Pino Cabras: Le Bimbe di Bibi coprono le Bombe di Bibi

Rassegna del 24/01/2024

 

Pino Cabras: Le Bimbe di Bibi coprono le Bombe di Bibi

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Le Bimbe di Bibi coprono le Bombe di Bibi

di Pino Cabras

Come nascondere un genocidio. Un pezzo di borghesia italiana filoisraeliana vuol far dichiarare il 7 ottobre “femminicidio di massa”. Si nasconde il massacro di migliaia di donne a Gaza e le gravi incongruenze del New York Times

Qualche settimana fa, un gruppo di donne molto in vista di un settore della borghesia italiana filoisraeliana ha lanciato una poderosa raccolta di firme per dichiarare “femminicidio di massa” la strage del 7 ottobre. Non bastava più la strage in sé, ormai soverchiata simbolicamente dai numeri della carneficina di massa perpetrata dai Netanyahu Boys con più kilotoni di Hiroshima e Nagasaki messi insieme. Serviva unirla a uno dei vettori di esecrazione più usati da qualche anno in qua per innescare indignazione: la parola femminicidio. Hamas, secondo le autrici dell’appello, non si è limitata a un’azione di violenza terroristica, perché voleva colpire le donne in quanto donne. Nell’appello non viene fatto cenno alcuno alla furia genocida che ha distrutto quasi tutte le case, le scuole, gli ospedali e qualsiasi altra infrastruttura di Gaza. Non si fa menzione alcuna delle quasi diecimila donne innocenti, in buona parte minorenni, sventrate fin qui dalle bombe di Bibi il genocida seriale. Non sono citate le migliaia di giovani madri che hanno visto profanare la loro maternità nella penosa raccolta dei corpicini esanimi o a brandelli dei loro figlioletti o che non riescono più a dissetare e nutrire quelli che sono scampati alla caccia dei droni. Non si fa cenno, insomma, al più grande femminicidio di massa mai perpetrato da quando è stata inventata la parola femminicidio: ossia il femminicidio di massa delle donne di Gaza.

Me le vedo, emozionate e indignate, le raffinate signore, durante l’impeto di un “facciamo qualcosa”, “scriviamo qualcosa”, tese a sostenere “il diritto-di-Israele-di-difendersi” a tutti i costi. C’è Andrée Ruth Shammah, rinomata regista teatrale che in Israele vede «un esperimento meraviglioso di integrazione, quel mettere insieme tutte le genti del mondo, arabi, russi, polacchi, francesi, ashkenaziti, sefarditi.»

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Fosco Giannini: La centralità del lavoro e del conflitto nella costruzione del MpRC

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La centralità del lavoro e del conflitto nella costruzione del MpRC

di Fosco Giannini*

pugni bandiera rossa.jpgPer presentare il nostro progetto politico, pubblichiamo la relazione, approvata allunanimità, con cui il coordinatore nazionale ha introdotto la riunione del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista, lo scorso 14 gennaio.

Abbiamo costituito, in tante e tanti di tutta Italia, il Movimento per la Rinascita Comunista (MpRC) lo scorso 11 novembre a Roma, non casualmente, presso la sala “Intifada”. E oggi siamo chiamati, moralmente e politicamente, in questo nostro primo Coordinamento Nazionale, ad aprire i lavori rimarcando di nuovo la nostra piena e attiva solidarietà al popolo palestinese e la nostra totale e severa condanna delle politiche sanguinarie e fasciste portate avanti dal governo e dall’esercito di Israele. 

Abbiamo lanciato sulle nostre pagine Facebook e in Rete (e cogliamo l’occasione per ringraziare il compagno Massimo Cazzanelli, responsabile del Dipartimento Comunicazione e tutti i compagni del Dipartimento per il grande lavoro che stanno facendo) un appello e una raccolta di firme a sostegno della giusta iniziativa della Repubblica del Sudafrica, subito appoggiata dalla Repubblica di Cuba, che chiede che Israele sia condannata per genocidio presso il Tribunale dell’Aya. Aderite a questo nostro Appello, compagne e compagni, e fate aderire, poiché l’orrore che Netanyahu sta disseminando a Gaza, con la ferina complicità degli Usa e dell’Ue, non deve essere nemmeno per un minuto dimenticato, ma “fissato” nella storia e in essa per sempre tramandato.

Alta deve dunque rimanere la nostra attenzione e la nostra iniziativa a fianco del martoriato ed eroico popolo palestinese, come alta deve essere la nostra attenzione sui fatti del Mar Rosso e i bombardamenti anglo-americani sullo Yemen, che rafforzano il rischio di un allargamento della guerra in tutto il Medio Oriente.

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Giovanni Di Benedetto: La guerra dei Greci e la nostra

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La guerra dei Greci e la nostra

di Giovanni Di Benedetto

Recensione del libro di Andrea Cozzo “La logica della guerra nella Grecia antica”, Palermo University Press, 2024, Ed. riv. e corr.

unnamed.mdkwhcmIl mondo contemporaneo rischia di precipitare inesorabilmente nel baratro della guerra planetaria. Non si contano più gli scenari geopolitici divenuti teatro di conflitti bellici: Russia e Ucraina, Yemen, Iran e Pakistan, Israele e Palestina, Siria e, in Africa, Libia, Congo, Sudan, Nigeria, Etiopia, per citare i casi più noti. In questo quadro, davvero sconfortante, la pubblicazione dell’ultimo libro di Andrea Cozzo, “La logica della guerra nella Grecia antica” (Palermo University Press, 2024, ed. rived. e corr.), risulta essere quanto mai utile e opportuna, soprattutto per chi si dedica alla professione dell’insegnamento e della trasmissione del sapere.

Il lavoro di Andrea Cozzo si propone, come suggerisce il titolo stesso, di analizzare la costruzione delle retoriche della guerra nella Grecia antica. A una prima superficiale osservazione ci si potrebbe chiedere quale dovrebbe essere il nesso tra lo studio delle guerre nel mondo antico e la riflessione sugli eventi militari dei giorni nostri. Troppo diversi i contesti storici e le forme della riproduzione socioeconomica, in particolare la forma specifica della produzione borghese. Tuttavia, occorre rimarcare che lo studio dell’autore è costruito con lo sguardo rivolto costantemente alla nostra drammatica contemporaneità che, come è a tutti noto, è segnata, come si diceva, dall’esplosione in tutto il mondo di decine di conflitti. Non si pensi dunque a un lavoro le cui riflessioni colte sarebbero confinate alla ristretta cerchia degli specialisti del mondo antico, filologi e storici della lingua greca in primis. Il tentativo del pregevole lavoro di Cozzo è di fare dialogare il mondo antico, con le sue problematiche e le sue contraddizioni, con il presente, per meglio fare luce sui problemi che oggi si pone lo storico, e con lui il lettore e, più in generale, il cittadino consapevole.

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Roberto Iannuzzi: Come sonnambuli, gli USA stanno scivolando in un conflitto su vasta scala in Medio Oriente

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Come sonnambuli, gli USA stanno scivolando in un conflitto su vasta scala in Medio Oriente

di Roberto Iannuzzi

Soltanto spingendo Israele verso un cessate il fuoco permanente a Gaza, Biden avrà la certezza di scongiurare una guerra regionale

Se c’è una cosa che i primi cento giorni del tragico conflitto di Gaza hanno dimostrato è che esso non rimane confinato a Gaza.

Fin da subito, oltre che a sud Israele è stato impegnato in scontri di crescente violenza con Hezbollah sul fronte settentrionale. Tel Aviv ha anche ripetutamente bombardato obiettivi iraniani in Siria, oltre agli aeroporti di Damasco e Aleppo.

Le basi americane in Siria e Iraq sono state prese di mira dalle locali milizie filo-iraniane con razzi e droni. Gli USA hanno risposto con rappresaglie aeree via via più aggressive, senza però riuscire a scoraggiare i propri avversari.

Più a sud, il movimento sciita yemenita di Ansar Allah (meglio noto come gli “Houthi”, dal nome del suo fondatore Hussein al-Houthi) ha letteralmente dichiarato guerra a Israele e, data la considerevole distanza che separa i due paesi, dopo alcuni lanci di missili e droni neutralizzati dalle difese israeliane, ha rivolto i propri attacchi contro il traffico navale legato a Israele nel Mar Rosso.

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Alessandro Volponi: 21 gennaio 1921 – 21 gennaio 2024. La lezione di Gramsci e del PCI

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21 gennaio 1921 – 21 gennaio 2024. La lezione di Gramsci e del PCI

di Alessandro Volponi*

Tre anni fa festeggiavamo il centenario della nascita del Partito Comunista d’Italia. La scissione di Livorno si colloca nel contesto del dibattito della III Internazionale successivo all’Ottobre russo, e in una crisi profonda del Psi. Durante il regime fascista, il neonato PCdI sarà l’unica forza politica organizzata a non abdicare restando attiva nel paese, divenendo protagonista assoluta della Liberazione.

Il 16 gennaio del 1921 si apre a Livorno il XVII congresso del Partito Socialista Italiano. Grande è l’attenzione in Italia e in Europa per l’evento che segnerà il destino della sinistra italiana per un’intera epoca storica. In effetti, la scissione che lo caratterizzerà non è il risultato di cinque giornate di acceso dibattito, ma è già decisa e le sue cause risalgono indietro nel tempo, basti dire che il 21 gennaio, quando la frazione comunista abbandona la sala al canto dell’Internazionale, lo statuto del nuovo partito, il Partito Comunista d’Italia, è già pronto, e nel fatiscente scenario del teatro Marconi si procede all’elezione del comitato centrale formato da quindici membri rappresentativi di una variegata galassia di gruppi di comunisti, distribuiti in modo tutt’altro che uniforme sul territorio nazionale.

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Roberto Gabriele: Lettera ai compagni sulla guerra imperialista

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Lettera ai compagni sulla guerra imperialista

di Roberto Gabriele*

È evidente a tutti che la situazione sta superando il limite di guardia. L’imperia­li­smo occidentale a guida americana è in crisi, ma ha deciso, per non arretrare, di scatenare una catena di eventi bellici e costruire capisaldi militari da cui partire per estendere il conflitto.

Il punto di partenza, com’è noto, è stato l’Ucraina. Lì gli USA e la NATO hanno iniziato a concepire una risposta globale alla Russia che non aveva accettato la logica dell’accerchiamento strategico disegnato dagli americani coi paesi europei e l’UE. Già da questa prima fase della ‘guerra a pezzi’ i comunisti, quelli almeno che non si sono fatti travolgere da posizioni neotrotskiste basate sulla lotta tra imperialismi, hanno dato battaglia contro tutte le ambiguità per affermare la verità dei fatti. In Italia questa battaglia ha avuto successo. Nonostante l’alleanza di fatto tra destra atlantista e PD, a sinistra ha prevalso la consapevolezza che la responsabilità della guerra in Ucraina è da attribuire ai neonazisti di Kiev e alla Nato.

Gli americani speravano in un facile successo e di incrinare con l’embargo e l’uso della quinta colonna la compattezza del governo di Putin, ma i loro calcoli erano sbagliati e le forze ucraine si sono impantanate in una guerra di logoramento senza sbocco.

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Fulvio Grimaldi: Israele, il terrorismo tracima

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Israele, il terrorismo tracima

Intervista a pubblicazione del Canavese

di Fulvio Grimaldi

  1. Frequento il Medioriente e, nello specifico, la Palestina negata, dal 1967, quando fui inviato di Paese Sera alla Guerra dei Sei Giorni. Mi sono occupato delle varie fasi e situazioni del dramma palestinese a partire da quella guerra e a passare per le due Intifade, anni ’80 e ‘2000, i campi profughi in Libano, Giordania e Siria, le due guerre israeliane contro Hezbollah in Libano e, appunto, Gaza. Ho seguito il primo attacco a Gaza, via terra, mare e aria, chiamato Piombo Fuso, che si potrebbe definire prova generale per la guerra in corso.
  2. La situazione in questi giorni in Palestina è segnata soprattutto dallo sterminio senza precedenti e senza limiti della popolazione di Gaza e, in misura, per ora, più contenuta, da quella di Cisgiordania. Si punta, evidentemente, dal governo di estrema destra di Netaniahu a eliminare fisicamente l’intera popolazione, dopo averci provato con un genocidio strisciante a partire dall’iniqua spartizione proposta dall’ONU nel 1947. La formidabile resistenza palestinese, con il consenso che ha suscitato in tutto il mondo, e la parallela distruzione della statura morale dello Stato sionista, hanno però cambiato l’equilibrio dei fattori in campo.

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Vladimiro Giacché: Hegel: un ”cane morto” molto vivace

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Hegel: un ”cane morto” molto vivace

Luca Cangianti intervista Vladimiro Giacché

Nel “Poscritto alla seconda edizione” del Capitale Marx stigmatizzava la generale disposizione a trattare Hegel da «cane morto», si professava suo discepolo ed evidenziava l’imprescindibile necessità della dialettica per afferrare il funzionamento del modo di produzione capitalistico. Tuttavia, se in Marx vediamo la dialettica al lavoro, rimane pur sempre aperta la questione di che cosa sia nello specifico. Certo, ci si può rivolgere direttamente a Hegel per togliersi la curiosità, ma il pensiero di questo filosofo è notoriamente esposto con un linguaggio spesso oscuro. Per accostarci a questo pensatore, quindi, un’opera come Hegel. La dialettica di Vladimiro Giacché (Diarkos, 2023, pp. 240, € 18,00) risulta di grande utilità. Nella nuova edizione (la prima era uscita nel 2020 in piena pandemia), l’autore ha ulteriormente semplificato il linguaggio (in verità già ampiamente chiaro), arricchito la parte antologica e aggiornato i riferimenti alle nuove edizioni critiche.

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LC – Hegel viene considerato da molti il filosofo della reazione prussiana. Eppure da giovane scrive opere sovversive (che si guarda bene dal pubblicare), sostiene la necessità dell’abolizione dello stato e manda alle stampe testi politici anonimi.

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Ana María Morales: La contro-insurrezione estesa

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La contro-insurrezione estesa

di Ana María Morales

immagine 2 14 1500x1536.jpgCome interpretare, a più di tre anni dalla grande sollevazione indigena e popolare dell’ottobre 2019 che era riuscita a mettere in ginocchio il governo di Quito, l’attuale esplosione di violenza in Ecuador? Il governo di Daniel Noboa ha dichiarato lo stato d’eccezione e il coprifuoco per combattere la sua guerra contro l’escalation della violenza armata dei Narcos. È noto da molto tempo, tuttavia, che la “guerra alla droga”, è una strategia opaca che ha coperto da decenni ben diversi e tremendi obiettivi elaborati dai governi degli Stati Uniti, della Colombia e del Messico, per citare solo i più rilevanti. Anche in Ecuador, naturalmente, le spettacolari esplosioni di violenza dei giorni scorsi sono il frutto di un lungo processo. Su Comune lo ha raccontato molto bene Francesco Martone nei giorni scorsi. Raquel Gutiérrez Aguilar, filosofa, matematica, femminista e molte altre cose, che insegna all’Università messicana di Puebla ma ha grandi conoscenze e una lunga esperienza di lotta in tutta l’America latina (perfino nella guerriglia katarista nella Bolivia degli anni Ottanta), proprio alla luce del confronto con la guerra al narcotraffico messicana, offre in questa intervista una interpretazione dell’attuale situazione ecuadoriana che mette in luce elementi in parte originali e di grande interesse. A cominciare dalle connessioni con la sollevazione del 2019, inquadrando lo scontro tra Stato e Narcos di queste settimane in una nuova declinazione, “estesa” o ampliata, della tradizionale tecnica di contro-insurrezione. Il fatto che un’esplosione così rilevante e acuta di una violenza – anche nelle carceri sotto il controllo dello Stato – in apparenza apolitica, sostiene Raquel, non sia in un primo momento ascrivibile a una fase di contro-insurrezione, è proprio una delle sue caratteristiche innovative, in un momento di grande caos sistemico, quella di cercare di rimanere occulta agli occhi degli analisti e della società intera. In altri termini, non si tratterebbe dell’apparente scontro di potere tra criminalità organizzata e Stato ma di una sorta di assestamento di potere tra soggetti ormai indistinguibili.

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Alessandro Scassellati: La tempesta perfetta della crisi tedesca

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La tempesta perfetta della crisi tedesca

di Alessandro Scassellati

Senza l’energia a basso costo e con un forte calo delle esportazioni il modello tedesco si muove rapidamente verso la deindustrializzazione. Mentre i lavoratori del trasporto ferroviario, i camionisti e gli agricoltori stanno scioperando si intravede un disastro politico e socio-economico legato al ritorno dell’austerità

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germania.jpgDa sempre motore economico (a cui l’industria italiana è molto legata attraverso le supply chains) e potenza politica dell’Unione Europea, la Germania è alle prese con un potente mix di problemi strutturali profondi e a breve termine che – insieme a un Governo diviso e apparentemente inefficace – hanno spinto gli osservatori e gli economisti a parlare (di nuovo, come alla fine degli anni ’90) di “malato d’Europa”.

I lavoratori ferroviari, i camionisti e gli agricoltori sono tra coloro che sono scesi in strada o in sciopero in tutta la Germania dall’8 gennaio con proteste a livello nazionale, per rivendicazioni che vanno dalle retribuzioni e condizioni di lavoro ai tagli ai sussidi agricoli e all’aumento dei pedaggi autostradali per i veicoli pesanti entrato in vigore all’inizio di dicembre. Con elezioni chiave in programma quest’anno negli Stati della Germania orientale, molti osservatori temono che il nuovo spirito di mobilitazione dei lavoratori possa giocare direttamente nelle mani di una vivace estrema destra.

Le proteste di lavoratori autonomi come gli agricoltori e i trasportatori di merci, così come gli scioperi nel settore ferroviario statale, non sono coordinati, concentrandosi su rivendicazioni diverse e in alcuni casi legati a controversie che precedono l’attuale Governo. Ma il loro consenso ha dato all’estrema destra un’occasione perfetta per alimentare le fantasie populiste di un colpo di Stato. Sui suoi canali di social media, il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) ha dipinto l’immagine di gente comune “portata alla rovina da una leadership politica irresponsabile come nel Medioevo”, e ha esortato i cittadini a unirsi a quello che ha chiamato uno “sciopero generale”. Lo stesso hanno fatto altre organizzazioni di estrema destra come i Liberi Sassoni (un piccolo partito estremista di destra fondato nel 2021) e La Terza Via (Der Dritte Weg, un partito neonazista formato nel 2013 da ex membri del gruppo estremista di destra NPD)1.

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John P. Ruehl: Confronto tra il modo in cui l’Occidente e la Cina offrono prestiti ai Paesi in via di sviluppo

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Confronto tra il modo in cui l’Occidente e la Cina offrono prestiti ai Paesi in via di sviluppo

di John P. Ruehl – countercurrents.org

Le istituzioni economiche occidentali consolidate stanno affrontando una sfida formidabile da parte dei nuovi arrivati cinesi, ognuno dei quali offre strategie di prestito distinte e competitive con conseguenze di vasta portata per le infrastrutture e lo sviluppo globale

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china.jpgNell’ottobre 2023, nel corso delle celebrazioni per il 10° anniversario della Nuova via della seta (Belt and Road Initiative, BRI) della Cina a Pechino, i leader pakistani e cinesi hanno firmato un accordo multimiliardario per un progetto ferroviario. Come componente centrale degli sforzi della Cina per promuovere l’integrazione economica e sviluppare le infrastrutture all’estero, il Pakistan ha ricevuto un’importante assistenza allo sviluppo da Pechino attraverso il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) da 62 miliardi di dollari.

Tuttavia, anche le nazioni occidentali e le entità finanziarie hanno effettuato manovre strategiche in Asia, con il Fondo monetario internazionale (FMI) che ha approvato un prestito di 3 miliardi di dollari per il Pakistan a luglio, “salvandolo dall’insolvenza sul debito”. Altri Paesi della regione stanno sperimentando una concorrenza simile. Il Bangladesh, ad esempio, ha inaugurato il Collegamento ferroviario del Ponte Padma (Padma Bridge Rail Link) legato alla BRI in ottobre e settimane dopo ha ricevuto un prestito di 395 milioni di dollari dall’UE. Nello stesso mese, lo Sri Lanka ha concluso un accordo sul debito con la Cina, mentre gli Stati Uniti hanno concesso un prestito di 553 milioni di dollari per la costruzione di un porto a Colombo all’inizio di novembre.

Con l’aumento della competizione per le infrastrutture e gli investimenti negli ultimi anni, si sono intensificati gli stalli tra i finanziatori occidentali e cinesi per la ristrutturazione del debito e gli sgravi. I creditori esitano a offrire pacchetti di sgravi, temendo che la concessione di un creditore possa consentire al Paese debitore di utilizzare il denaro degli sgravi per pagare gli altri. Queste impasse sottolineano le sfide che il sistema finanziario dominato dall’Occidente da decenni e le iniziative di prestito devono affrontare.

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Giacomo Gabellini: Chi prende le decisioni a Washington? Il caso Lloyd Austin

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Chi prende le decisioni a Washington? Il caso Lloyd Austin

di Giacomo Gabellini

Negli scorsi giorni, si è diffusa la notizia circa il ricovero presso l’ospedale Walter Reed National Military Medical Center del segretario alla Difesa statunitense, il settantenne Lloyd J. Austin, a seguito delle complicazioni di un’operazione chirurgica. Nello specifico, ha spiegato il Pentagono in una nota, Austin avrebbe subito un intervento lo scorso 22 dicembre e sarebbe stato dimesso il giorno successivo, salvo poi entrare in terapia intensiva a capodanno per i forti dolori post-operatori accusati e rimanervi per ben quattro giorni. Conclusi i quali sarebbe quindi stato trasferito nel reparto ordinario e trattenuto per accertamenti fino al 15 gennaio, data della sua dimissione definitiva.

Secondo il resoconto fornito dal portavoce del Dipartimento della Difesa, generale Pat Ryder, Austin avrebbe avuto un colloquio telefonico con il presidente Joe Biden il 6 gennaio, e sarebbe rimasto durante l’intero periodo di ospedalizzazione in stretto contatto con il suo staff, il suo vice Kathleen Hicks e il generale Charles Q. Brown, al vertice dei Capi di Stato Maggiore Congiunti.

Il problema, come riferisce la «Cnn», è che la Hicks era stata tenuta completamente all’oscuro delle condizioni di salute di Austin, e avrebbe appreso della sua ospedalizzazione soltanto nel momento in cui, il 2 gennaio, è stata chiamata ad assumere alcune funzioni normalmente spettanti al segretario della Difesa mentre si trovava in vacanza a Portorico.

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Enrico Tomaselli: Che significa la ‘mossa’ iraniana

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Che significa la ‘mossa’ iraniana

di Enrico Tomaselli

Anche se il quadro del conflitto in Medio Oriente si presenta estremamente articolato e complesso, nonché foriero di pericolose escalation, è impossibile non osservare come l’Asse della Resistenza – e in particolar modo l’Iran ed Hezbollah – abbia sinora mostrato una grande capacità di gestione strategica e tattica del conflitto, calibrando con grande attenzione ogni mossa. Ragion per cui ha destato non poco stupore il molteplice attacco iraniano dell’altro giorno, proprio perché sembra essere una rottura di quella capacità di equilibrio sinora manifestata. Ma è davvero così?

Consideriamo innanzi tutto gli aspetti principali dell’attacco. A essere stati colpiti sono obiettivi ostili in Siria (ISIS) e Iraq (Mossad), due paesi più che amici, e Pakistan (Jaish Ul-Adl), un paese con cui Teheran ha buoni rapporti – in questi giorni, era addirittura programmata una esercitazione navale congiunta.

Di là dal fatto che l’Iraq, e soprattutto il Pakistan, abbiano protestato in modo significativo, cosa peraltro quasi obbligata sotto il profilo politico-diplomatico, resta il fatto che questi attacchi sono stati portati a termine senza che vi fosse un tentativo di reazione; infatti in alcun caso è stato attivato il sistema di difesa anti-missile.

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Mario Lombardo: Israele, l’avvertimento di Teheran

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Israele, l’avvertimento di Teheran

di Mario Lombardo

Il governo iraniano ha fatto questa settimana un passo significativo verso il coinvolgimento diretto nel conflitto di portata sempre più vasta che sta infiammando il Medio Oriente a causa della brutale aggressione di Israele contro la striscia di Gaza. Teheran ha infatti risposto tra lunedì e martedì agli attacchi terroristici che nelle scorse settimane avevano provocato oltre cento vittime entro i propri confini, colpendo vari obiettivi in Siria, Iraq e Pakistan.

Se si considera il quadro generale della crisi in corso, l’iniziativa della Repubblica Islamica segna la mobilitazione a favore dei palestinesi dell’ultimo e più importante componente dell’Asse della Resistenza dopo i fatti del 7 ottobre scorso. Oltre a Hamas, sono com’è noto già impegnati contro le forze dello stato ebraico e i suoi più stretti alleati, sia pure con modalità differenti, Hezbollah in Libano, Ansarallah (“Houthis”) nello Yemen e le milizie sciite filo-iraniane in Iraq.

Se Israele e l’Occidente descrivono questi attori come pedine controllate interamente dall’Iran, la realtà appare più sfumata.

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comidad: Guerre e povertà fanno salivare le nostre oligarchie

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Guerre e povertà fanno salivare le nostre oligarchie

di comidad

Sono apparse un po’ arzigogolate le motivazioni addotte in parlamento dal ministro Crosetto per giustificare l’ennesimo invio di armi all’Ucraina. Forse avrebbe potuto cavarsela con un più lapidario: “Se non mando le armi non guadagno”. Bisogna comunque riconoscere che ci sono nell’intervento del ministro anche non trascurabili passaggi di umorismo involontario; come quando afferma di non capire come l’azione diplomatica possa fermare missili e droni. In realtà l’azione diplomatica dovrebbe servire per convincere a fermarsi quel governo che ordina ai suoi militari di lanciare missili e droni. D’altra parte davanti a un ragionamento con tanti passaggi, la mente di Crosetto non poteva che vacillare.

Il problema semmai è che oggi gli spazi per un’azione diplomatica non ci sono più, dato che tra aprile e maggio del 2022 furono boicottate tutte le ipotesi di accordo. Il quotidiano “La Stampa” ci faceva sapere che il fronte dei falchi era guidato dal primo ministro britannico Boris Johnson e che la strada da scegliere per la NATO non era arrivare a un compromesso, bensì di aiutare l’Ucraina a sconfiggere la Russia. Nel 2022 si spacciava come realistica l’ipotesi di una vittoria della NATO e dell’Ucraina e una disfatta della Russia. Quella era la narrativa pubblicitaria imposta dalla lobby delle armi.

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Stefano Baudino: Il governo Meloni presenta il nuovo piano pandemico (quasi uguale a quello di Speranza)

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Il governo Meloni presenta il nuovo piano pandemico (quasi uguale a quello di Speranza)

di Stefano Baudino

Il governo Meloni ha ufficialmente trasmesso alle Regioni la bozza del nuovo Piano Pandemico 2024-2028, che arriva a distanza di pochi anni da quello del governo Conte II 2021-2023, che portava la firma di Roberto Speranza. Nonostante le forze di centrodestra che oggi sostengono l’esecutivo avessero più volte attaccato le politiche governative sulla gestione del Covid, il nuovo Piano Pandemico sembra una fotocopia del precedente. Per contrastare l’azione di future pandemie si parla ad esempio dei vaccini come delle “misure preventive più efficaci, contraddistinte da un rapporto rischio-beneficio significativamente favorevole” e dello “spiccato valore solidaristico” della vaccinazione. Per la lotta contro potenziali pandemie del futuro si fa poi espresso riferimento a misure già adottate nell’era Covid, tra le quali i test diagnostici, la chiusura di attività lavorative non essenziali e delle scuole, il distanziamento fisico, l’isolamento e le mascherine. Sebbene si dica che “l’isolamento di intere comunità” o “l’interruzione di alcune attività sociali come la scuola in presenza” sia “difficilmente sostenibile per lunghi periodi senza conseguenze sia sul benessere della popolazione che sulla sostenibilità economica”, nel Piano si legge anche che “allentamenti delle misure possono determinare recrudescenze della diffusione del patogeno”.

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