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Vengono represse meno le critiche al governo nazionale che a quello israeliano |
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Pasquale Liguori
C’è una condizione spettrale di paura crescente negli Stati Uniti: i media mainstream e il dibattito politico hanno pesantemente discriminato, da un punto di vista razzista, i palestinesi e i loro sostenitori permettendo un clima di violenza e scatenando la repressione della solidarietà. Lo spiega, in questa interessante intervista di Pasquale Liguori, Jennifer Mogannam, docente al dipartimento di Studi etnici e razziali critici alla University of California di Santa Cruz e studiosa appassionata di movimenti antirazzisti, femministi e anticoloniali. La repressione, impressionante, colpisce a ogni livello. Non solo quella delle grandi proteste studentesche che chiedono di fermare lo sterminio in corso a Gaza, ma anche quella sulle autorità accademiche che, in alcune delle università più prestigiose degli Stati Uniti, non le hanno denunciate e condannate con la pretesa fermezza. Il pretesto utilizzato è un surreale capovolgimento dei ruoli tra carnefici e vittime, che conduce ad accusare di incitamento al genocidio proprio chi esprime solidarietà ai due milioni di abitanti costretti a fuggire da Gaza e condannati, qualora siano sopravvissuti al massacro, a morire di fame, malattie e di stenti. Mogannam precisa che la criminalizzazione della solidarietà con la lotta dei palestinesi per affermare il loro diritto alla vita e alla terra – con una forte recrudescenza del discorso sul terrorismo che ricorda l’11 settembre e la crescita di un nefasto sentimento de-umanizzante verso i cittadini di Gaza – intende isolare il contesto attuale dal progetto coloniale genocida a lungo termine condotto in Palestina negli ultimi cento anni. Per quel che riguarda il rispetto del diritto di libertà di parola, sostiene Jennifer Mogannam, è interessante notare come sia di gran lunga più consentito e meno criminalizzato criticare il governo nazionale rispetto a quello israeliano. La critica viene interiorizzata come aggressione diretta contro l’ebraismo: questa commistione è estremamente pericolosa in quanto è strumentale a occultare atti veri e propri di razzismo, stigmatizzando invece l’antisionismo quale presunta forma di antisemitismo
[SEGUE] |
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Cosa vuol dire essere un uomo? Come si (de)costruisce la propria mascolinità e quella altrui? Che rapporto c’è tra genere e violenza? Cosa si guadagna, e cosa si perde, a essere uomini diversamente? Quello che segue è un insieme di spunti, divisi in 4 articoli, che possono servire a chiunque – uomo, donna o persona non binaria che sia – pensi sia utile informarsi su come disimparare alcuni gesti e automatismi, giorno per giorno, per rendere questo mondo più vivibile per tutti, ma soprattutto per tutte. Come ogni buon documento pedagogico che si rispetti, il testo suggerisce anche qualche semplice esercizio da realizzare nelle interazioni della vita di ogni giorno, quella che resta sempre troppo sottovalutata quando si ragiona dei grandi cambiamenti di cui il mondo ha bisogno. L’introduzione, il primo articolo e il primo esercizio |
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C’è stato un tempo in cui riti, gesti, parole augurali segnavano i momenti di passaggio e rinnovamento delle comunità locali. Quel piccolo, complesso, ricco e contraddittorio mondo non c’è più. Un senso di spaesamento ci accompagna mentre ci chiediamo dove siamo e quale direzione prendere. Forse può aiutarci la postura del viandante che muove i suoi passi non per arrivare ma prima di tutto per conoscere ciò che incontra, accogliere l’imprevedibilità del cammino, pensare che la Terra è di coloro che sanno curarla e proteggerla, insomma che cammina domandando |
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Il teatro di un paese, il negozio di alimentari, le associazioni che si occupano di ragazzi con disabilità, il panificio, il cinema, le librerie, il bosco di querce centenarie e quel meraviglioso lago… Il frutto di un laboratorio di giornalismo promosso dalla redazione di Comune in un liceo è uno straordinario dossier sul territorio |
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Possiamo ripensare la scuola nel momento in cui gli insegnanti vivono l’aula come il luogo nel quale mettersi in gioco ogni giorno, il luogo in cui accendere il desiderio di conoscere, il luogo delle domande e del sapere che contrasta l’apatia, ma anche il luogo nel quale soddisfare il bisogno di avere intorno a sé non altri individui ma una comunità. Per dirla con Maria Zambrano, “uno spazio di speranza aperto per tutti” |
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È nato “Manin d’inchiostro”, il giornale dell’IC Manin di Roma. Benvenuto! |
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Riscoprire il senso dell’educazione alla pace nonostante tutto |
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C’è un limite all’escalation della guerra contro i bambini e le bambine a Gaza? |
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La relazione tra Natale e immaginario infantile e il bisogno di fantasia |
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Il saluto del Presidente Mattarella al 2023 è piaciuto a tutti. Quasi a tutti |
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Di 1500 miliardi di dollari la crescita dei patrimoni dei magnifici 500 |
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