I missili Nato a lunga gittata hanno fermato l’avanzata russa a Kharkiv?

Alessandro Marescotti – 18 giugno 2024

I missili Nato a lunga gittata hanno fermato l’avanzata russa a Kharkiv? (peacelink.it)

 

La vera ragione della stabilizzazione del fronte a Kharkiv è dovuta all’arrivo di significativi rinforzi. Ma l’affluenza di truppe a Kharkiv, usate per tappare i “buchi” del fronte, “scopre” altre zone del fronte: è un aspetto che la Russia sta astutamente sfruttando.

Il Corriere della Sera parla di “miglioramento della situazione a Kharkiv, in Ucraina, dopo l’arrivo delle armi a lungo raggio fornite dalla Nato“.

Le armi a più lunga gittata della Nato avrebbero fermato i russi e salvato vite umane.

Himars, uno dei lanciatori di missili che può colpire la Russia sul suo territorio

Viene descritta una Kharkiv stabilizzata e resa più sicura grazie all’autorizzazione della NATO a colpire il suolo russo da cui partono gli attacchi. Tuttavia, un’analisi più approfondita della situazione sul campo rivela una realtà diversa.

Gli analisti militari sottolineano come la vera ragione della stabilizzazione del fronte a Kharkiv sia dovuta all’arrivo di significativi rinforzi di truppe ucraine, Azov compresa. Infatti è stato l’invio di soldati ucraini a fare la differenza, fornendo un rinforzo e anche un numero sufficiente a compiere contrattacchi. Gli analisti concordano che solo con un robusto contingente di truppe è possibile arrestare l’avanzata russa e mantenere il controllo delle aree strategiche.

La guerra in Ucraina si decide nei combattimenti lungo la linea del fronte, non nelle retrovie russe. Colpire la logistica in Russia è inoltre un gioco pericoloso, tanto che lo stesso Biden ha posto dei limiti nella profondità degli attacchi.

I missili a più lunga gittata nulla cambiano nella linea del fronte su cui i russi premono. Nella linea del fronte a fare la differenza sono le munizioni di artiglieria, che i russi possiedono in quantità superiore, e i numeri dei soldati. Sembrerebbe uno scenario da prima guerra mondiale se non fosse per la novità dei droni che rendono ancora più precisi e micidiali i colpi, scoraggiando i grandi assembramenti di truppe e distribuendo gli uomini in tattiche militari completamente nuove.

In questa guerra vecchia e nuova al tempo stesso, la componente umana è quella fondamentale e non esiste allo stato attuale una tecnologia militare capace di capovolgere le sorti dello scontro. La Nato può fabbricare tecnologie e consegnarle, può rimpiazzare armi e munizioni ma non può fabbricare nuovi soldati. Il problema della carenza di uomini per l’Ucraina è il grande problema che non viene raccontato. Qui i russi sono avvantaggiati. Anche grazie alla copertura aerea fornita dai bombardamenti delle Fab bombs e dalla superiorità dell’artiglieria. La strategia russa negli attacchi si concentra nel disarticolare la logistica ucraina, rendendo sempre più difficili i rifornimenti al fronte. Immaginare che tutto questo si fermi colpendo il suolo russo con i missili è una semplice propaganda. Questa narrazione tenta di consolare i soldati ucraini dicendo che la Russia è colpita in profondità, offrendo una vendetta che può sollevare il morale di chi si sente bersagliato, ma che non capovolge le sorti della guerra. Prolunga solo i tempi di un conflitto in cui, più il tempo passa, più Putin conquista terreno.Kharkiv è vicina al confine russo ed è la seconda città più grande dell'Ucraina

Inoltre, l’affluenza di truppe a Kharkiv (già esauste per continui trasferimenti forzati per tappare altri “buchi” del fronte) è una soluzione d’emergenza non priva di rischi in quanto “scopre” altre zone del fronte: è un aspetto che la Russia sta astutamente sfruttando. Concentrando le proprie risorse umane su Kharkiv (seconda città dell’Ucraina che non può essere persa per ovvie ragioni), l’Ucraina rende altre aree vulnerabili, permettendo alle forze russe di avanzare in quei settori meno difesi. Come riportato da Alberto Simoni, corrispondente de La Stampa, un esperto intervistato ha sottolineato che Mosca non intende occupare Kharkiv, ma piuttosto creare zone cuscinetto per proteggersi oltre confine. Attaccare la città serve anche a obbligare Kiev a spostare le truppe da altre zone, assottigliando così la linea di difesa nel Luhansk.

La situazione rimane complessa.

Secondo le dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin, la Russia è riuscita a schierare fino a 700.000 soldati sul campo. Questo numero è più del doppio rispetto agli effettivi ucraini, creando una sfida enorme per Kiev. La disparità numerica per le truppe schierate al fronte è uno dei principali ostacoli che l’Ucraina deve affrontare in questo tritacarne prolungato. Più passa il tempo più l’esercito russo cresce numericamente sul campo di battaglia, mentre l’Ucraina più passa il tempo più entra in crisi nella capacità di reclutamento. La crisi interna in Ucraina sta infatti diventando sempre più evidente. Con l’intensificarsi della guerra, cresce il numero dei renitenti alla leva e di coloro che cercano di fuggire all’estero per evitare di combattere. Questa fuga rappresenta un ulteriore problema per l’esercito ucraino, che deve fare i conti con una coperta sempre più corta in termini di risorse umane. Vi è poi un significativo risentimento da parte delle donne ucraine che sono scese più volte in piazza per reclamare la smobilitazione dei propri mariti e familiari.

Qui la differenza fra Russia e Ucraina è evidente. Benché siano stati segnalati gravi episodi di reclutamente forzato in Russia, il reclutamento professionale – dietro pagamento di stipendi elevati – non è entrato in crisi e costituisce la forza di Putin. Per Zelensky invece il fondo è stato toccato e anche raschiato. Quello che rimane è il reclutamento di soldati sempre più giovani e sempre meno propensi a morire per la patria. Giovani che non escono più di casa per non farsi beccare dai reclutatori. Giovani che non rispondono più alla chiamata e si nascondono come possono. Anche la Chiesa Ucraina è scesa in campo: li implora perché vadano a combattere.

Mentre la Nato tende a enfatizzare il ruolo delle armi a lunga gittata e l’intervento occidentale, la realtà sul terreno mostra che la resistenza ucraina si basa in gran parte sul sacrificio e sul coraggio delle sue truppe. È essenziale riconoscere questo aspetto per comprendere appieno le dinamiche del drammatico scontro in corso ed essere onesti nel riconoscere che tirare la corda del sacrificio e del coraggio, per quanto la retorica sia ben confezionata, è un esercizio che non può durare all’infinito. Per quanti anni la corda potrà essere tirata prima di spezzarsi?

La Nato ha sbagliato i calcoli. Ha voluto creare l’“effetto Afghanistan” per la Russia, con un Putin alle corde costretto a gettare sempre nuove truppe in uno scontro disperato. Ma questo scenario – lungamente “narrato” con tecniche di suggestione mediatica – non si è avverato, si è anzi capovolto. L’Ucraina non è diventata un incubo per Putin ma è diventata un incubo per la Nato stessa. E adesso gli apprendisti stregoni non sanno come venir fuori dal pantano di una guerra a oltranza in cui ogni trattativa è stata fin qui bollata come una resa al nemico.

Paradossalmente, la strategia attuale della NATO e di Zelensky sembra avvantaggiare Putin più che l’Ucraina. Prolungando il conflitto, si offre alla Russia il tempo necessario per consolidare le sue posizioni e avanzare ulteriormente. Al contrario, prolungando il conflitto, l’Ucraina viene messa sempre più sotto pressione, con esiti imprevedibili e comunque di certo non positivi.

Occorre un grande bagno di umiltà e ammettere onestamente che ci si è infilati in un vicolo cieco sotto la droga insidiosa della retorica militare: la retorica della “guerra giusta”.

 

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