[SinistraInRete] Alessandro Visalli: Circa Trump

Rassegna 31/07/2024

Alessandro Visalli: Circa Trump

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Circa Trump

di Alessandro Visalli

harris trump 690x362.jpgIncombe la fase finale delle elezioni americane. Ogni quattro anni viene riproposto questo spettacolo dai toni profondamente religiosi del duello tra ‘messia’. Un giudizio di Dio accuratamente imbastito da mani sapienti. Con gran rullo di tamburi, il “popolo” viene chiamato a scegliere quale front man si dovrà fare carico di rappresentare la disgregazione che nutre il cuore dell’impero occidentale. Esiste, probabilmente, un nesso funzionalmente necessario tra questa disgregazione e la ciclica riproduzione di una guerra civile ritualizzata capace di fornire l’alias di un sistema di valori comunitari rispettivamente orientati gli uni contro gli altri. L’assenza di autentici elementi di connessione comunitaria, in un ambiente ultra-frammentato sotto ogni profilo, e nel quale la promessa della prosperità (unico sostituto plausibile della salvezza ultramondana nella quale collettivamente non si crede più) per troppi si allontana generazione dopo generazione, rende, in altre parole, necessario per poter funzionare quanto basta da conservare il proprio auto-attribuito ruolo mondiale, che sia messo in scena un sostituto. E allora si cerca la salvezza mondana non già nell’identificazione di nemici collettivi scelti dall’effettiva gerarchia sociale operante (ovvero, in quello che una volta si chiamava il ‘nemico di classe’), quanto in presunti nemici della ‘nazione’. Nemici, che sono, insieme all’identificazione di ciò che è la ‘vera’ nazione, interni e trasversali. Contro questi si alza un messia.

Chiaramente ogni quattro anni, puntualmente, ci viene raccontato con grande spesa e fine capacità retorica che la scelta è epocale. Si tratta invero di designare l’anticristo o il vero messia. Colui (o colei) il quale porterà il bene e la pace al mondo, colui che comprende e riunisce in sé tutto l’essenziale e individua il punto cruciale e dirimente.

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Leo Essen: Sovranità in Marx

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Sovranità in Marx

di Leo Essen

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b 1220x600.jpgNon è vero che Marx non si sia occupato di politica. Se si sfogliano i suoi appunti o i suoi tentativi più riusciti di scrivere il benedetto sistema – i Lineamenti –, si trovano pagine di primo livello di (cosiddetta) politica.

In un breve capitolo del volume I dei Lineamenti, da p. 207 a p. 221, Marx parla appunto della politica, dei concetti centrali della politica borghese, Sovranità e Libertà, e dice: Cosa sono la Sovranità e la Libertà? Non sono niente. Non c’è Sovranità e non c’è Libertà. Gli agenti economici sono gli uni legati agli altri in una catena di dipendenze. Solo per quei boriosi di socialisti francesi sono immaginabili agenti liberi e sovrani indipendenti da ogni relazione con gli altri agenti. Per Proudhon, per esempio, che aspira a filosofare alla tedesca, la libertà è un affare dell’uomo, è una proprietà che bisogna restituire all’uomo, una condizione – uno stato – che è represso, inibito, impedito dalla società borghese, impedito dagli affari, dal commercio, dalla polizia, dal vaccino, dalla scienza, etc., diremmo oggi – il rosario lo conosciamo.

Ebbene, dice Marx, Proudhon è uno spocchioso, e quando scimmiotta Hegel è uno spocchioso al quadrato. Prendete gli empiristi inglesi, dice. Non si fanno tante storie. Non hanno difficoltà a riconoscere che negli affari non c’è libertà e non c’è sovranità. Nessun narcisismo impedisce loro di dire che l’uomo non ha alcuna sovranità e libertà, che sovranità e libertà, e qui sta il genio inglese, non stanno in mano a nessuno, men che meno a un essere trascendente. La libertà è in una mano invisibile, anonima, sta in mano al mercato, ed è oggettivata in una cosa che portiamo in tasca e che parla a tutti con la stessa indifferenza: il denaro.

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Massimo Piermarini: Epicuro e la sociologia. Conversando con un filosofo su sapere critico e ricerca sociale

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Epicuro e la sociologia. Conversando con un filosofo su sapere critico e ricerca sociale

Patrizio Paolinelli intervista Massimo Piermarini

2da29cc37e560956b6c1675deed589 XL.jpgCome tante altre discipline anche la sociologia ha contratto numerosi debiti con la filosofia. Debiti inestinguibili e che tali resteranno qualsiasi sia il destino della più giovane tra le scienze sociali. Oggi la sociologia vive più che mai all’ombra del pensiero liberale. Pensiero che attinge da varie fonti: l’illuminismo, l’utilitarismo, l’economia politica classica, la teoria politica, il neopositivismo e persino il materialismo. Per quante e differenziate siano le fonti tutte sostengono la visione del mondo propria delle classi dominanti dal XIX secolo a oggi.

La vittoria sul piano della prassi basta e avanza per costituire un’egemonia culturale che da tempo ha interessato, e spesso inquinato, tutte le istituzioni, comprese la scuola, l’università, il sistema dell’informazione, l’ordinamento giuridico. L’egemonia raggiunta ha un protagonista preciso: il neoliberismo. Come è noto si tratta di una teoria a tutto campo (economico, politico, filosofico, antropologico) a sostegno di un tipo di capitalismo refrattario a ogni compromesso con le classi subalterne e incline a imporre il proprio comando su ogni aspetto della vita sociale. Anzi, per effetto dell’accelerazione tecnologica, della vita in quanto tale. La visione del mondo imposta dal neoliberismo tramite le più avanzate macchine del sapere, dell’editoria e della comunicazione si coniuga col ritorno in Europa del primitivismo tipico dell’homo homini lupus. Ossia con l’importazione nel Vecchio continente dello stile di vita statunitense fondato sulla competizione, la misurazione della performance, l’interesse personale, la legge del profitto. Modello che compensa lo spaventoso impoverimento spirituale, psicologico e umano diffondendo valori materialistici legati alla ricchezza economica e al consumismo.

Dunque, sì, anche il capitalismo è materialista. Ma di un materialismo negativo che poco ha a che fare con quello dell’antichità classica e ancor meno con quello teorizzato da Marx. Va detto però che da entrambi ha appreso qualcosa; ovviamente pervertendo questo qualcosa.

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coniarerivolta: Ancora salari da fame

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Ancora salari da fame

di coniarerivolta

Gli strepitii contro il feticcio della rincorsa prezzi-salari hanno raggiunto gli effetti sperati, facendo emergere quanto già chiaro da tempo e sconfessando la retorica del Governo secondo cui l’economia italiana primeggia in Europa. In verità, l’Italia è maglia nera nella caduta dei salari rispetto all’inflazione. Secondo l’OCSE, infatti, in Italia, rispetto al quarto trimestre del 2019, i salari reali, cioè i salari al netto dell’inflazione, sono caduti del 6.9%. Più del triplo di quanto siano caduti in Germania, il contrario di quanto sia accaduto in Francia (+0.1%).

 

Retribuzioni orarie, retribuzioni contrattuali e inflazione

Il problema dei salari in Italia è atavico, ma è andato via via aggravandosi negli ultimi decenni. Si tratta di una particolarità talmente evidente da richiamare l’attenzione anche della Commissione Europea, la quale ha notato come, in un decennio (2013-2022), la crescita dei salari nominali in Italia sia stata di circa il 12%, la metà della media europea (23%). Nello stesso periodo, mentre in UE i salari reali crescevano poco, ma crescevano (+2,5%), in Italia si verificava una caduta del 2%.

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Clara Statello: Fuga dalla mobilitazione forzata: il dramma (censurato) degli ucraini che non vogliono combattere

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Fuga dalla mobilitazione forzata: il dramma (censurato) degli ucraini che non vogliono combattere

di Clara Statello

Chi si ricorda delle grandi campagne di solidarietà per accogliere in Europa gli ucraini che fuggivano dalla guerra? Ancora oggi, decine di migliaia di uomini in età di leva rifiutano di combattere e scappano all’estero. Uno dei tanti mantra della stampa italiana e degli ultras dell’Ucraina, è che gli ucraini vogliono combattere finché non verrà ripreso l’ultimo centimetro di territorio. Non è proprio così.

Il bacino di volontari si è esaurito più o meno dopo la sanguinosa battaglia di Bachmut. Gli uomini non si arruolavano più. Piuttosto fuggivano. Secondo i dati Eurostat del novembre 2023, sono 650mila gli uomini in età di leva nei Paesi europei. A fine marzo, erano ricercati 70 mila renitenti soltanto nelle regioni di Ivano-Frankivsk e Poltava. Insomma gli ucraini non vogliono più combattere, non vogliono morire per Kiev, per l’UE e per la NATO.

Un sondaggio pubblicato sui media ucraini a inizio aprile, mostrava che la maggioranza degli uomini dai 29 ai 59 anni (63%) non vuole arruolarsi. Solo il 20% è disposto a entrare nell’esercito, come volontario o per contratto, oppure a essere mobilitato. Il 24% degli intervistati dichiara che non combatterebbe per nessun motivo. Il mandato di comparizione può essere un fattore motivante solo per il 7%. Gli altri scappano all’estero, se hanno le possibilità economiche. Oppure si nascondono.

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Nicola Licciardello: Benedetti microbi

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Benedetti microbi

di Nicola Licciardello

Cavalieri, Rappuoli, Vozza: I microbi salveranno il mondo? Il Mulino 2014

Non si dà più informazione, ragionamento, previsione, senza un’elevazione di tutto a potenza, senza un’illustrazione catastrofica, in fondo senza una premessa politica. E’ giusto che sia così, in un mondo – più che “senza certezze”, già più ipotetico che reale, tante sono le “minacce globali” che lo s-compongono. Perciò gli autori di questo agile trattato, o panphlet sui microbi (poco più di 200 pagine più una ventina di Bibliografia) premettono uno scenario irreale e apocalittico – se i microbi non esistessero – all’informazione sulle loro interazioni.

Si tratta, fin dall’antichità, del procedimento matematico “per assurdo”: ipotizzare il contrario di ciò che si vuol dimostrare e infine togliere l’impossibile – eppure qui lascia un residuo inquietante, come se davvero qualche folle decisione tecnocratica potesse riuscire a eliminare tutti i microbi. Tanto più che la pandemia da Covid 19, provocata dal virus SARS-CoV-2 e combattuta coi “vaccini”, viene evocata immediatamente, nella Premessa iniziale.

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Carlo Formenti: Aporie dell’utopia comunitaria

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Aporie dell’utopia comunitaria

Il Marx di Preve fra Hegel e Aristotele

di Carlo Formenti

copertina preve.jpgPremessa

Il secondo volume delle Opere (Inschibbolleth Editore, a cura di Alessandro Monchietto) di Costanzo Preve raccoglie due testi, il primo postumo e parzialmente incompleto (Manifesto filosofico del comunismo comunitario), il secondo (Elogio del comunitarismo) originariamente editato da Controcorrente (2006). Il tutto è preceduto da una Introduzione (“Comunità e comunismo nell’ultimo Preve”) di Mimmo Porcaro, alla quale rinvio per tutti gli argomenti che non riuscirò a trattare nel presente articolo, dato che i problemi sollevati da questi due scritti sono numerosi e complessi, tanto da non poter essere esaurientemente affrontati in un articolo che deve rispettare gli standard di lunghezza che mi sono autoimposto per i materiali di questa pagina.

Gli obiettivi che Preve si è posto in questi lavori sono a dir poco ambiziosi: si tratta, fra le altre cose, di abbozzare un bilancio storico-critico della teoria marxista e dei tentativi, condotti dai partiti comunisti novecenteschi, di metterne in atto i principi per realizzare formazioni sociali postcapitaliste; di riscattare dalla damnatio memoriae questi grandiosi esperimenti, evitando di buttare il bambino con l’acqua sporca, evitando, cioè, di liquidare quello che Preve – pur considerando la velleità di restaurare il “vero” pensiero di Marx impresa al tempo stesso vana e impossibile (1) – considera il progetto marxiano originario, vale a dire il sogno di realizzare non uno stato socialista, bensì una comunità di individui liberi e uguali; di contestare il dogma che inchioda Marx al ruolo di filosofo “materialista”, di colui che ha “rimesso con i piedi per terra” la dialettica di Hegel, e di descriverlo invece come il punto più alto di una linea di pensiero che si dipana da Aristotele a Hegel per culminare appunto con il maestro di Treviri;

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Ascanio Bernardeschi: Alti tassi esentasse

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Alti tassi esentasse

di Ascanio Bernardeschi

1024px northeast portland homeless camp
tentsL’aumento dei tassi di interesse non è una misura tecnica ma uno strumento politico della lotta di classe per arricchire le banche a scapito dell’economia reale e delle condizioni dei lavoratori. In un Paese in cui non esiste più l’edilizia residenziale pubblica e la mitigazione dei canoni di affitto, anche la questione abitativa viene aggravata con il rischio di mettere sul lastrico i lavoratori che con fatica avevano acquistato la casa.

L’inasprimento dei tassi di interesse praticato sia dalla Federal Reserve negli Stati Uniti che dalla Banca Centrale Europea (Bce) doveva essere funzionale, almeno secondo le motivazioni ufficiali, a contrastare l’inflazione. È noto però che il ricorso a questo strumento, che tende a raffreddare un’economia surriscaldata, è giustificato se l’inflazione è provocata da un eccesso di domanda rispetto all’offerta. Ma nel nostro caso l’inflazione non è determinata dalla troppa euforia dei mercati. Tutt’altro. Durante la fase acuta della pandemia le chiusure avevano determinato colli di bottiglia disorganizzando la produzione, grazie anche alla configurazione frammentata delle filiere produttive. Per quanto riguarda l’Europa, inoltre, si assiste a un inasprimento dei costi quale conseguenza della guerra in Ucraina e delle sanzioni alla Russia che privano il nostro sistema produttivo della possibilità di importare a basso costo materie prime e prodotti energetici dalla Russia. Incide inoltre la speculazione sui futures del petrolio, che assurdamente determinano i prezzi degli energetici. In simili casi l’innalzamento dei tassi certamente riduce la domanda, la quale, viste le difficoltà produttive, viene soddisfatta in buona parte dalle importazioni, e con ciò tende anche a migliorare i conti con l’estero, avendo così un effetto sull’inflazione ma questo beneficio è molto inferiore al danno che si provoca all’apparato produttivo.

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Enzo Pellegrin: La repressione al tempo dell’Unione Europea votata alla guerra

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La repressione al tempo dell’Unione Europea votata alla guerra

di Enzo Pellegrin

caschiblu.jpgColpisce non poco la recente raffica di provvedimenti questorili contro i manifestanti milanesi pro Palestina. Nell’obiettivo della Questura i partecipanti alla manifestazione del 25 aprile che si erano distinti per il sostegno alla causa palestinese e che avevano espresso solidarietà al diritto di autodeterminazione e alla resistenza di questo popolo.

Da molto tempo in tutta l’Unione Europea sono all’ordine del giorno le ondate repressive contro ogni manifestazione del pensiero che si allontani dai diktat politici del neoliberismo UE a pensiero unico e dala politica guerrafondaia della NATO: dalla repressione del movimento NOTAV, a quella contro i Gilet Jaunes, contro le maniifestazioni sindacali avverse ai progetti antipopolari e neoliberali del governo Macron, contro le manifestazioni per la pace in Francia e Germania. A questo quadro piuttosto inquietante, si aggiunge non solo da oggi una cappa di censura politica e mediatica su ogni critica al comportamento del governo sionista al potere, in Israele e alla sua condotta di guerra contro il popolo palestinese.

Accade così non per caso che a un noto e attivo militante sindacale dello SLAI COBAS presso la Tenaris di Dalmine, Sebastiano Lamera venga imposto un foglio di via che lo obbliga a non frequentare per ben sei mesi i luoghi più importanti di manifestazione del conflitto politico nel centro di Milano. La giustificazione è un asserito concorso in reati di resistenza a pubblico ufficiale che si sarebbero sviluppati proprio durante la repressione di una parte del corteo del 25 aprile che aveva manifestato a sostegno della causa palestinese. Nessun processo su questo asserito reato è ancora iniziato, nessun giudice della Repubblica ha applicato a Sebastiano una misura cautelare né tanto meno una condanna.

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Fulvio Grimaldi: Baracconate olimpiche, baracconate elettorali

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Baracconate olimpiche, baracconate elettorali

Tra pessimo e meno pessimo

di Fulvio Grimaldi

https://youtu.be/_rwRxdzobCg

Credere che i Giochi di Parigi siano sport, o che le elezioni USA siano democrazia, è come credere che un ombrello sia un paracadute.

Dove si parla dell’oscenità di Giochi Olimpici di cui il capintesta, manutengolo dei predatori bancari occidentali e accanito guerrafondaio, dice che sarebbero di pace e fratellanza, mentre sono di esclusione dei giusti (russi e bielorussi) e di inclusione dei genocidi (Israele e USA, con contorno di caporali NATO bravi a saltare in alto).

Olimpiadi custodite da quasi centomila tra militari e poliziotti, anche di altri paesi, a sottolineare il comune intento di militarizzazione, che si pretendono garanti della sicurezza di sportivi e pubblico, mentre garantiscono solo la gentrificazione della metropoli contro l’ennesima sollevazione del popolo francese. Una periferia di poveri, immigrati, precari, emarginati, stabilizzati da generazioni, dove il metro quadrato costa all’improvviso 7.000 euro e impone una transumanza di milioni verso il nulla.

E abbiamo udito la retorica di Sergio Mattarella ornare di allori e incensi anche questo, a poche settimane dell’analoga liturgia per il vertice NATO del ritorno in Europa dei missili di media e lunga gittata contro la Russia.

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Giacomo Marchetti: Il Nuovo Fronte Popolare governerà la Francia?

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Il Nuovo Fronte Popolare governerà la Francia?

di Giacomo Marchetti

Le elezioni politiche anticipate, annunciate da Emmanuel Macron appena chiuse le urne per le europee durante la serata del 9 luglio, hanno accelerato la crisi politica francese.

In tempi strettissimi è stata composta una coalizione progressista unitaria, il Nuovo Fronte Popolare – nato dalle ceneri della NUPES, mentre l’estrema destra si riconfigurava attorno al Rassemblement National (ex-FN) – uscito vincitore dalle europee.

Questo aveva cooptato la parte dei gollisti di LR facenti capo al presidente della formazione, Eric Ciotti, e l’ala di Reconquête che faceva riferimento alla nipote della Le Pen – Marion Maréchal – eletta nell’euro-parlamento ed entrata nello stesso gruppo di Fratelli d’Italia.

Il campo presidenziale, uscito con le ossa rotte dalle europee, e i gollisti di LR che non avevano seguito il loro presidente, completavano di fatto l’offerta politica, dominata dalla polarizzazione tra NFP e RN.

Ensemble, che metteva insieme le tre anime del campo presidenziale (Renaissance, MoDem e Horizons), al secondo turno è stata avvantaggiata dalla scelta dalla rinuncia dei candidati del NFP approdati al ballottaggio in terza posizione là dove al primo turno RN aveva avuto più voti.

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Alberto Giovanni Biuso: Scienza e morale

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Scienza e morale

di Alberto Giovanni Biuso

Qualche tempo fa ho partecipato a un Convegno durante il quale, insieme a delle relazioni rigorose e metodologicamente fondate, ho avuto anche la ventura di ascoltare interventi caratterizzati da un habitus scarsamente scientifico. Si è infatti trattato di relazioni che non avevano lo scopo primario di comunicare i risultati di una ricerca che fosse quanto più oggettiva possibile ma di convertire a dei valori morali. Alcuni segnali di tale intento sono stati ad esempio:

-il tono omiletico del discorso, come in una riunione di alcolisti anonimi nella quale si invitano gli astanti a riconoscere il proprio vizio e a esprimere una chiara volontà di redimersi;

-la esplicita dichiarazione che quanto si stava affermando non aveva «nulla di ideologico», tipica affermazione di chi chiama sempre ideologia ciò che pensano gli altri, con le cui opinioni non si concorda; più corretto sarebbe dire che la propria è una posizione ideologica che si reputa migliore di altre analoghe o contrarie prospettive, spiegando perché è scientificamente migliore e non dando per ovvio che lo sia perché fondata su una moralità più «inclusiva» (termine questo diventato ormai del tutto ‘ideologico’);

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