[SinistraInRete] Alfonso Gianni: C’è del chiaro in fondo al tunnel

Rassegna 29/07/2024

 

Alfonso Gianni: C’è del chiaro in fondo al tunnel

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C’è del chiaro in fondo al tunnel

di Alfonso Gianni

204909839 b826a1b5 aa95 4501 b42c
b78bb21a0804.jpgChi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, perché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada

Eraclito

L’anno corrente non sarà solo ricordato per la quantità di appuntamenti elettorali che si sono svolti. In effetti più di 50 Paesi in tutto il mondo, con una popolazione complessiva di circa 4,2 miliardi di abitanti, più della metà della popolazione mondiale, hanno tenuto o terranno elezioni nazionali, regionali e comunali nel 2024, in quello che è stato quindi definito come l’anno elettorale più grande della storia, con la partecipazione di sette delle dieci nazioni più popolose al mondo, cui va aggiunta l’Unione europea. Non senza eccesso di enfasi il Guardian lo ha definito “il Super Bowl della democrazia”1

Ma la vera novità dell’anno in corso, almeno entro il perimetro Ue, è stata certamente la inaspettata e sorprendente vittoria della gauche in Francia, sulla base di un programma effettivamente di sinistra. Almeno per quanto riguarda gli aspetti sociali, con una caduta in negativo sul tema della guerra russo-ucraina. Tutt’altra cosa comunque della vittoria dei laburisti in Inghilterra. Un esito felice, quello francese, che parla a tutta l’Europa e oltre, come ha dimostrato in modo emblematico l’entusiastica manifestazione che ha riempito la sera 7 luglio Place de la Republique, ove varie voci, diversi idiomi e accenti si rincorrevano in una sorta di polifonia internazionalista. E si poteva udire anche il nostro “Siamo tutti antifascisti” nella lingua originale “del bel paese dove ‘l sì suona”.2

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Luciano Bertolotto: La necessità di eliminare il sovra-prodotto

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La necessità di eliminare il sovra-prodotto

di Luciano Bertolotto

0 0 52.jpgBisogni, consumo, surplus

Vivo. Io, come altri otto miliardi. Perché? Non lo so. Come, invece si: soddisfacendo i bisogni essenziali. Cibo, vestiti( se il clima o la morale li richiedono), un tetto. Ah, dimenticavo: un po’ di sesso(se non per altro, per la riproduzione della specie…).

Il processo di civilizzazione ha reso tutto ciò un po’ più complesso e sofisticato: gastronomia, moda, architettura, seduzione… Sono il fondamento del piacere o, in mancanza, della sofferenza.

A questi si aggiungono gli oneri del vivere sociale. Il prezzo della (parziale) repressione degli istinti primordiali. Trovano spazio nella psiche individuale e collettiva. Relativi e mutevoli formano, comunque, l’habitat culturale.

Hanno origine con la necessità di cooperare. Il noi ne è l’elemento fondante. In contrasto con la dottrina prevalente che esalta l’interesse individuale. Io, io, io … Fino all’ultima frontiera del neo-liberalismo: ciascuno è imprenditore di se stesso. Tutti contro tutti

Il bisogno impone di procurarsi il necessario. Non basta la natura. Siamo condannati al lavoro. Almeno quasi tutti… Grazie alla tecnologia il processo di produzione si è evoluto nel tempo. E con esso la vita umana. Mente e corpo… e, anche, le idee. Il frutto di tanto tribolare è il prodotto sociale che, pur iniquamente, viene distribuito. Ma non tutto è consumato. Quel che rimane è il sovra-prodotto (o surplus).

 

La sovrapproduzione e le forme ordinarie di eliminazione del surplus

Di questo voglio scrivere. Sostenendo, in particolare, che la sua eliminazione è stata, ed è, per i potenti (non trovo un termine più consono…), una necessità storica. La penuria di molti per il dominio di pochi.

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Andrea Zhok: Il progressismo, retroguardia armata del neoliberismo

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Il progressismo, retroguardia armata del neoliberismo

di Andrea Zhok

Stamane ricevo una comunicazione pubblicitaria, della rivista Micromega, rivista progressista per antonomasia, cui ho anche dato in passato un contributo. Nella comunicazione si annunciava l’uscita, in libreria e online, del nuovo volume dal titolo “Contro la famiglia. Critica di un’istituzione (anti)sociale”. Riporto qui sotto il commento introduttivo. 

“La famiglia come istituzione sociale è, non da oggi, oggetto di analisi e critica. Nel corso della storia il suo superamento è stato obiettivo sia di progetti di emancipazione basati su un’idea di condivisione della proprietà e del lavoro, sia di progetti politici totalitari, che in essa e nelle appartenenze e lealtà di cui è costituita scorgevano un ostacolo al rapporto tra i cittadini e lo Stato. 

Non c’è dubbio che oggi ci troviamo di fronte a un prepotente ritorno della retorica dei legami familiari e di sangue. E allora cosa significa, oggi, proclamarsi “contro la famiglia”, come MicroMega ha scelto di intitolare il quarto volume di questo 2024 in libreria dal 25 luglio?

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Francesco Corrado: Lo stato (al collasso) di Israele

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Lo stato (al collasso) di Israele

di Francesco Corrado

La guerra apertamente e oscenamente genocida che Israele sta conducendo a Gaza sta minando la comunità dalle fondamenta. Tralasciando l’aspetto militare che per Israele è davvero tragico, quello cui abbiamo assistito in questi 8 mesi è lo smantellamento di parte del paese sia dal punto di vista demografico che di quello economico.  

Dal 7 ottobre scorso 46.000 attività sono state chiuse e l’economia è crollata del 20%. La previsione degli economisti israeliani è che per fine 2024 altre 60.000 attività chiuderanno; ma si tratta di previsioni, plausibili, vediamo i fatti.

Questi i dati riportati dal periodico israeliano Maariv e sono dati ufficiali. La crisi attraversa molti settori dell’economia. Innanzitutto colpisce le piccole attività, quelle fino a 5 dipendenti: il 77% delle attività chiuse, circa 35.000, appartengono a questa categoria. La fuga in massa di israeliani verso l’estero seguita agli attacchi del 7 ottobre ha colpito duramente il settore immobiliare. Questo ha trascinato con se l’indotto: ceramica, materiali da costruzione, mobilio, alluminio, condizionatori ecc.

Del terziario sono stati fortemente colpiti ovviamente i trasporti, ma anche la moda, l’industria del divertimento e il turismo che è sceso in maniera drammatica.

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Piccole Note: Netanyahu, il degrado dell’Impero e gli orrori di Gaza

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Netanyahu, il degrado dell’Impero e gli orrori di Gaza

di Piccole Note

“Nonostante tutte le menzogne che avete ascoltato, la guerra a Gaza ha uno dei rapporti più bassi tra combattenti e vittime non combattenti nella storia della guerra urbana”. Così Netanyahu nella suo tragico intervento al Congresso Usa. Non contento, ha aggiunto: “E volete sapere dov’è più basso” questo rapporto? A Rafah, nonostante avessero detto che l’attacco a Rafah si sarebbe risolto in una carneficina. Invece, ha raccontato Netanyahu, quando si è recato in visita alle truppe israeliane inviate a Rafah, avendo chiesto a un soldato se si erano registrate vittime civili, si è sentito rispondere: “Nessuna” [corsivo nostro]. Risposta che ovviamente il premier israeliano ha riportato come veritiera.

Questo il passaggio più immaginifico del discorso di Netanyahu, che non ha mancato di ricordare l’Olocausto e il pericolo del suo ripetersi; di accusare la Corte penale internazionale e quella di Giustizia internazionale di falsità; di denunciare l’antisemitismo di quasi tutto il mondo perché non accetta la versione israeliana su quanto accade a Gaza; oltre, ovviamente, a ricordare le mostruosità di Hamas, al solito aggravate da particolari agghiaccianti che non rispondono alla realtà; per poi finire con la solita intemerata contro l’Iran, definito nemico comune di Washington e Tel Aviv, da schiacciare insieme ai suoi proxy grazie anche a un’auspicata Alleanza di Abramo, cioè una Nato mediorientale che comprenda i Paesi arabi legati a Israele.

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Eros Barone: La Magnifica Rettrice Flavio Furlan

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La Magnifica Rettrice Flavio Furlan

di Eros Barone

No, il lettore non si è ingannato nel leggere e non si tratta di un semplice refuso. Anzi. L’intento delle autorità accademiche trentine che qualche tempo fa hanno redatto un documento di cinquanta pagine invertendo – bisogna pur dire, con supremo sprezzo del ridicolo – la concordanza grammaticale, designando tale inversione come ‘femminile sovraesteso’ e trasformandola, con esiti tra il goffo e il grottesco, in una vera e propria regola; l’intento, si diceva, è quello di compiere, secondo quanto sta scritto nel Regolamento di Ateneo approvato il 28 marzo scorso, “un atto simbolico per dimostrare parità a partire dal linguaggio dei nostri documenti”: «Nell’università di Trento è vietato usare il maschile. Il contenuto di tutti i documenti sarà espresso al femminile». Queste sono, pertanto, le conseguenze derivanti dall’applicazione del cosiddetto ‘femminile sovraesteso’: “La Magnifica Rettrice Flavio Furlan, La Chiarissima Professoressa Claudio Agromonte, La Ricercatrice Luigi Congiu”.

Orbene, non vi è dubbio che l’innovazione dei Soloni trentini meriterebbe di essere archiviata tra quelle esagerazioni prodotte da un’applicazione schematica dell’istanza antisessista per definire le quali gli inglesi adoperano il termine di ‘self-stultifying’, che in italiano si può rendere con l’espressione: “ciò che rende stupido sé stesso”.

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Sergio Fontegher Bologna: La crisi della Germania

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La crisi della Germania

di Sergio Fontegher Bologna

Progetto senza titolo e1721832102347.pngLa crisi politica, economica e sociale della Germania post-Merkel è diventata argomento di primo piano dei media italiani. Il numero di Limes uscito il 6 luglio è stato interamente dedicato a questo. I rapporti storici ed economici tra i nostri due paesi, Italia e Germania, sono stati così importanti che alcune riflessioni si rendono necessarie, magari aggiungendo qualche informazione in più a quelle che circolano negli organi di stampa.

Mi ricollego pertanto a quanto avevo scritto nel libro “Banche e crisi. Dal petrolio al container”, più di dieci anni fa (Derive&Approdi, Roma, 2013). Descrivevo il crollo del sistema finanziario tedesco che era leader mondiale nella finanza dello shipping, con il fallimento di centinaia di società specializzate nel cosiddetto KG-System, società in accomandita semplice che per decenni avevano consentito ai risparmiatori privati ottimi ritorni nel noleggio di navi container. Il crack coinvolse anche la banca pubblica HSH Nordbank, posseduta dal Land di Amburgo e dal Land dello Schleswig Holstein, che al tempo era la banca al mondo maggiormente presente nei finanziamenti allo shipping. La Germania, nel giro di pochi mesi, perse una leadership mondiale in un settore chiave della globalizzazione, quello del container. Il suo primato sarà in seguito raccolto dalla finanza cinese e giapponese con l’adozione di particolari strumenti innovativi come il leasing. Ma, dopo quello del 2012, altri choc dovevano investire il mondo finanziario e bancario tedesco, con un susseguirsi di scandali che arrivano ai giorni nostri. Ne cito soltanto tre: lo scandalo P&R nel 2018, una delle più colossali truffe del dopoguerra, sempre nel settore container; la società vendeva o noleggiava container a dei privati, si scoprì che un milione circa di questi container non esisteva affatto, più di 50 mila investitori persero i loro soldi; il caso Wirecard nel 2020, società di gestione digitale dei pagamenti, che ha praticato sistemi fraudolenti su vasta scala, e poi, il caso più sconvolgente, il cosiddetto “affare cum-ex”, che ha coinvolto più di 5 paesi europei, dove con la complicità di grandi banche, società finanziarie, intermediari, singoli professionisti, sono state rimborsate delle tasse a chi non ne aveva diritto per un valore di circa 62 miliardi di dollari, la metà dei quali nella sola Germania.

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Nestor Halak: Trump e il complottismo

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Trump e il complottismo

di Nestor Halak

caricature 2069820 1280.jpgImmediatamente dopo il tentativo di assassinare Trump, ancora prima di conoscere esattamente cosa fosse successo, su internet già fiorivano decine di differenti ipotesi “alternative” che ci davano avviso di quanto le cose potessero essere diverse da come apparivano. Ancora prima che ci fosse una “teoria ufficiale” da smentire, già la smentivano.

Né sono stati da meno i media mainstream che fin da subito hanno fatto il possibile per minimizzare l’accaduto, per ironizzare sull’accaduto, per insinuare dubbi sulla “realtà” dell’accaduto che poteva essere in fondo anche una “rappresentazione”. Meglio non parlarne affatto, ma se proprio un accenno vogliamo farlo, non chiamiamolo attentato, piuttosto incidente, non usiamo la parola assassinio, sottolineiamo il lato umoristico: da subito sono cominciate a circolare vignette ironiche e prese in giro, tanto da far sospettare che ci siano professionisti pagati per questo.

A pochi minuti dall’”incidente” già circolavano tesi che si trattasse di un falso, magari organizzato dallo stesso Trump a scopo di propaganda, magari si era buttato per terra e aveva aperto una bustina di salsa di pomodoro per fare il drammatico: può essere, ma allora perché gli spari non erano a salve, perché ci sono morti e feriti? Ma, forse gli spari erano veri, ma si mirava al pubblico: un paio di morti aggiungono drammaticità e sapore di verità! Uno spettatore in più o in meno, che differenza fa? Be, per loro qualcuna ne fa. Maga lives don’t matter! Però il proiettile sembra essere passato pericolosamente vicino alla testa… Ma no, era tutto calcolato! E poi certa gente si ucciderebbe pur di far sembrare vero un attentato!

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Salvatore Bravo: Nestor Makhno

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Nestor Makhno

di Salvatore Bravo

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Nestor Makhno è stato un eroe della storia del comunismo anarchico ucraino. Divenne il catalizzatore della rivolta dei contadini e degli ultimi durante i primi anni della Rivoluzione russa. Nell’Ucraina devastata dagli interessi economici delle potenze egemoni e divenuta campo i battaglia tra tedeschi, russi bianchi e rossi e nazionalisti, egli fondò la prima nazione anarchica, la Machnovščyna con capitale Guliai-Polé, sorta tra il 1917 e il 1921 nel sudest dell’Ucraina. Il motto della nazione era “”Il potere genera i parassiti! Lunga vita all’Anarchia!”. La stroria della prima nazione anarchica non è presente nei libri di storia ed è sconosciuta a molti. L’anarchia comunista divenuta realtà ha dimostrato che l’impossibile è possibile. L’impensabile è la comunità-nazione senza autorità e proprietà privata, la quale diventa realtà in un contesto di guerra, in cui si confrontano modelli sociali differenti sostenuti da forze materiali e ideologiche assai differenti. I contadini guidati da Nestor Makhno, benchè analfabeti comprensero collettivamente che la Rivoluzione russa e la caduta degli zar erano uno spazio di possibilità nel quale “giocarsi il futuro”. La libertà prima di tutto, quindi, la Rivoluzione finisce dove inizia l’autorità. Nestor Makhno nella sua ricostruzione della storia della Machnovščyna scritta in esilio in Francia fa dell’autoderminazione il nucleo della rivolta dei contadini. Egli stesso contadino conobbe l’artiglio dell’autoritarismo e le prigioni del potere.

Con il comunismo anarchico terminava la storia caratterizzata dal dominio e iniziava il regno della libertà con la gestione diretta e comunitaria delle decisioni politiche e dell’economia. All’inizio il movimento di liberazione della nazione anarchica cercava un modello a cui ispirarsi per questa esperienza inedita. Gli anarchici ucraini speravano nel ritorno di Kropoktin in Russia con la Rivoluzione, ma il “grande vecchio” riconobbe il nuovo potere e si limitò agli appelli umanitari.

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Giuseppe Masala: La crisi del debito Usa, Trump e le criptovalute

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La crisi del debito Usa, Trump e le criptovalute

di Giuseppe Masala

Da sempre sosteniamo che la crisi geopolitica in corso ha un’origine di natura economica e monetaria che risiede nell’enorme squilibrio del saldo delle partite correnti e della posizione finanziaria netta statunitense che ormai sta minando la stabilità del dollaro come moneta standard utilizzata per gli scambi internazionali.

Una crisi silente quella del dollaro perché chiara nelle sue motivazioni solo agli economisti (o agli appassionati di macroeconomia), ma devastante nelle conseguenze economiche e geopolitiche. Dopo vari tentativi con i quali l’Amministrazione Obama ha provato a far ragionare gli europei sulla necessità di sanare lo squilibrio commerciale e il gap di competitività tra le due sponde dell’Atlantico, gli americani sono passati alle vie di fatto (servendosi peraltro dei loro alleati più stretti di Varsavia e dei paesi baltici) orchestrando moti di piazza, di estrema destra, a Kiev che sono sfociati nel cambio di regime in Ucraina. Una mossa che non poteva non provocare una crisi aperta tra l’Occidente e Mosca che poi – finita la parentesi trumpiana a Washington – si è trasformata in una proxy war tra Occidente e Russia sul suolo ucraino con un corollario di sanzioni fortissime che hanno reciso il cordone ombelicale tra Europa (e soprattutto Germania) e Russia, minando così la competitività europea che era proprio l’obbiettivo primario che a Washington volevano raggiungere nella speranza di riequilibrare i propri conti con l’estero relativi al lato europeo.

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comidad: L’Unione Europea non è una tecnocrazia ma una cleptocrazia

comidad 

L’Unione Europea non è una tecnocrazia ma una cleptocrazia

di comidad

Secondo la stampa israeliana il drone yemenita piombato su Tel Aviv il 19 luglio scorso sarebbe stato “monitorato” dal sistema di difesa per sei minuti prima di colpire la città. Il motivo del mancato abbattimento del drone, secondo la versione ufficiale dell’autorità militare israeliana, sarebbe un “errore umano”; infatti pare che per quel giorno Dio abbia potuto esibire un alibi di ferro.

La locuzione “errore umano” è pleonastica, in quanto anche i dispositivi tecnici sono l’effetto di scelte umane, soprattutto per ciò che riguarda la decisione di investire denaro e risorse in una tecnologia invece che in un’altra. Il sistema che avrebbe dovuto difendere i centri urbani in Israele è il cosiddetto “Iron Dome”, costruito dalla multinazionale israeliana Rafael, che è a capitale controllato dal ministero delle Finanze. In realtà il sistema “Iron Dome” è talmente costoso che Israele non può permettersi di sostenerlo da solo, quindi a pagare il conto sono gli Stati Uniti. Da bravo oste che dice che il vino è buono, il sistema “Iron Dome” vanta una percentuale di successi del 90%; la cifra però è da considerarsi controversa poiché il sistema non considera gli attacchi contro bersagli diversi dai centri urbani. L’ultimo fallimento è anche più clamoroso che nel caso dell’attacco iraniano dell’aprile scorso, dato che in questa ultima circostanza il drone ha colpito direttamente, senza neppure aver bisogno di una preventiva saturazione del sistema di difesa con bersagli di disturbo.

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Nicoletta Vallorani: Il Pianeta Proibito tra Prospero e Peter Pan

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Il Pianeta Proibito tra Prospero e Peter Pan

di Nicoletta Vallorani

Della fantascienza credo di essermi innamorata allora: a partire da Il pianeta proibito (Forbidden Planet). Di tre anni più vecchio di me, questo classico imbastito di una tecnologia che oggi fa persino tenerezza è stato ed è rimasto la mia prima escursione nel genere che poi ho imparato ad amare e che mi ha conquistata con una fascinazione ipnotica della quale avrei capito il senso e i meccanismi solo molto più tardi.

Dovevo avere poco più di 10 anni. In ritardo considerevole sull’uscita statunitense (1956), l’apologo spaziale girato da Fred McLeod Wilcox arrivò in Italia, per me, attraverso lo schermo televisivo, in una delle proiezioni mattutine cui potevamo accedere miracolosamente in una provincia lontana dal rutilante progresso del nord. Per i più giovani, la storia si merita qualche premessa. Si tratta di tornare indietro a tempi in cui la televisione non trasmetteva a ciclo continuo, le persone non potevano accedere a qualunque cosa in qualsiasi momento nel gran minestrone mal assortito di internet, e il desiderio aveva bisogno di tempo per essere adempiuto. Qualunque desiderio, compreso quello di cinema. Per me, bambina in un posto di mare al margine estremo di quello che era un tempo lo Stato Pontificio, il cinema era un amore non corrisposto, nel senso che andarci, nei casi rari in cui arrivava qualcosa che valesse la pena di vedere, era un salto a ostacoli dove io di solito inciampavo e cadevo subito.

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