Rassegna 07/06/2024
Marco Rovelli: Che cosa significa essere umani?
Che cosa significa essere umani?
di Marco Rovelli
Vittorio Gallese e Ugo Morelli: Cosa significa essere umani? Corpo, cervello e relazione per vivere nel presente, Raffaello Cortina Editore, 2024
Che cosa significa essere umani? Partiamo da qui, da questa domanda capitale, perché quel punto interrogativo non è retorico, ma fondativo. Il libro pone molte domande, e a nessuna pretende di rispondere in maniera conclusiva: nella densità del testo a ogni pagina, a ogni questione, si dipartono altre vie, altre domande. Essere umani, del resto, è una domanda aperta: l’ente che chiamiamo umano, infatti, consiste in una radicale dimensione di apertura al mondo. E a farlo consistere in quanto umano, c’è proprio il fatto di essere un produttore di significati: l’umano è l’animale che si chiede “che cosa significa essere umani?”.
Vittorio Gallese, neuroscienziato che negli anni novanta fu parte del team che scoprì i neuroni specchio, e Ugo Morelli, psicologo e studioso di scienze cognitive, hanno scritto a quattro mani questo testo che suona come il precipitato di un comune itinerario di conoscenza e riflessione, nella distinzione delle rispettive competenze e attività, e si pongono la domanda sull’umano incrociando differenti saperi nell’ottica della complessità, con una scrittura a un tempo rigorosa e divulgativa: insomma, mettono a disposizione di un ampio pubblico di lettori il modo in cui i saperi neuroscientifici, psicologici e filosofici cercano di far luce sulla “natura umana” in una prospettiva evolutiva.
Spesso, nel senso comune, le neuroscienze appaiono come la frontiera del riduzionismo: scopriamo i meccanismi del cervello, si pensa, e scopriremo le fondamenta dell’umano, che a quei meccanismi neurali possono tutti quanti essere ricondotti – come molti auspicavano sarebbe stato per il DSM-5 del 2015 – l’ultima edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali –, ovvero realizzare una mappatura dei cosiddetti disturbi mentali in relazione al loro fondamento neurobiologico – tentativo fallimentare, ma che testimonia di una tendenza persistente e centrale della nostra cultura e della nostra contemporaneità.
Gianandrea Gaiani: I rischi di una “escalation controllata” con la Russia
I rischi di una “escalation controllata” con la Russia
di Gianandrea Gaiani
Non sono certo mancati gli sviluppi dopo gli “incoraggiamenti” formulati la scorsa settimana dal segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, nei confronti degli stati membri dell’alleanza affinché consentano l’impiego delle armi a raggio più esteso donate a Kiev anche contro obiettivi situati sul territorio russo.
Lo stesso Stoltenberg ha precisato che la decisione spetta ai singoli stati. “Non si tratta di decisioni della NATO sulle restrizioni. Alcuni alleati non hanno imposto restrizioni sulle armi che hanno consegnato. Altri lo hanno fatto. Credo che sia giunto il momento di prendere in considerazione tali restrizioni, anche alla luce degli sviluppi della guerra”, ha proseguito.
“Inoltre, dobbiamo ricordare che questo non rende gli alleati della NATO parte del conflitto. Abbiamo il diritto di fornire supporto all’Ucraina per aiutarli a sostenere il diritto all’autodifesa“, ha precisato senza per spiegare perché rilasci così tante dichiarazioni a proposito di un tema che non coinvolge decisioni della NATO, come lui stesso afferma, e soprattutto in base a quali elementi possa negare che consentire a Kiev di colpire il territorio russo con le nostre armi costituisca un ulteri0re coinvolgimento delle nazioni aderenti alla NATO nel conflitto.
Una sorta di “escalation controllata” che non è detto risulti controllabile, anche tenendo conto il contemporaneo invio di istruttori e consiglieri militari francesi (e forse anche di altre nazioni europee) in Ucraina. A dar man forte al segretario generale, che nel recente summit di Praga ha chiesto 40 miliardi di euro di aiuti militari annui a Kiev, sono scesi in campo l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Nestor Halak: La società dei codardi
La società dei codardi
di Nestor Halak
Mi trovo spesso a guidare lungo una strada accanto a una scuola che è piuttosto difficile da percorrere perché sovente ostruita da numerosissime auto, parcheggiate ovunque, di solito con una sola persona a bordo ad aspettare. Si tratta dei genitori (genitore uno oppure due ma forse possono essere tre) o chi per loro, degli studenti che si sentono obbligati e probabilmente lo sono davvero, ad andare a prendere i figli all’uscita per evitare i terribili pericoli che il percorso fino a casa comporta per dei minorenni non protetti. Io che ho frequentato le scuole negli anni 60/70 quando la società era barbara e primitiva e questo salvifico uso non era ancora invalso, lo so bene chi incontravo per strada.
Si assume infatti che le nostre città siano sommamente insicure anche per i grandi, ma per i giovani i rischi sono ancora maggiori e la televisione e la rete ce li ricordano di continuo: i pedofili, gli spacciatori, gli assassini e i maniaci sempre in attesa con la bava alla bocca, il traffico che sfreccia a trenta all’ora rischiando di investire i pargoli, l’inquinamento dell’aria che gli avvelena i polmoni, i bulli sempre pronti a colpire nei momenti in cui non c’è sorveglianza, i minorenni che per definizione sono un pericolo per loro stessi, almeno finché non scatta il fatidico calendario e allora diventano magicamente coraggiosi e responsabili.
Chi mai li sorveglierebbe in questo spazio vuoto dalla casa alla scuola se fosse loro permesso di percorrerlo in autonomia, senza neppure, che so, il maestro di danza? Certo, ognuno di loro ha un telefonino, costantemente connesso alla rete, ma sfortunatamente i pargoli sono poco propensi a rimanere in collegamento con i genitori (o magari con la polizia), sovente sono più portati a fare giochini sparatutto o pettegolezzi sui social, per cui restano pericolosi spazi di vuoto anche di interi minuti.
Federico Giusti: Dietrofront compagni: l’ombrello della Nato è imprescindibile
Dietrofront compagni: l’ombrello della Nato è imprescindibile
di Federico Giusti
Alla vigilia delle elezioni europee Michele Santoro getta la maschera.
Prima di ogni ulteriore considerazione appare evidente come le dichiarazioni di Michele Santoro siano coerenti con il profilo politico dell’ex giornalista, una lunga carriera in Rai e su altre emittenti televisive e un innato protagonismo da “prima donna” nell’alveo del centro sinistra. Una lista pacifista il cui leader non giudica maturi i tempi per uscire dalla Nato di pacifismo ha ben poco, sembra invece l’ennesima lista di ceto politico speranzoso di sopravvivere dopo anni di fallimenti, anticamera autoreferenziale di percorsi senza sbocchi e funzionali, magari, alle prossime elezioni politiche per sedersi ai tavoli decisionali del centro sinistra e assicurare un pugno di seggi parlamentari a qualche esponente della società civile; una scelta mai come oggi priva di significati pregnanti e ancor più di pratiche e prospettive ben definite.
Nulla di nuovo all’orizzonte ma l’ennesimo utilizzo strumentale della pace per ragioni elettorali proprio quando all’interno della Nato soffiano i venti di guerra per una escalation di guerra che autorizzi l’Ucraina a utilizzare, come sta già facendo, i missili a lunga gittata di produzione europea e statunitense per attaccare infrastrutture in territorio russo.
Redazione laboratorio21: Elezioni europee: le scelte in campo e la guerra
Elezioni europee: le scelte in campo e la guerra
di Redazione laboratorio21
L’evoluzione della situazione internazionale è in continuo divenire e si colloca dentro uno scontro sempre più esplicito tra le maggiori potenze economiche, politiche e militari del mondo.
Tale dinamica ha spinto i maggiori Paesi europei, chiusi nella morsa dell’alleanza atlantica, a spingersi sempre più in là nel sostegno all’Ucraina, restando pressoché silente sul massacro, genocidio, pulizia etnica (definiamola come più ci convince) in atto a Gaza. Quanto sta accadendo in Palestina, qualunque tregua ci sarà, resterà indelebile nella storia dell’umanità.
Questi due elementi dovrebbero rappresentare il tema di scontro vivo all’interno della campagna elettorale per le elezioni europee. A quanto sembra, almeno in Italia, non è così. Come non sembra essere elemento di scontro la natura e l’essenza dell’Unione Europea. Il nuovo patto di stabilità, la continua deflazione salariale e l’inesorabile riduzione della spesa sociale accanto all’aumento esponenziale della spesa militare, sono affrontati quasi come nodi “naturali” con cui fare i conti.
Il Governo ha ribadito il sostegno all’Ucraina, seppure per ora si è sottratto a dare il consenso alla possibilità che armi italiane colpiscano la Russia, così come continua a dare i buffetti e rimproveri a Israele insieme al sempre più ridimensionato occidente senza alcuna azione diplomatica che provi a fermare il massacro.
Antonio Castronovi: No NATO! No guerra! No voto?
No NATO! No guerra! No voto?
di Antonio Castronovi
Non credete a quelli che dicono che la NATO sia una alleanza difensiva. No! La NATO è una organizzazione criminale, belligerante e terroristica che non rappresenta gli interessi degli Stati ma quelli di élite sovranazionali e di organismi non statali, i “padroni universali, così definiti da Giulietto Chiesa, che agiscono anche contro gli interessi degli stessi stati e popoli sovrani, anche di quelli statunitensi, quando la loro azione non è conforme alle attese. Chi manovra l’escalation bellica e terroristica nel mondo sono spesso soggetti oscuri, che operano dietro le quinte o nei servizi segreti di guerra preparando attentati e attacchi terroristici contro paesi e governi riottosi e non obbedienti, servendosi a tal fine di manovalanza criminale “irregolare” raccattata in giro per il mondo sotto la falsa bandiera etnica o religiosa. Le organizzazioni terroristiche di Al Qaeda e dell’ISIS hanno fomentato e nutrito guerre in Afghanistan, Iraq, Siria e in tutta l’Africa al servizio delle potenze neocoloniali. Del resto cosa è stata la strategia della tensione in Italia se non una operazione terroristica della NATO, con i suoi “irregolari” arruolati nella Gladio, contro lo Stato sovrano italiano?
Mario Pezzella: Cronache dal “secolo ombra” (2). La pre-guerra
Cronache dal “secolo ombra” (2). La pre-guerra
di Mario Pezzella
Le analogie tra lo stato d’animo attuale e quello che precedette la Prima guerra mondiale
Lo stato d’animo prevalente, nella condizione di pre-guerra che stiamo vivendo, è quello di una feroce apatia. Mentre un genocidio quasi dichiarato avviene a opera di un governo razzista a Gaza, mentre una guerra di trincea si combatte al centro dell’Europa, e mentre un altro genocidio appena mascherato si svolge nei mari delle nostre coste per colpa della “democratica” Unione europea, la vita quotidiana procede nella sua apparente, ornamentale banalità. Apatia, passività, indifferenza, certo: ma anche ferocia inconsapevole verso le vittime, che disturbano i nostri sconcertanti dibattiti su Fiorello e Amadeus, sulle auto elettriche o a diesel, sul turismo di massa sempre più disgustoso e ossessivo: l’attivismo vuoto che ricopre il vuoto interiore.
Viviamo, per citare il titolo di un film recente, in una “zona d’interesse” (vedi qui), coltivando i cavoli del nostro giardino, mentre a poca distanza avviene l’orrore. Lentamente, i governanti europei lasciano filtrare nelle loro parole, a dosi omeopatiche, la necessità e l’opportunità della guerra, lentamente rendono pensabile ciò che sembrava impossibile; come Macron, che, non pago dei disastri provocati in Africa, ora si propone come duce guerriero dell’Occidente, presumibilmente per lasciarsi dietro un altro campo di macerie.
Turi Comito e Paolo Bartolini: Due sguardi convergenti su Europa e astensionisom
Due sguardi convergenti su Europa e astensionisom
di Turi Comito e Paolo Bartolini
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A che servono le elezioni europee?
di Turi Comito
In Italia, ma anche negli altri paesi dell’Unione, è assai diffusa l’idea che le elezioni per il Parlamento europeo siano una specie di mega sondaggio per misurare le forze dei partiti nazionali dentro il contesto nazionale e null’altro. Di più: è diffusa l’idea che l’Europa sia qualcosa di astratto, qualcosa che ci riguarda, sì, ma che, insomma, sia una questione tutto sommato secondaria. Le partite politiche, quelle vere, si giocano a Roma o a Parigi o a Madrid. Sono due idee molto cretine. Di norma in bocca e in testa a cretini. Oppure, il caso più fortunato, in bocca e in testa a individui senza le più elementari delle conoscenze del mondo in cui vivono. I primi sono soggetti irrecuperabili ed è inutile parlarci. I secondi no. Si può fare qualcosa.
Per esempio dirgli che si sbagliano profondamente e che forse è tempo di darsi una regolata.
Tanto per cominciare l’Unione europea produce atti con forza di legge (diretta o indiretta) che intervengono negli ordinamenti dei paesi aderenti per circa il 70% secondo le stime della stessa UE.
Per dirlo in altri termini: circa due terzi delle legislazioni dei paesi dell’Unione sono di derivazione europea. Se vi pare poco evitate di continuare a leggere.
Enrico Tomaselli: La strategia del calcio al barattolo
La strategia del calcio al barattolo
di Enrico Tomaselli
Si è più volte detto, su queste pagine, che gli Stati Uniti – e la NATO – hanno affrontato il conflitto con la Russia in Ucraina, con una idea di massima di ciò che si aspettavano di ricavarne, ma senza una vera e propria strategia (a tutto campo, non solo militare) per conseguirlo. C’è chi ha lamentato l’assenza di un piano B, ma in effetti il vero problema è stato, ed è, l’assenza di un piano A… Si è più volte, e da più parti, esaminato questo aspetto, cercando di comprenderne le ragioni – che, in ultima analisi, si possono riassumere in una singola questione: sottovalutazione del nemico, e sopravvalutazione di sé.
Qualora l’obiettivo fosse stato il disaccoppiamento tra Europa (Germania) e Federazione Russa, ciò non poteva che intendersi come funzionale all’indebolimento di entrambe, me è fin troppo evidente che questo disegno ha funzionato soltanto a metà: ha colpito gli amici, ma ha solo scalfito il nemico. Per di più, secondo la fondamentale logica imperiale del divide et impera, si è rivelata addirittura controproducente: a seguito del conflitto, infatti, si è determinata una saldissima alleanza tra tutti i principali paesi ostili agli USA, e in particolare – cosa assai più rilevante – tra Russia e Cina.
Escludendo che qualcuno, a Washington, abbia mai potuto pensare di sconfiggere la Russia sul campo di battaglia, e per di più usando il proxy ucraino, l’unico obiettivo militare che si potesse realisticamente prefiggere l’occidente collettivo era quello del logoramento. Impegnare Mosca in un conflitto abbastanza duraturo, e abbastanza duro, tale da costringere il nemico a consumarvi una quota significativa del proprio capitale umano, industriale ed economico.
Fabrizio Sciacca: Il sé mutante. L’estrusione della politica in Kafka
Il sé mutante. L’estrusione della politica in Kafka
di Fabrizio Sciacca
Cosa sappiamo davvero di Kafka a cento anni dalla sua morte? Qual è il vero significato della metamorfosi di Gregor Samsa? E in che modo si relaziona con i concetti di libertà e pace? In occasione del centenario della morte di Kafka, un estratto di Franz Kafka e la sfinge del potere di Fabrizio Sciacca, per indagare sempre più a fondo i labirinti del pensiero kafkiano.
Nur dein Nichts ist die Erfarung,
Die sie von dir haben darf.
Solo il tuo nulla è l’esperienza
che il tempo può avere di te. [1]
«Mutando riposa»
In Kafka, come tra Kafka e il K. del Processo o del Castello, non si ha una dicotomia soggetto/oggetto [2]. Non un linguaggio narrativo; non una scrittura descrittiva, ma espressiva [3]. La negazione di questa dicotomia trova conferma in una prosa priva di psicologismi. L’esempio più chiaro è nella Metamorfosi: «Gregorio Samsa, svegliandosi una mattina da sonni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo [zu einem ungeheueren Ungeziefer verwandelt]. Riposava sulla schiena, dura come una corazza, e sollevando a poco a poco il capo vedeva il suo ventre arcuato, bruno e diviso in tanti segmenti ricurvi, in cima a cui la coperta del letto, vicina a scivolar giù tutta, si manteneva a fatica. Le gambe, numerose e sottili da far pietà, rispetto alla sua corporatura normale, tremolavano senza tregua in un confuso luccichio dinanzi ai suoi occhi» [4].
Sappiamo innanzitutto dallo stesso Kafka che l’idea del racconto e il racconto stesso scaturiscono davvero da penose notti insonni. A Felice riferisce: «dovrò […] scrivere un breve racconto che mi è venuto in mente a letto nella mia pena [in dem Jammer] e incalza dentro di me [mich innerlichst bedrängt]» [5].
L’esempio della Metamorfosi è emblematico per l’assenza della dicotomia tra soggetto narrante e oggetto narrato. Leggere di questo corpo troppo grande e inutile di Samsa-insetto, è come rileggere di Kafka-figlio quando, nella Lettera al padre, parla esplicitamente di sé stesso: così come, attraverso Samsa, Kafka ne parla implicitamente. ‘Samsa’ e ‘Kafka’ presentano due elementi paronimici, s/k e m/f.
Sandro De Toni: Sahra e Carola, due donne per le due sinistre tedesche
Sahra e Carola, due donne per le due sinistre tedesche
di Sandro De Toni
Anche in Germania l’appuntamento delle elezioni europee del prossimo 9 giugno manda in fibrillazione il mondo politico e in particolare la sinistra. Due donne, Sahra Wagenknecht, 54 anni, e Carola Rackete, 36 anni, rappresentano le due opzioni presenti a sinistra della SPD. Va precisato che i partiti tedeschi per essere rappresentati nel Parlamento europeo non devono superare nessuna soglia. Gli ultimi sondaggi assegnano un confortevole 5-7% all’Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e giustizia (BSW), con un bacino più ampio di possibili elettori pari al 20% (il 31% nei Lander dell’Est), mentre Die Linke per cui è candidata indipendente la “capitana” Rackete, viene data al 3%. Primeggia la CDU/CSU con il 32% mentre sono in declino sia i verdi (13%) che i socialdemocratici (16%); in calo (relativo) anche l’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD) data al 15%.
Sahra la rossa
Wagenknecht, una figura carismatica e mediatica, dopo una lunga battaglia interna iniziata nel maggio 2018 con il lancio insieme al marito Oskar Lafontaine del movimento Aufstehen! (In piedi!), ha rotto gli indugi e nel gennaio scorso ha abbandonato Die Linke insieme ad altri nove deputati.
Giacomo Marchetti: La sinistra radicale britannica ai ferri corti con il Partito Laburista
La sinistra radicale britannica ai ferri corti con il Partito Laburista
di Giacomo Marchetti
Il Parlamento britannico è stato ufficialmente sciolto giovedì 30 maggio in vista delle elezioni generali del 4 luglio. Si prevede che queste elezioni porteranno a un cambiamento nel Regno Unito, visto che i laburisti sembrano in netto vantaggio sui conservatori.
Dopo quattordici anni di opposizione, il Labour si trova in una posizione di forza e il suo attuale leader, Keir Starmer, ex avvocato per i diritti umani proveniente dall’ala centrista, sta emergendo come il favorito per assumere la guida del governo.
Incapace di arrestare lo scivolone del suo partito nei sondaggi, la scorsa settimana il primo ministro Rishi Sunak ha cercato di riprendere l’iniziativa convocando le elezioni a luglio, anche se non erano previste prima dell’autunno.
Da allora, l’ex banchiere e ministro delle Finanze ha viaggiato per il Paese a ritmo frenetico, ma ha avuto un inizio di campagna difficile, segnato dall’annuncio delle elezioni generali sotto una pioggia battente e dalla incauta visita al quartiere Titanic di Belfast, che ha inevitabilmente attirato paragoni con l’affondamento del famoso transatlantico.
Danilo Ruggieri: L’insostenibile leggerezza del “suprematismo”
L’insostenibile leggerezza del “suprematismo”
di Danilo Ruggieri
Ormai nel “democratico” mondo occidentale si scambia sistematicamente la realtà per il proprio perverso desiderio. Le elites degradate che governano i paesi europei non sono più in grado di distinguere la loro propaganda dalla realtà fattuale. A chi ha un minimo di senso critico e non è ideologicamente asservito alla narrazione anglosassone e dei vari satelliti europei dovrebbe essere abbastanza chiaro quanto la macchina occidentale sia tanto grande quanto falsa. Un evento poi, il 7 Ottobre, in Palestina ha finalmente tirato giù la maschera alla presunta superiorità morale dell’Europa, o meglio dell’UE, come paladina dei diritti umani, espressione più alta della “democrazia partecipativa e inclusiva”, giardino dell’uomo pacifico occidentale, che attraverso le sue istituzioni diffonde benessere, non fa la guerra, ma partecipa a missioni “umanitarie” e combatte le minacce globali alla libertà, in primis il cattivo orso russo che spinge famelicamente ai confini dell’ innocente Europa. All’inizio, due anni fa, a questa narrazione ipocrita, anche nel nostro paese, come nel resto dei paesi occidentali, aveva aderito un vago sentimento pacifista e filoeuropeista che aveva riempito le piazze indignate per la seconda fase del conflitto ucraino russo.
Francesco Dall’Aglio: Ucraina: la pericolosa scommessa NATO
Ucraina: la pericolosa scommessa NATO
di Francesco Dall’Aglio*
La Russia considera le situazioni politico-militari in funzione del rischio per la sua sopravvivenza, la NATO in funzione dei costi, ovvero qual è il prezzo da pagare per vincere: se è troppo alto rispetto ai benefici si termina l’investimento, tanto la propria sopravvivenza non è mai a rischio essendo le guerre combattute altrove. La Russia questo ragionamento non se lo può permettere
In questi giorni di escalation sempre più spinte ho scritto poco, perché volevo sostanzialmente leggere che cosa pensano di tutta questa situazione alcuni analisti di cui mi interessa il pensiero: analisti russi, ovviamente, perché sono loro quelli che, visto che vogliamo fargli la guerra (che come tutte le nostre guerre è giusta e santa), dobbiamo studiare.
Uno di loro è Ilya Kramnik, che ha una pagina Telegram ben frequentata, anche se a un osservatore distratto sembrerà la pagina di un rifugio per gatti, e che giusto ieri ha pubblicato alcune considerazioni interessanti – e preoccupanti, ovviamente, come preoccupante è la situazione. Poi ha provato a sdrammatizzare, facendo se possibile peggio. (Il suo post è stato riassunto su Twitter in italiano, non da lui ovviamente, e lo trovate qui.)