[Sinistrainrete] Enrico Vigna: Kosovo: cappio al collo per la Serbia?

Rassegna del 16/06/2023

 

 

Enrico Vigna: Kosovo: cappio al collo per la Serbia?

sinistra

Kosovo: cappio al collo per la Serbia?

di Enrico Vigna

Come avevo scritto mesi fa negli ultimi due articoli sulla situazione, il nodo Kosovo sta avanzando a tappe forzate verso l’ultima stazione, come da progetto USA/NATO, con le pressioni, provocazioni, minacce al governo serbo, intensificatesi negli ultimi mesi con il diktat: o con la Russia o con l’occidente. Ora con il fronte ucraino aperto, quanto sta accadendo non è casuale, è un messaggio chiaro, possente, se la Serbia non sceglie “la parte giusta”, andrà verso la sua destabilizzazione e il conflitto

720x410c500oknbeIn questi ultimi dieci giorni sono stato quotidianamente in contatto con i nostri referenti sul posto e con gli esponenti politici, sociali, militari, sindacali, religiosi e i rappresentanti delle enclavi, con cui sono in relazione da sempre. Premetto questo per spiegare che questo articolo non è frutto di mie personali convinzioni, ma è una sintesi, sicuramente carente e limitata, di telefonate, scambi di mail, domande, analisi tratteggiate, supposizioni, ma che sono le valutazioni dalla parte dirigente della società serba, anche con differenze politiche tra loro, che ho cercato di riportare, ma che hanno un valore indubbiamente profondo e concreto, perché arrivano “dal campo”.

La situazione è sotto gli occhi di tutti, quindi è inutile sprecare righe, anche perché nelle piazze è in continua evoluzione, ritengo e mi chiedono di sottolineare e far circolare ovunque possibile, la concezione che un concreto impegno di PACE deve fondarsi su alcuni semplici ma fondamentali punti per un negoziato reale e paritario, soprattutto non contestabile da alcuna persona onesta intellettualmente ed eticamente. Con i ferventi fondamentalisti dell’atlantismo e del mondo unipolare egemonizzato dall’occidente, ritengo sia inutile discutere. Questi semplicemente difendono i privilegi occidentali e le ingiustizie perpetrate dai tempi del colonialismo ad oggi.

Leggi tutto

Giacomo Gabellini: I fattori dietro la (sorprendente) tenuta economica della Russia

lantidiplomatico

I fattori dietro la (sorprendente) tenuta economica della Russia

di Giacomo Gabellini

720x410c50kiuhnsaL’offensiva militare, economica, finanziaria e commerciale scatenata dal cosiddetto “Occidente collettivo” contro la Federazione Russa nasce da una palese sottovalutazione «della coesione sociale della Russia, del suo potenziale militare latente e della sua relativa immunità alle sanzioni economiche». L’intera campagna sanzionatoria imposta da Stati Uniti ed Unione Europea, in particolare, si fondava sulla previsione che la Russia non sarebbe stata in grado di reggere un lungo periodo di pressione economica e finanziaria esterna, in virtù della debolezza strutturale, dell’arretratezza e degli squilibri che caratterizzano il suo sistema produttivo.

I dati indicano che, alla fine del febbraio 2022, la Russia registrava un debito pubblico corrispondente ad appena il 12,5% del Pil, una posizione finanziaria netta fortemente positiva e riserve auree pari a circa 2.300 tonnellate. L’oro riveste una rilevanza particolare, trattandosi del tradizionale “bene rifugio” che tende sistematicamente a rivalutarsi proprio in presenza di congiunture critiche come quella delineatasi per effetto dell’attacco all’Ucraina. Stesso discorso vale per tutte le commodity di cui la Russia è produttrice di primissimo piano, dal petrolio al gas, dall’alluminio al cobalto, dal rame al nichel, dal palladio al titanio, dal ferro all’acciaio, dal platino ai cereali, dal legname all’uranio, dal carbone all’argento, dai mangimi ai fertilizzanti.

L’incremento combinato dei prezzi delle materie prime e dei prodotti raffinati i cui mercati risultano fortemente presidiati dalla Federazione Russa – la cui posizione si è ulteriormente rafforzata con l’incorporazione dei giacimenti di carbone, ferro, titanio, manganese, mercurio, nichel, cobalto, uranio, terre rare di vario genere e idrocarburi non convenzionali presenti nei territori delle repubbliche secessioniste di Donec’k e Luhans’k – ha per un verso penalizzato enormemente la categoria dei Paesi importatori netti, in cui rientra gran parte dell’“Occidente collettivo”.

Leggi tutto

Nico Maccentelli: Presa di posizione

nicomaccentelli

Presa di posizione

di Nico Maccentelli

Bandiera delle Brigate Garibaldi partigiane 1943 1945.svg Pubblico alcune considerazioni riguardanti il mio punto di vista su questa fase politica sul piano nazionale e internazionale. Lo faccio senza peli sulla lingua e considerando che ormai la quasi totalità di quella che ama definirsi “sinistra di classe” o “movimento antagonista” è in totale confusione politica. Buona lettura.

 

Post:

C’è chi si limita a fare sindacalismo e mutualismo dentro il solito perimetro politico di una sinistra radicale sempre più in confusione agli inizi della peggiore guerra su vasta scala degli ultimi 80 anni in Europa.

Bene, io dico che senza lotta di ampi strati di popolazione per una reale indipendenza nazionale, basata sulla cacciata delle basi USA e NATO, sulla rottura con l’UE, su una moneta sovrana e le necessarie nazionalizzazioni dei settori vitali della nostra economia, può mutualizzare anche il guinzaglio del cane ma resta il guinzaglio del cane.

Per fare questo bisogna coinvolgere i ceti medi che in questi anni sono stati devastati e proletarizzati dalle politiche delle oligarchie di Euroburocrazie e Anglosfera, accettando in un patto, in un’alleanza con le forze politiche che emergono dal conflitto, qualunque esse siano la loro cultura politica la costruzione di un fronte popolare contro la guerra.

Questo è l’abc del leninismo. Kerensky non era tanto diverso dai caratteri politici e culturali della nostra borghesia. Eppure i bolscevichi hanno saputo agire bene nel prima e nel dopo, comprendendo quando si poteva dare il punto di rottura rivoluzionaria.

Leggi tutto

Pasquale Cicalese: Da cosa deriva il fallimento occidentale oggi…

contropiano2

Da cosa deriva il fallimento occidentale oggi…

di Pasquale Cicalese

Quando si pensa di fare gli stronzi con la Russia. Quando si fanno scelte sbagliate.

Quando continui a fare l’arrogante con il resto del mondo ma esso, ormai, ha un suo sentiero di sviluppo futuro tale per cui ti volge le spalle. Quando aumenti i tassi di interesse, ben sapendo che è inflazione da offerta e speculazione di operatori economici.

Quando, contemporaneamente, le tue banche, come scrive ieri Milano Finanza, offrono lo 0% di interessi ai depositi.

Quando la gente, che ha risparmiato in decenni di fatica o si ritrova una piccola eredità o rendita, toglie i soldi dalle banche per continuare a vivere.

Quando i lavoratori, andati in pensione, dimezzano in due anni la loro liquidazione in bollette e caro vita.

Quando dai i soldi ai soliti noti, non rinnovi contratti privati e pubblici e, se pure lo fai, sono una miseria.

Leggi tutto

Piccole Note: NYT: non si sa come definire la vittoria ucraina

piccolenote

NYT: non si sa come definire la vittoria ucraina

di Piccole Note

 

“Non c’è dubbio che l’iniziativa militare [delle forze ucraine] influenzerà le decisioni sul futuro sostegno all’Ucraina e i dibattiti su come garantirne il futuro. Ciò che rimane poco chiaro, invece, è ciò che Stati Uniti, Europa e Ucraina identificano con l’espressione di controffensiva ‘riuscita’”. Così sul New York Times del 10 giugno.

 

L’incertezza dietro i proclami

Già, perché all’idea di cacciare i russi dall’Ucraina, tema propagandistico agitato finora, non crede più nessuno, spiega il NYT. Non ci credono gli americani, che lo ammettono in privato, né ci crede Zelensky, che però, dopo aver proclamato ai quattro venti che è esattamente questo l’obiettivo dell’attacco, non può tornare indietro.

Infatti, annota il NYT, se si dovesse avere anche una “minima percezione che stia facendo marcia indietro rispetto alle grandi ambizioni [espresse in passato ndr], ciò potrebbe minare il suo sostegno in un momento così critico”.

Leggi tutto

Ascanio Bernardeschi: Le considerazioni terminali sulla nostra economia

la citta futura

Le considerazioni terminali sulla nostra economia

di Ascanio Bernardeschi

L’euforia del Governo sullo stato dell’economia del Paese è solo propaganda. Leggendo meglio i dati forniti nelle “Considerazioni finali” di Visco emergono tante criticità e l’intenzione di aggravare le condizioni dei lavoratori

Nei giorni scorsi Giorgia Meloni, nel commentare le “considerazioni finali” del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il cui mandato è in scadenza, ha voluto sottolineare solo i dati utilizzabili strumentalmente per esprimere un giudizio ottimistico sulla nostra economia e dare una valutazione positiva dell’operato del suo governo. Il dato principale è quello del Pil, aumentato del 3,7% nel 2022, dopo il recupero – peraltro incompleto rispetto al periodo precedente la pandemia – del 7% nel 2021. Queste dichiarazioni sono state ovviamente riprese e rilanciate dai media, specie quelli di Stato, secondo il consueto stile ereditato dai cinegiornali dell’Istituto Luce del tempo che fu e che non pochi oggi vorrebbero che tornasse.

Vediamo di analizzare più prosaicamente cosa ha detto il Governatore. Innanzitutto la crescita è avvenuta sì, ma come rimbalzo rispetto al dato negativo della lunga crisi, accentuatasi con la pandemia, mentre già per quest’anno la previsione di crescita formulata dal Governatore è di un modestissimo 1%.

Leggi tutto

Salvatore Bianco: Emergenzialismo, fase suprema del tecno-capitalismo

lafionda

Emergenzialismo, fase suprema del tecno-capitalismo

di Salvatore Bianco

democracy“Solo se ciò che c’è si lascia pensare come trasformabile, allora ciò che c’è non è tutto”
T.W. Adorno, Dialettica negativa

Tra gli esiti più rilevanti della interminabile pandemia c’è sicuramente quello di aver normalizzato nelle società occidentali lo stato di emergenza, interiorizzato dai più come abitudine e senso comune.

E’ infatti accaduto che una condizione per definizione temporanea quale per l’appunto lo stato di emergenza, in ragione di un evento improvviso da fronteggiare in un tempo delimitato, per effetto della continua reiterazione giustificata dal persistere dell’urgenza in gioco, ha prodotto via via un governo dell’emergenza. Nella sua orbita, la certezza del diritto ha lasciato il posto ad una congerie di provvedimenti di urgenza e misure amministrative, con forza di legge, in continua fluttuazione. Si è andata componendo via via un’alterazione strutturale dell’ordinamento in senso discrezionale ed amministrativo, con un definitivo sbilanciamento a favore dell’esecutivo e di poteri estranei all’architettura istituzionale, con la figura sempre più ricorrente del Commissario straordinario, a scapito del legislativo e dunque in ultima istanza della sovranità democratica quale suo fondamento[1].

Ora, la tesi che si intende argomentare è che l’emergenzialismo nel frattempo riconfermatosi con la guerra in Ucraina, lungi dall’essere una traiettoria accidentale, sia la perversa contromisura, in ambito politico, posta in essere da un tardo capitalismo sempre più contraddittorio.

Leggi tutto

Alessandro Lolli: La metafora della diserzione

iltascabile

La metafora della diserzione

di Alessandro Lolli*

Una riflessione, a partire da Disertate di Franco “Bifo” Berardi, sulla tentazione di sottrarsi al dibattito pubblico

8 LOZAN32193 1Già nel 1978, Susan Sontag avvertiva dei rischi di usare la malattia come metafora. Concentrandosi sulle due malattie più metaforizzate dell’epoca, tubercolosi e cancro, Sontag spiegava che l’uso analogico di questi fenomeni non rendeva un buon servizio ai malati in carne e ossa e ci allontanava dalla comprensione dei fenomeni stessi. Ma non solo. A divenire meno comprensibili erano anche le situazioni che pretendevamo di descrivere per mezzo dell’analogia: il cancro metaforico si trasformava in un generico progressivo disfacimento del corpo sociale, perdendo molte delle sue caratteristiche specifiche.

Qualcosa del genere accade nell’ultimo libro di Franco “Bifo” Berardi sulla diserzione. Disertate, uscito nell’aprile del 2023 per i tipi di Time0, si apre con un imperativo alla seconda persona plurale che vorrei prendere sul serio, nonostante i numerosi inviti dell’autore a fare il contrario, a non starlo troppo a sentire perché non vuole convincere nessuno. Un po’ perché, se mi chiede di non ascoltarlo, come vuole il paradosso del mentitore scelgo di non ascoltarlo proprio mentre mi dice questa cosa, prendendo invece per buone le parti del suo discorso in cui esorta alla diserzione e la articola nell’arco di 260 pagine. Un po’ perché una coincidenza significativa mi ha spinto a considerare la diserzione un paradigma di lungo corso di una certa area politica, un paradigma magari sotterraneo ma in circolazione da almeno trent’anni e giunto forse a maturazione.

Insieme al nuovo saggio di Bifo, stavo leggendo un altro libro di recente uscita: Negli anni del nostro scontento, Diario della controrivoluzione, di Paolo Virno, pubblicato nel gennaio del 2022 da Deriveapprodi. Si tratta di una raccolta di articoli usciti su Il Manifesto tra il 1988 e il 1991, quando Virno era redattore della sezione cultura.

Leggi tutto

Prabhat Patnaik: È in atto una “de-globalizzazione”?

resistenze1

È in atto una “de-globalizzazione”?

di Prabhat Patnaik*

Pignatelli ottobre 2019defMolti economisti parlano oggi di un processo di “de-globalizzazione” in atto; altri parlano del fatto che il regime neoliberista di un tempo non esiste più. Certo, nulla rimane uguale per sempre: come diceva il filosofo greco Eraclito “Non si può entrare due volte nello stesso fiume”; qualche cambiamento nell’ordine neoliberale è quindi inevitabile con il passare del tempo. Ma il punto vero è: la cornice analitica utilizzata per comprendere la realtà economica del mondo contemporaneo, al fine di cambiarla, è diventata obsoleta e quindi necessita di una seria revisione?

La “globalizzazione”, va ricordato, non ha mai significato che i diversi Paesi del mondo si riunissero volontariamente per creare un ordine globale che fosse reciprocamente vantaggioso. Oggi quasi 50 Paesi del mondo sono oggetto di “sanzioni” di vario tipo; ad essi viene impedito con la forza di accedere a beni essenziali, tra cui in alcuni casi medicinali salvavita, dal mercato globale. E il numero non era molto inferiore un decennio fa, quando la “globalizzazione” era universalmente riconosciuta come in pieno svolgimento.

La “globalizzazione” ha quindi sempre avuto un significato molto diverso da quello che le viene comunemente attribuito. Significava l’avvento di una fase del capitalismo in cui il capitale, compresa soprattutto la finanza, si era globalizzato aprendo le economie alla sua circolazione illimitata; aveva così limitato la capacità dello Stato nazionale di intervenire in modi che la finanza non approvava; e questo capitale globalizzato aveva goduto dell’appoggio, nelle sue operazioni globali, soprattutto degli Stati metropolitani, e di altri Stati per difetto. Questi Stati metropolitani, in particolare gli Stati Uniti, decidevano su quali Paesi imporre sanzioni, e gli altri si allineavano.

Leggi tutto

Guido Cappelli: La traversata del deserto. Un orizzonte di speranza dopo quarant’anni di macelleria neoliberista

comedonchisciotte.org

La traversata del deserto. Un orizzonte di speranza dopo quarant’anni di macelleria neoliberista

di Guido Cappelli

Addormentata nelle case, assopita davanti all’ennesimo talk show o sonnolenta nei centri sociali e nelle associazioni, la Politica – quella con la maiuscola della deliberazione collettiva e della partecipazione popolare – era scomparsa dagli orizzonti e dalle menti degli uomini. Squalificata, vilipesa. Come lo Stato, del resto. Al suo posto, la governance: negazione tecnocratica della Politica, sostenuta sull’idea che ogni scelta è obbligata, ogni decisione non può che essere presa da “esperti”. La possibilità del dissenso, o anche solo del dubbio, è intrinsecamente negata da una prospettiva di questo genere, che implica, a ben guardare, una profonda sfiducia nell’uomo e nelle sue capacità razionali e relazionali.

Per questo abbiamo parlato sovente di crisi di civiltà: non periodo di turbolenze congiunturali, ma il momento storico in cui vengono al pettine i nodi sinistri dell’autoritarismo e della tecnocrazia, incarnati in oligarchie apolidi e senza scrupoli. La cosiddetta emergenza “pandemica” ha funzionato da catalizzatore di questa deriva – con il suo isterismo decisionista, con quel sottofondo di “si salvi chi può” che ammorbidisce fino all’obbedienza cieca le menti più preparate (o presunte tali).

Leggi tutto

Domenico Gallo: L’Italia per la pace, quei tre referendum desaparecidos

cumpanis

L’Italia per la pace, quei tre referendum desaparecidos

di Domenico Gallo*

La raccolta delle firme sui quesiti referendari è uno degli strumenti attraverso il quale si può coagulare ed esprimere il dissenso del popolo italiano per la necropolitica che ci porta in guerra

Dal 22 aprile è in corso, nel totale silenzio dei media, la raccolta delle firme per indire tre referendum abrogativi, diretti, in due casi, a impedire la fornitura di armi all’Ucraina e ad ogni altro soggetto coinvolto in guerre e conflitti e, nel terzo, a contrastare lo smantellamento del Servizio sanitario nazionale. I tre quesiti referendari sono promossi da due diversi Comitati, “Generazioni future” (che ha proposto il quesito relativo all’abrogazione dell’art. 1 del decreto legge 2 dicembre 2022 n. 185, convertito in legge n. 8 del 27 gennaio 2023, che proroga al 31 dicembre 2023 l’autorizzazione parlamentare all’invio di armi in Ucraina, ed il quesito sulla esclusione dei privati dall’attività di programmazione annua sulle priorità di spesa del Servizio sanitario nazionale) e “Ripudia la guerra” (che ha proposto un quesito per abrogare la derogabilità parziale del divieto di esportazione di armi di cui alla legge 185/1990).

Leggi tutto

Roberto Gabriele: Parigi, la sinistra imperialista rilancia

lantidiplomatico

Parigi, la sinistra imperialista rilancia

di Roberto Gabriele

La partecipazione americana e atlantista alla guerra in Ucraina ha reso sempre più evidente che la tesi del povero Zelensky aggredito non regge e che è la NATO che ha portato la situazione al punto di rottura e alla guerra contro la Russia. Nonostante ciò, quella che chiamiamo sinistra imperialista europea, per intenderci quella che va da Podemos in Spagna, alla Linke in Germania, alla France Insoumise in Francia, fino agli emuli italiani di Unione popolare sponsorizzati da Mélenchon, viene mantenuta come riserva utile per i momenti in cui l’occidente capitalistico ha bisogno di legittimare le sue operazioni di guerra e renderle ‘umanamente’ accettabili.

In una congiuntura come l’attuale, in cui il livello dello scontro militare si fa più alto, la propaganda USA-NATO ha bisogno del massimo sforzo per coinvolgere a sostegno dei suoi progetti settori di opinione pubblica che potrebbero sfuggire al suo controllo. E nel mirino non c’è solo l’opinione pubblica occidentale, ma anche quella dei paesi ‘nemici’ che si cerca di destabilizzare con l’arma della presunta ‘democrazia’.

Leggi tutto

Fabio Mini: L’offensiva dell’ucraina e il cinico piacere bellico

fattoquotidiano

L’offensiva dell’ucraina e il cinico piacere bellico

di Fabio Mini

C’è una nota di disperazione nell’annuncio di Zelensky sull’imminente controffensiva. E di cinico piacere. E d’ipocrisia. Secondo lui la vittoria è certa, ma ci saranno molte perdite. Molti uomini e donne ucraini moriranno, molti altri perderanno casa, familiari e futuro. Gli americani e gli europei che lo sostengono sono d’accordo sulle perdite ma non sono così certi della vittoria. Mentre il presidente Biden e i vertici europei assicurano l’invio di altre armi e soldi, il Segretario alla Difesa Austin ribadisce che la controffensiva consentirà all’ucraina di guadagnare posizioni sul terreno da far valere nei successivi negoziati. Un messaggio che tutti gli europei, a partire dal nostro governo, hanno mutuato e inteso come affermazione di vittoria, ma che Zelensky potrebbe e dovrebbe invece intendere come una sconfitta programmata: l’ucraina dovrà trattare con la Russia, a prescindere dal risultato. E tale prospettiva fieramente negata sarà costata la vita ad altre migliaia di soldati e cittadini. Tutti si preparano a sfruttare il loro sacrificio non tanto per un pezzo di terra che avrebbero potuto ottenere senza sparare un colpo, ma proprio per favorire chi dalle armi e dalle distruzioni trae i maggiori vantaggi.

Leggi tutto

Fabrizio Poggi: Diga di Novaja Kakhovka: cui prodest?

contropiano2

Diga di Novaja Kakhovka: cui prodest?

di Fabrizio Poggi

A proposito delle dichiarazioni, in gran parte comiche (a voler esser gentili), secondo cui sarebbero stati i russi a far saltare la diga della centrale idroelettrica di Novaja Kakhovka, presentiamo alcune considerazioni raccolte qua e là su media “del nemico”.

E dunque. È un fatto che, nel corso degli anni, quando ancora terrorizzavano quella parte della regione di Donetsk sotto controllo di Kiev, le forze ucraine hanno ripetutamente bersagliato con razzi la centrale idroelettrica di Kakhovka, comprese parti della diga crollata.

A parere del presidente del distretto di Novaja Kakhovka, Vladimir Leont’ev, la distruzione della centrale è il risultato dei ripetuti attacchi ucraini; anche se il corrispondente di guerra Aleksandr Kots ritiene più probabile un potente attacco diretto portato al momento del cedimento. In ogni caso, Leont’ev ricorda che ci fu un giorno «in cui circa 80 HIMARS furono lanciati sulla centrale».

Dopo il febbraio 2022, i comandi ucraini hanno più volte apertamente dichiarato di martellare la centrale con l’obiettivo di distruggerla e allagare il territorio della regione di Kherson a scopi di guerra; mentre la propaganda ucraina ha continuato a minacciare la distruzione della centrale, con l’obiettivo di sommergere la riva sinistra del Dnepr e interrompere l’alimentazione idrica della Crimea.

Leggi tutto

Sharing - Condividi