[SinistraInRete] Roberto Iannuzzi: “Laboratorio Palestina” – L’incredibile resoconto del giornalista Antony Loewenstein

Rassegna 02/05/2024

Roberto Iannuzzi: “Laboratorio Palestina” – L’incredibile resoconto del giornalista Antony Loewenstein

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“Laboratorio Palestina” – L’incredibile resoconto del giornalista Antony Loewenstein

di Roberto Iannuzzi

Come l’industria israeliana delle armi e della sorveglianza di massa testa nei Territori palestinesi occupati sistemi che vengono esportati e utilizzati in tutto il mondo

Secondo due recenti inchieste israeliane, le forze armate di Tel Aviv hanno fatto ampio ricorso a due sistemi fondati sull’intelligenza artificiale nel corso della loro devastante operazione militare a Gaza.

The Gospel”, il primo, elabora milioni di dati per identificare a gran velocità edifici ed altre strutture da cui potrebbero operare i miliziani palestinesi, trasformandoli così in bersagli da distruggere.

Il secondo, denominato “Lavender”, individua invece sospetti membri dell’ala militare di Hamas e della Jihad Islamica, processando anche in questo caso infinità di dati che vanno dalle intercettazioni telefoniche all’adesione a gruppi Whatsapp.

Il programma stila così una graduatoria di probabile appartenenza, che va da 1 a 100. Gli individui che figurano ai vertici di tale classifica vengono sorvegliati da un sistema chiamato “Dov’è papà?”, il quale invia un segnale quando il “sospettato” rientra a casa, dove viene bombardato (insieme alla sua famiglia).

The Gospel e Lavender sono solo le ultime due spaventose incarnazioni di un’industria sempre più fiorente, che applica tecnologie di ultima generazione all’ambito bellico, e che vede Israele all’avanguardia mondiale nel settore.

Come lo Stato ebraico sia divenuto uno dei maggiori esportatori di armi, ed abbia rivoluzionato l’industria bellica attraverso il connubio fra le startup tecnologiche e il settore pubblico della difesa, utilizzando i Territori palestinesi occupati come un laboratorio per testare nuovi armamenti e rivoluzionari sistemi di sorveglianza, è una storia che da tempo sarebbe stato giusto raccontare.

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Alessandro Visalli: La fine della modernità. Logiche della dipendenza e dei sistemi-mondo

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La fine della modernità. Logiche della dipendenza e dei sistemi-mondo

di Alessandro Visalli

colombo.jpgLa centralità militare, tecnologica e della formazione del capitale[1] nell’Occidente collettivo ha avuto un inizio con l’aggiramento spagnolo del blocco turco e la distruzione delle americhe e sta giungendo dopo cinque secoli a fine. La dipendenza e assorbimento dei capitali periferici, e l’intero sistema morale, ideologico e sociale che vi è stato costruito sopra (la stessa coppia Occidente/Oriente che lo organizza) è presentata davanti agli occhi del mondo e rigettata ogni giorno di più. Il Re è ormai nudo, per questo ruggisce di rabbia come si vede a Kiev come a Gaza.

Utilizzerò Dussel[2] per cominciare il cammino in un labirinto con molti ingressi ma nessuna uscita. Una protesta di noi figli verso la vecchia madre[3], necessaria per farci adulti. Di noi moderni verso il retaggio che ci ha fatti e che scopriamo, ogni giorno di più, grondante e polveroso a un tempo. Inoltre, figlie degli antichi padri, sia anche chiaro, di quel Cortez la cui lucida armatura nascondeva un cervello senza cuore. Ma il dominio dell’Occidente è entrambe le cose allo stesso tempo: il volto aggrottato di un Padre autoritario, pronto a punire, e il dolce sorriso astuto di una Madre possessiva che trattiene nel suo grembo della quale non si può mai essere degni. Noi figli e figlie dobbiamo finalmente vederlo, se vogliamo liberarci e contribuire, finalmente, a rilasciare gli ostaggi. D’altra parte, questi ormai sono capaci di farlo da sé. Resta solo di augurare buona vita al nuovo mondo multipolare.

Se, però, qualunque cosa noi proveremo il Mondo alla fine farà da sé, e noi non siamo i maestri di nessuno per dire come deve fare, ci resta il compito di capire, vagliare e superare il nostro retaggio. Da noi e per noi.

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Rocco Ronchi: Per la dittatura delle minoranze

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Per la dittatura delle minoranze

di Rocco Ronchi

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1.jpgRiflettere sulla crisi mondiale della democrazia muovendo dall’Italia – e utilizzando una formula recentemente coniata per far tacere le minoranze – non è provincialismo. L’Italia, come si suole ripetere, è stata un laboratorio per la storia mondiale. Qui, infatti, nei primi vent’anni del Novecento, è stato elaborato il prototipo che sarà incessantemente perfezionato nei vari “modelli” che seguiranno, dal fascismo storico al nazismo tedesco (che si autodefiniva correttamente “fascista”) al peronismo, all’attuale dilagante sovranismo populista (da Trump a Putin, da Bolsonaro a Milei ecc.ecc.). La storia ha messo alla prova il prototipo, stressandolo con crash test inimmaginabili, ma senza mai invertirne però la tendenza di fondo, piuttosto rettificandola, correggendola, adattandola al nuovo ambiente tecnologico, rendendola sempre più raffinata ed efficace. Possiamo chiamare “fascismo” questo fenomeno globale che chiude nell’angolo le “democrazie”. Va però tenuto sempre presente che con tale etichetta non si intende un “modello” o un “archetipo” ma, appunto, un prototipo o una tendenza. Solo i fascisti da baraccone che ogni anno si ritrovano a Predappio, indossando camicie nere e calzando improbabili copricapi, assumono il fascismo come un modello da ripetere. I veri fascisti il fascismo invece non lo ripetono affatto ma lo continuano a creare in forme nuove, con un linguaggio diverso, con concetti adeguati ai tempi e con una violenza di nuovo tipo. Per questo non costerà loro molta fatica “dirsi, infine, antifascisti” come reclamano a gran voce i benpensanti di sinistra, quasi che bastasse una parola pronunciata al cospetto delle telecamere per cambiare di segno a un immane processo storico. E se lo faranno non sarà per malafede ma per onestà intellettuale. Con tale ammissione, infatti, intenderanno in cuor loro una presa di distanza dagli errori compiuti nel passato nello sviluppare una tendenza che assecondano e che promuovono.

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Redazione Contropiano: Israele dichiara guerra vera ai movimenti pacifisti nei nostri paesi

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Israele dichiara guerra vera ai movimenti pacifisti nei nostri paesi

di Redazione Contropiano

Naturalmente c’è da sperare che questo progetto abnorme fallisca subito. Ma il solo fatto che sia stato “pensato” getta una luce livida sul gruppo dirigente di Israele che, anche agli occhi di compassati osservatori ultra-atlantisti, appare ormai posseduto dal demone di una “visione millenaristica, simile a quella dell’Isis musulmano”.

Stiamo parlando del programma di “formazione di gruppi civili armati affiliati alle comunità ebraiche all’estero, per contrastare il movimento di lotta contro l’occupazione israeliana, negli Stati Uniti d’America e in Europa”, che ha il suo massimo progettista nel ministro della sicurezza di Tel Aviv, Itamar Ben Gvir.

Ossia qualcuno che in questo momento ha il potere di fare ciò che ha in testa, non un pirla qualsiasi che balla sui tavoli di una birreria sparando scemenze che diventerebbero tragedie, se messe in pratica.

Ha il potere, dunque, di creare in diversi paesi del mondo – pescando nell’ala sionista estrema delle comunità ebraiche, non certo tra i membri di associazioni la Jewish Voice of Peace – “squadre di allerta”, ossia gruppi armati composti da civili che rientrano nel “comando del fronte interno dell’esercito“. Insomma, agli ordini del governo di Tel Aviv.

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Mike Whitney: Washington passa al Piano B

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Washington passa al Piano B

di Mike Whitney

Ecco ciò che tutti devono capire sull’Ucraina:

Gli Stati Uniti sono già passati al piano B. No, l’amministrazione Biden non ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in merito, ma il cambiamento è già iniziato. Il gruppo dei cervelloni di Washington ha abbandonato ogni speranza di vincere la guerra in modo definitivo (Piano A) e ha quindi adottato una strategia completamente diversa. (Piano B)

Il Piano B è una combinazione di due elementi principali:

A – Strategia di negazione, “un approccio difensivo progettato per impedire a un avversario” di raggiungere i suoi obiettivi. In questo caso, l’obiettivo è prolungare il più possibile il conflitto per impedire ai russi di ottenere una chiara vittoria. Questa è la priorità assoluta.

B- Continuare ad aumentare e intensificare gli attacchi asimmetrici alle infrastrutture vitali e alle aree civili della Russia vera e propria, al fine di infliggere al Paese il maggior numero di danni possibile.

Questo, in sostanza, è il piano B. Qualsiasi preoccupazione per il popolo ucraino o per la futura vitalità dello Stato ucraino non è stata presa in considerazione nel cinico calcolo di Washington.

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Il Pungolo Rosso: Replica a un antifascismo “intellettuale” falso e servile

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Replica a un antifascismo “intellettuale” falso e servile

di Il Pungolo Rosso

In occasione del 25 Aprile, la retorica dell’”antifascismo costituzionale” esibisce anche quest’anno un campionario di sconcezze, fatte di omissioni, manipolazioni e falsità, che vale la pena di far conoscere a chi si rifiuta di schierarsi con l’antifascismo dei “soliti noti”: di quelli che lo usano solo per perpetrare la schiavitù dei proletari nella forma “democratica”. Dando cioè dignità e cittadinanza politica ai neo o post fascisti e alle “nuove destre” a condizione che tali soggetti pronuncino la parolina magica: “antifascismo”

Cominciamo con Aldo Cazzullo, giornalista del “Corriere della Sera”, scrittore (sic) e conduttore su “La7” di un programma intitolato “Una giornata particolare”; una puntata della quale è stata dedicata alle Fosse Ardeatine e all’attentato di via Rasella.

Ecco alcune delle sue dichiarazioni su fascismo-antifascismo:

“L’antifascismo non né di destra né di sinistra”. “Non c’è il monopolio della Resistenza”. “Il colonnello Giuseppe Montezemolo, fedele alla monarchia, è il simbolo dell’antifascismo democratico; per questo fu lui il vero nemico dei nazisti durante l’occupazione di Roma.”

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Alvise Marin: “Perfect Days”, il sublime sta nelle piccole cose

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“Perfect Days”, il sublime sta nelle piccole cose

di Alvise Marin

L’ultimo film di Wim Wenders, Perfect Days, ambientato nella Tokyo dei nostri giorni, narra la vita quotidiana di Hirayama, un serafico sessantenne giapponese, interpretato dall’ottimo Kaji Yakusho, vincitore della meritata Palma d’oro come miglior interprete al festival di Cannes. La vita di Hirayama, che per lavoro pulisce gli ipertecnologici bagni pubblici della città, disegnati da archistar del calibro di Tadao Ando, è scandita ogni giorno, con regolarità, dalle stesse azioni e spostamenti. Si alza di primo mattino, innaffia con devozione le numerose piantine che egli raccoglie al parco dove pranza, si lava, indossa la tuta da lavoro, raccoglie le sue cose ed esce di casa. Sull’uscio guarda sempre in alto verso il cielo, con un’espressione di ringraziamento alla vita. Poi va al distributore automatico, prende una lattina di caffè ed entra nell’abitacolo della sua minuscola macchina, sorseggiandolo. Nel suo giro tocca diversi bagni pubblici dove entra, portando con sé l’attrezzatura, e pulisce accuratamente ogni superficie. Finito il suo turno di lavoro, va a pranzo sempre nello stesso parco, dove siede su di una panchina a consumare il suo pasto. Alzando gli occhi all’insù, incrocia le fronde di un albero che lo sovrasta e attraverso le quali filtra la luce del sole.

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Enrico Tomaselli: Aspettando Rafah

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Aspettando Rafah

di Enrico Tomaselli

irvsis.jpgNell’imminenza dell’attacco israeliano a Rafah, l’ultima città palestinese non ancora completamente distrutta, proviamo ad analizzare le tattiche dell’IDF alla luce della particolare natura della società israeliana, di cui l’esercito è uno specchio fedele. Tenendo presente il gioco delle parti che sempre si tiene tra Washington e Tel Aviv.

La guerra biblica che Israele sta conducendo contro i palestinesi, come era facilmente prevedibile, sta raggiungendo il suo limite, senza aver conseguito un solo obiettivo. Naturalmente la propaganda sionista – e quella occidentale di rincalzo – negano tutto il negabile: le ingenti perdite militari, la fuga dal paese degli israeliani con doppia cittadinanza, la crisi socio-economica conseguente alla guerra, la mancata liberazione dei prigionieri israeliani a Gaza, l’impossibilità di smantellare la rete di tunnel della Resistenza, e ovviamente il fatto che l’IDF non sia stato capace di infliggere a questa perdite superiori a un 20% della sua forza combattente.

Ma ovviamente negare la realtà non serve a trasformarla. E, per di più, non dura a lungo. Quello che è accaduto in questi sei mesi e mezzo è che l’esercito per mezzo secolo ritenuto uno dei più potenti al mondo (nonché “l’esercito più morale del mondo”, nelle parole degli attuali leader sionisti) ha perso l’onore; quello militare, dimostrandosi incapace di sconfiggere un nemico infinitamente inferiore per armamenti, e quello umano, comportandosi sempre più come una banda di criminali di guerra.

Per comprendere Israele, bisogna guardare alla sua storia e alla sua società, e l’Israel Defence Force è non solo un elemento fondamentale della società israeliana, ma ne è anche uno specchio.

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Chris Hedges: Rivolta nelle università

lantidiplomatico

Rivolta nelle università

di Chris Hedges* – Scheerpost

720x410c50nikbvjythcGli studenti universitari di tutto il Paese, alle prese con arresti di massa, sospensioni, sgomberi ed espulsioni, sono la nostra ultima, migliore speranza per fermare il genocidio a Gaza.

PRINCETON, N.J. – Achinthya Sivalingam, studentessa laureata in Affari Pubblici all’Università di Princeton, quando si è svegliata questa mattina non sapeva che poco dopo le 7 si sarebbe unita a centinaia di studenti in tutto il Paese che sono stati arrestati, sgomberati e banditi dal campus per aver protestato contro il genocidio a Gaza.

Quando le parlo indossa una felpa blu, a volte trattenendo le lacrime. Siamo seduti a un tavolino dello Small World Coffee shop di Witherspoon Street, a mezzo isolato di distanza dall’università in cui non può più entrare, dall’appartamento in cui non può più vivere e dal campus in cui tra poche settimane avrebbe dovuto laurearsi.

Si chiede dove passerà la notte.

La polizia le ha dato cinque minuti per raccogliere gli oggetti dal suo appartamento.

“Ho preso cose a caso”, racconta. “Ho preso i fiocchi d’avena per un motivo qualsiasi. Ero davvero confusa”.

Gli studenti che protestano in tutto il Paese dimostrano un coraggio morale e fisico – molti rischiano la sospensione e l’espulsione – che fa vergognare tutte le principali istituzioni del Paese. Sono pericolosi non perché disturbano la vita del campus o attaccano gli studenti ebrei – molti di quelli che protestano sono ebrei – ma perché denunciano l’abissale fallimento delle élite al potere e delle loro istituzioni nel fermare il genocidio, il crimine dei crimini.

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Algamica: I fatti e le chiacchiere

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I fatti e le chiacchiere

di Algamica*

fucilieri senegalesiDiscutiamo del 25 aprile, del valore della Resistenza, del fascismo e dell’antifascismo di ieri e di oggi, delle mobilitazioni e contro mobilitazioni di questa fase. Lo facciamo senza veli, in modo schietto, chiamando in causa anche nostre illusioni e fraintendimenti storici, teorici, politici e pratici. Lo facciamo relazionandoci sempre e solo ai fatti, e non alle chiacchiere più o meno interessate a spaziare esclusivamente nella propaganda, perché mancano argomenti al liberismo in profonda crisi di prospettiva e dunque, come dicono a Napoli, «chiacchiere e tabacchiere di legno il banco di Napoli non le impegna».

Finalmente, dopo 79 anni, si apre uno squarcio diverso su una ipocrisia storica durata fin troppo: cosa fu esattamente la resistenza in Italia? Basterebbe solo leggere con attenzione le date della storia per dare ai fatti e alle parti in causa reali connotazioni.

Quando un Aldo Cazzullo titola il suo editoriale «Bastava un gesto» sul giornale più importante dell’establishment d’Italia, mostra tutta la povertà argomentativa che ha il potere capitalistico in un paese occidentale come l’Italia. Mostra, cioè la mancanza assoluta di forza di attrazione politica, teorica e culturale, insomma mostra la crisi valoriale del liberismo. La qualcosa fa il paio con la ufficializzazione della candidatura di tal Vannacci, da parte della Lega di Salvini, come capolista in tutte le circoscrizioni per le elezioni europee.

Diamo la parola a chi, da vero liberista, chiama le cose per il loro nome, a quel Alessandro Sallusti che scrive «Purtroppo non da oggi il ricordo della giornata della Liberazione è diventato una baraccata». Ma perché un liberista arriva a definire la celebrazioni per il giorno della Liberazione una baraccata? Lo sintetizza in modo chiaro e netto nella chiusa: «Viva il 25 aprile, ma quello del 1945».

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Piccole Note: L’attacco a Rafah e la follia suicida di Israele

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L’attacco a Rafah e la follia suicida di Israele

di Piccole Note

Nell’etica israeliana vive l’idea della vendetta associata al suicidio. In ambito religioso è il mito di Sansone, in ambito laico Masada…

Israele prepara l’attacco a Rafah. Lo segnala al Jazeera, che pubblica immagini satellitari di forti concentrazioni militari: “L’analisi [delle immagini] mostra che Israele ha spostato più di 800 veicoli militari in due basi. Almeno 120 sono posizionati al confine settentrionale della Striscia di Gaza e 700 nel deserto del Negev”. Inoltre, in questi giorni, Tel Aviv ha inviato due brigate di riservisti a Gaza. 

Infine, la notizia dell’incontro tra una delegazione di alti funzionari egiziani e israeliani per concordare la pianificazione dell’attacco, dal momento che il Cairo non vuole che i palestinesi entrino nel suo territorio (Axios).

 

La mattanza di Rafah, poi Hezbollah, poi l’Iran… poi?

Così, mentre si rincorrono le notizie sulle fosse comuni rinvenute presso due ospedali di Gaza – 392 i corpi trovati, recita al Jazeera, “compresi donne, bambini e anziani, che mostravano segni di torture e di esecuzioni” – altri orrori si apparecchiano per il Nord della Striscia, dove sono stipate in condizioni inumane oltre un milione di persone.

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Leonardo Mazzei: Dichiarazione di guerra

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Dichiarazione di guerra

di Leonardo Mazzei

«All’Occidente le cose non stanno andando come previsto. Sbaglia, tuttavia, chi pensa che a Washington ci si stia predisponendo a una soluzione alla “coreana”, con un cessate il fuoco sine die sull’attuale linea del fronte ucraino…»

*   *   * *

I 95 miliardi stanziati dal Congresso americano non sono “semplici” aiuti militari, bensì una vera e propria dichiarazione di guerra. Certo, una dichiarazione non nuova, ma che certifica definitivamente la scelta bellicista della Casa Bianca. Insieme all’analogo stanziamento approvato dall’Unione Europea, la decisione statunitense chiarisce infatti la volontà dell’Occidente collettivo di continuare a tutti i costi la guerra, quella alla Russia in primo luogo.

Ma a Washington sono andati ben oltre. Dei 95 miliardi di aiuti militari, 61 sono destinati all’Ucraina, 26 a Israele, 8 a Taiwan. Insomma, sia pure in diversa misura, si è cercato di coprire finanziariamente lo sforzo bellico su tutti e tre i fronti principali di un conflitto sempre più concepito come globale.

Naturalmente, viste le grida di dolore di Zelensky, l’attenzione è puntata anzitutto sull’Ucraina. Riusciranno le nuove armi a ribaltare l’attuale situazione sul campo? Certamente no, ma l’idea degli strateghi della Nato è quella di inchiodare la Russia a una lunga guerra di logoramento. E’ in questa prospettiva che va visto l’incessante flusso di armi verso Kiev.

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Paolo Di Marco: 25 Aprile: Socialismo o Democrazia

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25 Aprile: Socialismo o Democrazia

di Paolo Di Marco

Che questo 25 Aprile in Italia lo festeggiamo (si fa per dire) con un governo di fascisti, leghisti e mafiosi (anche se tutti parodie di parodie, come dice Travaglio) è un tributo alla concezione del mondo dei nostri liberatori americani, il cui nome ufficiale è ‘democrazia occidentale’ e la cui sostanza si vede bene nei resoconti del secondo 25 Aprile che si festeggia in Portogallo, nel 50° della rivoluzione dei garofani.

Ci sono dei documentari su ARTE che ne ripercorrono le tappe drammatiche ed entusiasmanti; l’origine africana della rivoluzione, con Amilcar Cabral che ne è il fulcro; guerriero e teorico porta la Guinea Bissau, la colonia più povera, a essere il Vietnam del Portogallo; anche dopo il suo assassinio la lotta degli africani nelle colonie, Mozambico, Angola, Guinea Bissau è la spinta alla rivoluzione dei capitani portoghesi -il paese più povero e arretrato d’Europa dopo 48 anni di dittatura.

Quando anche le colonie acquistano l’indipendenza i marxisti terzomondisti come Arrighi vedono iniziare la traiettoria di un sogno che da Maputo arriva a Detroit.

Ma quello che succede in Portogallo è di chiarezza esemplare: i due giorni che rovesciano la dittatura fascista più longeva d’Europa (ma va ricordato che il segreto della sua longevità sono le Azzorre come base per gli alleati durante la Seconda Guerra e la partecipazione alla Nato come membro fondatore) sono il prodotto congiunto della rivoluzione dei capitani e della partecipazione popolare, che rende vincente il bluff dei militari ribelli.

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Gilberto Trombetta: L’indipendenza della Banca Centrale, l’Unione Europea e le case green

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L’indipendenza della Banca Centrale, l’Unione Europea e le case green

di Gilberto Trombetta*

Banca d’Italia ha appena pubblicato 5 numeri della serie “Questioni di economia e finanza”. Uno di questi, l’845, si intitola “Il miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni in Italia: lo stato dell’arte e alcune considerazioni per gli interventi pubblici”¹.

Nel testo, Bankitalia suggerisce, tra le altre cose, di “subordinare la locazione degli immobili al rispetto di standard minimi di efficientamento energetico”. Che tradotto in linguaggio comune vuol dire limitare o impedire l’affitto degli immobili se non rispettano la tabella imposta dall’unione Europea sulle case green.

Ecco cosa vuol dire avere una Banca Centrale “indipendente”. Indipendente dagli interessi nazionali ma dipendente dagli interessi dei grandi capitali esteri. E da Bruxelles.

Ricordiamo brevemente che la direttiva dell’Unione Europea prevede che i Paesi membri riqualifichino almeno il 15% degli edifici residenziali con i maggiori consumi energetici (classe G) portandoli alla classe E entro il 2030 e alla D entro il 2033.

In Italia circa 8 persone su 10 possiedono la casa in cui vivono.

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