Rassegna 01/07/2024
Jacques Nikonoff: Francia: chi votare alle prossime legislative?
Francia: chi votare alle prossime legislative?
di Jacques Nikonoff
Molti si chiedono quali siano le vere ragioni che hanno spinto il Presidente della Repubblica a sciogliere l’Assemblea Nazionale. Al di là del narcisismo patologico dell’individuo, ci sono ragioni politiche ben ponderate. Ad esempio, un gruppo di consiglieri di Emmanuel Macron, una decina di persone — “cocciniglie” secondo l’ex ministro delle Finanze Bruno Lemaire — ha lavorato a questo piano per diversi mesi nella massima segretezza. L’obiettivo dello scioglimento era quello di rafforzare il “blocco centrale” (Macronisti) sfruttando le debolezze e le divisioni a sinistra e a destra. Infatti, a sinistra e tra gli ecologisti, diverse personalità si erano unite a Macron, così come molti dirigenti dei Repubblicani (LR).
Di fronte alla crisi politica e all’ansia che la dissoluzione avrebbe provocato, l’obiettivo era quello di spaventare i cittadini con la solita retorica del rischio dei “due estremi”, Marine Le Pen e il Rassemblement National (RN) da una parte, Jean-Luc Mélenchon di La France Insoumise (LFI) dall’altra. La prima ha ottenuto il 23,15% dei voti espressi al primo turno delle elezioni presidenziali del 2022 e si è qualificata per il secondo turno con il 41,45%, mentre Jean-Luc Mélenchon ha ottenuto il 21,95% al primo turno. Il caso sembrava semplice e ovvio.
Ma questa strategia è fallita miseramente. Sfidando tutte le previsioni, la sinistra ha formato un cartello elettorale chiamato Nuovo Fronte Popolare (NFP), mentre una parte dei repubblicani si è unita al RN invece che al partito di Macron. Nessuno si è unito al “polo centrale” perché oggi la mangiatoia è vuota e la prospettiva è quella di una batosta alle elezioni legislative.
La posta in gioco nelle elezioni legislative del 30 giugno e del 7 luglio è duplice: o una maggioranza assoluta per il Rassemblement National o per il Nouveau Front Populaire, improbabile ma comunque possibile; o una maggioranza relativa nell’Assemblea Nazionale per uno dei due.
Il Pungolo Rosso: Francia: tre proposte politiche, l’una più reazionaria e anti-proletaria dell’altra
Francia: tre proposte politiche, l’una più reazionaria e anti-proletaria dell’altra
di Il Pungolo Rosso
Le elezioni anticipate in Francia a meno di un mese da quelle europee offrono tre alternative della stessa salsa nazionalista, e qualunque sarà il risultato, il prossimo governo francese proseguirà sulla strada del riarmo e dell’economia di guerra.
Riponiamo le nostre speranze non nella vittoria di un “nuovo fronte popolare” tutto interno al sistema, ma nella ripresa delle lotte sociali e nella presa di coscienza e mobilitazione internazionalista contro tutte le guerre del capitale, e contro il “nemico interno” che le prepara e alimenta.
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Il risultato delle elezioni europee del 10 giugno 2024, in Francia, con l’affermazione del Rassemblement National i come primo partito, ha indotto il presidente Macron a sciogliere l’Assemblea Nazionale e indire nuove elezioni politiche per il 30 giugno. Un azzardo secondo molti, comunque un calcolo che si basa sulla speranza, forse mal riposta, di arrivare comunque al ballottaggio grazie a una maggiore affluenza alle urne ii, e di avere di nuovo i voti della sinistra contro la destra, quale “male minore”. iii
Macron accusa il colpo e gioca l’azzardo
Il risultato alle Europee non costringe Macron alle dimissioni, tuttavia lo indebolisce in Europa, dove i 13 seggi del suo partito Renaissance lo ridimensionano dentro Renew Europe, che scesa a 79 seggi è a sua volta socio di minoranza nella coalizione a guida Von der Leyen – PPE (Partito Popolare Europeo), 186 seggi, e S&D (Socialisti e Democratici), 135 seggi iv. Anche se il RN della Le Pen con i suoi 30 seggi è sì maggioranza in ID (Identità e Democrazia) che tuttavia coi suoi 59 seggi non ha i numeri per riunire una maggioranza alternativa v. Il voto europeo indebolisce quindi la posizione dell’imperialismo francese nel Parlamento UE, e indirettamente nel Consiglio e nella prossima Commissione Europea.vi
Chiara De Cosmo: Le forze viventi e la logica del capitale
Le forze viventi e la logica del capitale
di Chiara De Cosmo
Michael Heinrich arricchisce la lettura di Marx con uno sguardo nitido sul rapporto tra scienza e critica. Occorre, però, non tralasciare in questo quadro le potenzialità del lavoro vivo
A partire dagli anni Ottanta, con l’affermazione crescente delle politiche neoliberiste e il depotenziamento, almeno nel mondo occidentale, dell’immaginazione di un futuro alternativo rispetto ai rapporti capitalistici, la teoria marxiana pareva non tenere più il passo con i tempi. Lo studio dell’economia iniziò progressivamente a ridursi alla sola indagine quantitativa, all’esplorazione di modelli di equilibrio che facevano astrazione dalle relazioni materiali e storiche. Una seria presa in carico della teoria del valore marxiano sembrava, in questo contesto, ormai anacronistica.
Nata come una tesi di dottorato elaborata tra il 1987 e il 1990, La scienza del valore di Michael Heinrich, recentemente edita in italiano a cura di Stefano Breda e Riccardo Bellofiore (PGreco, 2023), si proponeva di sfidare questa prospettiva. Tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, riprendendo alcuni degli esiti più alti raggiunti dal dibattito degli anni Venti sulle categorie della critica dell’economia politica marxiana da parte di autori come Isaak I. Rubin e Henryk Grossman, il problema del valore e la teoria del capitale di Marx erano state rimesse a fuoco in una duplice direzione. Da un lato, letture di più stretta competenza economica – come quelle legate al paradigma neo-ricardiano che si rifaceva alla riflessione di Piero Sraffa – ne avevano tentato una formalizzazione; dall’altro, alcuni pensatori che rientrano nel novero di quella che è conosciuta come Neue Marx Lektüre, tra cui Helmut Reichelt e Hans Georg Backhaus, ne avevano colto la centralità per comprendere il modo in cui, in un mondo dominato dal capitale, si costruissero le forme della socializzazione. Tuttavia, proprio questo divaricarsi di orientamenti, da un lato più strettamente economico, dall’altro più apertamente sociologico, aveva impedito di cogliere la reale portata scientifica della teoria marxiana.
Giuseppe Masala: Le cripto e i burocrati: come l’UE sceglie (ancora) sottosviluppo e dipendenza
Le cripto e i burocrati: come l’UE sceglie (ancora) sottosviluppo e dipendenza
di Giuseppe Masala
In più di una circostanza mi sono occupato su questa testata di cryptomoneta, non tanto sotto l’aspetto speculativo ma perché da sempre ritengo che l’innovazione tecnologica sia il motore che spinge l’evoluzione sociale e politica. Quando l’innovazione tecnologica riguarda la moneta e la finanza, a mio avviso, le ripercussioni sono anche di natura geopolitica: questa convinzione mi spinse a scrivere anche all’allora delegato della BCE (e oggi governatore della Banca d’Italia) professor Panetta, oltre che a commentare le varie mosse della Commissione europea in materia e anche altre innovazioni provenienti da oltre Atlantico. Del resto lo sappiamo, l’attuale crisi geopolitica che rischia di trascinare l’intero mondo nell’abisso di una guerra globale è dovuta al tentativo da parte delle potenze euroasiatiche tra loro coalizzate di disarcionare il dollaro come moneta standard per gli scambi internazionali. Allo stesso modo l’emergere della nuova tecnologia che consente scambi finanziari, rapidi, sicuri e a bassissimo costo, soprattutto se correlati a piattaforme che ne facilitano l’utilizzo (pensiamo a Binance o a CoinBase), può sconvolgere sia il mercato finanziario che il mercato monetario, e conseguentemente i rapporti di forza tra diversi Stati.
Piccole Note: Usa-Russia: il colloquio dei ministri della Difesa
Usa-Russia: il colloquio dei ministri della Difesa
di Piccole Note
Dopo l’escalation della strage in Crimea, Lloyd Austin chiama il suo omologo russo. La Rand Corporation: insensata l’escalation progressiva in Ucraina. Annunciata la visita di Modi a Putin
Il Segretario della Difesa Usa, Lloyd Austin, e il nuovo ministro della Difesa russo, Andrei Belousov, hanno avuto un colloquio telefonico. Nulla si sa di quanto si siano detti, l’unica informazione di rilievo, data dal portavoce del Pentagono, è che Austin “ha sottolineato l’importanza di mantenere aperte le linee di comunicazione durante nel corso della guerra ucraina”.
Il primo colloqui Usa-Russia da mesi
Una conversazione niente affatto di prassi, sia perché i contatti tra le due potenze sono collassati sia perché avviene dopo la durissima accusa dei russi agli Stati Uniti per l’attacco missilistico ucraino su una spiaggia della Crimea che ha fatto strage di bagnanti.
Evidentemente, negli States qualcuno ha ritrovato un minimo di senno e si è deciso di raffreddare la situazione, anche perché i costosi droni made in Usa, che da tempo pattugliano il Mar Nero allo scopo di guidare i missili ucraini verso la Crimea, stanno accusando problemi legati a “turbolenze” atmosferiche e almeno uno di essi è andato perduto.
Luca Serafini: Perché l’ISIS prende di mira la Russia?
Perché l’ISIS prende di mira la Russia?
di Luca Serafini
Le cronache di questi giorni hanno fatto registrare l’ennesimo sanguinoso attacco terroristico dell’ISIS-K (Wilayat Khorasan) contro la Russia. In Daghestan, Repubblica della Federazione Russa, sono state colpite chiese ortodosse e sinagoghe. Il bilancio dei morti sembra essere di 15 agenti e 4 civili uccisi, tra cui un prete che è stato sgozzato. Torna alla mente il sanguinosissimo attacco alla sala concerti Crocus City Hall di Mosca a fine marzo di quest’anno. All’epoca Al Jazeera, il noto network dell’informazione particolarmente attento alle vicende islamiche, titolava un suo articolo: “Perché l’ISIS prende di mira la Russia?” (1).
Domanda che è lecito porsi di nuovo e alla quale l’articolo non dava una risposta convincente, legando l’attentato soprattutto alle vicende cecene e dell’Afghanistan.
È vero che l’ISIS-K è il ramo afghano dell’ISIS – noto anche come Stato Islamico nella Provincia di Khorasan – un gruppo emerso dall’Afghanistan orientale alla fine del 2014, composto da combattenti staccatisi dai talebani. Ma nel 2014 a occupare l’Afghanistan era la coalizione occidentale guidata dagli Stati Uniti, non certo l’Unione Sovietica – ritiratasi nel 1989 – o la Federazione Russa.
Quindi, più che all’Afghanistan bisogna guardare alla Siria.
Giuseppe Sapienza: La conoscenza usa e getta
La conoscenza usa e getta
di Giuseppe Sapienza
Nella tarda modernità, assistiamo all’accelerazione di quasi tutto (Gleick: 2000) e i concetti di immediatezza (Tomlinson: 2007), villaggio globale (McLuhan & Powers: 1989) e società dell’accelerazione diventano molto popolari (e.g Crary: 2013, Schulte: 2014, Colvile: 2016).
Secondo Rosa (2013) l’accelerazione della vita quotidiana significa agire a un ritmo più veloce durante il giorno, eliminare le pause tra le azioni e un aumento del multitasking e in generale del ritmo di vita. La società dell’accelerazione è il risultato di ciò che Harvey chiama compressione spazio-temporale (1990), cioè l’intensificazione degli eventi che hanno luogo per unità di tempo e di spazio.
Poco prima del crollo del mercato azionario del 1929, J. George Frederick, redattore di Advertising and Selling, propose il “principio dell’obsolescenza progressiva” secondo il quale le persone sono incoraggiate a sostituire prodotti che non si sono ancora logorati. Secondo Frederick, le persone dovrebbero “comprare per l’aggiornamento, l’efficienza e lo stile … piuttosto che semplicemente per l’ultimo grammo di utilizzo” (Slade: 2006, p. 58).
Eros Barone: Imperialismo, marxismo e questione nazionale
Imperialismo, marxismo e questione nazionale
Riflessioni sul pensiero e sulla prassi di Marx e di Lenin
di Eros Barone
La borghesia è sempre in lotta; da principio contro l’aristocrazia, più tardi contro le parti della stessa borghesia i cui interessi vengono a contrasto col progresso dell’industria, e sempre contro la borghesia di tutti i paesi stranieri.
Gli operai non hanno patria. Non si può togliere loro quello che non hanno. Poiché la prima cosa che il proletariato deve fare è di conquistarsi il dominio politico, di elevarsi a classe nazionale, di costituire se stesso in nazione, è anch’esso ancora nazionale, seppure non certo nel senso della borghesia. 1
K. Marx e Friedrich Engels, Manifesto del Partito Comunista.
1. Una priorità strategica
La questione nazionale ha occupato un posto centrale nel pensiero di Lenin soprattutto a partire dal 1913-1914 in poi, diventando una priorità strategica negli anni della guerra mondiale e, dopo la rivoluzione d’Ottobre, in quelli della costruzione dello Stato sovietico, che coincidono con un nuovo periodo della storia del movimento operaio: il periodo dell’Internazionale comunista. Il concetto di nazione elaborato da Lenin traeva origine, per un verso, dalla categoria storica di Stato nazionale come prodotto dello sviluppo democratico borghese soggetto alle variazioni strategiche della lotta di classe internazionale, categoria messa a punto da Kautsky, e per un altro verso dalla tesi di Marx il quale affermava il carattere condizionato e temporaneo della validità del principio di autodeterminazione delle nazioni in rapporto ai fini dell’internazionalismo proletario e, nel contempo, subordinava il superamento delle differenze e delle rivalità nazionali al progresso del socialismo.
Andrea Inglese: Elezioni europee: tragicommedia alla francese
Elezioni europee: tragicommedia alla francese
di Andrea Inglese
Un ecosistema politico scombussolato
Due settimane fa lo stile solenne, regale, napoleonico, gaullista, che sempre aleggia sui momenti cruciali della vita politica francese, e su quelli in particolare che riguardano le deliberazioni presidenziali, ha lasciato spazio a una gesticolazione forsennata e scomposta, tale da ricordare piuttosto lo stile italiano, e il suo talento per la commedia grottesca, tutta animata da calcoli cinici, guerre intestine, colpi bassi e maniere da spaccone. I colpi di scena non sono mancati: batosta della maggioranza di governo alle elezioni europee; l’estrema destra di Le Pen e del giovane Bardella primo partito di Francia (con più del 30% dei voti); immediata decisione presidenziale di sciogliere il governo e di andare alle elezioni legislative a poche settimane dall’inizio dei Giochi Olimpici; miracolosa e istantanea alleanza delle sinistre fratricide in un nuovo Front Populaire; Éric Ciotti, presidente del partito della destra conservatrice (quello di Chirac e Sarkozy), che proclama un’alleanza con l’estrema destra, rompendo un tabù fino a oggi inviolabile, e viene immediatamente smentito da tutte le personalità del suo partito, trattato come traditore e privato della sua carica; contesa tra Ciotti e il suo partito davanti al tribunale, con decisione di giustizia che permette al presidente appena ripudiato di riacquisire le sue funzioni; l’espulsione di Marion Maréchal Le Pen dall’altro partito di estrema destra, quello di Éric Zemmour, per aver espresso la volontà di allearsi con il partito della zia Marine. Di tutti questi eventi, l’unico veramente prevedibile, grazie all’arte divinatoria dei sondaggi, era la vittoria del Rassemblement National (ex Front National), il più enigmatico riguarda la scelta di Macron di andare alle urne subito (il 29 e 30 giugno per il primo turno, il 6 e 7 luglio per il secondo), il più inverosimile l’accordo delle sinistre, firmato nell’arco di qualche giorno, con tanto di programma assai dettagliato per “realizzare delle grandi biforcazioni” sui temi sociali, economici, ecologici, e di politica internazionale.
Alberto Bradanini: Il problema non è la disobbedienza civile, è l’obbedienza civile
Il problema non è la disobbedienza civile, è l’obbedienza civile
di Alberto Bradanini
1. In Palestina, quarantamila morti, ottantamila feriti, verosimilmente molti di più, lo sapremo solo quando l’indignazione verrà ufficialmente consentita, autorizzando a discuterne pubblicamente anche i giornalisti di giornali e TV, che confondono quotidianamente la libertà di parola con la parola in libertà. Tale umano sentimento di esecrazione sarà dunque sdoganato quando non avrà più effetto sulla sofferenza e la sopravvivenza di quel popolo martoriato, in ossequio al disegno di pulizia etnica e massacri di massa perseguito dello stato d’Israele.
Sul fronte ucraino, si combatte invece una guerra provocata a tavolino dall’incontenibile bulimia dell’impero americano che mira a destabilizzare/frammentare la Russia, per accaparrarsene le ricchezze: l’evidenza, per gli scettici residuali, riempie intere biblioteche, mentre i cervelli di regime pappagalleggiano le veline che ricevono dalle redazioni agli ordini della plutocrazia atlantica.
Con ferrea vigilanza sulla narrativa pubblica, il neoliberismo bellicista a guida Usa modella la coscienza popolare, genera sordità e acquiescenza, e rende superflui persino gli interventi destabilizzanti (colpi di stato, invasioni, diffusione di droghe, attentati) cui facevano un tempo ricorso i padroni del mondo per diffondere quei gioielli che essi chiamano democrazia e diritti umani.
Ciononostante, l’esercizio della menzogna e la criminalizzazione del dissenso non sono divenuti per ciò stesso superflui. Seppur narcotizzato o assonnato, il popolo resta inquieto. La storia insegna che se si tira troppo la corda, può uscire dal coma! La sorveglianza rimane indispensabile. Tuttavia, l’egemone unipolare – sempre meno tale, grazie al cielo, essendo il Sud del Mondo uscito finalmente dall’irrilevanza – non abbandonerà facilmente la presa e, seppur privo di egemonia, insiste a voler dominare il mondo, ricorrendo ancor più alla violenza, e diventando più pericoloso, come un orso ferito.
comidad: Il vincolo esterno nasce all’interno
Il vincolo esterno nasce all’interno
di comidad
Quando ti hanno già sfondato il culo a calci, ma che senso ha chiederti di calarti pure le brache? I media nostrani purtroppo non dimostrano nessuna empatia e nessuna comprensione per quel difficile mestiere che è il fingere di governare. Come al solito il più spietato è il “Corriere della Sera”, che, dopo tutte le vessazioni, umiliazioni ed esclusioni che hanno sopportato Giorgia e Giorgetti in sede europea, ora pretende persino da loro che ratifichino la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità. Il Corriere punta sui reprobi il dito accusatore: per colpa vostra gli altri paesi europei non potranno “godere” (sic!) dei vantaggi del MES in nuova versione. Ma come? Questo governo ha tagliato tutto quello che si poteva tagliare, ha ratificato una riformulazione del Patto di Stabilità che fa sembrare la stesura precedente il quarto d’ora di ricreazione; ora da Bruxelles è partita addirittura una procedura d’infrazione per eccesso di spesa e Giorgetti sarà costretto a rientrare nei parametri. E allora lasciate al governicchio Meloni almeno il contentino, un osso da lanciare ai propri follower.
Tra l’altro questa ossessione del MES non ha riscontro in altri paesi europei, in quanto nessuno all’estero ha intenzione di ricorrervi, mentre da noi invece lo scopo è proprio quello. Soltanto da noi sembra che il MES sia una questione di vita o di morte, ciò a causa della passione nostrana per il “vincolo esterno” e del proposito di rafforzarlo ulteriormente.
Geraldina Colotti: Bolivia. Colpo di stato o auto-golpe?
Bolivia. Colpo di stato o auto-golpe?
di Geraldina Colotti
Pagine Esteri, 27 giugno 2024 – Occhi puntati sulla Bolivia dopo il tentativo di colpo di stato, apparentemente rientrato, compiuto dal comandante dell’Esercito, Juan José Zúñiga. Nel primo pomeriggio di ieri, alla guida di un manipolo di militari, il generale ha occupato piazza Murillo, nella capitale La Paz, ed è entrato violentemente nel Palazzo di Governo, dopo averne abbattuto il portone con un veicolo blindato. Si contano almeno 12 feriti. Per circa tre ore, i militari hanno tenuto sotto assedio l’intero gabinetto, riunito all’interno insieme al presidente, Luis Arce, e al suo vice, David Choquehuanca. “Denunciamo alla comunità internazionale che in Bolivia è in corso un colpo di stato contro il nostro governo democraticamente eletto”, aveva annunciato Choquehuanca, allertando i media e le istituzioni internazionali.
Poco prima dell’irruzione, il generale era stato destituito per aver pronunciato dichiarazioni incendiarie: aveva minacciato pubblicamente l’ex presidente, Evo Morales, (“non sarà mai più presidente di questo paese”); aveva annunciato la liberazione “di tutti i prigionieri politici” (compresa la ex “presidenta de facto”, Janine Añez, in carcere con l’accusa di golpismo); e pronosticato la fine del governo in carica (“il nostro paese non può più continuare così”, aveva affermato).
Michele Paris: Ucraina, terroristi e linee rosse
Ucraina, terroristi e linee rosse
di Michele Paris
Il ricorso a operazioni di matrice apertamente terroristica contraddistingue il regime ucraino almeno fin dall’inizio della guerra con la Russia nel febbraio 2022. Il bombardamento di una popolare spiaggia in Crimea nel primo pomeriggio di domenica sembra però un’azione in grado di imprimere un’ulteriore svolta al conflitto, soprattutto per via del ruolo decisivo svolto dagli Stati Uniti. È possibile infatti che Mosca decida nel prossimo futuro una ritorsione direttamente contro le forze NATO o, quanto meno, qualche iniziativa che restringa in maniera drastica le manovre di queste ultime in appoggio alla strategia disperata di Kiev.
Si è parlato a lungo di “linee rosse” nelle ultime settimane a proposito delle ripetute provocazioni ucraine e occidentali contro la Russia e l’episodio del fine settimana è arrivato proprio all’indomani di svariate dichiarazioni da parte del governo USA e dei vertici del Patto Atlantico su una possibile escalation nucleare come risposta al fallimento dei piani messi in atto nel paese dell’ex Unione Sovietica. Il più recente e gravissimo attacco contro la Crimea segue inoltre il via libera anche formale della Casa Bianca all’utilizzo da parte ucraina di armi americane per colpire “in profondità” nel territorio russo.
Mauro Armanino: C’è sempre una prima volta
C’è sempre una prima volta
di Mauro Armanino
Niamey, dalla sabbia e dai poveri del Niger, 15 giugno 024. Questo 14 giugno pomeriggio, papa Francesco ha fatto il viaggio a Borgo Egnazia, stazione balneare della Puglia in Italia, per partecipare al vertice del G7, che riunisce le 7 grandi potenze economiche mondiali. Una prima storica poiché nessun papa aveva finora partecipato al G7. (Agenzia vaticana Zenit)
Difficile dire quanto di vangelo c’è in questa presenza e quanto di diplomazia vaticana che, com’è noto, appare tra le più rodate e lungimiranti. Ciò che nondimeno stupisce è anzitutto il fatto stesso che il papa, rappresentante della Chiesa Cattolica, sia stato invitato a questo tipo di vertice che mette assieme alcuni tra i ‘potenti’ della politica e dell’economia del mondo.
L’invito del papa, per motivi che non è poi difficile discernere, è già un segno e un messaggio la cui tragica scelta non potrà non lasciare tracce nel presente e il futuro del papato e della Chiesa stessa. Essere invitati al vertice di alcuni tra i Paesi più ricchi e potenti del globo significa dare sufficienti ‘garanzie’ al sistema perché esso possa perpetuarsi o quantomeno continuare a legittimarsi.