[SinistraInRete] Roberto Iannuzzi: Dopo il 75° vertice NATO: verso l’irreversibile distruzione dell’Ucraina

Rassegna – 23/07/2024

 

Roberto Iannuzzi: Dopo il 75° vertice NATO: verso l’irreversibile distruzione dell’Ucraina

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Dopo il 75° vertice NATO: verso l’irreversibile distruzione dell’Ucraina

di Roberto Iannuzzi

L’Alleanza Atlantica immola definitivamente l’Ucraina, lavora alacremente al completamento della nuova cortina di ferro, e mette nel mirino la Cina, mentre si allargano le crepe nelle sue fondamenta

426c81a6 b600 4e12 985c aaf2fd4ae45c 2200x1467L’elemento forse più rilevante del vertice che doveva celebrare in grande stile i 75 anni dell’Alleanza Atlantica compare nel 16° paragrafo della Dichiarazione conclusiva, dove si definisce “irreversibile” il percorso dell’Ucraina verso la piena integrazione euro-atlantica, inclusa l’adesione alla NATO.

Il ricorso all’aggettivo “irreversibile” è deliberatamente finalizzato a garantire due esiti importanti per i vertici dell’Alleanza: in primo luogo, il prolungamento della guerra, poiché lo status neutrale dell’Ucraina, elemento chiave delle richieste russe, viene automaticamente escluso dagli scenari possibili.

Circa un mese fa, il presidente russo Vladimir Putin aveva citato proprio la neutralità dell’Ucraina fra le condizioni che, secondo le sue parole, avrebbero portato “immediatamente” a un cessate il fuoco e all’inizio dei negoziati.

Secondariamente, la suddetta formulazione implica la seria possibilità che l’adesione definitiva di Kiev alla NATO resti un miraggio che non si tradurrà mai in realtà, visto che la “irreversibilità” del percorso garantisce che non si torni indietro, ma non necessariamente che si vada avanti.

Esattamente come nella dichiarazione del vertice di Vilnius dello scorso anno, i membri del patto atlantico dichiarano genericamente che estenderanno all’Ucraina l’invito ad aderire alla NATO “quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”.

In questo modo, Kiev avrà sempre degli obblighi nei confronti della NATO, mentre quest’ultima non ne avrà mai nei confronti di Kiev (a eccezione di quelli che vorrà imporsi volontariamente). Il surrogato che è stato offerto al paese è un “ponte” verso l’adesione effettiva all’Alleanza.

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Eugenio Donnici: I fiori vivi della critica. Oltre il già noto

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I fiori vivi della critica. Oltre il già noto

di Eugenio Donnici

carl accardi composizione.jpgNell’approcciare l’ultimo libro di Leo Essen, pubblicato pochi mesi fa, ho cercato di porre l’attenzione sui nessi impliciti ed espliciti che legano le “sensazioni e i concetti” o più semplicemente ho dato spazio alla formazione di quei pensieri che sono sgorgati dalle fluttuanti sinapsi della mente. Pensieri che appaiono e poi prendono forma mediante la scrittura. Sembra che in principio, asserisce Essen, non ci siano solo pure sensazioni, non ci sia un groviglio di sensazioni dal quale emergerebbe la parola e il concetto. Senza concetto non ci sono sensazioni.

Che cosa sono allora le parole, i concetti?

Tra le tante risposte possibili, io assocerei o troverei calzante la proposizione che segue: «La fama, il nome, l’aspetto esteriore, la validità, l’usuale misura e peso di una cosa, dice Nietzsche (Gaia, 58) – in origine, per lo più, un errore e una determinazione arbitraria buttati addosso alle cose come un vestito e del tutto estranei all’essenza e perfino all’epidermide della cosa stessa». (1)

Non è un libro di facile lettura, per la miriade di sollecitazioni che l’interazione visiva ed uditiva stimola, per le interconnessioni concettuali che si dispiegano in autori del calibro di Bataille, Marx, Derrida, Hegel, Nietzsche, Heidegger, Freud e così via. Le prime difficoltà sorgono dalla necessità di avere dimestichezza con le opere degli autori citati, con la disinvoltura con la quale Essen espone il tema della legge del valore-lavoro, coinvolgendo il potenziale lettore, oltre il già noto, oltre il seminato. Tali ostacoli non sono insormontabili, in quanto l’autore del libro, sebbene utilizzi un linguaggio complesso e di un elevato registro, intriso di prosa e poesia, non perde di vista la funzione chiarificatrice della scrittura e soprattutto è lontano dagli sterili ambienti accademici.

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Raffaella Milandri: Il “Destino Manifesto” degli Stati Uniti, i Nativi Americani e il resto del mondo

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Il “Destino Manifesto” degli Stati Uniti, i Nativi Americani e il resto del mondo

di Raffaella Milandri

owenguogNel XIX secolo si fece strada negli Stati Uniti il concetto di “Destino manifesto” (in inglese Manifest destiny), una sorta di credo nella naturale superiorità di quella che allora veniva chiamata la “razza anglosassone”: espandersi era considerata una missione, per diffondere la loro forma di libertà e democrazia. Per i sostenitori del Destino manifesto l’espansione non era solo buona, ma anche ovvia (manifesta) e inevitabile (destino). Tutti concetti legati all’eccezionalismo americano e al nazionalismo romantico, e precursori dell’imperialismo americano e dell’americanismo. Oltre alle ovvie (anzi manifeste) riflessioni sul fatto che questo concetto sopravviva anche oggi, approfondiamone l’influsso nefasto, facciamo una visione d’insieme. Chiuderemo attenendoci al tema di questa rubrica: i Nativi Americani, che sono un ottimo esempio per analizzare la politica e la storia contemporanea. Disse Alexis de Tocqueville: “La storia è una galleria di quadri dove ci sono pochi originali e molte copie”.

 

Il Destino Manifesto

Vorrei dare un breve quadro geopolitico d’insieme.

Secondo lo storico William Earl Weeks, alla base del concetto del Destino Manifesto c’erano tre principi fondamentali:

1)L’assunto della virtù morale unica degli Stati Uniti;

2)L’affermazione della sua missione di redimere il mondo attraverso la diffusione della democrazia repubblicana e più in generale dello “stile di vita americano”;

3)La fede nel destino della nazione, stabilito in modo divino, di riuscire in questa missione.

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Fabrizio Verde: L’ultimo affronto alla volontà dei popoli europei

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L’ultimo affronto alla volontà dei popoli europei

di Fabrizio Verde

La recente rielezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea rappresenta un affronto insopportabile alla volontà dei popoli europei. In occasione delle ultime elezioni per il Parlamento Europeo, i cittadini hanno chiaramente manifestato il loro desiderio di punire i partiti europeisti. Tuttavia, i vertici dell’Unione Europea, sordi e indifferenti, hanno deciso di confermare von der Leyen, calpestando il segnale forte e chiaro proveniente dalle urne.

Von der Leyen, al suo secondo mandato, ha ottenuto il sostegno di 401 parlamentari su 720. Ma questo sostegno non può oscurare le pesanti critiche ricevute da entrambe le ali politiche durante il suo primo mandato. Le accuse spaziano dall’incapacità di adempiere ai suoi doveri, alla distruzione dell’economia europea, fino alla mancanza di misure efficaci contro la povertà. La retorica europeista e democratica di von der Leyen è ormai vuota e priva di sostanza.

Sotto la sua guida, la Commissione Europea è stata travolta da uno scandalo relativo ai contratti di approvvigionamento dei vaccini contro il COVID-19. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che la Commissione ha violato le norme dell’UE, rimuovendo la responsabilità legale per gli effetti collaterali dei vaccini dai produttori.

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Piccole Note: Ucraina: la guerra inglese

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Ucraina: la guerra inglese

di Piccole Note

La guerra ucraina serve a Londra per logorare l’Unione Europea. Le analogie tra Zelensky e Netanyahu

Keir Starmer ha invitato Zelensky nel Regno Unito e, cosa ancora più significativa, lo ha fatto partecipare al Consiglio dei ministri. Davvero rara la partecipazione di un leader straniero a tale sessione, tanto che l’ultima volta è datata 1997, quando l’onore fu tributato a Bill Clinton.

 

Il senso di Starmer per la guerra Ucraina

Inutile dire che Starmer ha ribadito il suo sostegno alla causa di Zelensky, che è altra dalla causa ucraina, promettendo altre armi e altri soldi a Kiev. Un modo per rilanciare le sorti della guerra infinita in parallelo alla rielezione di Ursula von der Leyen a Commissario europeo, che a tale causa deve la sua fortuna politica.

Nomina, quest’ultima, che fa il paio con quella dell’estone Kaja Kallas a ministro degli Esteri della Ue, altra sacerdotessa della causa bellica anti-russa, chiamata a gestire la geopolitica del Vecchio Continente nonostante la sua esperienza pregressa si fermi alla gestione di un Paese con 1.3 milioni di abitanti.

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Giovanni Di Fronzo: Elezioni UE: il bivio della paura

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Elezioni UE: il bivio della paura

di Giovanni Di Fronzo

Si ritiene importante discutere degli esiti delle ultime elezioni europee in quanto costituiscono una sorta di termometro degli umori politici presenti nel vecchio continente, non perché si ritiene che il parlamento europeo conti qualcosa. È fondamentale specificare questo concetto onde evitare fraintendimenti.

Entrando nel merito, le ultime elezioni europee, pur lasciando intatta la maggioranza composta da popolari, liberali e “socialisti”, che nel corso dei decenni ha sostenuto la costruzione imperialista dell’Unione Europea, hanno sicuramente visto un’avanzata di varie espressioni dell’ultradestra conservatrice, post-fascista e post-nazista, che va oltre i paesi dell’est, dove è già tempo realtà consolidata.

Ovviamente, il paese capofila di quest’ondata è il nostro, dove Fratelli d’Italia e Lega raggiungono, insieme, circa il 38%, offrendo un quadro di piena stabilità e compatibilità sia rispetto al “pilota automatico” della rinnovata austerity economica, sia rispetto alla questione delle guerre in Ucraina e in Palestina.

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Fabio Vighi: Macabre liturgie di fine impero

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Macabre liturgie di fine impero

di Fabio Vighi

Cole Thomas The Course of Empire Destruction 1836.jpg‘Che grande abilità scenica quella del capitale che ha saputo fare amare lo sfruttamento agli sfruttati, la corda agli impiccati e la catena agli schiavi.’ (Alfredo Bonanno)

Il modello economico imposto dalla finanza occidentale è caratterizzato da una logica ormai strutturale di “creazione distruttiva”, che è l’opposto della “distruzione creativa” teorizzata da Joseph Schumpeter quale ‘fatto essenziale del capitalismo’[1]. La “creazione” oggi non interessa primariamente quel meccanismo di innovazione tecnologica per cui nuove unità produttive sostituiscono quelle obsolete e in tal modo aumentano la performance macroeconomica. Piuttosto, va riferita all’espansione a leva (debito) del capitale speculativo trainato dalle matrioske dei derivati, ​​che richiede l’abbandono del quadro di valori liberal-democratici già messo a tutela del capitalismo industriale. Il paradosso cui ci troviamo di fronte è che l’innovazione tecnologica distrugge il capitalismo a base industriale (il “mondo del lavoro”) e simultaneamente ci assoggetta alle strategie manipolatorie delle oligarchie finanziarie. Tradotto: le élite gestiscono la crisi terminale del capitale facendola pagare a masse sempre più immiserite, e reggimentate attraverso l’imbonimento di scenari apocalittici “provocati dal Nemico”, che in tale contesto diventa un bene più prezioso delle terre rare.

Se proprio vogliamo parlare di “sostenibilità” – concetto ideologico per eccellenza – almeno non facciamoci prendere per i fondelli. Perché il lemma non ha nulla a che vedere con i 17 obiettivi di “sviluppo sostenibile” solennemente dichiarati dall’ONU (debellare la povertà e la fame, migliorare la salute e il benessere, lottare contro il cambiamento climatico, per la parità di genere, ecc.).

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Sandro Moiso: Kamo, Lenin e il “partito dell’insurrezione”

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Kamo, Lenin e il “partito dell’insurrezione”

di Sandro Moiso

Emilio Quadrelli, L’altro bolscevismo. Lenin, l’uomo di Kamo, DeriveApprodi, Bologna 2024, pp. 208, 18 euro

20 settembre.jpgOratori silenzio!
A voi la parola
compagno Mauser.
(Vladimir Vladimirovic Majakovskij, Marcia di sinistra)

 

Sono numerosi i contributi e le ricerche di Emilio Quadrelli sullo sviluppo e la storia dei movimenti antagonisti e rivoluzionari, così come sulle problematiche che gli stessi, anche in situazioni di riflusso sociale come quella che accompagna i nostri giorni, devono costantemente prepararsi ad affrontare. Per questo motivo si è scelto di aggiungere in coda alla presente recensione una bibliografia, certamente ancora incompleta, dell’opera e degli articoli dello studioso e, soprattutto, militante genovese che nel corso degli ultimi anni ha fornito anche alla nostra testata.

Detto e sottolineato questo, però, va detto che a giudizio di chi scrive il testo da poco pubblicato da DeriveApprodi può costituire una specie di summa dell’interpretazione data dall’autore dell’azione di classe e del rapporto intercorrente tra questa e lo sviluppo di una coerente teoria rivoluzionaria, capace di fornire ai militanti dei movimenti e al processo destinato a superare lo stato di cose presenti una cassetta degli attrezzi non permeata dall’ideologia e dai suoi evidenti limiti, ma capace di resistere alle chimere di questo tempo infame per superarlo.

Non per nulla il volume si intitola L’altro bolscevismo e rovescia, nel sottotitolo ma non soltanto, quel Kamo, l’uomo di Lenin che era stato il titolo della più celebre opera pubblicata in Italia1 sulla figura del militante, bandito e combattente irriducibile che dal 1903 al 1922, anno della sua morte per una banale caduta dalla bicicletta, avrebbe dato prova di una fedeltà totale alla causa della Rivoluzione proletaria e comunista. Motivo per cui avrebbe trascorso, in fasi e periodi diversi, una buona parte della sua vita nelle carceri zariste.

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Enrico Tomaselli: Il “fattore T”

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Il “fattore T”

di Enrico Tomaselli

photo 2024 07 11 17 13 29.jpgEssendo fortunosamente scampato all’attentato a Butler, Trump veleggia verso una assai probabile vittoria alle presidenziali di novembre. Ed è assai probabile che anche l’America sia scampata – almeno per ora – allo scoppio di una guerra civile; se fosse morto, le possibilità che si innescasse una reazione a catena erano davvero forti.

Chiaramente, l’attentato in sé è stato un evento game changer; a questo punto per i democratici la partita è sostanzialmente persa, e quindi non ha più senso cercare un candidato alternativo a Biden. Non avrebbe senso bruciare adesso una candidatura spendibile tra quattro anni. Ma faranno bene a trovare in fretta un frontman (o una frontwoman…), e a prepararlo per la sfida: J.D. Vance è giovane e grintoso (e la sua biografia, ‘Elegia americana’, è un bestseller).

Se Trump confermerà le previsioni, e verrà eletto presidente per la seconda volta, avrà dinanzi a sé un arco di tempo limitato per sviluppare la sua politica; e anche se Vance è – come dice qualcuno – un suo clone, non è detto che verrà eletto nel 2028.

In questa finestra temporale si troverà di fronte numerose sfide, sia interne che internazionali, e i due aspetti sono intrecciati.

Tanto per cominciare dovrà risanare l’economia del paese – anzi, dovrà risanare il paese. Che ha un debito pubblico di 33.000 e passa miliardi. Dovrà probabilmente scontrarsi con una fortissima resistenza istituzionale da parte dei dem, a ogni livello, e ovviamente fare i conti col deep state (che è totalmente bipartisan, quindi saldamente presente anche tra le fila repubblicane). Per quanto la sua elezione sarà probabilmente trionfale, e questo taciterà il dissenso tra i rep, le divergenze non tarderanno a emergere.

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Piccole Note: Le bombe israeliane sui negoziati con Hamas

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Le bombe israeliane sui negoziati con Hamas

di Piccole Note

“La guerra non è un mezzo per raggiungere un fine. La guerra stessa è il fine. Perché? Perché è molto più facile controllare un paese in guerra”….

“Novanta persone sono state uccise e 300 ferite in un attacco israeliano all’area di al-Mawasi, a Khan Younis, un’asserita ‘zona sicura’ […]. Almeno otto scuole delle Nazioni Unite sono state colpite dall’esercito israeliano negli ultimi 10 giorni”.

“Gli attacchi israeliani a Gaza si sono intensificati di recente nonostante tra Doha e il Cairo siano in corso i colloqui per raggiungere un cessate il fuoco. I report riferivano che, prima degli attacchi di sabato, nei colloqui si stavano registrando progressi”.

“[…] Israele ha sempre aumentato l’intensità degli attacchi contro i propri nemici quando stava finalizzando negoziati per un cessate il fuoco”, ha affermato Tariq Kenney-Shawa, policy fellow di al Shabaka, una rete politica palestinese. “Lo reputano un mezzo per aumentare la pressione sulla parte avversa, in questo caso Hamas, perché acconsenta alle loro richieste e faccia ulteriori concessioni”.

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Federico Giusti: La Nato va alla guerra

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La Nato va alla guerra

di Federico Giusti

Lo scarno comunicato finale dell’Alleanza Atlantica dopo il summit a Washington meriterebbe maggiore attenzione di quanta riservatale dalla stampa mainstream.

I paesi aderenti alla Nato ormai guardano all’Indopacifico come area di interesse nevralgico, prova ne sia l’incontro con i Capi di Stato di Australia, Giappone, Nuova Zelanda, Corea del Sud per affrontare le sfide di sicurezza condivise e approfondire ulteriormente la cooperazione.

La cooperazione della quale si parla viene tradotta in termini militari con aumento sensibile delle spese militari di questi paesi impegnati da tempo in lunghe esercitazioni militare davanti alla Cina. Del riarmo giapponese ne parlano da tempo innumerevoli riviste, basti pensare a sistemi di arma di ultima generazione ormai prossimi a entrare in gioco, la spesa militare del Giappone è aumentata del 5,9% tra il 2021 e il 2022, raggiungendo i 46 miliardi di dollari e altrettanto crescerà nel prossimo biennio.

Nel comunicato finale leggiamo che la NATO sta lavorando sempre più strettamente con i partner dell’Indo-Pacifico e con l’Unione europea per contribuire a preservare la pace e proteggere l’ordine internazionale basato su regole.

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G. S.: Nuovo Parlamento Europeo, primo atto: che la guerra in Ucraina continui!

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Nuovo Parlamento Europeo, primo atto: che la guerra in Ucraina continui!

di G. S.

Due giorni fa Roberta Metsola è stata confermata per altri due anni e mezzo alla Presidenza del Parlamento Europeo. La politica maltese ha superato nettamente l’altra candidata, Irene Montero del gruppo The Left, ottenendo una maggioranza molto più larga di quella che le avrebbero già comunque dato i voti di socialisti, popolari e liberali.

Metsola, esponente del PPE, ha attirato sulla sua persona i consensi anche di vari conservatori, verdi e deputati di altre realtà che siedono nel consesso europeo. Ha raggiunto dunque il numero record di 562 voti su 699 votanti, mostrando come, alla fin fine, negli organi a vertice della UE la classe dirigente condivida più o meno la stessa visione politica.

Il suo discorso di insediamento è stato la solita lista dei buoni propositi, validi per alimentare la narrazione ideologica di un’Europa di pace, democrazia e diritti più che per leggere gli effettivi orientamenti che perseguirà l’Assemblea. Una cosa però è stata detta chiaramente, ovvero che il sostegno a Kiev nella guerra con la Russia rimarrà un nodo centrale.

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comidad: La NATO è diventata una baby gang

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La NATO è diventata una baby gang

di comidad

Gli Stati Uniti sono certamente la più grande cleptocrazia della storia, un modello di riferimento per tutti gli altri paesi. Il sistema cleptocratico si è consolidato negli ultimi quarant’anni tramite i processi di deindustrializzazione e finanziarizzazione che hanno consentito alle oligarchie di sradicarsi da ogni contesto sociale e territoriale, diventando bolle autoreferenziali. Ciò ha reso superflua la mediazione politica, per cui i politici riescono a svolgere un ruolo soltanto se fanno parte di lobby d’affari, che sono trasversali al pubblico e al privato, e anche al legale e all’illegale. Le lobby d’affari comunicano con un registro imbonitorio e manipolatorio da televendita, quindi cercano di sfruttare simultaneamente tutte le pulsioni e le velleità del potenziale cliente. I popoli sono un po’ come degli schizofrenici dalle personalità multiple; cioè hanno propensioni culturali diverse che si sono succedute, dissociate e sovrapposte nel corso dei secoli. Il compito della politica dovrebbe essere quello di mediare, cercando di assecondare maggiormente quella personalità – quella tendenza culturale – che meglio corrisponda alle effettive possibilità di un dato momento. Le lobby d’affari invece non si pongono di questi problemi; anzi, dato che comunicano con una logica pubblicitaria, tendono ad attivare contemporaneamente tutte le pulsioni, anche le più contraddittorie.

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