Rassegna 16/03/2024
Roberto Iannuzzi: Ucraina: colta da improvviso panico, l’Europa flirta con ipotesi futili quanto avventate
Ucraina: colta da improvviso panico, l’Europa flirta con ipotesi futili quanto avventate
di Roberto Iannuzzi
Dalla Francia di Macron alla Germania di Scholz, l’Europa a fari spenti di fronte a scelte chiave per il futuro della stabilità continentale
Isteria e allarmismo dominano il dibattito europeo sulla crisi ucraina e sullo scontro con la Russia. “Ciò che guida la politica europea in questo momento è la paura”, ha scritto recentemente il Telegraph in un articolo che tradiva tanto la russofobia britannica quanto l’irritazione di Londra nei confronti della Germania e del suo cancelliere Olaf Scholz.
I dissapori fra le varie capitali europee sono tuttavia conseguenza di un improvviso “risveglio”. Dopo essere cadute vittima della loro stessa propaganda, le élite politiche europee si stanno riavendo dalla sbornia, per scoprire che Kiev sta effettivamente perdendo la guerra.
“La guerra è persa ma i nostri governi rifiutano di ammetterlo. Invece, fingono che si possa ancora vincere – anzi, bisogna vincere per evitare che “Putin” marci verso la Finlandia, la Svezia, gli Stati baltici, e infine Berlino. Due anni fa ci fu promesso che oggi al più tardi la Russia sarebbe stata completamente sconfitta, economicamente, militarmente e politicamente. Ma le sanzioni si sono rivelate un boomerang, e i carri armati Leopard II non erano sufficienti…”
A scrivere queste parole è Wolfgang Streeck, direttore emerito dell’Istituto Max Planck di Colonia. Il quale prosegue:
“È ora di chiedersi chi ha messo gli ucraini in questo pasticcio – chi ha detto all’estrema destra ucraina che la Crimea sarebbe tornata in mano loro? Per evitare tali domande, la classe politica europea è disposta a lasciare che il massacro continui sulla linea congelata del fronte ucraino – cinque anni, dieci anni – nessun problema, tanto saranno solo gli ucraini a combattere. Ma cosa succederà se si rifiuteranno di stare al gioco e di morire per i “nostri valori”?
ALGAMICA: In morte di Barbara Balzerani
In morte di Barbara Balzerani
di ALGAMICA*
Giornali e televisioni nel dare la notizia della morte di Barbara Balzerani, militante delle Brigate Rosse, pongono come in epigrafe che « non si penti mai »!
Ora è piuttosto curioso il fatto che in un mondo di voltagabbana e prezzolati di ogni risma e razza, si trovi strano il fatto che una militante comunista non rinneghi il suo percorso politico.
Scrivo queste note, come per altro ho fatto anche in occasione della morte di Prospero Gallinari, per evidenziare una tesi che ho esposto anche rivolgendomi a Mario Moretti: è sbagliato fare i distinguo sui movimenti politici e ideali delle due generazioni degli anni ’68/69 e quella immediatamente successiva del ’77 del secolo scorso.
Se l’establishment opera una netta separazione tra i movimenti buoni, quelli cioè che protestavano democraticamente, mentre quelli che si definivano combattenti erano terroristi perché si rendevano responsabili di atti di violenza. Peggio che andar di notte per questi secondi che non si sono mai pentiti, fra i quali Barbara Balzerani. E per dare forza al concetto appena espresso si prende come esempio – di “pessima compagnia” la malcapitata Donatella Di Cesare, docente universitaria alla Sapienza di Roma che avrebbe avuto l’ardire di scrivere « La tua rivoluzione è stata anche la mia, le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia, un addio alla compagna Luna ».
Apriti cielo! Democratici e liberisti si scatenano in una feroce critica nei confronti di un concetto semplice e complesso al tempo stesso: « per vie diverse, per gli stessi ideali ». Si scandalizzano solo gli interessati a fare propaganda a sostegno di un sistema che barcolla, che fa acqua da tutte le parti e che spaventa, perciò, i suoi difensori. Noi usiamo un altro criterio.
Arturo Scotto: Gaza, la bomba più atroce
Gaza, la bomba più atroce
di Arturo Scotto
Condizioni igienico-sanitarie disastrose, blocco e inefficienza degli aiuti: a Gaza l’emergenza epidemica si somma ai bombardamenti. Senza un cessate il fuoco si prevedono altre 85.000 vittime nei prossimi sei mesi, mentre l’odio cresce in tutta la regione. Reportage dalla missione della delegazione parlamentare Pd, M5S, AVS
I numeri sono la chiave di tutto. Semplicemente perché la guerra, questa maledetta guerra a Gaza, si legge anche attraverso queste lenti che spiegano che il tempo è scaduto. Senza il cessate il fuoco, il bollettino attuale di morti e feriti sarà nulla a confronto dell’impatto che avranno le epidemie. Partiamo dal disastro del sistema sanitario, ormai totalmente saltato in aria: 342 i medici feriti o addirittura uccisi, 100 quelli arrestati o fermati, 106 le ambulanze distrutte o danneggiate, il 16% per cento dei bambini soffre di grave malnutrizione (ne sarebbero morti già dieci secondo UNICEF perché non mangiano e non bevono), 265.000 affetti da infezioni all’apparato respiratorio, 70.000 da malattie della pelle, 210.000 casi di diarrea, 80.000 i casi di epatite A. Le cause sono evidenti: si beve acqua inquinata, i servizi igienici non esistono più (l’OMS ci parla di un bagno ogni quattrocento persone, quando gli standard umanitari per i profughi ne prevedono uno ogni venti), sono rimasti in piedi solo 7 ospedali su 38. Da sempre le guerre sono accompagnate da bombe epidemiologiche.
coniarerivolta: Che genere di disuguaglianza: una questione di classe
Che genere di disuguaglianza: una questione di classe
di coniarerivolta
In occasione della Giornata Internazionale della Donna, spendere qualche parola sullo stato della parità di genere in Italia è quantomeno necessario. Oggi, in particolare, giornali, riviste e trasmissioni televisive presenteranno i loro contributi sulla questione di genere, spesso fornendo dati incompleti e soluzioni inefficaci.
Un prima, spesso sottovalutata, questione riguarda il modo in cui misuriamo, e quindi identifichiamo, le discriminazioni di genere. Un primo indicatore, molto in voga, è il cosiddetto gender wage gap. Questo indicatore cattura – a parità di lavoro – la differenza di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici. Se confrontato con altri paesi europei, sembrerebbe che in Italia sia straordinariamente basso. Potremmo quindi essere indotti a pensare che in Italia le donne lavoratrici siano più tutelate rispetto alle colleghe degli altri paesi europei. Detto in altri termini, verrebbe da pensare che in Italia le disuguaglianze di genere siano inferiori e che nel nostro Paese le donne godano di salari più elevati che altrove. Purtroppo, non è tutto oro quello che luccica. Questa conclusione non sarebbe altro che un’illusione: il divario retributivo è ridotto perché sia le lavoratrici che i lavoratori percepiscono degli stipendi da fame.
Dante Barontini: “Attentati a Mosca”, preannuncia l’ambasciata Usa
“Attentati a Mosca”, preannuncia l’ambasciata Usa
di Dante Barontini
La guerra ha molti volti, e l’uso dell’intelligence è sempre un aspetto fondamentale di qualsiasi strategia politica e militare. Ma può sempre capitare di fare autogol, ossia di mettere in circolo una informazione che alla lunga rivela un po’ troppo su di te…
Stamattina tutte le agenzie riportano – molto in breve, per carità – che l’Ambasciata statunitense in Russia ha pubblicato un’allerta sul proprio sito web, consigliando ai cittadini americani di evitare i grandi raduni a Mosca, inclusi i concerti, nelle prossime 48 ore a causa di possibili attentati terroristici da parte di estremisti.
Per la precisione: “L’ambasciata sta monitorando notizie secondo cui estremisti hanno piani imminenti per prendere di mira grandi raduni a Mosca, inclusi i concerti, e i cittadini statunitensi dovrebbero essere avvisati di evitare grandi raduni nelle prossime 48 ore”.
Il messaggio è stato confermato e ripreso anche dal ministero degli Esteri britannico.
Bene. In Italia siamo da decenni abituati a un modo di procedere quasi opposto, in cui sono il governo, i “servizi” o la forze di polizia a diffondere allarmi simili.
Claudia Candeloro: Piccolo diario di viaggio sulla Cina
Piccolo diario di viaggio sulla Cina
di Claudia Candeloro
La società è molto più pacifica e armoniosa della nostra. Quando viaggi in Occidente spesso la tensione è palpabile (caso estremo, la Turchia), lì non esiste. Anche il ruolo della polizia sembra completamente diverso dal nostro: lì le forze dell’ordine sono una presenza spesso presente sulle strade, ma sono privi di pistole, manganelli o qualsiasi altro strumento intimidatorio. Gli unici momenti in cui li ho visti in azione sono stati a Wuhan, quando hanno bloccato il traffico per fare uscire i bambini da scuola, e alla stazione di Shanghai, dove hanno portato uno scopettone a un’addetta alle pulizie a cui si era rotto. Altro mondo
Sono ritornata per la seconda volta in Cina dopo dieci anni.
Le cose da dire sarebbero un milione, con questo pezzo vorrei però un po’ descrivere alcune informazioni sulla vita quotidiana che ho potuto vedere nella città cinesi che ho visitato: noi sulla Cina tendiamo molto a credere alla nostra propaganda, che ce la descrive come una dittatura che controlla ogni momento della vita quotidiana del popolo, con i lavoratori sfruttati e le persone poverissime.
Non è così, provo a raccontarlo per punti.
1. Innanzitutto, la cosa che a mio parere risalta agli occhi a un occidentale che esplora la Cina è la sensazione di futuro.
Francesco Cappello: La Meloni arruola l’Italia e gli italiani agli ordini di Zelensky, su richiesta di Biden, calpestando la costituzione
La Meloni arruola l’Italia e gli italiani agli ordini di Zelensky, su richiesta di Biden, calpestando la costituzione
di Francesco Cappello
L’accordo di cooperazione per la sicurezza tra l’Italia e l’Ucraina mette l’Italia nel mirino atomico della Russia
Giorgia Meloni ha di fatto dichiarato guerra alla Russia siglando un accordo decennale in dieci punti e venti articoli [1], frutto velenoso dell’ultimo viaggio a Kiev della premier, che da presidente di turno del G7, nel contesto del protagonismo europeo promosso dalla Von Der Leyen, in merito a riarmo e aiuti a Kiev, cerca di primeggiare e ci riesce nel peggiore dei modi.
Secondo il ministro degli esteri Tajani non è stata necessaria una ratifica parlamentare perché l’accordo non sarebbe vincolante. Gli accordi bilaterali hanno infatti tempi lunghi. Si pensi al memorandum di intesa con Israele del 2003, diventato legge, la legge 94 due anni dopo nel 2005. La via scelta dal governo Meloni è una pericolosissima scorciatoia che oltretutto marginalizza il ruolo del Parlamento. È stata perciò sufficiente la firma della Meloni per impegnare gli italiani e l’Italia nella guerra contro la Russia, affiancando l’Ucraina per i prossimi dieci anni.
Si fanno carte false per continuare la guerra alla Federazione Russa, attraverso la martoriata Ucraina, fronte più avanzato del conflitto in corso, portandola di fatto nell’Unione Europea e nella Nato.
Nessuna proposta che favorisca negoziati e cessazione del conflitto. Il nostro Paese viene ulteriormente esposto alle legittime ritorsioni russe allontanando indefinitamente le residue possibilità di negoziato per una pace autentica che non si è mai cercata. Ricordiamo che già oggi militari italiani sono impegnati in missioni al confine con la Biellorussia, nei paesi baltici, in Bulgaria, in Polonia e con ogni probabilità anche in Ucraina. La cooperazione militare viene siglata nel bel mezzo di una delle più grandi esercitazioni NATO attualmente in corso, la Stedfast defender 2024 che vede direttamente impegnati reparti militari italiani.
Gianmarco Pisa: Via della Seta e nuovo multilateralismo: una prospettiva globale
Via della Seta e nuovo multilateralismo: una prospettiva globale
di Gianmarco Pisa*
La dimensione multilaterale è una chiave di volta della risoluzione dei conflitti, a partire dall’eguaglianza tra le nazioni, la non-ingerenza e l’autodeterminazione, sulla base di un approccio politico e diplomatico. Nuovi sistemi di relazione, alternativi all’imperialismo e alle sue guerre, possono aprire nuovi spazi per la cooperazione internazionale, e fornire un contributo rilevante per lo sviluppo e per la pace.
Le rotte energetiche internazionali (la rete internazionale dei gasdotti e degli oleodotti) e in generale l’insieme delle rotte mercantili rappresentano, da sempre, uno strumento di lettura della dinamica internazionale, una misura dell’andamento delle relazioni strategiche e, per quanto riguarda l’aspetto specificamente geopolitico, un punto di vista, interessante per quanto non esaustivo, circa gli sviluppi sui diversi scacchieri geopolitici, sui rapporti di alleanze, sull’emergenza di nuovi attori e di nuovi interessi nei diversi quadranti. Per quello che riguarda la stagione storica e politica a noi più vicina, sotto questo aspetto, due date meritano di essere segnalate per la loro importanza: perché indicano dei passaggi di fase significativi e perché addensano al proprio interno una serie di eventi particolarmente rilevanti per la loro portata e per le loro conseguenze.
La prima di queste è senza dubbio il 1999.
Sara Nocent: Il Capitale: un libro che non abbiamo ancora letto
Il Capitale: un libro che non abbiamo ancora letto
Lo spettacolo sull’occupazione GKN
di Sara Nocent
Una mattina d’estate del 2021, i lavoratori della Gkn di Campi Bisenzio ricevono una mail: la multinazionale londinese comunica il licenziamento di quattrocentoventidue dipendenti. Senza prima essersi confrontata con i sindacati. In un giorno di ferie forzate.
“Ce l’hanno fatta”, esclama uno degli operai che troviamo in scena. “Il capitale ci ha allenato a questo”. La consapevolezza di essere precari, il girone delle ferie forzate, il gioco delle delocalizzazioni e dei misteriosi cambi di proprietà che cercano di coprire l’intenzione, quella tutt’altro che nascosta, di abbattere il costo del lavoro e aumentare il guadagno degli azionisti.
Quanto tempo è passato, penso? E penso anche che siamo in tanti: in sala, in una serata di febbraio, in una città del ricco Nord Est come Udine, tra studenti e lavoratori riempiamo un intero teatro… per parlare del capitale. Dei suoi effetti, del sistema in cui ci troviamo che intrama le nostre vite ogni giorno.
Non è solo un libro, Il Capitale, non sono solo le teorie di Karl Marx. Tre volumi di cosa? Di parole, smembrate e proiettate su una tenda a strisce, come quelle che si trovano appunto nelle fabbriche o nei magazzini, in fondo alla scenografia, algide citazioni che sovrastano gli operai, che restano incomprensibili anche se parlano di noi.
Uno spettacolo è fatto di tempo, come il lavoro. Penso, continuo a pensare anche quando sono uscita dalla sala buia del Palamostre. Pianto gli occhi sul soffitto, perché la verità è che è fottutamente difficile rimanere impassibile.
comidad: La concezione della guerra da von Clausewitz a von del Leyen
La concezione della guerra da von Clausewitz a von del Leyen
di comidad
Secondo lo stracitato aforisma di Carl von Clausewitz, la guerra sarebbe la continuazione della politica con altri mezzi. Grazie all’intervento di Ursula von der Leyen del 28 febbraio scorso, quella concezione un po’ naif del vecchio generale prussiano è stata finalmente superata e aggiornata. Secondo la presidente della Commissione Europea la guerra infatti non è altro che continuare a derubare i contribuenti con tutti i mezzi. Non sono stati i soliti complottisti, ma la von der Leyen in persona a richiamare l’affinità con quanto accaduto con i vaccini. La cleptocrate blasonata ha invocato anche per le armi l’attuazione di appalti congiunti, così come era già accaduto per i vaccini e per il gas. Lo sfruttamento non avviene soltanto attraverso il lavoro ma anche con la leva fiscale ai danni dei più poveri, con aumenti di accise e tariffe energetiche, e anche dirottando la spesa dai servizi pubblici agli oligopoli dei farmaci e delle armi, feticizzando le loro inutili e costosissime merci con immaginari contenuti salvifici.
Il crescente trasferimento di reddito dalle classi subalterne alle oligarchie necessita di un’opera di distrazione, che non esiti a far leva anche su sentimenti sacrosanti come il timore della guerra mondiale o come l’orrore per il genocidio.
Sandro Moiso: Alle radici della Rivoluzione industriale: la schiavitù
Alle radici della Rivoluzione industriale: la schiavitù
di Sandro Moiso
Eric Williams, Capitalismo e schiavitù. Il colonialismo come motore della Rivoluzione industriale, Meltemi editore, Milano 2024, pp. 370, 24 euro
Eric Eustace Williams (Trinidad, 25 settembre 1911 – Trinidad, 29 marzo 1981) è stato professore di Scienze politiche e sociali presso l’Howard University di Washington D.C. Fondatore nel 1956 del partito “People’s National Movement” di Trinidad e Tobago, è considerato da alcuni come il “padre della nazione” dopo aver portato la colonia britannica all’indipendenza il 31 agosto 1962 e allo status di repubblica il 1º agosto 1976, divenendone anche Primo ministro, carica che ricoprì fino alla sua morte.
E’ considerato come uno dei più noti storici dei Caraibi, insieme a Cyril Lionel Robert James, soprattutto per il suo libro intitolato “Capitalismo e schiavitù”, appena pubblicato in Italia da Meltemi editore. Frutto di uno studio del 1944, la ricerca costituisce un’opera imprescindibile per la comprensione dello sviluppo e del successo dell’Impero britannico e della Rivoluzione industriale.
Norberto Fragiacomo: La partita truccata dell’Occidente
La partita truccata dell’Occidente
di Norberto Fragiacomo
Nel febbraio 2022 (lo scrissi già all’epoca) Vladimir Putin assunse forzatamente l’iniziativa, reputando un azzardato salto nel buio meno pericoloso della supina accettazione dell’imminente insediamento di truppe e missili NATO a un tiro di schioppo da Mosca. La dimostrazione di forza avrebbe dovuto convincere gli ucraini a scendere a più miti consigli, ma i conti non vanno mai fatti senza l’oste, in veste stavolta di sponsor e “suggeritore”.
Alla luce degli avvenimenti successivi direi che, dopo il sabotaggio angloamericano dei colloqui di pace della primavera 2022, il presidente russo ha optato in Ucraina per una guerra convenzionale, prolungata e a bassa intensità (malgrado l’ecatombe di uomini in divisa).
La scommessa si basava sull’ipotesi che USA e sottordini avrebbero sì sostenuto gli ucraini, ma in maniera poco più che simbolica, per poi tirarsi indietro come hanno fatto (dopo lustri, però!) in Iraq e in Afghanistan. In effetti le copiose forniture militari a Kiev non sono bastate a garantire un’improbabile vittoria totale (terrestre) sulla Russia, ma la sbandierata volontà di riconquista delle regioni annesse, Crimea compresa, non corrispondeva probabilmente alle reali intenzioni. I piani dovevano essere più complessi, subdoli e ambiziosi.
Scott Ritter: Le menti degli uomini disperati
Le menti degli uomini disperati
di Scott Ritter – Consortium News
“O malvagità, sei veloce a entrare nei pensieri degli uomini disperati!”
—Romeo e Giulietta, Atto 5, Scena 1
Con queste parole, William Shakespeare, l’immortale bardo, cattura la psicologia degli uomini che, credendo di trovarsi di fronte a una situazione per la quale non c’è speranza di risoluzione, intraprendono azioni che inevitabilmente li condurranno alla morte.
Anche se ambientata nella Mantova del XIV secolo, in Italia, la tragedia di Shakespeare potrebbe facilmente essere trasportata nel tempo fino alla Francia di oggi, dove il presidente francese Emmanuel Macron, nel ruolo di un moderno Romeo, dopo aver appreso della scomparsa del suo vero amore, l’Ucraina, decide di commettere suicidio incoraggiando l’invio di truppe NATO in Ucraina per confrontarsi militarmente con la Russia.
Macron stava ospitando la scorsa settimana una riunione di crisi, convocata per discutere delle condizioni deteriorate sul campo di battaglia in Ucraina a seguito della cattura russa della città fortezza di Adveevka. Alla riunione hanno partecipato alti rappresentanti degli Stati membri della NATO, tra cui gli Stati Uniti e il Canada.
Michele Paris: AIPAC, l’arma di Israele
AIPAC, l’arma di Israele
di Michele Paris
Con il genocidio palestinese in corso da quasi cinque mesi, la gravissima crisi nella striscia di Gaza e i crimini di Israele sono al centro della campagna elettorale anche negli Stati Uniti. L’opposizione alle politiche di totale complicità dell’amministrazione Biden si sta rapidamente allargando, fino a includere un certo numero di membri del Congresso, in buona parte riconducibili all’ala “progressista” del Partito Democratico. Quest’ultima fazione non avrà però vita facile alle urne, nonostante il largo consenso che trova tra gli elettori la causa palestinese.
Contro i candidati che intendono assumere un’attitudine anche moderatamente critica dello stato ebraico si scaglierà infatti la vera e propria macchina da guerra della lobby sionista AIPAC (“American Israel Public Affairs Committee”), pronta a spendere una cifra vicina ai 100 milioni di dollari per affondare gli aspiranti alle cariche elettive non sufficientemente asserviti agli interessi israeliani.
Un recente articolo pubblicato dalla testata on-line Politico ha fatto luce sulla strategia di AIPAC in questa tornata elettorale. Il gruppo di pressione filo-israeliano si è già messo in azione per le primarie e tra i suoi obiettivi principali c’è la promozione di candidati favorevoli a Israele in competizioni del Partito Democratico dove sono impegnati deputati o aspiranti tali che hanno espresso una qualche condanna nei confronti dei massacri commessi dal regime di Netanyahu.