Ora il vigneto è stato impiantato e crediamo sia opportuno riprendere a far pressioni per apporre il vincolo sulle aree boscate. “Abbiamo a cuore la vita, crediamo che il business dei vigneti inquinanti debba stare lontano dalle nostre montagne. Abbiamo scritto alle istituzioni. Finora ci han risposto solo con un silenzio imbarazzante. Viviamo in un mondo dove chi ha i soldi vuole sopratutto altri soldi. Vogliamo un mondo dove la tecnica, sterile e inumana, lasci il posto alla vita, procace e palpitante.” – così ha dichiarato in un post il Comitato Franciacorta Boschi e vigneti.
“C’è un’evidente problema democratico in questa vicenda: Abbiamo chiesto alle istituzioni, attraverso la lettera firmata da noi, Legambiente e Slow Food, di apporre un vincolo sui boschi e sui monti. Tutti noi siamo abituati a rispondere a delle richieste, fosse anche con un – no, non siamo d’accordo-. Perché quindi migliaia di firme e 3 importanti associazioni non sono state finora considerate degne di interlocuzione?” – ha dichiarato Marco Dotti, portavoce del Comitato – “Sappiamo benissimo che un bosco, un prato, una boccata d’aria pulita, un profumo di fiore, il piacere di una passeggiata nel silenzio, le urla gioiose di un bambino che rotola da un declivio, non hanno valore economico, non alimentano i dispositivi tecnici, non rispondono alle logiche del mercato. Un prato, un monte, un bosco, trasformato in un vigneto produce nuovo valore economico, alimenta il business legato al vino, fa crescere il valore dei terreni, consente studi e sperimentazioni enologiche, fa scrivere etichette altisonanti ma tutto ciò sottrae altro spazio ad altre esigenze umane sempre più avvilite: emozionarsi, provare piacere, stimolare l’immaginazione, curarsi del proprio benessere”.
Questi lavori hanno comportato lo sbancamento, la movimentazione della terra e il taglio di alberi molto importanti per l’equilibrio geo-morfologico, climatico, paesaggistico di queste porzioni sommitali del Monte Alto, baluardo per la salvaguardia della biodiversità botanica e animale, indispensabile per la sopravvivenza dell’avifauna e degli insetti impollinatori, quasi scomparsi da queste aree molto antropizzate.
Nel 2022 erano già state raccolte 3mila firme di cittadini decisi a salvaguardare queste aree, con l’auspicio che anche il resto dei boschi e dei prati ancora presenti sulle colline della Franciacorta venissero rispettati e salvaguardati per le future generazioni.
Il presidente del Circolo Legambiente Franciacorta, Silvio Parzanini, aveva dichiarato al Bresciaoggi: «Dal dopoguerra ad oggi la Franciacorta si è trasformata, passando da realtà contadina fortemente radicata alla terra e ai suoi prodotti, ad una realtà industriale caratterizzata da una marcata antropizzazione del territorio, con forte consumo di suolo – spiegano i comitati -. Negli anni ’70 prese piede la viticoltura, ma in dimensioni limitate, portando alla creazione di un vino che pian piano è cresciuto in qualità, conquistando i mercati di tutto il mondo: il Franciacorta. Negli ultimi anni la sua produzione è cresciuta in maniera esponenziale e sta portando ad una ricerca continua di terreni in cui piantare la vite, anche là dove le aree sono poco vocate per questa coltura, come le zone pianeggianti, pedecollinari o i boschi e i prati di alta collina. Si sta creando insomma il rischio di puntare tutto su un’unica coltura con le conseguenti ricadute ambientali».
Il caso più eclatante è quello de Lo Stalù di Adro, dove una nicchia ecologica sarà cancellata per lasciare spazio a un vigneto di alta quota.
Foro da Comitato Franciacorta boschi e vigneti
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