ReCommon ha presentato un esposto alla Corte dei Conti sull’operato di SACE
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ReCommon ha presentato un esposto alla Procura regionale del Lazio della Corte dei Conti sull’operato di SACE, l’assicuratore di Stato italiano controllato dal ministero dell’Economia e delle Finanze. A SACE si contesta una possibile non corretta gestione delle risorse pubbliche e una mancata tutela degli interessi dei cittadini italiani in relazione alle garanzie (assicurazioni sui progetti o garanzie sui prestiti per la realizzazione dei progetti) emesse negli ultimi anni nei settori più a rischio come petrolio e gas, petrolchimico e crocieristico. Difatti, se le cose vanno male SACE rimborsa con soldi pubblici le aziende oppure le banche che hanno prestato soldi alle aziende per i loro investimenti esteri.
La stessa Corte dei Conti, attraverso la sua Sezione del Controllo sugli Enti, negli ultimi tre anni ha segnalato la necessità di provvedere a una maggiore diversificazione settoriale, raccomandazione che SACE ha ripetutamente ignorato, intensificando gli investimenti nei settori più a rischio, a partire dai combustibili fossili.
Proprio su questo fronte, fra il 2016, anno di entrata in vigore dell’Accordo di Parigi sul clima, e il 2023, SACE ha emesso garanzie per il settore oil&gas pari a 20 miliardi di euro – di cui 4,95 lo scorso anno, che rappresentano una fetta importante dei cosiddetti “sussidi ambientalmente dannosi” italiani. Per comprendere ancor meglio la portata dei finanziamenti italiani al comparto dell’energia fossile per tutta la catena del valore e dei suoi derivati, vale la pena ricordare che SACE si colloca al quinto posto globale e al primo in Europa tra i finanziatori pubblici dell’industria fossile.
A novembre 2021, durante la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite COP26 tenutasi a Glasgow, il nostro Paese si era impegnato a «porre fine al nuovo sostegno pubblico diretto al settore internazionale dell’energia da combustibili fossili entro la fine del 2022», sottoscrivendo quella che è passata alle cronache come la “Dichiarazione di Glasgow”. La nuova policy al riguardo, emessa da SACE solo nel 2023, quindi in estremo ritardo, consente all’Italia di sostenere con soldi pubblici progetti fossili almeno fino al 2028 e, grazie a diverse “scappatoie”, praticamente per sempre.
SACE è molto attiva in paesi dove l’industria estrattiva rappresenta un fattore destabilizzante. In primis in Mozambico, dove ha garantito il progetto Coral South FLNG di Eni con 700 milioni di euro e Mozambique LNG con 950 milioni di euro, per cui SACE dovrebbe coprire i prestiti per le operazioni di Saipem, tra cui quello di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) del valore di 650 milioni di euro. Quest’ultima operazione era stata valutata negativamente dalla stessa Corte dei Conti nel marzo del 2021, poiché concorreva al superamento dei limiti di portata degli impegni a carico dello Stato.
Con una battaglia legale iniziata a giugno 2021, ReCommon ha richiesto l’accesso alle informazioni ambientali e sociali su cui si basa la valutazione di SACE per le garanzie in favore di Eni e Saipem in Mozambico. A marzo 2023 il Consiglio di Stato ha respinto in modo definitivo l’appello di SACE contro la pronuncia del TAR del Lazio di maggio 2022, che riconosceva a ReCommon il diritto di accesso ai documenti. Nonostante il TAR sia stato costretto a nominare un Commissario ad acta – individuato a maggio 2023 dalla Prefettura di Roma per consegnare i documenti a ReCommon per conto di SACE – e la presenza di due interrogazioni parlamentari sulla vicenda, ad oggi ReCommon non ha ancora ricevuto i documenti richiesti.
«Le operazioni estere di SACE si concentrano nei paesi e nei settori più a rischio, sia sul piano politico e sociale che ambientale», afferma Simone Ogno di ReCommon. «Investimenti sconsiderati per lo più a favore degli interessi delle multinazionali, con ricadute sociali, ambientali e climatiche spesso negative nei paesi destinatari degli investimenti. È arrivato il momento che il governo, tramite SACE, smetta di giocare d’azzardo con i soldi delle e degli italiani, facendo in modo che l’assicuratore pubblico ponga fine all’emissione di garanzie nei settori più a rischio come petrolio e gas e indirizzi la sua operatività sulla transizione energetica ed ecologica dell’Italia», conclude Ogno.
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