[SinistraInRete] Diana Johnstone: D-Day 2024

Rassegna 11/07/2024

Diana Johnstone: D-Day 2024

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D-Day 2024

di Diana Johnstone*

Giudicando in retrospettiva, diventa chiaro come la “minaccia comunista” della Guerra Fredda non sia stata che un pretesto con cui le grandi potenze dell’Occidente cercavano maggior potere.

Lo scorso fine settimana si sono tenute delle celebrazioni in ricordo dell’Operazione Overlord, lo sbarco anglo-americano sulle spiagge della Normandia del 6 giugno 1944, noto come il D-Day. I russi, ostentatamente e per la prima volta, non sono stati invitati a prendere parte alle cerimonie.

L’assenza dei russi, dal punto di vista simbolico, ha mutato il significato dei festeggiamenti. Certo, il senso della glorificazione di Overlord come primo passo nel dominio sull’Europa Occidentale del mondo anglo-sassone risulta del tutto appropriato. Senza la Russia, tuttavia, l’evento veniva in realtà slegato dall’originale contesto della Seconda Guerra Mondiale.

In quell’occasione, il presidente ucraino Volodymir Zelensky è stato invitato a rivolgere un discorso, a mezzo video, al Parlamento francese. Zelensky ha utilizzato ogni strumento retorico per demonizzare Vladimir Putin, descritto come il “comune nemico” dell’Ucraina e dell’Europa.

La Russia, ha affermato, “è un territorio in cui la vita non vale nulla … È il contrario dell’Europa, è l’anti-Europa.”

E così, 80 anni dopo, il D-Day celebra un’alleanza differente e una guerra differente – o forse, la stessa vecchia guerra, ma con il tentativo di cambiarne il finale.

Ecco un cambio di alleanze che avrebbe potuto essere gradito almeno a una parte dell’elite britannica pre-bellica. Fin dal momento in cui prese il potere, infatti, Hitler trovò molti ammiratori nell’aristocrazia britannica. Persino nella famiglia reale. Molti erano quelli che vedevano in Hitler il necessario antidoto al “giudeo-bolscevismo” russo.

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Stefano Isola: Guerra robotica e iperrealtà psicotica

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Guerra robotica e iperrealtà psicotica

di Stefano Isola

S e I pattern 3.pngLe civiltà sono mortali, le civiltà muoiono come gli uomini, ma non muoiono alla maniera degli uomini. In esse la decomposizione precede la loro morte, mentre in noi segue la storia.

Georges Bernanos

Recentemente l’Unesco ha lanciato un allarme per le possibili deformazioni che l’intelligenza artificiale generativa potrebbe produrre sulla conservazione della memoria storica dell’Olocausto: «la facilità con cui i modelli possono generare contenuti realistici, combinata con l’ampia diffusione online, crea terreno fertile per la proliferazione di notizie false sull’Olocausto», che «potrebbero alimentare l’antisemitismo». E sollecita urgenti azioni di contrasto sulle piattaforme online e nella scuola, per il controllo della disinformazione e la preservazione della memoria1. Piuttosto che dare valore all’onestà nella narrazione storica, tali operazioni sono, al contrario e inevitabilmente, il prodotto di elaborazioni automatizzate interne a un “ambiente di scelta” predefinito e puramente operazionale. Una sorta di iper-mediazione del mondo che ambisce a costituirsi come contenitore narrativo che prende il posto del reale e della finzione, e all’interno del quale tutto ciò che si muove non significa nulla, ma nello stesso tempo agisce normativamente in modo ipermoralistico, delimitando un unico quadro di riferimento senza origine né realtà né razionalità. In tale contenitore iperreale proliferano, come germi in un brodo di coltura, anche gli emendamenti farseschi della “cultura del piagnisteo”, dove, ad esempio, insieme a certi prodotti dei modelli generativi, si esorta la censura di Shakespeare e Dante Alighieri nella scuola, perché antisemiti e islamofobici2.

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Stefano Lucarelli ed Hervé Baron: Una nota introduttiva a “Classe operaia e padronato nelle recenti vicende economiche”

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Una nota introduttiva a “Classe operaia e padronato nelle recenti vicende economiche”

di Stefano Lucarelli ed Hervé Baron

Articulo de LUCARELLI 10 de
juny de 2024 2048x2048.jpgClasse operaia e padronato nelle recenti vicende economiche è un opuscolo derivante da una lezione tenuta da Augusto Graziani nell’ambito di un corso per la formazione dei quadri dirigenti della Federazione Lavoratori Metalmeccanici (FLM) di Brescia svoltosi fra marzo ed aprile nel 1974. Si tratta di una pubblicazione sindacale “a circolazione interna”, e dunque senza alcun colophon.

Fino a oggi questo testo non era stato preso in considerazione nella redazione della bibliografia ufficiale delle opere di Augusto Graziani 1 . Tuttavia, proprio per codesto motivo, rappresenta un caso editoriale interessante. Da nostre ricerche bibliografiche sull’OPAC SBN, infatti, ci risultano 4 registrazioni del testo in parola. In tutti i casi non viene esplicitamente indicato l’anno di edizione. Perciò l’attribuzione viene sempre fatta dai bibliotecari, su base ipotetica. Abbiamo:

registrazione [1], in cui la data della stampa viene indicata come: [1974?], non si dà alcun luogo di edizione e si afferma che il testo presenta 62 pp.;

registrazione [2], in cui la data della stampa viene indicata come [1974], il luogo di edizione è indicato come Pavia: Centro stampa Amministrazione provinciale, e si afferma che il testo presenta 62 pp.;

registrazione [3], il cui la data della stampa viene indicata come [1974?!], il luogo di edizione, invece, è indicato come Roma: La tipografica, mentre si afferma che il testo presenta 70 pp.;

registrazione [4], infine, ha un titolo leggermente differente, ovvero Classe operaia e padronato nelle recenti vicende economiche: corso per il conseguimento della Licenza di scuola media inferiore per lavoratori (150 ore), la data di edizione viene indicata come [1977?!], il luogo di edizione riportato è Varese: a cura della Federazione sindacale CGIL, CISL, UIL, mentre il testo in questa versione presenta ben 98 pp.

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La Redazione de l’AntiDiplomatico: Documenti esclusivi Haaretz: Israele ha deliberatamente ucciso i propri cittadini il 7 ottobre

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Documenti esclusivi Haaretz: Israele ha deliberatamente ucciso i propri cittadini il 7 ottobre

di La Redazione de l’AntiDiplomatico

Una notizia pubblicata dal quotidiano israeliano Haaretz costituisce la prova più significativa che Israele ha ucciso i propri cittadini nel tentativo di impedire ai combattenti di Hamas di tornare a Gaza dopo l’operazione armata del gruppo palestinese.

La “direttiva Hannibal” è stata emanata già alle 7:18 del mattino del 7 ottobre, e ordinava alle forze israeliane di uccidere i propri soldati e civili, se necessario, trasformando il proprio territorio in una “zona di sterminio”. Lo ha riferito, ieri, il quotidiano israeliano Haaretz.

“I documenti ottenuti da Haaretz, insieme alle testimonianze di soldati e ufficiali di alto e medio grado dell’esercito [israeliano], rivelano una serie di ordini e procedure ricevute dalla Divisione Gaza, dal Comando Sud e dallo Stato Maggiore fino al pomeriggio del 7 ottobre – dettagli che rivelano quanto sia stato esteso l’uso della procedura Hannibal durante le prime ore dell’attacco di Hamas, e in vari punti dell’area circostante”, ha spiegato il media ebraico.

Nel reportage di Haaretz si precisa che “non si sa se e quanti soldati e civili siano stati colpiti a seguito di queste istruzioni, ma dalle informazioni accumulate, sembra che parecchi di loro siano stati a rischio, esposti al fuoco israeliano – anche se non erano il bersaglio”.

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Il Chimico Scettico: Modesto contributo all’alfabetizzazione degli analfabeti politici

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Modesto contributo all’alfabetizzazione degli analfabeti politici

di Il Chimico Scettico

Nonostante il successo di Alessandro Barbero ho la netta impressione che la storia continui a insegnare in aule fondamentalmente vuote. I recenti battibecchi sulla strage di Ustica in fin dei conti non dovrebbero stupire (e lo dico a me stesso) se da anni e anni ogni 25 aprile che Dio manda in terra si reinterpreta nei modi più diversi la storia italiana della prima metà del ‘900. E per quel che riguarda la seconda metà del secolo le cose vanno anche peggio. La faccenda ha avuto serie conseguenze soprattutto nella metamorfosi culturale della sinistra italiana, che nel transito al nuovo secolo ha completamente perso ogni reale coscienza della propria storia, il cui unico residuo pare essere un antifascismo vuoto perché per l’appunto privo di coscienza storica. Questa ignoranza in primo luogo riguarda la storia politica del dopoguerra italiano, quando movimenti fascisti o post fascisti hanno attivamente collaborato a una lunga serie di tentativi di sovvertimento dell’allora giovane Repubblica Italiana.

Questa mancanza di alfabetizzazione storica e politica si è sovrapposta all’avvento dei social media con risultati devastanti e se dovessi datare l’origine del processo la daterei a una decina di anni fa, ai tempi della “minaccia grillina”.

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Piccole Note: Orbán da Putin e il suo grido di allarme su Newsweek

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Orbán da Putin e il suo grido di allarme su Newsweek

di Piccole Note

La visita a Mosca scatena il coro delle comari dell’UE. Molto più sobrie le reazioni d’oltre Atlantico

La visita di Viktor Orbán in Russia ha suscitato un vespaio nell’establishment dell’Unione europea. Tanti i politici che si sono precipitati a condannarla e a specificare che il premier ungherese non rappresentava la Ue di cui al momento è presidente. Uno starnazzare isterico, a comando, che segnala la loro subordinazione ai centri di potere che stanno alimentando questa guerra infinita.

 

Primo contatto

La missione di Orbán non ha avuto esiti, né immediati né di prospettiva, né poteva averli, troppe le distanze tra i duellanti, troppe le ingerenze indebite e, soprattutto, le elezioni americane sono ancora troppo lontane e incerte e da quelle dipende tutto. Come ha detto il primo ministro ungherese, serviva stabilire un contatto in vista dell’apertura di un negoziato, e così è stato, al di là poi di quel che si sono detti in privato con Putin.

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Paolo Bartolini: Quello che c’è e che spingiamo nell’oblio

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Quello che c’è e che spingiamo nell’oblio

di Paolo Bartolini

Ritengo che le azioni e i discorsi umani siano sempre interni a specifiche configurazioni ecoculturali. In altre parole, sono prassi situate. Non esistono, prima della soglia filosofica (che è a sua volta storicamente situata), affari “universali”, diritti “universali”, concetti e segni in linea di principio validi per tutti. Con la filosofia prima, poi con la scienza e la tecnica moderne, l’estensione di una certa oggettività ha raggiunto quasi tutte le comunità presenti sul pianeta. Ad esempio, e per stare alle questioni internazionali contemporanee, l’economia socialista di mercato della Cina, nonostante le sue particolarità dovute alla storia plurimillenaria di quella grandiosa cultura, quanto davvero può scostarsi dalle logiche di accumulazione e funzionamento consustanziali all’economia moderna occidentale? Lo sappiamo che, già dal 2014, in Cina vi è un piano politico per istituire crediti sociali che scoraggino o incentivino certi comportamenti piuttosto che altri (siamo esattamente dalle parti del green pass, per capirci, e del fantasma di una cittadinanza a punti)? Eppure l’azione politica e qualunque nostra esperienza non accadono mai, come insegna l’amico Miguel Benasayag, sul versante globale. Questa è pura astrazione senza effetto. Non si combatte il “capitalismo globale”, ma il capitalismo nelle situazioni concrete dove si riproduce.

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Francesco Cappello: La transizione in atto verso un mondo nuovo è ormai frenabile solo dalla guerra globale

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La transizione in atto verso un mondo nuovo è ormai frenabile solo dalla guerra globale

di Francesco Cappello

Il vecchio mondo non funziona più né dal punto di vista della sicurezza globale né da quello economico e della sostenibilità delle economie estrattive neoliberiste. Esso era fondato sull’egemonia unipolare USA che, con i suoi vassalli europei da una parte e orientali (Australia, Giappone, Corea del Sud, Filippine) dall’altra, stanno cercando di frenare la riorganizzazione delle relazioni tra Paesi di cui risultano protagonisti i paesi BRICS allargati, sempre più numerosi, con un potenziale di espansione enorme. Intorno ai BRICS plus orbita ormai l’80% del mondo

kisbbudbn.jpgGli USA usano Israele, così come i paesi NATO-Ue

Il vecchio mondo, dominato dagli USA, sta tentando di arginare, con la minaccia militare e la violenza delle armi, l’affermazione del mondo multipolare; il risultato ampiamente pianificato consiste nella destabilizzazione di diverse aree critiche del pianeta: dal cuore dell’Europa, in Ucraina, usata come piattaforma di guerra contro la Federazione Russa, al Medioriente, ove lo strumento di conservazione del vecchio ordine occidentale è Israele, sino al mar cinese meridionale dove allo stesso scopo è utilizzata la contesa artificiosa sull’isola di Taiwan. Dinamiche analoghe sono in atto nel continente africano che si sta liberando dalla seconda colonizzazione francese e statunitense e in quello sudamericano ove è l’Argentina a svolgere il ruolo di strumento reazionario a uso e consumo del vecchio dominio USA.

Con l’espansione della NATO a Est sino ai confini della Federazione Russa, che include la volontà di inglobare l’Ucraina, è stato violato il principio di indivisibilità della sicurezza secondo cui la sicurezza di alcuni non può essere raggiunta a discapito di quella di altri. L’ultimo atto di tale follia atlantista è stata l’inclusione di Finlandia e Svezia. La Finlandia condivide con la Russia quasi 1400 km di confine. È stato, di conseguenza, provocato il collasso del sistema di sicurezza euro Atlantico che dev’essere ricostruito al più presto. In altre parole la minaccia all’Europa, lungi dal venire dalla Federazione Russa, deriva, chiarissimamente ormai, dalla sua servitù al sistema di dominio anglo americano, un giogo che la sta trascinando a velocità crescente in un baratro, un vicolo cieco evolutivo.

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Roberto Artoni: Gli errori di un trentennio

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Gli errori di un trentennio

di Roberto Artoni

Riflettendo sull’opera di Salvatore Biasco e su una raccolta di saggi a lui dedicata si possono individuare le scelte che hanno portato l’Europa a crescere la metà degli Stati Uniti e l’Italia la metà – o anche meno – dell’Europa. Il contributo negativo della svolta nella teoria economica

bvjhf.jpegÈ opinione ampiamente condivisa che negli ultimi decenni il mondo occidentale sia stato guidato da un modello neoliberista, elaborato prima in alcune università americane e poi tradotto in specifici suggerimenti di politica economica.

A partire dagli anni ’70 a livello accademico è emersa infatti una modellistica in cui i sistemi economici sono naturalmente orientati a esiti ottimali nel senso walrasiano. Se i sistemi non sono vicini alla piena occupazione, ciò è dovuto a rigidità che impediscono la piena flessibilità dei salari e dei prezzi o a comportamenti dissennati delle autorità pubbliche. Non esistendo di fatto problemi di carenza di domanda aggregata, gli interventi di politica fiscale devono essere marginalizzati; lo strumento d’intervento deve essere ricondotto alla politica monetaria, stante che l’inflazione è ritenuta un fatto puramente monetario.

Il nuovo modello di politica economica doveva sostituirsi a quello precedente che, sulla base di una lettura molto parziale, non sarebbe stato in grado di garantire un adeguato funzionamento del sistema economico, essenzialmente per la pervasività dell’intervento pubblico.

Dall’elaborazione teorica sono nate le proposte di politica economica: meccanismi contrattuali compatibili con la flessibilità dei rapporti di lavoro; sistemi di produzione e scambio tendenti alla concorrenza da perseguire con la legislazione antimonopolistica. Doveva in particolare essere superata la presenza pubblica nella sfera produttiva attraverso un esteso processo di privatizzazioni. La liberalizzazione degli scambi e la deregolamentazione finanziaria dovevano essere poi il canone cui conformarsi negli scambi internazionali.

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Eros Barone: “Il tramonto dell’Occidente”: in quale parte della notte abitiamo?

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Il tramonto dell’Occidente”in quale parte della notte abitiamo?

di Eros Barone

tramonto occ okVi sono sette parti della notte: il vespro, il crepuscolo, il conticinio, l’intempesto, il gallicinio, il mattutino e il dilucolo.

Isidoro di Siviglia, Etimologie.

Nel 1918 e nel 1922 apparvero i due tomi del Tramonto dell’Occidente, opera principale non meno che monumentale (si tratta infatti di un testo di oltre 1500 pagine) del filosofo tedesco Oswald Spengler (1880-1936): uno studioso che, muovendo da posizioni conservatrici, sarà un critico severo della repubblica di Weimar (1918-1933) e giudicherà positivamente, almeno all’inizio, salvo poi prenderne le distanze, il nazionalsocialismo. Tuttavia, poche opere hanno ottenuto un successo di pubblico paragonabile a quello che arrise a questo libro e poche opere hanno fissato in modo durevole i fondamenti di quella “critica della notte” cui, da allora fino a oggi, deve il suo enorme successo di pubblico, perlomeno fra le persone colte, questa opera geniale.

 

1. Dalla storia alla natura: ‘Kultur’ e ‘Zivilisation’ 

Nel Tramonto dell’Occidente Spengler si propone di scoprire la forma che ogni civiltà incarna nel suo svolgersi, laddove proprio il termine di civiltà è quello con cui in italiano conviene tradurre il pregnante vocabolo tedesco ‘Kultur’. Ed è in tal senso che l’autore parla di una morfologia della storia universale. Alla logica delle scienze naturali, che egli definisce meccanica, Spengler contrappone allora una logica organica che coglie il complesso delle manifestazioni di una ‘Kultur’ come un organismo biologico. Il mondo “come natura”, che risponde alla logica meccanica delle scienze naturali, è per tali scienze un insieme di fenomeni sparsi nello spazio e legati fra loro da nessi causali: è ciò che Spengler chiama sistematica.

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Fulvio Grimaldi: Ecco perché hanno ammazzato Raisi

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Ecco perché hanno ammazzato Raisi

Iran baluardo dei popoli del medioriente: Varichina sulle balle

di Fulvio Grimaldi

Per Becciolini Network, Stefano Becciolini intervista Fulvio Grimaldi

https://rumble.com/v5516j3-iran-elezioni-la-coalizione-dei-conservatori-con-fulvio-grimaldi.htm

👉🎥 Diretta live video su Rumble:

https://rumble.com/v5516j3-iran-elezioni-la-coalizione-dei-conservatori-con-fulvio-grimaldi.html

👉 🎙🎧Ascolta la Diretta Radiofonica e successivamente il Podcast:

https://www.becciolininetwork.com/podcast/

All’indomani della morte del presidente iraniano Ibrahim Raisi, quando l’universo mondo (e anche il contromondo) si beveva e rigurgitava la storia del tragico (intendendo “opportuno”) incidente con l’elicottero “provocato dal maltempo e dalla nebbia” (che non c’erano), aggiungendo nel più temerario dei casi “misterioso”, già elencavo gli indizi che, ben più numerosi dei tre richiesti da Agatha Christie, corroboravano la prova dell’assassinio.

Mica grande merito, di fronte al diluvio dei fatti. Semmai grande demerito delle volpi della nostra informazione, o complice, o pavida, o normalizzata.

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Enrico Tomaselli: Il piano israeliano per l’invasione del Libano

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Il piano israeliano per l’invasione del Libano

di Enrico Tomaselli

Secondo quanto rivelato da EuroPostAgency, durante la recente visita del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant negli Stati Uniti, si è tenuta un riunione ad alto livello per discutere di un audace piano militare per un’incursione di 20 chilometri nel sud del Libano, che prevede sia attacchi aerei che un’invasione di terra. Alla riunione erano presenti alti funzionari dell’amministrazione Biden, tra cui il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin, il segretario di Stato Antony Blinken e l’inviato speciale di Joe Biden, Amos Hochstein.

In base a questo piano, le forze dell’IDF dovrebbero puntare su queste aree (vedi mappa):

  • Marjayoun
  • Hasbaya
  • Bint Jbeil
  • Nabatiah
  • Tibnine
  • Ain Ebel
  • Remeish
  • Qana

Mentre l’operazione di attacco aereo potrebbe includere l’Aeroporto internazionale di Beirut-Rafic Hariri (BEY) e la base aerea Rene Mouawad (aeroporto di Qlayaat).

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Marco Cattaneo: Potenziale di crescita, a breve e a lungo termine

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Potenziale di crescita, a breve e a lungo termine

di Marco Cattaneo

La mancanza di potere d’acquisto tarpa la crescita dell’economia, e questo blog è dedicato infatti a spiegare che certi limiti sono puramente artificiali, che sono un fattore di strumentalizzazione politica, e che possono essere rimossi.

Però occorre aver chiaro che i limiti fisici esistono e, inoltre, che non sono gli stessi nel breve e nel lungo periodo.

Esempio.

Supponiamo di voler aumentare il numero di persone, esistenti in tutto il mondo, che sanno leggere e scrivere. E supponiamo che su otto miliardi di persone il numero degli analfabeti sia il 10% del totale, cioè ottocento milioni.

Se avviamo un programma intensivo di istruzione e alfabetizzazione, possiamo insegnare a leggere e a scrivere a tutte queste persone. Servono grandi risorse di strutture e di personale, ma concettualmente è possibile. In quanto tempo ? Diciamo in un anno, con un grande sforzo organizzativo.

Bene.

Ora supponiamo di porci un obiettivo ancora più ambizioso. Non ci basta portare il numero degli alfabetizzati da 7,2 a 8 miliardi. Vogliamo arrivare a 10.

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Francesco Piccioni: L’Iran ha scelto il suo nuovo presidente, Pezeshkian

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L’Iran ha scelto il suo nuovo presidente, Pezeshkian

di Francesco Piccioni

Dall’Iran. Già al sesto comunicato ufficiale di Mohsen Eslami, portavoce del quartier generale elettorale del paese, la vittoria di Massoud Pezeshkian per diventare presidente al posto di Raisi, morto in un incidente aereo poco più di un mese fa, si profilava molto chiara.

Oltre un milione e mezzo di voti in più rispetto a Saeed Jalili, l’ex capo negoziatore nelle trattative con l’Occidente sul nucleare iraniano e certamente il candidato prediletto dell’ayatollah Khamenei.

Il settimo aggiornamento – alle 5 e 35, le 4 in Italia – il vantaggio si allargava ancora, a oltre due milioni, e lasciava capire che non c’erano possibilità di recupero da parte dei “conservatori”.

Fino al risultato finale, comunicato alle 6.50 locali: 30 milioni e 530mila votanti (il 49,8% degli aventi diritto), Pezeskhian ottiene 16 milioni 384mila 403 e Saeed Jalili 13 milioni 538mila.

Pezeskhian diventa così il presidente della Repubblica Islamica dell’Iran.

Non è invece sicuramente semplice spiegare cosa significhi questo voto per il popolo iraniano e, in generale, per le dinamiche internazionali, ovviamente nello scenario mediorientale. Tanto più se si usa la chiave interpretativa abituale nell’Occidente neoliberista, fin qui inchiodata sulla più piatta propaganda di guerra, con una articolazione minima tra la versione che descrive Pezeshkian come il “finto riformista” o, al meglio, come “la foglia di fico” del regime.

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