Fulvio Grimaldi: “False Flag, lo strumento principe della criminalità di Stato organizzata”

Fulvio Grimaldi – 29/07/2024

MONDOCANE: Lo strumento principe della criminalità di Stato organizzata FALSE FLAG (fulviogrimaldi.blogspot.com)

 

Lo strumento principe della criminalità di Stato organizzata FALSE FLAG

Parapendii Hamas sulla Palestina occupata

 

11 settembre Torri Gemelle New York = 13 settembre Bataclan Parigi = 22 marzo 2024 Crocus Mosca = 2 aprile 2022 Bucha Ucraina = 4 agosto 1964 Golfo del Tonchino Vietnam = 22 novembre 2022 missile “russo” sulla Polonia = 7 ottobre 2023 Hamas = 27 luglio 2024 Majdal Shams Golan occupato = …..

 

Una foglia di fico grande come il 7 ottobre
Documentario di Fulvio Grimaldi, regia di Leonardo Rosi

Man mano che l’effetto False Flag, strumento fondamentale da secoli per chi prova a giustificare aggressioni, crimini, atrocità, guerre, genocidi, svanisce sotto la pressione delle evidenze contrarie, si deve provvedere al rinnovo della narrazione falsificatrice con un nuovo episodio della stessa natura. E’ per impedire agli infedeli mori di insediare Maometto a San Pietro che toccava liberare il Santo Sepolcro, falciando tutto ciò che da quelle parti abitava. Ovvio, no? E Torquemada, bruciando tutti quegli stregoni e streghe, non ci aveva salvato dai sabba infernali che avrebbero aperto le porte a Satana?

La demolizione progressiva della gigantesca mistificazione dell’operazione “Alluvione di Al Aqsa” del 7 ottobre 2023, con l’emergere della spaventosa Direttiva Hannibal, per la quale l’esercito israeliano ha l’ordine di uccidere i propri cittadini a rischio di cattura, applicata ampiamente in quell’occasione (come provato dai documenti e dalle testimonianze pubblicate dal quotidiano israeliano Haaretz), è riassunta nel documentario che qui vi presento.

Dal venir meno di questo abietto pretesto per poter far dire al regime sionista che, nel genocidio di Gaza, si limita – pur nell’ aberrante sproporzione dei mezzi e dei risultati – a difendere Israele dal terrorismo di Hamas, sorge la costante necessità di incalzare con nuovi accadimenti sconvolgenti da attribuire al nemico. Quello del missile che il 27 luglio sarebbe stato lanciato da Hezbollah sul villaggio di Majdal Shams, nel Golan siriano occupato (qui i media lo chiamano “Nord d’Israele”), né è l’occasione. Evento che era logico aspettarsi di fronte al catastrofico crollo della credibilità sionista a seguito di 10 mesi di sterminio di civili, 40.000, di cui la metà circa minori e bambini, dato che prescinde dalle decine di migliaia sepolti sotto le macerie e delle centinaia di migliaia votati a morte per fame e malattie.

Incidentalmente ricordo l’avanzata dell’IDF sul Golan nel corso della guerra del 1967 e il mio incontro con le popolazioni che fuggivano da villaggi dati alle fiamme. Erano drusi, etnia araba devota a una particolare versione dell’Islam, successivamente favorita dagli occupanti a svantaggio dei palestinesi, per farne una forza ausiliaria, una piccola quinta colonna nei territori occupati. Si può dire che i drusi stanno a Israele come i curdi di Siria, Iraq e Iran stanno agli aggressori statunitensi. Anche se questi giorni, quando gli abitanti dei Majdal Shams hanno rifiutato la presenza israeliana alle proprie cerimonie funebri, fanno pensare al recupero di una misura di dignità araba.

Hezbollah è mille volte più credibile, quando afferma di non essere responsabile di quei 12 morti sul campo di calcio della comunità drusa nel Golan siriano occupato. Non ci sarebbe neanche bisogno di una controprova, come quella fornita da esperti internazionali secondo cui si sarebbe trattato di un missile deviato dall’azione contraerea israeliana di Iron Dome  (sistema che già aveva mostrato tutte le sue falle al tempo dell’attacco iraniano su due basi militari israeliane).

Dai primi giorni della guerra israeliana alla popolazione civile palestinese, prima a Gaza e poi anche in Cisgiordania, con particolare predilezione per l’infanticidio (70 bambini colpiti in una scuola, nello stesso giorno del Golan, e altre decine di mutilati e affetti da patologie oncologiche impediti dal lasciare la Striscia per luoghi di cura negli Emirati), Hezbollah si è rigorosamente limitato a colpire installazioni militari e infrastrutture strategiche in Israele. Quanto, peraltro, è bastato a costringere circa 200.000 coloni ebrei insediatisi nel nord della Palestina occupata ad evacuare gli insediamenti, se non a tornare nei paesi d’origine.

Della pratica della provocazione chiamata False Flag, di cui massimi esperti storici sono gli Stati Uniti, ma a principali protagonisti in tempi recenti si sono candidati gli israeliani, gli episodi elencati nel titolo sono solo un accenno. Meno evidente del grossolano falso dell’11 settembre, è l’operazione “terrorismo integralista islamico”, alla base degli attentati succedutisi in Europa e negli USA a cavallo del millennio. Ai tanti meriti di Julian Assange e Wikileaks è da ricondurre anche il legame scoperto tra il Dipartimento di Stato USA sotto Obama e le formazioni jihadiste, da Al Qaida all’ISIS ad Al Nusra, operanti in molti quadranti tra Europa, Asia e Africa, sempre in contrapposizione a governi e popolazioni in conflitto con il neocolonialismo statunitense e sionista. Fu Wikileaks a pubblicare le migliaia di dispacci con cui la segretaria di Stato, Hillary Clinton, sollecitava ai suoi terminali diplomatici il sostegno alle bande di tagliagole, poi addestrate nei paesi vassalli, dalla Turchia alla Giordania.

Quanto ai “patrioti” e “rivoluzionari” utilizzati per distruggere le “dittature” di Siria o Libia, così definiti da una sinistra ansiosa di farsi cameriera ai banchetti imperialisti (vedi Rossana Rossanda, Alexis Tsipras, fino ai capibastoni PD di ultima generazione e fino ai veneratori dei mercenari curdi alla Cobas, invertitori a U rispetto ai propri precedenti settantini), a dirne lo schianto politico e morale non bastano parole.

Del resto, è una virtù tutta di “sinistra” quella di darsi un patentino di saggi equilibristi, distanti sia dai peggiori, sia dai meno peggio, nella fattispecie lo Stato Apartheid Israeliano, che però si difende, e il terrorista Hamas di cui però fanno le spese bambini palestinesi.

Ora tutti si sbracciano, o fingono di sbracciarsi, dal braccettino di Tajani, al braccione di Biden-Harris-Trump, per evitare che dal Libano parta l’incendio grande. A me paiono dei figuranti impegnati a trattenere uno scatenato energumeno con la bava alla bocca che fa finta di divincolarsi. Teneteme che faccio uno sfracello… che, non me tenete?

La bava la esibisce sempre, la conventicola sion-totalitaria di Netaniahu, ma credo ancora, e potrò essere smentito domani, che l’energumeno sia di quelli che non vogliano altro che di essere trattenuti. Gli si permetta di sfracellare un po’ di gente a Beirut e nelle altre città, poi basta. E’ che Israele le ha prese già due volte in Libano da Hezbollah, 2000 e 2006 (quando ho avuto la soddisfazione di esserne testimone). E Hezbollah oggi è 10 volte più forte.

Attaccare l’Iran? Proprio ora che ci si illude di averne visto diventare presidente uno che dai buoni è definito “riformista” e “moderato”, insomma trattabile, piegabile? Sarebbe un’opzione difficile da rendere persuasiva all’opinione pubblica.

Ma poi c’è Erdogan, del tutto inaffidabile e imprevedibile, ma qualche effetto, quella sua sfuriata contro Israele da “invadere”, non può non averne quando si tratta del più potente esercito della regione, in nulla secondo (se non nell’armamentario nucleare) a quello sionista. E poi c’è lo Yemen, le cui incursioni sul naviglio hanno messo in crisi il porto israeliano di Eilat e reso molto problematico il leggendario progetto del “Canale Ben Gurion” (dal Mar Rosso a Gaza), e ci sono le milizie popolari irachene, reduci dalla vittoria sullo Stato islamico a Mosul, che ogni due per tre bombardano raffinerie e porto a Haifa.

Non credo proprio che Israele se la senta. Ogni tanto una False Flag, per distrarre dalle mostruosità barbariche compiute (e dalle botte che prende) a Gaza. Per il resto fuffa. Tossica, ma fuffa.

 

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