Se le forze di Hezbollah si stavano compattando ed organizzando in vista di un possibile conflitto nel sud del Libano, l’assassinio di Al Arouri (e di altre 5 persone) ha sicuramente dato una spinta decisiva verso l’escalation nell’area.
Ci sono vari modi di presentare quello che è accaduto e quello che sta accadendo, e nessuno di questi è neutro.
Da una parte c’è la versione di Israele che ritiene di portare avanti un braccio di ferro per procura con l’ Iran, che utilizza Hamas ed Hezbollah come marionette per comprometterne la sopravvivenza : in questa prospettiva, Israele ha interesse ad intervenire once and for all non soltanto nella striscia, ma anche nel sud del Libano (e speriamo non in Siria) ; dall’ altra parte c’è la versione del popolo palestinese che sta subendo un genocidio, e vede nella resistenza armata almeno la salvezza dell’onore.
Infine, c’è un paese terzo , il Libano appunto, che sta venendo trascinato per i capelli in un conflitto non voluto e che può determinarne il crollo definitivo.
Che cosa succederà adesso?
La scelta di Al Arouri come bersaglio e la scelta del luogo dell’attentato sono fortemente simbolici, perché vogliono sottolineare la contiguità fra Hamas ed Hezbollah, unendole in una responsabilità condivisa.
Il “numero due di Hamas” aveva infatti giocato un ruolo importante nel riavvicinamento fra le due organizzazioni, tradizionalmente non in buoni termini ; in più , Al Arouri si trovava a Beirut, “sotto la protezione” di Hezbollah.
Oltre a questo, colpirlo in Libano, Stato sovrano, significa ribadire che Israele può colpire chi vuole, dove vuole e quando vuole.
Però, c’è un però.
Chi ha progettato l’omicidio non può non avere tenuto conto delle conseguenze.
La prima è pratica : l’interruzione dei negoziati sui prigionieri e sulla tregua fra Israele ed Hamas.
La seconda è giuridica : l’attentato – definibile come terroristico – ha violato uno Stato sovrano.
La terza è di relazione : Hamas ed Hezbollah ricompattano il fronte.
La quarta è politica : a questo punto, Nasrallah è messo con le spalle al muro e deve rispondere alla provocazione, o perderà di credibilità presso la sua base.
Se le conseguenze sono state ben valutate, la morte di Al Arouri si paga con un prezzo altissimo.
Chi ha ucciso voleva soffiare sul fuoco e ravvivare la fiamma, e c’è riuscito ; ma questo giova ad Israele, in questo momento, e è consistente con gli altri passi, quali il ritiro dei riservisti?
Al momento il gabinetto di guerra di Nethanyau tace.
Secondo Al Jazeera Mark Regev, suo consigliere, avrebbe dichiarato al canale statunitense MSNBC che “chiunque sia stato, deve essere chiaro che non si tratta di un attacco al Libano”.
Sono parole che sorprendono, perché l’accaduto è indubbiamente un attacco al Libano ; che cosa vogliono dire? Sono un (goffo) passo indietro sulle conseguenze, o è un modo per indicare una false flag?
Mentre i contorni della vicenda si chiariscono, nessuno dubita che ormai si sia passata la linea rossa.
Il discorso di Nasrallah mercoledi, ma soprattutto quello di venerdì, sono attesi con con un’ansia crescente da tutta la popolazione.
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