La struggente lettera del papà della giovane ragazza stuprata a Roma la notte di Capodanno, apparsa ieri su La Repubblica, per sostenere la ragazza vittima del “branco di Palermo”, ha mostrato la triste realtà e solitudine di chi prova sulla propria pelle la violenza e il fango mediatico che ne consegue. Un “papà” che ha avuto il coraggio di prendere la penna per spiegare il calvario della propria figlia e di tutte le giovani vittime nell’essere spezzate nella loro dignità. Frasi come “ma in fondo se l’è voluta” o “da una donna del genere” sono dannose e contribuiscono a perpetuare la cultura del silenzio e dell’impunità intorno alla violenza di genere. Queste affermazioni riflettono pregiudizi profondamente radicati e un atteggiamento che colpevolizza le vittime anziché responsabilizzare gli aggressori. Sono frasi che ignorano il fatto che la violenza deriva da un’azione volontaria e inaccettabile da parte dell’aggressore, e non dalla vittima. Le conseguenze sono gravi: isolano le vittime, le scoraggiano dal denunciare e creano un ambiente in cui le persone si sentono autorizzate a giustificare o minimizzare la violenza. Questo allontana la società dalla comprensione della reale portata del problema e impedisce il cambiamento sociale necessario per combattere la violenza di genere. È quanto sta succedendo con la vittima del branco di Palermo.
È con grande preoccupazione che, come Stati Generali delle Donne, osserviamo come questa forma inaccettabile di comportamento continui a mettere in pericolo la sicurezza e la dignità delle donne, in particolare delle giovani donne. Ogni persona ha il diritto fondamentale di vivere libere dalla paura della violenza e dell’oppressione. Tuttavia, la triste realtà è che molte giovani donne subiscono violenza fisica, sessuale ed emotiva, spesso a opera di coloro che dovrebbero invece proteggerle e rispettarle. Queste esperienze dolorose hanno un impatto devastante e duraturo sulla loro salute fisica e mentale, sulle relazioni interpersonali e sul loro futuro in generale, come è testimoniato nella dolorosa lettera del “papà coraggio”.
In questo momento critico per le donne, come Stati Generali delle Donne ci impegniamo a lottare contro la violenza di genere e a sostenere le giovani donne vittime di tali atti. Chiediamo a governi, istituzioni, organizzazioni della società civile e a tutti i cittadini di unirsi a noi nell’affermare che la violenza di genere non può e non deve essere tollerata. Troppi i casi negli ultimi giorni, tante le vittime che fanno fatica a denunciare perché minacciate, intimorite, in posizione di debolezza nei confronti di aguzzini che spesso sono fidanzati possessivi, amici di famiglia, gli stessi mariti o padri. Donne a cui si toglie il sorriso, la speranza per il futuro, la fiducia nel prossimo e nella vita. Donne a cui diamo il nostro sostegno e a cui rivolgiamo la nostra ammirazione per il coraggio avuto nel testimoniare la brutalità subita e a tutte quelle persone che parlano, parlano, parlano ricordiamo che la violenza di genere è un crimine contro l’umanità e che vivere con un trauma così non è facile.
Isa Maggi – Coordinatrice Nazionale Stati Generali delle Donne
Maria Lippiello – Coordinatrice della Campania Stati Generali delle Donne
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