si confrontano, ma tutte assolutamente incapaci – dopo oltre un anno di demonizzazione del nemico – di considerare la Russia al di là della propria semplicistica schematizzazione.
* * * *
Tanto tuonò che piovve. Inevitabilmente, dopo averne parlato per mesi, e sotto la crescente pressione statunitense, l’Ucraina ha rotto gli indugi ed ha avviato la sua offensiva. Siamo in effetti ancora ai preliminari – prima le operazioni di gruppi DRG per sondare il terreno, ora puntate offensive più consistenti (in cui vengono per la prima volta impiegati carri e corazzati NATO) con cui gli ucraini cercano battaglia, in attesa di individuare il punto debole dello schieramento russo, e su cui successivamente lanciare il grosso della forza di sfondamento (5/600 carri MBT, un migliaio di corazzati, forse 20/30.000 uomini, più le riserve).
Questo lungo periodo di incubazione però, non ha fatto che danneggiare le effettive possibilità di successo, sia perché ha ovviamente dato più tempo ai russi di prepararsi (non solo costruendo linee di difesa fortificate in profondità, ma anche accumulando riserve), sia perché ha fortemente logorato la capacità bellica ucro-NATO.
In particolare, sono risultati significativamente deleteri alcuni passaggi, che hanno fortemente indebolito il potenziale offensivo ucraino.
John Bellamy Foster: Engels e il secondo fondamento del marxismo
Engels e il secondo fondamento del marxismo
di John Bellamy Foster
Nella pagina iniziale di The Return of Nature, ho fatto riferimento al «secondo fondamento» del pensiero socialista in questi termini:
«Per la teoria socialista come per l’analisi liberale – e per la scienza e la cultura occidentali in generale – la nozione di conquista della natura e di esenzione dell’uomo dalle leggi naturali è stata per secoli un tropo importante, che riflette l’alienazione sistematica della natura.
La società e la natura sono state spesso trattate dualisticamente come due regni completamente distinti, giustificando l’espropriazione della natura e, con essa, lo sfruttamento della più ampia popolazione umana. Tuttavia, diversi pensatori di sinistra, molti dei quali appartenenti all’ambito delle scienze naturali, le quali costituiscono una sorta di secondo fondamento del pensiero critico, e altri nelle arti, si sono ribellati a questa concezione ristretta del progresso umano, generando una più ampia dialettica dell’ecologia e un materialismo più profondo che ha messo in discussione le depredazioni ambientali e sociali della società capitalistica».[1]
Le origini e lo sviluppo di questo secondo fondamento del pensiero critico nella filosofia materialista e nelle scienze naturali e il modo in cui esso ha influenzato lo sviluppo del socialismo e dell’ecologia costituiscono la storia centrale raccontata in The Return of Nature. La sfida iniziale di un’analisi di questo tipo è stata quella di spiegare come il materialismo storico, nella concezione dominante del XX secolo in Occidente, sia stato inteso come strettamente confinato alle scienze sociali e umane, dove era avulso da qualsiasi autentica dialettica materialista, in quanto tagliato fuori dalla scienza naturale e dal mondo fisico-naturale nel suo complesso.
Paolo Ferrero – Sergio Cararo: “Kiev deve vincere ed entrare nella Nato”. Parla Draghi, il guerrafondaio
“Kiev deve vincere ed entrare nella Nato”. Parla Draghi, il guerrafondaio
di Paolo Ferrero – Sergio Cararo
Le gravi parole pronunciate da Mario Draghi negli Stati Uniti, che già ieri abbiamo commentato sul nostro giornale, hanno visto pervenire altri contributi di analisi e discussione.
Qui di seguito gli interventi di Paolo Ferrero della Direzione del Partito della Rifondazione Comunista e del nostro direttore Sergio Cararo. Buona lettura.
* * * *
Per Draghi sull’Ucraina gli interessi Ue coincidono con quelli Usa. Io penso non sia vero
di Paolo Ferrero
Draghi ha detto in modo chiaro che per l’occidente non c’è alternativa alla vittoria dell’Ucraina in questa guerra. Si tratta di una affermazione non isolata, con l’ex segretario generale Rasmussen che propone di inviare truppe Nato in Ucraina e con i fascisti nostrani che propongono di ripristinare l’esercito di leva per avere anche noi un po di carne da cannone da mandare in giro a farsi ammazzare come succede al popolo ucraino oggi.
comidad: Compra il missile previdente che ti rende indipendente
Compra il missile previdente che ti rende indipendente
di comidad
Sono rimasti davvero in pochi ad ostinarsi nella finzione di credere che Adriano Sofri c’entri qualcosa con l’assassinio del commissario Calabresi. Questi pochi irriducibili sostenitori di quella montatura giudiziaria, elargiscono a Sofri una patente di vittima, grazie alla quale questi può oscurare le reali nefandezze del suo curriculum di funzionario della propaganda di marca NATO.
Nel 1995 ci fu un bombardamento della NATO contro la popolazione serbo-bosniaca; una sorta di prodromo, o di antipasto, dell’aggressione contro la Serbia che sarebbe avvenuta quattro anni dopo. Negli anni ’90 esisteva ancora una specie di simil-sinistra, capace addirittura di accorgersi della pretestuosità di certe ingerenze imperialistiche, finte umanitarie e molto sanguinarie. La Germania, gli USA ed il Vaticano, servendosi anche di soldi sauditi, avevano istigato e fomentato il separatismo delle repubbliche jugoslave, avallando dichiarazioni d’indipendenza unilaterali che innescavano una serie di conflitti etnici. I media ed i governi del Sacro Occidente indicarono nelle popolazioni serbe le sole colpevoli di quella guerra civile.
Giorgia Audiello: Commissione Europea e OMS hanno firmato l’accordo per il “Green pass globale”
Commissione Europea e OMS hanno firmato l’accordo per il “Green pass globale”
di Giorgia Audiello
Il passaporto sanitario mondiale non è più una previsione da “complottisti”, ma realtà: ciò che era emergenziale – e che sarebbe quindi dovuto rimanere limitato al periodo pandemico – è diventato effettivamente ordinario, confermando il ruolo delle emergenze nell’accelerare la costruzione di nuovi assetti sociopolitici, sanitari e di sicurezza. Lo conferma il nuovo accordo firmato ieri tra l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) e la Commissione europea che prevede l’adozione del sistema di certificazione digitale Covid19 dell’Ue – il cosiddetto Green Pass – per costituire un sistema di controllo uniforme tra gli Stati membri dell’agenzia che dovrebbe contribuire a facilitare la mobilità globale e a proteggere i cittadini di tutto il mondo dalle minacce sanitarie attuali e future, comprese le pandemie. È noto, infatti, che da tempo le cassandre del potere internazionale avvisano il mondo di prepararsi a future – e forse più letali – pandemie, lanciandosi in previsioni che suscitano più di qualche interrogativo. Si tratta, in ogni caso, solo del primo elemento di quella che costituirà una rete globale di certificazione della salute digitale dell’OMS che è perfettamente in linea con i progetti di digitalizzazione totale della vita promossi dalla Commissione europea e dal World Economic Forum (WEF) di Davos.
Fosco Giannini: 28 maggio 2023: le conclusioni all’Assemblea di costituzione del Centro Studi Nazionale “Domenico Losurdo”
28 maggio 2023: le conclusioni all’Assemblea di costituzione del Centro Studi Nazionale “Domenico Losurdo”
di Fosco Giannini
Innanzitutto un saluto ed un ringraziamento agli oltre 50 compagni/e, docenti, intellettuali, quadri operai e dirigenti del movimento comunista, operaio e sindacale, sui 62 che sinora hanno aderito al nascente Centro Studi Nazionale che oggi – domenica 28 maggio 2023 – sono presenti a quest’assemblea on-line di costituzione del Centro Studi.
Sintetizzando in una sorta di formula, potremmo asserire che l’obiettivo strategico del Centro Studi che oggi prende forma è quello di contribuire a riprogettare e riconsegnare un pensiero forte, marxista, comunista, rivoluzionario, al movimento comunista e antimperialista italiano.
Un obiettivo che non potrà che incardinarsi, essenzialmente, su due pilastri analitici, su due questioni centrali:
-primo, l’odierna, inequivocabile pulsione alla guerra, e persino alla guerra mondiale, del fronte imperialista guidato dagli Usa e dalla Nato e, conseguentemente, la questione dell’abbandono, da tanta parte della “sinistra” italiana, dell’analisi e della prassi dell’antimperialismo e dunque la necessità di ricostruire un senso comune di massa antimperialista come necessaria avanguardia per un movimento unitario e di massa contro la guerra;
– secondo, la ricostruzione di un pensiero e di una prassi della rivoluzione in Occidente.
Di conseguenza, vi sono due problematiche da mettere a fuoco: l’attuale quadro internazionale e i suoi “movimenti” carsici e di superficie che lo caratterizzano e la lotta contro il neopositivismo e il neoidealismo di ritorno che oggi gravano, in Italia, su tanta parte della “sinistra”, a volte anche su parti non secondarie di quella comunista.
Gioacchino Toni: Quando il sogno tecnomodernista si rivela un incubo
Quando il sogno tecnomodernista si rivela un incubo
di Gioacchino Toni
Nel volume 24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno (Einaudi 2015) Jonathan Crary, docente alla Columbia University e tra i fondatori delle edizioni indipendenti Zone Books, ha argomentato come attraverso le innovazioni tecnologiche digitali il capitalismo sia giunto a inediti livelli di dissoluzione della distinzione tra tempo di lavoro e tempo di non-lavoro. In continuità con quanto esposto in 24/7, Jonathan Crary, Terra bruciata. Oltre l’era del digitale verso un mondo postcapitalista (Meltemi 2023), evidenzia come le disuguaglianze e il dissesto ambientale siano correlati al capitalismo digitale, da lui indicato come fase terminale del capitalismo globale votato alla finanziarizzazione dell’esistenza sociale, all’impoverimento di massa, all’ecocidio e al terrore militare.
Ritenendo assurda la pretesa di poter perseguire il cambiamento sistemico ricorrendo ai medesimi apparati che garantiscono la sottomissione a concessioni e regole imposte da chi detiene il potere, lo studioso denuncia come, a differenza di quanto sostenuto da alcuni ambienti di tecno-attivismo1, lungi dal poter essere strumento di cambiamento radicale, l’universo di internet sia del tutto incompatibile con una Terra abitabile e con le relazioni umane di stampo egualitario.
Ritenendo del tutto illusoria «l’idea che internet possa funzionare indipendentemente dalle dinamiche catastrofiche del capitalismo globale», lo studioso sostiene che la dissoluzione di tale sistema non possa che comportare «la fine di un mondo guidato dal mercato e modellato dalle odierne tecnologie in rete».
Tibor Zenker: John M. Keynes – una guida verso un vicolo cieco
John M. Keynes – una guida verso un vicolo cieco
di Tibor Zenker
Il 5 giugno 2023 ricorre il 140° compleanno dell’economista britannico John Maynard Keynes (1883-1946). La sua opera principale, “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta” (1936) e il keynesianesimo da essa derivato hanno fortemente influenzato il capitalismo del XX secolo e l’antisocialismo nella politica economica – Riportiamo una riflessione di Tibor Zenker, leader del Partito del Lavoro dell’Austria (PdA), da lui scritta nel 2016 in occasione del 70° anniversario della morte di Keynes
Nel quadro della macroeconomia borghese, l’opera di Keynes assume inizialmente una posizione di opposizione alle idee classiche e neoclassiche prevalenti nel primo quarto del XX secolo. Con esse, si attribuisce al “libero mercato” il merito di equilibrare domanda e offerta non solo nella produzione e nella vendita di beni, ma anche in termini di livello dei prezzi e soprattutto di disoccupazione. Si ipotizza quindi una tendenza alla piena occupazione. Keynes, invece, sosteneva l’idea di una tendenza all’equilibrio in presenza di sottoccupazione e attestava la teoria neoclassica come velleitaria e imprecisa quando affermava che “i postulati della teoria classica sono validi solo in un caso speciale, ma non in generale, perché la condizione che essa presuppone è solo un punto limite delle possibili situazioni di equilibrio “(1).
La disoccupazione involontaria, logicamente esclusa nel sistema neoclassico, è per Keynes il risultato di una mancanza di investimenti dovuta alle basse aspettative di profitto del capitale, per cui egli tiene conto anche di criteri decisionali soggettivi e psicologici oltre che oggettivi per quanto riguarda la disponibilità a investire. Keynes scrive: “Il rapporto tra il rendimento atteso di un bene capitale e il suo prezzo di fornitura o il suo costo di sostituzione, cioè il rapporto tra il rendimento atteso di un’ulteriore unità di quel tipo di capitale e i costi di produzione di quell’unità, ci fornisce l’efficienza marginale del capitale”(2).
Fabrizio Casari: Kiev, la diga e la controffensiva
Kiev, la diga e la controffensiva
di Fabrizio Casari
Il bombardamento subito dalla centrale idroelettrica di Kajovka subisce lo stesso destino del gasdotto North Stream 2, dell’assassinio di Daria Dugina e di altri attentati terroristici dell’esercito ucraino. Ovvero, il tentativo di addossare la responsabilità ai russi e soltanto a loro.
Per gli attentati passati, a mesi di distanza si è scoperto che la versione russa era quella vera: Mosca non aveva nulla a che fare con gli attentati terroristici, concepiti a Kiev ed eseguiti da reparti nazisti dell’esercito ucraino con l’aiuto di commandos di paesi NATO.
Nei mesi scorsi si è tentato di addossare alla Russia ogni attentato, inventando una serie teorie astruse che avrebbero visto Mosca distruggere i suoi impianti, sparare sulle centrali nucleari da lei conquistate, uccidere i propri sostenitori intellettuali e, adesso, distruggere una diga le cui funzioni sono molto più importanti per la campagna militare russa che non per l’Ucraina.
Nessuno può escludere alcunché, ma sarebbe meglio porre domande ed avanzare dubbi sui racconti propagandistici di Kiev, vista l’assoluta inaffidabilità già dimostrata.
Ovid Pop e Valentin Cernat: Cosa è venuto prima, il Piano di Ripresa e Resilienza o le sanzioni?
Cosa è venuto prima, il Piano di Ripresa e Resilienza o le sanzioni?
di Ovid Pop e Valentin Cernat*
Pubblichiamo questo articolo di Valentin e Ovid, membri del collettivo rumeno Alternator. Con questo contributo, che anticipa di poco la pubblicazione del secondo numero del giornale Climate Class Conflict (qui il primo), gli autori mettono in luce i processi di privatizzazione ed espropriazione attualmente promossi in Romania sotto l’egida della transizione verde. L’articolo fornisce, inoltre, una nitida immagine di come le politiche di guerra occidentali siano racchiuse nel rafforzamento delle politiche verdi e dei processi di riforma neoliberale del mercato.
* * * *
È passato più di un anno dall’imposizione delle sanzioni alla Russia, in seguito all’escalation del conflitto in Ucraina. Ricordiamo che tutto è cominciato con la festante intenzione, per conto dell’amministrazione americana, di “mandare il rublo a rotoli” [turn the ruble into rubble]. Adesso la popolazione europea è verosimilmente più che mai vulnerabile alle fluttuazioni del mercato, essendo stata esposta, nel 2022, a uno storico tasso di inflazione del 9,2% (più del triplo del valore annuo del 2021): l’aumento dei prezzi dell’energia, l’insicurezza alimentare e il calo generale degli standard di vita.
Federico Giusti: A proposito di riforme del capitalismo
A proposito di riforme del capitalismo
di Federico Giusti
Di fronte alle proposte di riforma del capitalismo di Stiglitz vale la pena di avviare una riflessione collettiva per non cadere vittime, come accaduto nel passato, delle sirene ammaliatrici del nemico di classe
Una riforma del capitalismo è veramente all’orizzonte? Il capitalismo sarà riformabile?
Da decenni si parla di correggere i limiti e le contraddizioni del modo di produzione capitalistico e della società da esso generata. Lo si fa puntualmente nei momenti di crisi quando le contraddizioni emergono con maggiore forza, quando cala il saggio di profitto, esplodono bolle speculative o aumentano i costi di produzione, in presenza di sovrapproduzione o stagflazione.
Se poi la conflittualità tra capitale e lavoro si accentua, le spinte del capitale verso ipotesi di riforma diventano la risposta obbligata per attenuare le contraddizioni e ricondurle nell’alveo delle riforme compatibili con la salvaguardia dell’attuale sistema da puntellare con qualche correttivo.
Questa premessa si rende necessaria per analizzare le ultime dichiarazioni di Stiglitz, premio Nobel dell’economia, pubblicate in un’intervista al quotidiano Il Sole 24 Ore nell’edizione della scorsa domenica.
Alba Vastano: ‘C’era una volta la Rai’
‘C’era una volta la Rai’
Fatti e misfatti nell’azienda di Stato
di Alba Vastano
L’attuale ribaltone in Rai non è stato confezionato in pochi mesi ed è la risposta ad un capovolgimento dei principi fondamentali legati al servizio pubblico dovuto alle infiltrazioni politiche governative sempre più pressanti nell’azienda Rai. Infiltrazioni avverse al pluralismo dell’informazione e tendenziose a creare nell’opinione pubblica un mono-pensiero e il consenso alle forze governative in carica
Quanto sta avvenendo in questi giorni nell’organigramma Rai e nei palinsesti rivela che è in atto una vera occupazione di ogni spazio catodico dell’azienda di Stato, con svicolamento a destra, in conformità con l’attuale maggioranza politica. In realtà l’occupazione attuale della Rai è il frutto di un costante lavorìo perpetrato per anni dagli addetti alla cabina di comando della Tv di Stato. L’attuale ribaltone, che, ribadendo, non è stato confezionato in pochi mesi, è la risposta ad un capovolgimento dei principi fondamentali legati al servizio pubblico dovuto alle infiltrazioni politiche governative sempre più pressanti nell’azienda Rai. Infiltrazioni avverse al pluralismo dell’informazione e tendenziose a creare nell’opinione pubblica un mono-pensiero e il consenso alle forze governative in carica.
Alberto Giovanni Biuso: Carcere
Carcere
di Alberto Giovanni Biuso
Gli esperimenti di psicologia sociale condotti da Philip Zimbardo e da altri studiosi hanno confermato che, se vengono dotati di una divisa e investiti di una qualche autorità ‘superiore’, gli esseri umani diventano molto facilmente i torturatori e i carnefici dei propri simili. Si tratta di una convalida empirica delle tesi sul potere formulate con chiarezza da Elias Canetti, per il quale la struttura dell’autorità è in primo luogo biologica e consiste nell’afferrare ciò che sta davanti e a disposizione, mangiarlo, incorporarlo e annientare così ogni differenza rispetto a colui che divora. In ogni luogo e ovunque appaia «l’istante del sopravvivere è l’istante della potenza» (Massa e potere, Adelphi 1981, p. 273); il potente è in primo luogo il sopravvissuto, l’unico superstite di fronte alla distruzione dei suoi simili.
Una simile fenomenologia del potere trova il più esplicito inveramento nella guerra, negli eserciti e nelle prigioni. Tutte le prigioni sono luoghi nei quali la lotta per sopravvivere si fa spietata. Quando si tratta di prigioni al servizio di una legislazione volta al controllo totale dei cittadini, il carcere diventa l’emblema stesso della dissoluzione.
Alessandro Somma: Verso l’economia di guerra
Verso l’economia di guerra
di Alessandro Somma
Le conseguenze della guerra non sono solo quelle visibili a occhio nudo, quelle denunciate dalle innumerevoli immagini che raccontano la tragica quotidianità di chi sopravvive e muore sotto le bombe. Non sono da meno gli effetti su chi viene apparentemente risparmiato dal conflitto perché vive in Paesi non direttamente coinvolti nei combattimenti. Semplicemente sono meno riconoscibili, sebbene coinvolgano il complessivo modo di stare insieme come società e in ultima analisi i fondamenti di quanto siamo soliti chiamare Occidente.
A mutare profondamente è l’ordine politico: la guerra richiede decisioni rapide e unanimi, a monte processi deliberativi opachi, e questo incide profondamente sulla qualità della democrazia, che vive al contrario di conflitti, di tempi scanditi dai ritmi della partecipazione e soprattutto di trasparenza. E anche l’ordine economico viene travolto: la produzione di armamenti e altri beni funzionali al conflitto deve procedere con modalità per certi aspetti incompatibili con il capitalismo, che tra i propri fondamenti vanta l’avversione verso il dirigismo e la pianificazione, utile invece a concentrare lo sforzo produttivo.
La guerra introduce insomma uno stato di eccezione, a ben vedere incrementando dinamiche che hanno preceduto il conflitto in corso[1]. Questo incide invero su un ordine politico e un ordine economico già pregiudicati dalla pandemia, e ancora prima dalle crisi economico finanziarie che hanno scosso il pianeta a partire dal 2008. Forse la novità dell’attuale stato di eccezione si coglie al meglio considerando una deriva che non era finora emersa con la stessa nettezza con cui si sta mostrando ora: la transizione verso l’economia di guerra, ovvero «un sistema di produzione, mobilitazione e allocazione di risorse finalizzate al sostegno della violenza»[2].
Guglielmo Carchedi: ChatGPT, valore e conoscenza. Un approccio marxista
ChatGPT, valore e conoscenza. Un approccio marxista
di Guglielmo Carchedi
In un commento al post di Michael Roberts sull’intelligenza artificiale (IA) e le nuove macchine per l’apprendimento del linguaggio (LLM), l’autore e commentatore Jack Rasmus ha sollevato alcune domande, che mi sono sentito in dovere di riprendere.
Jack ha detto: “l’analisi di Marx sulle macchine e il suo punto di vista secondo cui le macchine sono un valore del lavoro condensato che viene trasferito nella merce quando si deprezza, si applicano completamente alle macchine basate su software AI che hanno la capacità crescente di auto-mantenersi e aggiornare il proprio codice senza l’intervento del lavoro umano – cioè di non deprezzarsi?“
La mia risposta alla legittima domanda di Jack presuppone lo sviluppo di un’epistemologia marxista (una teoria della conoscenza), un’area di ricerca che è rimasta relativamente inesplorata e poco sviluppata.
A mio avviso, una delle caratteristiche principali di un approccio marxista è la distinzione tra “produzione oggettiva” (la produzione di cose oggettive) e “produzione mentale” (la produzione di conoscenza).
La cosa più importante è che la conoscenza deve essere vista come materiale, non come “immateriale”, né come un riflesso della realtà materiale. Questo ci permette di distinguere tra mezzi di produzione (MP) oggettivi e MP mentali; entrambi sono materiali.
Marx si è concentrato principalmente, ma non esclusivamente, sui primi. Ciononostante, nelle sue opere ci sono molti spunti su come dovremmo intendere la conoscenza.
Aldo Bonomi: Moltitudini, capitalismo molecolare, corpi a lavoro. Discutendo i decenni smarriti
Moltitudini, capitalismo molecolare, corpi a lavoro. Discutendo i decenni smarriti
Intervista ad Aldo Bonomi
Nell’ambito del programma sui «decenni smarriti», come da intenti di questa rubrica (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/il-lavoro-nei-decenni-smarriti-una-bozza-di-programma), si è richiesto ad autori che negli anni Ottanta e Novanta, per diverse ragioni, concorsero nel proporre rappresentazioni e immaginario della transizione, di «ritornare» sulle loro elaborazioni e analisi del periodo. Di Aldo Bonomi, sociologo e direttore del centro di ricerche territoriali Consorzio Aaster di Milano, fondato negli anni Ottanta insieme (tra gli altri) a Lapo Berti e Alberto Magnaghi, riprendiamo tre testi della seconda metà degli anni Novanta, intitolati Il trionfo della moltitudine (Bollati Boringhieri, 1996), Il capitalismo molecolare (Einaudi, 1997), Il distretto del piacere (Bollati Boringhieri, 2000). Volumi in cui, in modo diverso ma con reciproci e continui rimandi, l’autore prendeva programmaticamente congedo dalle macerie del fordismo (nel lessico di Bonomi, «il non più») e si addentrava nel «non ancora» (che perlopiù, all’epoca, ci si accontentava di definire postfordismo) secondo una prospettiva peculiare. Questi libri avevano un robusto sottostante di osservazione empirica delle società al lavoro nel capitalismo che stava cambiando pelle. La chiave di accesso al campo di analisi non muoveva tuttavia da una fredda e «oggettivistica» ricostruzione di queste trasformazioni. I «prototipi mentali» proposti muovevano piuttosto dai cambiamenti soggettivi e procedevano per successivi (e differenti, nei tre libri) gradi di astrazione, mantenendo perlopiù un forte ancoraggio nei luoghi indagati, coincidenti in questi testi principalmente con le piattaforme produttive in formazione del Nord Italia. Erano gli anni del leghismo in ascesa e dell’affermazione elettorale di Forza Italia, fenomeni interni alla politica che non costituivano il bersaglio del lavoro di Bonomi, ma che indubbiamente ne fecero da «quinta».
Dante Barontini: Povero SuperMario, ridotto ad ideologo
Povero SuperMario, ridotto ad ideologo
di Dante Barontini
Conviene ammettere tranquillamente che Mario Draghi, come ideologo del capitalismo finanziario euro-atlantico, è certamente una spanna sopra la media dei tacchini che popolano la scena politica europea (non parliamo poi di quella italica…).
Purtroppo per lui e per l’area resta solo un ideologo che non azzecca mai una previsione ed è perciò costretto a inventare formule “ad hoc”, nemici compresi, per giustificare il perché di questa incomprensione per l’evolvere delle cose.
Nel suo discorso di accettazione del premio Miriam Pozen, assegnatogli dal Massachusetts Institute of Technology, SuperMario ha rilasciato un concentrato di affermazioni che nell’insieme delineano perfettamente le “ragioni” della crisi di egemonia occidentale e, al tempo stesso, la “strategia” senza via d’uscita in cui l’euro-atlantismo si è infilato.
Secondo la sua visione, assieme alle tensioni crescenti con la Cina, due eventi «hanno dominato le relazioni internazionali e l’economia globale nell’ultimo anno e mezzo: la guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione».
Nico Maccentelli: Darkland
Darkland
di Nico Maccentelli
Paolo Grugni, Darkland, Laurana Editore, 2022, pp. 304, € 17.00, anche in ebook
Di questi tempi non si fa altro che blaterare di nazismo, ma la vulgata si ferma a poche immagini e definizioni stereotipate: Hitler, la svastica, Auschwitz, le EsseEsse e via dicendo. In realtà le nuove generazioni hanno completamente perso la nozione di cosa sia stato il nazionalsocialismo e il neonazismo di oggi segue la vulgata, tra teste rasate e nostalgiche parate di camicie brune.
Non è un caso quindi che il nazismo, quello vero, degli eredi di quella esperienza si ricicla a uso e consumo delle principali politiche dominanti in Occidente. E non è un caso che sotto il silenzio o la riduzione a folcloristico quanto orgoglioso nazionalismo da parte dei media il prologo del nazismo storico abbia fatto la sua comparsa in paesi come l’Ucraina, la Polonia e i baltici.
Tutto questo lo sa bene Paolo Grugni, che con Darkland ha realizzato un romanzo ben costruito sul piano letterario, a cui si aggiunge un’accuratezza storica in grado di riportare in una ricostruzione narrativa e filologica intelligente le corrispondenze culturali che legano il passato regime nazista in Germania agli odierni valori indeterminati ambiti sociali.
Fabrizio Poggi: Mercenari polacchi al fianco dei nazisti ucraini: la storia che si ripete
Mercenari polacchi al fianco dei nazisti ucraini: la storia che si ripete
di Fabrizio Poggi
Per una serie di circostanze, presumibilmente non fortuite, la notizia apparsa il 4 giugno, a proposito della presenza di mercenari polacchi del Polski Korpus Ochotniczy (PKO), insieme ai terroristi del Corpo Volontario Russo (RDK: Russkij Dobrovol’ceskij Korpus) che lo scorso 22 maggio ha attaccato alcuni villaggi confinari nella regione russa di Belgorod, è coincisa con la richiesta rivolta dal presidente della Duma russa, Vjaceslav Volodin, al Comitato investigativo e alla Procura generale, di tornare a indagare sulla morte di decine di migliaia di soldati del giovane Esercito Rosso nei lager polacchi negli anni 1919-1921, dopo la guerra russo-polacca.
Che mercenari polacchi, insieme a decine di altre nazioni, agissero prima in Donbass, a dar man forte alle truppe di Kiev e, dopo il 24 febbraio 2022 nella stessa Ucraina, è cosa nota. Ma, con la pubblicazione di alcuni video da parte di PKO e il comunicato del RDK, è venuta l’aperta ammissione: «Non da ora i nostri compagni d’armi polacchi combattono effettivamente con noi, fianco a fianco per la libertà e l’indipendenza dell’Ucraina.
Andrea Legni: Perché L’Indipendente a volte pubblica le notizie in ritardo
Perché L’Indipendente a volte pubblica le notizie in ritardo
di Andrea Legni
Il buon giornalismo, per essere praticato, richiede tempo. Tempo per comprendere una notizia e approfondirla. Tempo per capire se un certo fatto è realmente accaduto, per separare il vero dal falso, per capire se dietro la superfice della notizia c’è altro. Tempo per mettere insieme i pezzi e renderli al lettore in un articolo capace di fare chiarezza sull’accadimento e sul suo contesto, cercando di assolvere al ruolo di spiegare in parole chiare e comprensibili a tutti anche le dinamiche più complesse del mondo in cui viviamo. Il buon giornalismo è, in pratica, il contrario di quello si legge spesso sui principali giornali, pieni di contenuti scritti di fretta e all’affannosa ricerca di titoli e contenuti sensazionalistici per produrre maggiori volumi di traffico e, quindi, introiti pubblicitari.
Quello in cui viviamo è un tempo che si muove al ritmo di un consumo frenetico: di prodotti, ma anche di informazioni. Districarsi nella complessità di questo sistema, fatto di milioni di input disponibili alla velocità di un click su migliaia di piattaforme, non è semplice.