Rassegna 25/02/2024
Ernesto Screpanti: Per un New Deal europeo
Per un New Deal europeo
di Ernesto Screpanti*
C’è un problema che assilla la sinistra europea fin dagli anni della crisi del debito greco: come deve agire un governo popolare per evitare che l’UE faccia fare a un’altra nazione la fine che ha fatto fare alla Grecia? Le scelte effettuate all’epoca dai governi greci (sia quello di Papandreu, 2009-11, sia quello di Tsipras, 2015) causarono non solo una grande sofferenza economica ai loro cittadini, ma anche un grave danno politico alla sinistra europea. Secondo molti osservatori avrebbero dimostrato che i socialisti e i comunisti non hanno la soluzione ai problemi che le politiche e i trattati dell’Unione hanno causato ai popoli europei.
Io invece credo che la soluzione ce l’abbiano, e per dimostrarlo voglio proporre un esercizio di fantapolitica in cui ipotizzo che un governo di vera sinistra vada al potere in Italia.
Non bisogna essere un profeta per prevedere che, appena si sa nel mondo che c’è un ministro dell’economia di sinistra, i “mercati” cominciano a giocare al ribasso sul debito pubblico italiano. Le agenzie di rating declassano il nostro debito a spazzatura, la speculazione alza la testa e la situazione diventa difficile da gestire.
A quel punto interviene la Commissione Europea proponendo di usare la troika per salvare l’Italia dal default, chiedendo però che il governo somministri politiche che tranquillizzino i mercati, cioè propini al popolo una medicina “lacrime e sangue” fatta di tagli alla spesa pubblica, aumento delle tasse, riforme delle pensioni, abbassamento dei salari, aumento della disoccupazione e della povertà. Un governo di sinistra non può accettare queste condizioni.
Dovrebbe piuttosto approfittare della crisi per lanciare un forte programma di new deal. Ecco cosa dovrebbe fare secondo me.
Marco Bertorello e Danilo Corradi: Fare debito è di sinistra?
Fare debito è di sinistra?
di Marco Bertorello e Danilo Corradi
Anche le forme dell’indebitamento hanno un segno di classe, riflettono i rapporti di forza. Quelle di questi anni hanno accresciuto le disuguaglianze
Dipende. Non intendiamo, con il pretesto di una provocazione, ribaltare il senso delle cose come fecero Alberto Alesina e Francesco Giavazzi ascrivendo il liberismo al campo della sinistra in un celebre libro, ma provare a fare qualche riflessione sugli ultimi decenni.
Per ragioni anagrafiche chi scrive è cresciuto in uno schema del dibattito politico abbastanza consolidato. Da una parte le politiche europee vocate al «rigore» di bilancio, cementate dal trattato di Maastricht firmato il 7 febbraio del 1992, dall’altro l’opposizione alle politiche di austerity portata avanti dai movimenti sociali, da alcuni settori sindacali radicali, poi dal movimento antiglobalizzazione e dalla sinistra politica antiliberista che lo appoggiava (e di cui chi scrive faceva parte attivamente). Un’opposizione che via via si è allargata a forze politiche e intellettuali crescenti, seppur contraddistinte da tonalità differenti. Le ragioni dell’opposizione erano semplici: le politiche di austerity bloccavano la spesa sociale e gli investimenti pubblici, comprimevano diritti e riducevano il salario indiretto. Molti riproponevano un tradizionale e generico orientamento keynesiano, una politica in deficit spending che avrebbe permesso maggiore redistribuzione, ma anche maggiore crescita, che avrebbe ripagato (almeno in parte) il deficit iniziale.
La cosa interessante di questo schema politico sta nel risultato a trent’anni di distanza. Un risultato che ha il gusto forte del triplo paradosso.
I paradossi dell’austerity
Algamica: Palestina–Ucraina: il realismo imperialista e le assurdità di certe compagnerie a sinistra
Palestina–Ucraina: il realismo imperialista e le assurdità di certe compagnerie a sinistra
di Algamica*
Diviene necessario dover affrontare alcune questioni teoriche e politiche con la dovuta chiarezza con risvolti che sembreranno come pugni nello stomaco a chi aspira a una alternativa di sistema ideale attraverso i fantasmi ideologici di quel che rimane della sinistra occidentale incapace di considerare i processi materiali reali e il saldo della storia. Non tenerne conto – a essere buoni – porta lì dove non si pensa di arrivare.
Proprio perché la storia è il vero giudice inappellabile siamo obbligati a cercare di separare il grano dal loglio, o la farina dalla crusca, in modo particolare in una fase come quella attuale, cioè di crisi generale del modo di produzione capitalistico, mostrando la pericolosità di certe posizioni teorico-politiche nella prospettiva di una decomposizione generale del modo di produzione capitalistico.
È buona abitudine chiamare a testimoniare sempre i fatti per essere credibili e ci riferiamo, perciò, a chi usa lo stesso metodo nel campo avverso, cioè non di parlare a vuoto o di mestare in ideologia, per capire in che direzione si sta andando. Ci riferiamo a quanto sta accadendo in Palestina e in Ucraina ultimamente.
Chiediamo perciò pazienza al lettore se citiamo anche lunghi strali di quello che scriveva il 19 febbraio 2024 Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera in modo schietto e chiaro come lui sa fare.
«[…] una merce sempre assai rara è il realismo: cioè la conoscenza dei fatti e della loro storia, l’analisi obiettiva degli interessi in gioco» prendano bene nota le varie compagnerie «la valutazione delle soluzioni concretamente possibili fondata sui due fattori ora detti.
Piccole Note: Atun: fuggito al rave attaccato il 7 ottobre, ucciso dai soldati israeliani
Atun: fuggito al rave attaccato il 7 ottobre, ucciso dai soldati israeliani
di Piccole Note
Un’altra crepa nella narrazione ufficiale di quel drammatico giorno
Haaretz racconta la storia Ofek Atun, sfuggito all’attacco del rave di Re’im a opera di Hamas del 7 ottobre scorso e ucciso poi dalle forze israeliane. Scampato all’attacco del rave rifugiandosi in un bunker, Atun si era diretto in automobile con la sua ragazza, Tamar, verso Nord, “mentre i razzi cominciavano a volare sopra di essi”. E aveva trovato rifugio presso il Kibbutz Alumim.
“La coppia – continua Haaretz – ignara che i soldati israeliani avevano già cacciato tutti i terroristi dal kibbutz, bussò freneticamente a diverse porte prima di fare irruzione nella casa di una coppia di anziani, che si era rifugiata in una stanza sicura”. Avendoli scambiati per terroristi, però, gli anziani chiesero aiuto alla sicurezza, intervenuta prontamente.
Dopo aver fatto evacuare i due residenti, un soldato entrò in casa, armato di una pistola, mentre l’altro gli copriva le spalle dalla finestra. Quanto accaduto successivamente non è chiaro. Scrive Haaretz: “Secondo un membro della squadra di sicurezza della comunità, Atun e il soldato hanno litigato e il soldato gli ha sparato più volte, scambiandolo per un terrorista”.
Jeffrey Sachs: Mondo in frantumi eredità della Cia
Mondo in frantumi eredità della Cia
di Jeffrey Sachs
TRAMARE SENZA PAGARE. I suoi metodi sono segreti e doppi. L’assenza di responsabilità permette ad agenzia e presidente di gestire la politica estera senza alcun controllo pubblico: il Congresso è uno zerbino
Esistono tre problemi fondamentali con la Cia: gli obiettivi, i metodi e la mancanza di responsabilità.
I suoi obiettivi operativi sono quelli che la Cia o il presidente definiscono essere nell’interesse Usa in un determinato momento, indipendentemente dal diritto internazionale o dalle leggi statunitensi. I suoi metodi sono segreti e doppi. L’assenza di responsabilità significa che la Cia e il presidente gestiscono la politica estera senza alcun controllo pubblico. Il Congresso è uno zerbino. Come ha detto un recente direttore della Cia, Mike Pompeo, parlando del suo mandato: “Ero il direttore. Mentivamo, imbrogliavamo, rubavamo. Avevamo interi corsi di formazione. Tutto questo ti ricorda la gloria dell’esperimento americano”.
La Cia fu istituita nel 1947 come successore dell’office of Strategic Services (Oss). L’Oss aveva svolto due ruoli distinti durante la Seconda guerra mondiale, l’intelligence e la sovversione. La Cia assunse entrambi i ruoli. Da un lato, doveva fornire informazioni al governo.
Eugenio Donnici: Il “peccato originale” dell’economia aziendale
Il “peccato originale” dell’economia aziendale
di Eugenio Donnici
Alla Scuola di specializzazione di Roma3, il Professor Manni, nei suoi sermoni liturgici sull’economia aziendale, era solito richiamarsi a uno dei fondatori di questa disciplina, vale a dire Gino Zappa, allievo di Fabio Besta, evidenziandone il metodo scientifico, nell’analizzare i fatti di gestione. Tale disciplina ha avuto la sua espansione a macchia d’olio, nei primi anni 90 del secolo scorso, quando gli ospedali vennero trasformati in aziende, le USL in ASL, quando il modello aziendalista incorporò tutti gli Enti del Terzo settore e inglobò le stesse famiglie nel modello di aziende di consumo. A completare il quadro, ci pensò la scuola pubblica, che rimodulò la docimologia sui crediti e sui debiti.
Il far di conto è un’attività che affonda le sue radici nel mondo antico e prende corpo là dove si presenta la necessità di misurare le transazioni commerciali. Nella divisione del lavoro assunsero importanza e prestigio sociale lo scriba in Egitto, il logista in Grecia e il rationale a Roma, ma le tecniche contabili fecero un notevole passo in avanti, quando nel Medioevo Leonardo Fibonacci sostituì i numeri romani con quelli arabi e in pieno Rinascimento, quando Fra’ Luca Pacioli formulò per la prima volta il metodo della partita doppia.
Marco Cattaneo: Nord comanda Sud ? Anche no
Nord comanda Sud ? Anche no
di Marco Cattaneo
La tesi di parecchi euroausterici è che la garanzia integrale della BCE sui debiti pubblici dei vari Stati aderenti all’Eurozona sarebbe possibile solo se agli Stati del Nord fosse esplicitamente attribuito il controllo sulla finanza pubblica degli Stati del Sud.
Motivo ? Il Sud ha livelli di debito pubblico più alti, e percepiti come più rischiosi dai mercati. Se il Nord si deve sobbarcare un costo è giusto che abbia il controllo della situazione. E se questo è politicamente inaccettabile, non ci può essere garanzia BCE.
L’argomentazione ha una sua logica APPARENTE. Ma in realtà è infondata.
La garanzia della BCE non costa assolutamente niente al Nord. Se la BCE dichiara che il BTP italiano non renderà più del 2%, quello diventa il tasso di mercato, a cui i BTP vengono comprati e venduti. La Germania e gli altri paesi del Nord non devono pagare NULLA.
La garanzia sui debiti pubblici, insistono gli euroausterici, spingerebbe però il Sud ad aumentare deficit e debito ancora più di oggi. Ma questo è un problema solo per le sue potenziali conseguenze sull’inflazione.
Paolo Di Marco: L’Energia, i suoi equilibri e le forme sociali /1/
L’Energia, i suoi equilibri e le forme sociali /1/
di Paolo Di Marco
1- L’auspicabile sparizione di Energia Oscura e Materia Oscura
L’Energia è uno dei concetti più semplici e insieme più abusati della Fisica.
Ovunque vi sia una forza se questa sposta un oggetto compie lavoro. (L≈FxS)
L’energia è la capacità di compiere lavoro, e a ogni campo di forza quindi è associata un’energia, che si può misurare, combinare, trasformare (ad esempio da energia potenziale a energia cinetica).
È un po’ più complicato con l’uso in ambiti meno definiti, dato che è difficile stabilire una metrica e delle operazioni (controllabili e condivisibili) per l’energia morale o affettiva o mistica, per quanto uno senta di poterle descrivere e anche valutare.
Uno degli ultimi arrivati, stavolta in cosmologia, è l’Energia Oscura.
Malgrado il nome minaccioso il termine rappresenta semplicemente il fatto che l’Universo si sta espandendo, e viene quindi ipotizzata l’esistenza di un’energia (e quindi Forza) che causi questa espansione.
Ma dato che l’unico effetto visibile è proprio l’espansione (l’allontanamento delle galassie avviene come se qualcuno gonfiasse un pallone sulla cui superficie le galassie si appoggiano) e non si vedono responsabili diretti è stata chiamata oscura; e molti ricercatori basano la loro carriera su questa indagine.
Peccato che, come Rovelli si sgola a spiegare da molti anni (anche sul tubo), questa energia è così oscura che proprio non c’è: infatti l’espansione è già contenuta nell’equazione fondamentale della Relatività Generale, e specificamente in una piccola costante chiamata appunto costante cosmologica.
Vincenzo Comito: Guerra al lavoro, uberizzazione
Guerra al lavoro, uberizzazione
di Vincenzo Comito
L’innovazione, la globalizzazione, l’intelligenza artificiale favoriscono una minoranza di privilegiati e una degradazione della condizione dei lavoratori. Che non possono contare che su sé stessi in caso di infortunio, malattia, gravidanza; niente sanità, niente pensione, ma solo una feroce concorrenza
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a delle grandi trasformazioni nel mondo del lavoro. Viste dall’Europa, tali trasformazioni appaiono complessivamente negative, ma se guardiamo dal punto di vista globale il quadro tende a farsi almeno un poco più sfumato. Dall’avvento della Thatcher in Gran Bretagna e di Reagan negli Stati Uniti (simboli eloquenti della loro azione sono la lotta feroce della prima contro i minatori e del secondo contro i controllori di volo), l’attacco frontale al mondo del lavoro ha assunto nuovo vigore, trascinando in un ruolo attivo contro il lavoro anche importanti forze politiche un tempo di sinistra e lasciandosi progressivamente dietro molte delle conquiste del dopoguerra. In Occidente tale attacco, del resto ancora in atto, è stato reso possibile oltre che dalle pessime decisioni assunte dalla politica, anche dallo sviluppo dei processi di globalizzazione e da quelli di innovazione tecnologica.
Gli effetti della globalizzazione e dell’outsourcing
Un grande fattore di trasformazione del mondo del lavoro negli ultimi decenni sono stati indubbiamente i processi di globalizzazione, che hanno portato alla fine a risultati in parte diversi da quelli che sperava di ottenere chi li aveva innescati.
La coppia globalizzazione-outsourcing è stata avviata in diverse ondate dagli Stati Uniti, da governo e imprese mano nella mano, e più in generale dai paesi ricchi, con diversi obiettivi: intanto quello di espandere e di approfondire la presa economica, ma anche politica e ideologica, sul mondo, poi quella di ridurre i costi di produzione, approfittando in particolare del bassissimo livello dei salari nei paesi del Terzo Mondo, a fronte di una forza lavoro che in quei paesi andava tra l’altro scolarizzandosi, insieme, soprattutto in alcuni di essi, a una certa dotazione di infrastrutture funzionali a rendere efficiente il processo di delocalizzazione.
Monica Quirico: Eurocentrismo di Samir Amin
Eurocentrismo di Samir Amin
Recensione di Monica Quirico
Samir Amin: Eurocentrismo. Modernità, religione e democrazia. Critica dell’eurocentrismo, critica dei culturalismi, a cura di G. Riolo, La Città del Sole, Napoli/Potenza, 2022, pp. 274, Isbn 9788882925529
Nel 1988 usciva Eurocentrismo di Samir Amin (1931-2018), che, sfidando la rappresentazione dominante della storia e della cultura occidentali (introiettata anche da una parte del marxismo), contribuiva a innovare radicalmente le categorie interpretative del capitalismo. In un’epoca contrassegnata (in Occidente come altrove) dalla politica identitaria, la traduzione italiana della seconda edizione dell’opera, uscita in francese nel 2008 con una Prefazione e un Capitolo conclusivo che aggiornano la versione originale, invita a riflettere sulla genealogia dei fenomeni odierni, il cui punto d’arrivo Amin così sintetizza: “l’ideologia borghese, che in origine avanzava ambizioni universalistiche, vi ha rinunciato per sostituirvi il discorso postmodernista delle ‘specificità culturali’ irriducibili (e, in forma volgare, lo scontro inevitabile delle culture)” (p. 32).
Nella sua Introduzione, Riolo ripercorre la vita di Amin dalla nascita in Egitto agli studi in Francia, suo paese di adozione. Il giovane ricercatore, che a Parigi si iscrive al PCF, si trova a lavorare alla sua tesi di dottorato in una fase in cui la Conferenza di Bandung (1955) e successivamente la Conferenza di Belgrado (1961) pongono all’ordine del giorno il processo di decolonizzazione e insieme l’emergere del movimento dei paesi non-allineati. Diventa così urgente un confronto sulle cause dell’”arretratezza” (nella terminologia occidentale) del Sud del mondo. Amin figura, insieme con Giovanni Arrighi, Andre Gunter Frank e Immanuel Wallerstein, tra i fondatori della scuola che guarda al capitalismo come sistema globale, il cui centro (l’Occidente) prospera impedendo lo sviluppo dei paesi periferici, per poter estrarre valore dalla loro forza-lavoro e depredarne le risorse naturali.
Piccole Note: Il ‘Momento Navalny’: echi da terza guerra mondiale
Il ‘Momento Navalny’: echi da terza guerra mondiale
di Piccole Note
I falchi stanno tentando di riaccendere il fuoco ucraino, che si stava mestamente spegnendo dopo la caduta di Adviika. La spinta a innescare la terza guerra mondiale è forte. Fortunatamente c’è ancora un residuo di ragionevolezza nella leadership occidentale
“Secondo Stoltenberg, ogni alleato deciderà autonomamente se fornire F-16 all’Ucraina, perché gli alleati hanno visioni politiche diverse. Ma allo stesso tempo, secondo questi, la guerra in Ucraina è una guerra di aggressione e l’Ucraina ha il diritto all’autodifesa, compreso quello di attaccare obiettivi militari russi legittimi al di fuori dell’Ucraina”. Così nel report di Radio Liberty citato da Strana ed Euromaidanpress).
Il “momento Navalny”: la follia di dare a Kiev missili a lungo raggio
Non solo gli F-16, sui media si susseguono appelli e indiscrezioni sulla fornitura di missili a lungo raggio. Reclamizzati come necessari a colpire le linee di approvvigionamento dei russi, sarebbero usati, come da affermazione di Stoltenberg, per colpire in profondità il territorio russo. Una follia da terza guerra mondiale.
Fabio Marcelli: Nazisionismo e diritto internazionale
Nazisionismo e diritto internazionale
di Fabio Marcelli
La comunità internazionale ha oggigiorno un gravissimo problema: l’esistenza di uno Stato canaglia, un regime autoritario, guerrafondaio e genocida che da troppo tempo si fa beffe di ogni norma internazionale e che attualmente sta spingendo la sua tracotanza criminale al di là di ogni limite, massacrando impunemente i Palestinesi e rifiutando ogni soluzione politica e fondata sul diritto della situazione che esso stesso ha determinato.
Il governo di Benjamin Netanyahu costituisce il risultato dell’impunità e della complicità troppo a lungo accordate dall’Occidente allo Stato di Israele.
Al suo interno sono chiaramente egemoni le forze di natura apertamente fascista per le quali è stato opportunamente coniato il termjne di “nazisioniste”, guidate da personaggi come lo stesso Netanyahu, Ben Gvir e Smotrich, per i quali non è affatto forzato il paragone coi gerarchi del Terzo Reich come Hitler, Himmler e Goering che conclusero le loro infauste esistenze alla fine della Seconda guerra mondiale, cui avevano dato inizio circa cinque anni prima.
Michele Paris: Ucraina, la svolta di Avdeevka
Ucraina, la svolta di Avdeevka
di Michele Paris
Tra i governi occidentali e all’interno del regime di Zelensky, la notizia della liberazione ormai definitiva di Avdeevka è arrivata come un uragano, nonostante la sorte della cittadina nelle immediate vicinanze di Donetsk appariva ormai segnata da svariate settimane. Gli sponsor dell’Ucraina, riuniti nell’annuale Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera, hanno cercato di limitare i danni quanto meno in termini di immagine, grazie anche al contemporaneo decesso ancora senza una causa ufficiale del “dissidente”, nonché “asset” della CIA, Alexei Navalny. L’importanza della perdita di Avdeevka per Kiev minaccia però di segnare un passaggio decisivo nella guerra per procura della NATO, con le forze russe che sembrano intenzionate a intensificare le pressioni lungo tutto il fronte di guerra.
Zelensky ha dovuto nuovamente ingoiare amaro davanti ai suoi padroni occidentali. Secondo //tlgrm.ru/channels/@rezident_ua“>fonti ucraine, l’ex comico televisivo intendeva prolungare la resistenza ad Avdeevka per offrire qualcosa all’Occidente – o, da un altro punto di vista, per non subire una nuova umiliazione – e convincere i propri interlocutori, durante la conferenza in Germania, a sbloccare fondi e armi necessari a evitare il tracollo.
Il Chimico Scettico: Par condicio (turpitudinis)
Par condicio (turpitudinis)
di Il Chimico Scettico
Da lontano guardo la settimana italiana trascorsa.
(Il sottoscritto secondo Repubblica e lo stato italiano sarebbe un no vax, ovviamente, perché la mia notifica la ho avuta. E la ho avuta anche se tra 2021 e 2022 ho viaggiato per terra e per aria con un certificato di vaccinazione internazionale a cui si faceva caso solo in Italia. E a proposito del titolo di Repubblica, ennesima dimostrazione di quello a cui serve il fronte del delirio).
Dunque, abbiamo la Lega che infila un emendamento per posticipare le multe agli inadempienti vaccinali al 31 dicembre prossimo. La Lega, cioè un partito che votò il green pass (per ragioni di forza maggiore, ovviamente). Marattin twitta al riguardo e parla di scienza (quella accazzodicane, evidentemente, con ivaccini che fermano il contagio, un falso di proporzioni colossali). Fine del primo atto.
Secondo atto. Al senato si discute di Commissione sulla gestione della pandemia. Roberto Speranza fa l’isterico in aula e la Schlein applaude.
Davide Miccione: L’obbedienza è di nuovo una virtù
L’obbedienza è di nuovo una virtù
di Davide Miccione
Difficile trovare una terza posizione. Purtroppo. La prima è che la democrazia sia lo spazio in cui si costruiscono le decisioni, i compromessi e i convincimenti a partire dalle idee che ogni uomo coltiva in se stesso. Dalla collaborazione e dallo scontro tra i diversi modi di vedere il mondo esce fuori il nostro costante tentativo di capirlo e amministrarlo. Non sono le idee a essere contenutisticamente democratiche (chi mai dovrebbe deciderlo?) ma il loro costante confronto e il lavoro per assicurarlo. È faticoso farlo e bisogna resistere alla disumanizzante ma facile tentazione di non riconoscere l’altro come un interlocutore. Bisogna riuscire contemporaneamente a pensare che ha torto ma che questo suo “torto” non lo butta fuori dalla discussione e che questo “torto” sia un bene anche per me che penso di avere ragione.
La seconda posizione è più facile. Ci si può lasciare andare al disgusto morale per l’altro. Proiettarlo fuori dalla discussione. Ci sarebbero dunque in partenza idee accettabili in democrazia e idee inaccettabili. La democrazia si svolgerebbe nel confronto tra i soli portatori di idee accettabili.