Marco Aime
Pur nelle a volte strumentalizzate informazioni sul massacro che sta avvenendo nella striscia di Gaza, è bene forse fare qualche chiarimento lessicale. Le parole sono pietre, diceva Carlo Levi, e se lanciate in modo sbagliato fanno male.
A partire dall’ignobile attacco di Hamas ogni critica alla reazione israeliana viene bollata come “antisemitismo”. L’avversione verso gli ebrei, in quanto seguaci di una religione, era già espressa dai politeisti, ma soprattutto dal mondo cristiano che li accusavano di deicidio, una sorta di peccato originale di cui si sarebbero macchiati, mandando a morte Gesù. Di qui le diverse politiche di emarginazione e di esclusione, il nascere di stereotipi negativi e di pregiudizi che vanno sotto il nome di antigiudaismo. Essendo però ebrei i fondatori del cristianesimo, i seguaci di Cristo non potevano pensare che ci fosse qualche tara nel sangue o negli antenati degli ebrei. Non era una questione legata alla natura, ma alla religione. La stessa chiesa cristiana fino al XII secolo prevedeva che gli ebrei potessero emanciparsi da quel peccato originale, attraverso la conversione.
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