Rassegna 12/08/2024
Vincenzo Comito: La Meloni, la Cina, l’auto
La Meloni, la Cina, l’auto
di Vincenzo Comito
La presidente del Consiglio ha avuto colloqui di alto livello, a partire da quello con Xi. Ma non si è portata alcun dossier aperto. Anche sull’auto e l’ingresso di produttori cinesi in Italia, mentre si decidono dazi in Europa, non si notano passi avanti
I risultati degli incontri della Meloni in Cina
La gran parte degli atti e delle dichiarazioni dei membri di questo governo, a partire da quelli di Giorgia Meloni, si possono, almeno a parere di chi scrive, tranquillamente classificare in tre ampie categorie: quelli negativi, quelli di pura propaganda, quelli infine del tutto inutili. Per quello almeno che si sa, il viaggio della presidente del Consiglio in Cina appartiene a quest’ultima categoria sia sul fronte economico che su quello politico.
Il successo del viaggio nel paese asiatico di una delegazione straniera si misura il più delle volte con il peso economico dei progetti da realizzare annunciati; si parla così di accordi, cifrati di solito in dollari, per 1 miliardo, 5 miliardi, 20 miliardi e così via. Di tutto questo nei documenti degli incontri non c’è alcuna traccia e neanche un vago accenno. Il ministro D’Urso assicura che le intese concrete seguiranno. Vedremo…
Cina e Italia hanno firmato in effetti un accordo triennale che, dopo il recente raffreddamento dei rapporti tra i due paesi, in teoria delinea dei meccanismi per rafforzare e rilanciare la cooperazione in diversi ambiti. L’elenco è molto lungo e comprende quasi tutto; sono citati i settori dell’industria e del commercio, gli investimenti, la tutela della proprietà intellettuale e delle indicazioni geografiche, l’agricoltura e la sicurezza alimentare, l’ambiente e lo sviluppo sostenibile, la cultura e il turismo, il contrasto alla criminalità organizzata, senza infine dimenticare l’istruzione. Come ha scritto qualcuno, una bella cornice, ma manca il quadro.
Si è poi parlato in particolare di veicoli elettrici e di energia pulita, oltre che di intelligenza artificiale.
Ascanio Bernardeschi: La scienza del valore
La scienza del valore
recensione di Ascanio Bernardeschi
Michael Heinrich, La scienza del valore. La critica marxiana dell’economia politica tra rivoluzione scientifica e tradizione classica, a cura di Riccardo Bellofiore e Stefano Breda, tr. it. di Stefano Breda, Pgreco edizioni, Milano 2023, pp. 559, € 26,60.
Per troppi anni in Italia non sono circolati adeguatamente gli importantissimi studi che si basano sulla nuova edizione critica delle opere di Marx ed Engels (Mega2). Una significativa rottura di questo assordante silenzio vi fu nel 2001 con la pubblicazione da parte di Roberto Fineschi di Ripartire da Marx, di cui recentemente è uscita un’edizione aggiornata intitolata La logica del capitale (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press, Napoli 2021). Sempre Fineschi ha curato la pregevole nuova edizione del primo libro del Capitale includente un volume di apparati che documenta importanti varianti fra le varie edizioni. Naturalmente vi sono stati altri saggi in materia di autori italiani, ma la prima traduzione importante di un’opera di uno studioso straniero mi pare sia il quasi introvabile Dialettica della forma di valore, di Hans Georg Backhaus (Editori Riuniti, Roma 2009). C’è pertanto da salutare con soddisfazione l’uscita, verso la fine del 2023, della traduzione di un grande lavoro di Michael Heinrich, la cui prima edizione in tedesco risale al 1991, poi rivisitata notevolmente in successive edizioni: Die Wissenschaft vom Wert. Die Marxsche Kritik der politischen Ökonomie zwischen wissenschaftlicher Revolution und klassischer Tradition. Breda ci avverte opportunamente che la traduzione di Wissenschaft con scienza non dà conto completamente del significato originale e potrebbe indurre il lettore a un accostamento alle scienze esatte, mentre il termine tedesco è usato per indicare in generale attività sistematiche per la produzione di conoscenza. Basti pensare – esemplifico – al titolo della grandiosa opera di Hegel, Die Wissenschaft der Logik, la nota Scienza della logica.
Gianni Tognoni: Sudan. Un genocidio periferico che non interessa nessuno
Sudan. Un genocidio periferico che non interessa nessuno
di Gianni Tognoni
L’obiettivo di questa “nota” è molto semplice, e in un certo senso banale o ripetitiva. Nell’affollatissimo scenario di notizie che occupano tutti i media (uno spettro ben strano di “emergenze”): la guerra già in atto contro Gaza e i territori occupati (senza risparmi di armi e massacri) che vorrebbe ulteriormente allargarsi (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2024/08/01/il-medio-oriente-brucia/); lo scontro surreale, ma trasformato in evento politico e culturale, su un “non incontro” di boxe alle olimpiadi (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2024/08/05/genere-e-fake-news-a-margine-di-un-non-incontro-di-pugilato/)…, si vuole richiamare l’attenzione su quanto accade, di rilevante, ma senza alcuna risonanza mediatica o politica, in un angolo di mondo. Nulla di nuovo, dunque. La cronaca che non tocca direttamente interessi (nazionali o internazionali) riconducibili a strategie di discussione talk-show o like e che addirittura pretende di dare importanza a disastri che “succedono” in paesi periferici, non ha diritto di cittadinanza nel mondo di una informazione che mira anzitutto a intrattenere.
Il paese “periferico” è di fatto molto centrale, da tanto tempo, tra le aree ufficialmente in crisi e si chiama Sudan. Ha una popolazione importante, intorno ai 50 milioni di abitanti.
Il Chimico Scettico: Per la contraddizion che ci consente
Per la contraddizion che ci consente
di Il Chimico Scettico
https://www.repubblica.it/cronaca/2024/08/08/news/clima_copernicus_luglio_2024-423436983/?ref=RHLF-BG-P3-S1-T1
L’anno scorso iniziò a piovere ma sulle pagine dei quotidiani non mancarono appelli perché “la siccità non è finita”. E non poteva mancare qualcosa del genere anche quest’anno:
Si interrompe dopo oltre un anno la corsa del riscaldamento globale, ma gli esperti climatici del servizio europeo Copernicus ritengono non ci sia da tirare nessun sospiro di sollievo: la Terra ha appena sperimentato i suoi due giorni più bollenti (il 23 e il 24 luglio) ed è sempre più probabile che il 2024 sarà l’anno più caldo della storia.
In pratica la corsa del riscaldamento globale si è interrotta però non si è interrotta. Già.
Questa è una nota sulla comunicazione e non su altro. Io non lo so se “la corsa del ricaldamento globale” si è interrotta oppure no, e non so neanche su quale degli scenari IPCC siamo indirizzati (perché non lo può sapere nessuno, ora). Quello che so è che, quanto a corse, la Cina ha da un po’ iniziato la sua personale alle rinnovabili – e la Cina era l’elefante nella stanza. In alcuni paesi europei la quota di rinnovabili ha già da un po’ superato la quota di energia da combustibili fossili e in tutto il vecchio continente nel primo semestre 2024 la quota rinnovabili è arrivata al 50% (senza che il green deal europeo abbia a che fare con la cosa).
Fabrizio Poggi: Lo “snodo” Pokrovsk e l’ultimatum degli oligarchi ucraini a Zelenskij
Lo “snodo” Pokrovsk e l’ultimatum degli oligarchi ucraini a Zelenskij
di Fabrizio Poggi
Qualcosa si sta muovendo nella società ucraina, nonostante le sempre più dure repressioni cui è sottoposta ogni forma di opposizione.
Nei giorni scorsi vari media ucraini, su fonte del Servizio di sicurezza, hanno scritto dell’arresto di un autore di libri di storia – scritti, tra l’altro, prima dell’inizio delle ostilità – accusato di «falsificazione, a favore della Russia, di fatti storici relativi a formazione e sviluppo dello Stato ucraino», nonché di aver usufruito di «soldi di Mosca» per la pubblicazione delle sue opere. Ufficialmente, il nome dello storico non viene menzionato, ma vari media affermano trattarsi del medievalista di fama mondiale Aleksej Tolochko, membro dell’Accademia delle Scienze ucraina, figlio dell’ex direttore dell’Istituto di Archeologia Petro Tolochko. Smentite, non del tutto convincenti, sono arrivate sia dalla famiglia di Aleksej che dai Servizi, così come nessuna conferma o smentita era seguita alla notizia degli arresti domiciliari che sarebbero stati comminati a suo padre nel 2023. È un fatto, però, che lo scorso aprile i media ucraini avevano reagito alla morte di Petro Tolochko, considerato uno dei maggiori esperti dell’antica statualità russa, con materiali a dir poco ingiuriosi.
Glauco Benigni: Guerra e intelligenza artificiale
Guerra e intelligenza artificiale
di Glauco Benigni
Come mai le Leggi sull’uso dell’AI, in caso di guerra, sono diverse tra USA e UE? Ecco cosa risponde ChatGPT
Agli inizi di agosto ’24 è entrata in vigore la Legge Europea sull’AI (Intelligenza Artificiale), ma la maggior parte delle norme si applicherà a far data dal 2.8.2026. Nel frattempo la Commissione sta promuovendo il “Patto IA” che sollecita l’impegno volontario, per i Soggetti coinvolti nelle attività, ad anticipare l’attuazione della Legge prima della sua entrata in vigore legale. Una sorta di autoregolamentazione.
E’ questa una strada diversa da quella adottata dagli Stati Uniti, i quali hanno promulgato il 30 ottobre 2023 un’Ordinanza Presidenziale, a firma Joe Biden; ed è diversa anche dal percorso della Cina, che sin dal 2017 ha cominciato a pubblicare linee guida dette “Piano di Sviluppo AI per le Future Generazioni”.
Il presidente russo Vladimir Putin, invece, nel novembre 2023 ha annunciato l’intenzione di approvare una strategia nazionale per lo sviluppo dell’IA, essenziale secondo il leader del Cremlino per evitare il “monopolio occidentale”. Quindi la Legge russa non c’è ancora e secondo alcuni osservatori il motivo potrebbe essere una “certa dipendenza” dalla visione di Pechino.
Lorenzo Poli: Venezuela, il manuale di un golpe
Venezuela, il manuale di un golpe
di Lorenzo Poli
Nel luglio 2024, il Woodrow Wilson International Center for Scholars (o Wilson Center) – uno degli United States Presidential Memorial, fondato a Washington DC come parte dello Smithsonian Institution, riconosciuto come uno dei primi dieci più importanti think tank al mondo – ha pubblicato un paper dal titolo “Venezuela Desk – How to stop a coup”, ovvero “come fermare un colpo di Stato in Venezuela”. Un titolo che potrebbe trarre in inganno, in quanto potrebbe far pensare ad un documento che voglia prevenire un colpo di Stato, ma in realtà si tratta del suo opposto: il dossier illustra i piani golpisti di stampo fascista che gli Stati Uniti avevano preparato per le elezioni presidenziali del 28 luglio contro il governo socialista di Nicolas Maduro. A scrivere il dossier è stato Mark Feierstein, già funzionario del Dipartimento di Stato dell’USAID e del National Democratic Institute, nonché elemento chiave nella “sporca guerra” contro la Rivoluzione Sandinista in Nicaragua negli anni Novanta, nel colpo di Stato contro Fernando Lugo in Paraguay e nel creare il noto piano strategico venezuelano per destabilizzare il governo di Nicolás Maduro da quando è entrato in carica nel 2013. In questo paper, Feierstein, presenta in sette pagine una sorta di tabella di marcia per programmare l’ennesima “rivoluzione colorata”, come teorizzata da Gene Sharp, al fine detronizzare Maduro rivelando e dando conferma di questo.
Il documento ammette che il raggruppamento dell’opposizione venezuelana anti-Maduro è una strategia degli Stati Uniti; che Washington ricatta il governo bolivariano con le sanzioni e con il blocco economico; che la sua intenzione è quella di coinvolgere i governi europei, di Colombia e del Brasile per fare pressione prima e dopo le elezioni del 28 luglio e che gli Stati Uniti vogliono penetrare il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE).
Eddie e Ste: Israele come mondo
Israele come mondo
Il tecno-colonialismo 4.0
di Eddie e Ste
Riceviamo e pubblichiamo questo articolo, che uscirà a settembre nel terzo numero dell’aperiodico di critica sociale “il pensiero critico”. Cosa dimostra il massacro in corso a Gaza? Tra le altre cose, questo; «la sorveglianza automatizzata si trasforma in arma di guerra automatizzata» (Stephen Graham, Villes sous contrôle. La militarisation de l’espace urbain). Che significa affermare che il modello-Israele è la tendenza di tutte le società tecnocapitalistiche? Tra le altre cose, questo: de nobis fabula narratur.
Il conflitto globale in divenire, e in particolar modo il genocidio in atto a Gaza, oltre a suscitare doverose mobilitazioni, azioni di sabotaggio, occupazioni e boicottaggi in svariate parti del mondo, sta anche generando contributi alla messa in discussione dell’intero modello occidentale, rendendo maggiormente evidente come la sua ristrutturazione in chiave iper-tecnologica sia finalizzata alla gestione capillare degli individui e dei territori.
A nostro avviso non c’è niente di meglio del modello democratico israeliano che possa rappresentare ciò che è il fine ultimo del progetto denominato smart world. Come già ribadito in altre occasioni, siamo di fronte a una ristrutturazione sociale che avrà conseguenze devastanti sull’intero vivente, e ciò che comporterà lo possiamo vedere chiaramente in Palestina: analisi dei territori, raccolta dati sugli individui, elaborazione e predizione algoritmica, calcolo dei danni collaterali, confinamento e infine attacco militare.
E’ un dato di fatto che gli sviluppi tecnologici testati in Palestina (ma in generale nelle guerre) vengono venduti all’occidente per essere utilizzati all’interno dei contesti urbani, diventando parte fondamentale della trasformazione in corso. Lo Stato di Israele è a oggi leader mondiale per ciò che riguarda le tecnologie biometriche e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Traguardo raggiunto in decenni di occupazione, durante la quale ha potuto sperimentare tutto ciò direttamente sulla popolazione palestinese. Ci teniamo a sottolineare inoltre, che sono molteplici i progetti direttamente commissionati e finanziati da alcuni Stati occidentali, il che evidenzia ulteriormente quali strumenti si prefiggono di utilizzare anche qui da noi.
comidad: Come trans è più interessante Tony Blinken
Come trans è più interessante Tony Blinken
di comidad
Tempi duri per i pessimisti cosmici che si ostinano a negare l’esistenza del progresso. Una volta per indicare una discussione a vuoto si diceva: “disputare sul sesso degli angeli”; oggi invece si disputa sul sesso dei pugili. Il salto di qualità (il “qualitativer sprung”, per dirla alla Hegel) non poteva essere più promettente. Comunque, mai sottovalutare la futilità e tantomeno la diatriba tra identitari e trans-identitari. Qualcuno ricorderà la schitarrata del maggio scorso del segretario di Stato Antony Blinken in un locale ucraino; Blinken usò il titolo di una canzone di Neil Young per fare un’arringata sul mondo libero. In effetti la libertà è importante, soprattutto quella di saccheggiare il denaro pubblico; un’arte in cui Blinken ci sa fare.
Con la sua espressione da pesce in barile che non capisce nulla e non si accorge di nulla, Blinken viene spesso sottovalutato e disprezzato. Eppure il personaggio ha dimostrato di sapere quello che vuole. Quando il presidente Obama varò una legislazione spot per far credere al suo pubblico di voler limitare il potere delle lobby a Washington, costringendole a dichiarare per chi lavorassero, Blinken ricorse a un semplice trucco semantico.
Piccole Note: Sinwar nuovo capo di Hamas. Vince Netanyahu
Sinwar nuovo capo di Hamas. Vince Netanyahu
di Piccole Note
Assassinare Haniyeh aveva lo scopo di prolungare la guerra, ha detto Mahmoud Abbas. L’elezione di Sinwar a capo di Hamas lo conferma
Netanyahu ieri deve aver brindato a champagne: Hamas ha scelto Yahya Sinwar come suo nuovo capo al posto del moderato Haniyeh, che il premier israeliano ha fatto eliminare proditoriamente mentre si trovava in Iran.
Sinwar, oltre che essere l’architetto del 7 ottobre, è stato anche il più ostile ai negoziati con Israele che, con la sua elezione, rischiano di essere parte di un passato che non tornerà più. Da ieri Netanyahu potrà brandire l’impossibilità di trattare con una figura tanto odiata in Israele e avversata in tanta parte del mondo, come anche usare dell’assolutismo del nuovo capo di Hamas per trovare nuovi modi per sabotare eventuali trattative.
Tutto il cosiddetto asse della Resistenza – dalle varie fazioni palestinesi all’Iran a Hezbollah per finire con gli Houti – hanno accolto con favore la nomina, ma non poteva che essere così, dal momento che non possono abbandonare Hamas in un momento in cui, a causa del massacro diuturno che si consuma a Gaza, la milizia è diventata il simbolo della causa dei palestinesi.
Fulvio Grimaldi: Estate rovente, estate cosciente. A dopo…
Estate rovente, estate cosciente. A dopo…
di Fulvio Grimaldi
Prima di dileguarmi per un mesetto di intervallo e prima di ricomparire qua e là e con Mondocane su Byoblu, vi lascio qualche immagine e qualche racconto in video miei e di copasseggeri.
Premetto che l’estrema, parossistica manifestazione del grado di barbarie ultranazista raggiunto dallo Stato fuorilegge sionista con l’assassinio di Ismail Haniyeh, ha offerto ai nostri gabbamondo politico-mediatici l’opportunità di rappresentare l’Iran, colpito, ferito e umiliato, la Grande Minaccia di un conflitto generale. E’ la risposta al crimine senza precedenti – risposta eventuale, che non l’Iran, ma i prostituti mediatici sentenziano imminente – il pericolo che incombe sul mondo. Mica il crimine, l’ennesimo, sistemico. L’ipotetica ritorsione.
Mica è questa conventicola di spiaggiati della Storia, di criminali psicopatici, senza neanche più il minimo freno legale e morale, comunità di genocidi, infanticidi, torturatori di inermi, a rappresentare il carcinoma che va facendo marcire il mondo. Macché, sono invece tutti quelli che si trovano sul lato ricevente. Orwell non ci sarebbe mai arrivato. Ma forse neanche il tizio che si sono inventati: Satana.
E’ la Storia sta a guardare. E non solo la Storia.
Le foto si riferiscono a tre eventi cui ho partecipato in giorni recenti.
Atilio Boron: Mostrate i verbali!
“Mostrate i verbali!”
di Atilio Boron
Atilio Boron, uno dei più grandi intellettuali dell’America Latina, ha scritto un articolo magistrale per il quotidiano argentino Pagina 12. Rappresenta la parola fine sul nuovo tentativo di golpe morbido in corso in Venezuela. L’umiliazione finale di quelli che Boron definisce correttamente gli “operatori propagandistici dell’impero e delle sue classi dominanti”. Lo abbiamo tradotto, convinti che chiunque in buona fede possa trovare tutti gli anticorpi necessari alle tonnellate di menzogne di questi giorni…
Il coro fragoroso e ben coordinato dei pubblicisti al servizio dell’impero e delle sue classi dirigenti ha intensificato le sue denunce sul recente processo elettorale venezuelano. La campagna ha assunto dimensioni ciclopiche per la sua generalizzazione e il suo tono rabbioso e stridulo. Per quelli che vengono erroneamente considerati “giornalisti” invece di essere definiti per quello che sono realmente – operatori propagandistici – l’unica notizia internazionale oggi è rappresentata dalle elezioni presidenziali in Venezuela. Il genocidio a Gaza, il crollo catastrofico dell’Ucraina, il pericolo di una terza guerra mondiale e la catastrofe climatica sono inezie rispetto agli eventi che hanno il loro epicentro nel Paese bolivariano.
In questo contesto, si è chiesto a gran voce alle autorità del Consiglio Nazionale Elettorale di “mostrare i risultati delle elezioni”.