[SinistraInRete] Lukyluke31: La Russia si aspetta un intervento diretto della NATO

Rassegna 30/04/2024

 

Lukyluke31: La Russia si aspetta un intervento diretto della NATO

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La Russia si aspetta un intervento diretto della NATO

di Lukyluke31

È quanto scrive Elena Panina, direttrice di RUSSRAT. Al centro del dibattito di analisti e politologi russi le forniture a Kiev di ATACMS e altri missili a medio-lungo raggio per colpire in profondità la Russia da parte di Washington.

La previsione di Elena Panina è condivisa dal politologo norvegese Glenn Diesen: “La NATO probabilmente inizierà attacchi in profondità all’interno della Russia e distruggerà anche il ponte di Crimea. La NATO sosterrà che si tratta di attacchi ucraini, ma la NATO fornirà le armi, selezionerà gli obiettivi e premerà persino il grilletto. Questo pone una grande pressione sulla Russia per ripristinare la deterrenza con ogni mezzo!”

Ovviamente tutto questo pone una grande pressione sulla Russia per ripristinare la deterrenza con ogni mezzo. L’esperto di geopolitica globale e relazioni internazionali e vicedirettore di RUSSRAT, Yuri Baranchik, scrive che “la Russia si aspetta un’estate calda nel 2024. Credo che questa estate vedrà un’altra escalation nella guerra in Ucraina. Il nostro avversario geopolitico sta gradualmente creando tutte le condizioni per alzare l’asticella. Kiev ha approvato una legge sulla mobilitazione aggiuntiva”.

Nel frattempo, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato un pacchetto di aiuti all’Ucraina da 61 miliardi di dollari. A maggio, il Pentagono inizierà a fornire armi americane a Kiev, L’esercito ucraino riceverà missili balistici ATACMS con gittata di 300-310 km (come espressamente richiesto da Zelensky). Il primo utilizzo in combattimento dei caccia ucraini F-16 è previsto per l’estate.

Notare che questi avanzati sistemi d’arma americani permettono di continuare la spirale dell’escalation. I lanciatori MLRS e HIMARS ucraini possono testare in condizioni di combattimento i missili PrSM (Precision Strike Missile Increment) attualmente in consegna nelle Forze Armate USA per sostituire gli ATACMS.

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Pierluigi Fagan: Democrazia o barbarie (2/3): La democrazia radicale

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Democrazia o barbarie (2/3): La democrazia radicale

di Pierluigi Fagan

rivoluzione francese.jpgMa cosa significa autonomia?
Autos, sé stesso¸ nomos, legge.
È autonomo chi dà a sé stesso le proprie leggi.
C. Castoriadis, La rivoluzione democratica, Eleuthera, 2022

In Occidente, da tempo vige un sistema politico-giuridico detto “democrazia”. Riconosciuto ormai in crisi nel senso comune non meno che in quello esperto, terminale o meno non si sa, si presume esso abbia invece avuto una fondazione corretta e giusta rispetto al concetto. In Italia, ci si appella a spirito e lettera della Costituzione, ad esempio e se ne rimpiange la vigenza ormai corrotta.

Un democratico radicale, purtroppo, non riconosce neanche a quel tempo e forma piena di buona intenzione il crisma di “democrazia”, si trattava di repubblicanesimo e tra le due forme c’è differenza. Ecco allora che il democratico è radicale, semplicemente nel senso che intende la democrazia come significato alla radice “Essere radicale significa cogliere la cosa alla radice (Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione)”. Si tratta quindi di un problema di nome e cosa dove la cosa è la radice che dà crisma al nome. Qual è allora quella radice?

Semplicemente il sistema che in atto storico aveva quel nome anzi quel nome ha battezzato. Si tratta della democrazia dell’Antica Atene. Cornelius Castoriadis, più di ogni altro[i], può dirsi teorico della democrazia radicale ed ha più volte specificato che -ovviamente- nessuno si sogna di intendere quella esperienza politica come un “modello” da copia-incollare senza riguardo ai diversi contesti e tempi assai diversi.

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Mario Farina: Toni Negri: un’autoanalisi della sinistra italiana

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Toni Negri: un’autoanalisi della sinistra italiana

Sul marxismo atipico del teorico e militante

di Mario Farina*

Nanni Balestrini Potere operaio t.m. su tela cm100x1545 1972 1.jpgCi sono due citazioni che mi ronzano in testa da quando, lo scorso 16 dicembre, è mancato Toni Negri:

La posizione di Negri è quella di chi dice “ah, come sono perseguitato! Mi si accusa di essere il capo e il mandante ideologico di tutto quello che è avvenuto in Italia negli anni Settanta: che tremenda ingiustizia!” e, mentre dice questo, in qualche maniera vuol far capire che è proprio così, che è vero. Mentre non è vero. Mi sembra che, nel bene e nel male, ci sia una sopravvalutazione. Negri è, secondo me, più innocente di quel che lui stesso pensa.

L’Autonomia è “un movimento di matrice cattolica (…), la Solidarność italiana, strumento contro la pretesa egemonia dei comunisti sul movimento operaio”.

Nello spazio che separa queste due citazioni si definisce, io credo, la tensione all’interno della quale si colloca la figura di Toni Negri. La seconda è di Negri stesso. La prima, rilasciata sullo sfondo di quel nero totale con cui Zavoli incorniciava i suoi interlocutori, è di Enrico Fenzi: italianista, petrarchista, brigatista rosso. Da queste due citazioni si possono raccogliere le coordinate più generali entro le quali si è mosso forse non Negri stesso, ma senza dubbio la rappresentazione di Negri che la società italiana si è fatta. C’è il carcere, quello di Palmi, dove Fenzi e Negri si sono conosciuti dopo il processo del 7 Aprile, c’è la violenza, da sempre associata alla sua figura, c’è l’ambiguità di chi è stato etichettato come cattivo maestro par excellence. C’è poi il grande tema della collocazione politica nel quadro italiano di quegli anni: “né con la destra, ma nemmeno col Pci” direbbe Bersani (Samuele), e “nella Chiesa, anche un prete che ha peccato potrebbe dare il messaggio giusto”, chioserebbe sempre Bersani (Pier Luigi).

Toni Negri è due cose: un teorico marxista delle scienza politiche e un militante.

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Emiliano Gentili e Federico Giusti: Intelligenza artificiale e lavoro umano

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Intelligenza artificiale e lavoro umano

di Emiliano Gentili e Federico Giusti

AI e Lavoro.jpegDefinizione e nascita dell’Intelligenza Artificiale

L’Intelligenza Artificiale è una sottospecie particolare, evoluta e costosa delle tecnologie digitali. Queste vengono dette Information and Communication Technologies (ICT) e sono ad esempio computer, programmi, apparecchi elettronici vari. Rispetto a questo tipo di tecnologia più tradizionale, l’IA si distingue per la capacità di “apprendere da sola”, di sviluppare nuovi dati tramite l’interazione con l’ambiente esterno.

Si basa perciò su due elementi: oltre a una base di conoscenza (dati) fornita all’apparecchio in fase di programmazione, come avviene per altro con ogni altra tecnologia digitale, vi è un motore inferenziale1 che si occupa di interpretare, classificare e applicare i dati. La capacità di acquisire nuovi dati e nuova conoscenza deriva proprio dall’interazione fra le due componenti della macchina.

Infine, per essere tale l’IA dev’essere capace di dimostrare almeno una delle seguenti capacità: percezione (es. riconoscimento vocale); comprensione (es. Natural Language Processing); azione (es. chatbot); apprendimento (es. Machine Learning).

Il primo programma di IA nasce nel 1956 e viene battezzato Logic Theorist. Serviva a imitare le capacità di problem solving degli esseri umani. Lo sviluppo dell’IA si arena fra il 1970 e il 1980, a causa delle grosse difficoltà tecniche e di ricerca. Si riparte sul finire del nuovo decennio, grazie alle applicazioni dell’IA nei processi industriali (seppur non tanto connessi con l’organizzazione del lavoro quanto piuttosto con l’organizzazione aziendale2).

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Salvatore A. Bravo: Il 25 aprile della discordia

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Il 25 aprile della discordia

di Salvatore A. Bravo

 

Mentre si consuma un altro 25 aprile non si può non constatare il servile provincialismo con cui la festa della liberazione è utilizzata per tacitare ancora una volta il paese reale. La nazione reale è oppressa da precariato, da tempi disumani per il pensionamento e dal taglio sanguinoso dei diritti sociali. Si è sempre giovani, per cui si può lavorare a “tempo indeterminato”, quando il lavoro c’è. La schiavitù salariata è per sempre. L’età avanzata e le misure di sicurezze sempre più competitive provocano morti sul lavoro e un senso di infelice reificazione generale. Nell’Italia che discute di antifascismo si muore per vivere e si resta sempre più soli, se poi l’esistenza diviene insopportabile per il dolore fisico e psichico si fa strada il diritto alla morte, ma è una libera scelta. I diritti sociali sono avversati e combattuti, mentre la cultura della morte avanza, essa è un ottimo espediente per evitare spese sociali improduttive. Il totalitarismo liberale con i suoi paradigmi crematistici e individualistici può continuare a operare e a rendere la nazione un’azienda, in cui è il censo a determinare la posizione che si occupa nell’azienda Italia, la quale non è una patria o una casa comune, è solo un luogo anonimo dove il profitto impera.

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Gigi Sartorelli: Economia di guerra e keynesismo militare in salsa UE

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Economia di guerra e keynesismo militare in salsa UE

di Gigi Sartorelli

L’ultimo rapporto del Sipri (Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma) ha certificato l’ennesimo aumento delle spese militari a livello mondiale. I 2.440 miliardi raggiunti infrangono ogni record, con gli USA a rappresentare, ovviamente, la fetta più grande di questa somma.

In realtà, il riarmo è una dinamica che procede da anni, anche se in maniera strisciante e meno visibile, ma sicuramente un’accelerazione si è avuta con l’operazione russa in Ucraina, dal 2022. La UE è stata sin da subito in prima fila nello sdoganare l’importanza della transizione a un’economia di guerra.

In uno scenario di maggiore tensione internazionale, in cui Washington non è più in grado di fare il bello e il cattivo tempo, le classi dirigenti europee hanno sentito la necessità di rafforzare le proprie forze armate. Ma non è solo una questione di proiezione di potenza.

Con la crisi dell’unipolarismo euroatlantico e la frammentazione sempre più netta del mercato mondiale, si sono aperte enormi crepe nel modello europeo export-oriented che ha il suo fulcro nella Germania. Dazi, sanzioni, distruzione del North Stream e apparente contrasto tra profitti e strategie politiche ne hanno scoperto tutte le debolezze.

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Pino Cabras: Tempesta Eolica in Sardegna: un assedio speculativo al patrimonio dell’Isola

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Tempesta Eolica in Sardegna: un assedio speculativo al patrimonio dell’Isola

di Pino Cabras

 

La Sardegna è in pericolo. È sotto attacco, non ci sono più dubbi. Ed è la vittima della degenerazione più estrema e paradossale di un tema nato sano, ossia l’ambiente e la sostenibilità, ormai trasformato in una minaccia devastante.

Sorretto dall’ideologia “green” combinata con la dismisura delle locuste finanziarie, sta prendendo forma un assalto speculativo volto a deturpare per sempre l’intero paesaggio della Sardegna.

Navi cariche di mastodontiche turbine eoliche stanno approdando con la stessa minacciosa imponenza metallica dei carichi di missili e blindati che vediamo nei porti polacchi con destinazione Ucraina. Non è un caso: la logistica di chi vuole controllare un territorio in modo integrale tende ad assomigliarsi, e gli strateghi che la comandano hanno lo stesso set di pensiero, spesso gli stessi conti correnti. Passano per le stesse porte girevoli di Davos. Perciò i lunghi carichi di eliche e di torri d’acciaio appaiono con lo stesso lugubre impilaggio di una batteria missilistica da portare al fronte. Ma qui il fronte siamo noi. È una guerra al nostro paesaggio e al nostro respiro.

 

Sbarchi segreti e strategie occulte

Le acque del porto di Oristano in questi giorni hanno visto l’arrivo della “Uhl Frontier”, una nave che, nonostante tentasse un arrivo di soppiatto, non ha potuto nascondere la verità del suo carico: gigantesche pale eoliche, preludio di un’invasione programmata.

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Giusi Di Cristina: Javier Milei e l’incubo di un passato che ritorna

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Javier Milei e l’incubo di un passato che ritorna

di Giusi Di Cristina

Una frenata brusca, porte buttate giù a colpi di calci, fucili spianati. Giovani portati via, intere famiglie sequestrate nelle proprie case per giorni affinché non denunciassero. E poi la tragedia: le lunghe file alla polizia per chiedere notizie dei propri figli. Ma i nomi dei figli non si riscontravano in alcun documento, erano semplicemente scomparsi, desaparecidos.

La tecnica del far sparire la gente senza lasciare alcuna traccia iniziò negli anni Sessanta, durante la “ditatura blanda” guidata dall’esercito brasiliano, ma in Argentina e in Cile assunse numeri e modalità degne del peggior film horror. La gente sapeva? Certamente qualcuno sapeva e qualcuno era anche contento che si ponesse fine ai movimenti di estrema sinistra i cui componenti finirono nelle maglie dei campi di concentramento sparsi territorialmente in questi due Paesi. Ma chiunque poteva diventare una vittima, anche solo per un sospetto, per un errore, per uno sfizio dei militari.

Nel 1977, solo un anno dopo l’inizio del Processo di Riorganizzazione Nazionale – come autodefinirono la dittatura argentina – alcune madri, stanche di non ricevere risposte, iniziarono a marciare in cerchio intorno a Plaza de Mayo: ogni giovedì, puntualmente, sfidavano il potere con le loro teste coperte da un fazzoletto bianco e le foto dei loro figli tra le mani.

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Vincenzo Comito: La locomotiva cinese rallenta?

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La locomotiva cinese rallenta?

di Vincenzo Comito

Secondo alcune stime l’economia cinese è in fase di rallentamento. In realtà per il momento il Pil è in crescita di oltre il 5%. C’è senz’altro un cambio di strategia in atto e si presentano alcuni problemi, soprattutto sociali, che la dirigenza cinese è chiamata ad affrontare

03cinalocomotivaeconomiarallenta03 696x390.jpgPremessa

Da qualche tempo i media occidentali pubblicano articoli molto critici sull’attuale situazione economica cinese, prevedendo prospettive molto negative per il Paese asiatico. Bisogna a questo proposito ricordare che ormai da decenni la pubblicistica del Nord del mondo ci ha abituati a vedere sfornare in grande abbondanza previsioni catastrofiche sul Dragone, previsioni poi regolarmente smentite dai fatti.

In realtà nel 2023 il Pil cinese è cresciuto del 5,2% e le stime per il 2024 parlano di un 5,0%. I dati a consuntivo del primo trimestre sembrano confermare la plausibilità di tale valutazione; in effetti il Pil è cresciuto del 5,3%. Certo tali cifre appaiono inferiori a quelle cui Pechino ci aveva abituati in passato, ma, oltre a ricordare che questi dati sono inferiori soltanto a quelli dell’India, va anche considerato che, vista la dimensione cui è ormai giunta l’economia cinese, ottenere tassi di crescita superiori appare un’impresa assai ardua. Certamente, per altro verso, la Cina si trova oggi di fronte ad alcuni problemi di peso mentre sta cercando di cambiare alcuni aspetti del suo modello di sviluppo.

Nel testo che segue cercheremo di fare il punto sulla situazione attuale, avvalendoci anche di molte informazioni tratte da diversi media internazionali, con particolare riferimento ad alcuni articoli apparsi di recente su The Economist.

 

Le nuove forze produttive

L’economia cinese sta cercando di cambiare, almeno in parte, le sue strategie di crescita. Di fronte a problemi interni (si veda meglio al paragrafo successivo), al rallentamento degli scambi internazionali e all’ostilità crescente dei Paesi occidentali, di fronte anche allo sviluppo impetuoso delle nuove tecnologie, il gruppo dirigente cinese ha messo a punto linee di sviluppo abbastanza nuove.

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Lee Mordechai: Sei mesi di crimini di guerra a Gaza

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Sei mesi di crimini di guerra a Gaza

di Lee Mordechai*

In questi sei mesi Israele ha ucciso i civili di Gaza, distrutto infrastrutture e ospedali, limitato l’accesso a beni di prima necessità e compiuto una progressiva pulizia etnica. Ecco le prove che documentano questa operazione

gaza jacobin italia 1536x560.jpgNegli ultimi sei mesi, Israele ha ripetutamente massacrato i palestinesi di Gaza, causando la morte di ben oltre trentamila palestinesi, di cui circa il 70% sono donne e bambini. Altre decine di migliaia di persone sono rimaste ferite. Queste stime sono probabilmente per difetto, considerando la deliberata distruzione da parte di Israele del sistema sanitario di Gaza, che è l’unica fonte indipendente di questi dati (che sono utilizzati anche da Israele, compreso il suo primo ministro e l’esercito).

Israele ha cercato attivamente di provocare la morte della popolazione civile di Gaza. Lo ha fatto attraverso la distruzione di istituzioni civili o umanitarie – come ospedali o agenzie di supporto–- e chiudendo la Striscia di Gaza alle sue necessità: cibo, acqua e medicine. Di conseguenza, la popolazione di Gaza (soprattutto bambini) ha già iniziato a morire di fame e disidratazione.

A causa della mancanza di medicine, procedure mediche difficili come amputazioni e cesarei sono condotte senza anestesia. Israele si è spinto oltre nel tentativo di distruggere il tessuto della società palestinese prendendo deliberatamente di mira istituzioni culturali come università, biblioteche, archivi, edifici religiosi e siti storici.

Disumanizzazione

Il discorso israeliano ha disumanizzato i palestinesi a tal punto che la stragrande maggioranza degli ebrei israeliani sostiene le misure sopra citate. Innumerevoli video dalla Striscia di Gaza difffusi da soldati dell’esercito israeliano attestano ampi abusi nei confronti dei palestinesi (tra cui violenze crudeli e disumanizzazione), saccheggi continui, ormai la norma, e la distruzione selvaggia di ogni tipo di proprietà senza che vi siano state conseguenze.

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Thierry Meyssan: Le complesse relazioni tra Israele e Iran

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Le complesse relazioni tra Israele e Iran

di Thierry Meyssan

Benché la retorica dei mullah sia chiaramente anti-israeliana, le relazioni tra i due Paesi sono molto più complesse di quanto appare. In Iran ci sono due opposti schieramenti: uno che vuole fare affari con il resto del mondo e con ogni mezzo; l’altro che aspira a liberare i popoli dalla colonizzazione. Il primo ha continuato a fare affari con Israele, il secondo invece lo combatte, in nome degli stessi principi per cui si oppone all’imperialismo del Regno Unito e degli Stati Uniti

220751 1 70287.jpgIl conflitto tra Israele e Iran è distinto dal conflitto tra la popolazione araba di Palestina e gl’immigrati ebrei.

Diversamente da una convinzione diffusa, i persiani non sono mai stati nemici degli ebrei. Nell’Antichità fu Ciro il Grande a consentire agli ebrei di fuggire da Babilonia, dove erano stati ridotti in schiavitù.

Dopo la seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti s’impadronirono dei resti dell’impero britannico, il presidente statunitense Dwight Eisenhower riorganizzò il Medio Oriente. Per dominarlo, designò propri rappresentanti due potenze regionali: Iran e Israele, Paesi che furono al tempo stesso amici e rivali.

Eisenhower inviò in Siria il segretario di Stato, John Foster Dulles (fratello del direttore della Cia, Alan Dulles), per organizzare un’alleanza tra Iran e Siria al fine di contenere le ambizioni israeliane. Il 24 maggio 1953 Damasco e Teheran firmarono un trattato di difesa reciproca. All’epoca il presidente siriano, generale Adil Chicakli, era filo-britannico e anti-francese. Questo trattato è ancora in vigore [1].

Nel frattempo il Regno Unito entrava in conflitto con il primo ministro dello scià Reza Pahlavi, Mohammad Mossadeq, che voleva nazionalizzare lo sfruttamento del petrolio. Con l’aiuto degli Stati Uniti, Londra organizzò una “rivoluzione colorata” (Operazione Ajax [2]). MI6 e Cia pagarono migliaia di persone per manifestare contro Mossadeq e ottenerne la destituzione. Accogliendo la “richiesta” del popolo, il sovrano sostituì il primo ministro con il generale nazista Fazlollah Zahedi [3].

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Salvatore Bravo: Quarta guerra mondiale

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Quarta guerra mondiale

di Salvatore Bravo

173606 sd.jpgLa quarta guerra mondiale è la normalità nel tempo del capitalismo assoluto, Costanzo Preve ne ha analizzato le dinamiche allo scopo di sostenere l’uscita dalla gabbia d’acciaio del sistema capitale. Essere rivoluzionari significa conservare un sano e realistico ottimismo, l’essere umano per natura è logos, pertanto nessuna notte della ragione è eterna. La quarta guerra mondiale è guerra nel senso largo del termine e, in tal senso, è un evento assolutamente nuovo nella storia dell’umanità. La guerra con le armi è solo una fase della lunga battaglia politica, economica e culturale per piegare l’umanità alla sola grammatica del capitalismo. La prima guerra mondiale (1914-1918), la seconda guerra mondiale (1939-1945), la terza guerra mondiale (1945-1989) e la quarta hanno connotati diversi. Costanzo Preve identifica le prime due con la guerra in senso stretto, le successive con la guerra in senso largo, in un crescendo di violenza economicistica e tecnocratica.

L’esito della quarta guerra mondiale non è ancora deciso, siamo dinanzi a una soglia di imprevedibilità. Essa potrebbe portare a un nuovo incipit nella storia dei popoli, a un nuovo livello di consapevolezza rivoluzionaria o al lungo congelamento di ogni prospettiva storica. Il futuro si gioca nel nostro presente. La storia non è scritta nei testi sacri degli economisti liberisti, le infinite variabili, la prima è la coscienza umana, la quale è individuale e collettiva potrebbero riservare delle sorprese. L’insostenibilità-innaturalità dell’individualismo fluido e atomistico può portare a esiti incontrollabili e reazionari. In tale cornice delicatissima è necessario intervenire per decostruire le dinamiche e le tattiche delle oligarchie in guerra contro i popoli. Il clero mediatico e accademico è parte integrante della guerra in corso. Il fine del loro intervento che in modo tentacolare raggiunge ogni cittadino mediante i media e la formazione ha l’intento di derealizzare e di impedire la comprensione radicale del periodo storico nel quale ci dibattiamo. Il pericolo è l’infrangersi tra gli scogli della menzogna pianificata.

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Andrea Zhok: Cosa cresce all’ombra dell’odierno antifascismo?

lantidiplomatico

Cosa cresce all’ombra dell’odierno antifascismo?

di Andrea Zhok

La festa del 25 aprile, come celebrazione della liberazione dell’Italia dal nazifascismo, fu istituita subito dopo la guerra, il 22 aprile del 1946 con regio decreto (l’Italia era ancora un regno e non una repubblica; il referendum si sarebbe tenuto due mesi dopo). Se si pensa alla scelta della data, il significato inizialmente inteso è piuttosto chiaro: si trattava di affermare le autorità italiane (a partire dal re) come interlocutori delle potenze occupanti, nonostante l’ovvia compromissione con il fascismo. Per farlo si richiamava la data del 25 aprile 1945, quando il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia aveva proclamato l’insurrezione generale contro le rimanenti truppe nazifasciste, pochi giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate (il suicidio di Hitler nel bunker di Berlino è di 5 giorni dopo, il 30 aprile). Con l’istituzione della festività si intendeva manifestare all’interno, ma soprattutto all’estero che l’Italia era altra cosa rispetto al fascismo.

Negli anni del dopoguerra la festività del 25 aprile venne investita di un ulteriore ruolo di compattamento del nuovo arco costituzionale che doveva prendere le distanze dalle ampie rimanenze del regime fascista all’interno delle istituzioni (a partire dalla magistratura).

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Andrea Guazzarotti: Il Wall Street Consensus sbarca in Eurolandia

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Il Wall Street Consensus sbarca in Eurolandia

di Andrea Guazzarotti

Oggi il Parlamento europeo ha approvato il nuovo Patto di stabilità (e crescita?) destinato, dopo la sospensione del vecchio Patto durante la pandemia, a vincolare i futuri piani di bilancio degli Stati dell’UE. Dopo lunghe negoziazioni – e nonostante il mea culpa della Commissione sui guasti prodotti dal vecchio – il nuovo Patto riproduce la stessa logica ispirata all’austerity e alla diffidenza di Germania e ‘frugali’ per gli investimenti pubblici a debito. In questo orizzonte, il moltiplicatore keynesiano semplicemente non esiste e tutto ciò che si può fare è risparmiare, oggi, per prepararsi al peggio di domani. Il freno all’indebitamento costringe lo Stato a lasciar inasprire le crisi prima che possano essere prese misure di indebitamento [Märtin, Mühlbach]. L’esito è sconsolante: la Germania ha registrato un gap in investimenti pubblici infrastrutturali (ma anche in investimenti privati) non degno di quell’economia. Non si può investire a debito per prevenire le calamità, lo si può fare solo per riparare i danni, dopo che quelle calamità si saranno verificate!

La confederazione dei sindacati europei prevede che con le nuove regole fiscali europee (comunque meno rigide delle previgenti) solo tre Paesi saranno in grado di finanziarie gli investimenti di cui la stessa UE, per bocca dei tanti documenti prodotti in questi anni specie dalla Commissione, si professa bisognosa.

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comidad: L’evoluzione del fascismo in politicamente corretto

comidad

L’evoluzione del fascismo in politicamente corretto

di comidad

Si dice spesso che il fascismo non può tornare, ed è vero; ma non può tornare per il semplice motivo che non se n’è mai andato, si è soltanto “aggiornato”. La querela per diffamazione di Giorgia Meloni a Luciano Canfora per la frase secondo cui l’attuale Presidente del Consiglio sarebbe “neonazista nell’animo”, rappresenta appunto un caso paradigmatico e indicativo della nuova veste adottata dal fascismo riciclato. Molti giornalisti, oltre a riferire erroneamente trasformando “animo” in “anima”, hanno cercato di banalizzare la vicenda lamentando il fatto che la Meloni non abbia rinunciato alla querela una volta diventata Presidente del Consiglio, in modo da non far valere la sua posizione di potere nei confronti di un semplice cittadino. In realtà il paradosso politico e giuridico della querela e dell’attuale rinvio a giudizio sarebbe stato evidente persino se la Meloni fosse stata soltanto una deputata, o persino la segretaria di una sperduta sezione di partito. L’abbiccì del mestiere del politico è infatti utilizzare i commenti ostili come sponda dialettica per rilanciare la propria posizione e screditare quella altrui; perciò un politico che fa l’offeso palesa il suo dilettantismo e la sua inadeguatezza al ruolo.

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Leonardo Sinigaglia: Fino a quando potranno impedire le elezioni in Libia?

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Fino a quando potranno impedire le elezioni in Libia?

di Leonardo Sinigaglia*

Il percorso per giungere a elezioni libere e nazionali in Libia sembra nuovamente essersi arenato per gli interessi dei vari signori della guerra e delle relative milizie. Dopo il fallimento dell’ennesimo piano promosso dall’inviato ONU Abdoulaye Bathily, la situazione è notevolmente peggiorata. Di elezioni non si può parlare, soprattutto se queste vedrebbero la candidatura di Saif al-Islam Gheddafi, una figura sempre più popolare e visto come unica figura in grado di riunire il paese e di riconquistare l’indipendenza.

Due giorni fa, nella città di Zintan, a 120 chilometri a Sud di Tripoli, decine di veicoli e di uomini armati hanno fatto da sfondo alla lettura di un’importante dichiarazione promossa dagli abitanti della zona con la quale questi prendono risolutamente posizione a favore di Saif al-Islam e della sua candidatura, chiedendo che siano al più presto indette elezioni: “Noi, le forze sociali, militari e di sicurezza di Zintan, affermiamo il nostro sostegno alla candidatura alle elezioni presidenziali di Saif al-Islam Gheddafi, perché gode di un ampio sostegno popolare, ha spiccate doti di leadership, è sinceramente impegnato per la nazione libica e ha vasta esperienza politica […] Non permetteremo a tutti i tentativi sospetti da parte di alcuni attori nazionali e internazionali di impedire a Saif al Islam Gheddafi di esercitare il suo diritto di cittadino libico di candidarsi alle elezioni e servire il suo Paese”.

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