Via D’Amelio una strage atlantica, di Stato, fascio-piduista e mafiosa

L’Unità2 – 19/07/2023

VIA D’AMELIO UNA STRAGE ATLANTICA, DI STATO, FASCIO-PIDUISTA E MAFIOSA – l’Unità2 (unita2.org)

 

Il 19 luglio 1992, all’altezza del numero civico 21 di via Marino D’Amelio a Palermo, nella devastante esplosione di un’autobomba, perdono la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi – prima donna a far parte di una scorta -Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Sopravvive solo l’agente Antonino Vullo, che al momento dell’esplosione stava parcheggiando una delle auto della scorta.

La strage di via D’Amelio avviene a soli tre mesi di distanza dalla strage di Capaci del 23 maggio, che aveva ucciso il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo anche lei magistrato, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicilio e Antonio Montinaro, oltre a ferire 23 persone.

Il 12 marzo dello stesso anno, Salvo Lima, ex sindaco di Palermo, potente leader della corrente andreottiana della Democrazia cristiana, era stato ucciso in un agguato in strada a Mondello da un killer armato di pistola.

Sono le stragi che segnano la fine della Prima Repubblica e della democrazia nata dal rapporto di forza tra il P.C.I. di Togliatti e Longo e la massoborghesia internazionale presente a Yalta e che era anche nella Costituente nelle formazioni liberali e democratico cristiane. Rapporti di forza che grazie alla lotta dei comunisti, a tutti i livelli della società, hanno permesso agli italiani di avere la Costituzione sociale più avanzata del mondo occidentale.

Quelle stragi sono la nascita della golpista e piduistica seconda Repubblica, come previsto nel Piano di rinascita della loggia massonica P2. Sono l’inizio dell’accettazione palese del denaro derivante dal crimine mafioso nell’economia nazionale e internazionale. I migliori magistrati del nostro paese avevano scoperto questi intrecci e sono stati tutti eliminati o hanno subito gravi attentati: oltre a Falcone e Borsellino, Giangiacomo Ciaccio Montalto, Rocco Chinnici, Cesare Terranova, Carlo Palermo. Per il sistema dovevano assolutamente morire.

Con quegli attentati è anche emerso il palese tradimento dei valori e delle pratiche su cui si era costruita la politica del Partito Comunista Italiano da parte del gruppo dirigente dopo la “provvidenziale” morte di Enrico Berlinguer e la “svolta” della Bolognina. Infatti parallelamente alle stragi sparisce il P.C.I. e nascono in sequenza PDS, DS, PD, la “normalizzazione” della politica italiana tramite l’assunzione dei disvalori massocapitalistici è totale. Nascono da quelle stragi il centro destra e il centrosinistra, in cui gli italiani non riescono a vedere le differenze politiche tra i due schieramenti. Inizia la grande astensione dal voto.

Con Berlusconi e la seconda Repubblica nasce l’attacco continuo e dissennato verso la magistratura, da parte di quel sistema politico criminale andato al potere che esegue il piano della P2, che oggi ha i suoi esecutori nel governo Meloni e nel ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che attacca proprio lo strumento del concorso esterno in associazione mafiosa, nato a metà degli anni 80 dalla monumentale ordinanza-sentenza dei giudici GIovanni Falcone e Paolo Borsellino per il maxi-processo a cosa nostra.

Giorgia Meloni, che dice essere entrata in politica proprio per l’ondata di sdegno dopo le morti di Falcone e Borsellino, smetta di prendere in giro gli italiani perché la destra è implicata in tutte le stragi che sono avvenute in questo paese e perché la mafia ha sempre votato per le formazioni anticomuniste come la sua.

Inoltre Paolo Borsellino non è mai stato missino, come ha già chiarito più volte suo fratello Salvatore e Giovanni Falcone, come ha raccontato la sorella, Maria Falcone, nel libro biografico sul magistrato “Un eroe solo”, con grande sorpresa della famiglia che era tutta democristiana, aveva abbracciato i principi del comunismo sociale di Enrico Berlinguer dal 1976.

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