[SinistraInRete] Il volto del fascismo, tra il Venezuela e l’Europa

Rassegna 15/08/2024

Geraldina Colotti: Il volto del fascismo, tra il Venezuela e l’EuropaGeraldina Colotti:

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Il volto del fascismo, tra il Venezuela e l’Europa

di Geraldina Colotti

720x410c50.jpgImmaginate un volo cancellato, diretto a un paese d’Europa e i passeggeri alloggiati in un hotel del Venezuela. Immaginate un incontro casuale con una signora dai tratti caraibici che vive da decenni in una città europea, preoccupata di non poter dare risposte certe alla famiglia in merito alla data del rientro. E immaginate una conversazione fra due donne, con la prima che mostra la foto dei figli, e la seconda che s’interroga, da giornalista, in quale campo politico si situi la signora – una venezuelana proveniente da una zona ricca del paese, teatro di recenti disturbi post-elettorali, tornata per votare. E la conversazione si rivela interessante.

Risulta che la venezuelana fa parte dei “comanditos”, che è attiva tra l’Europa e il suo paese, e che abbia risposto – dice – a “qualunque cosa” le abbiano chiesto le aggruppazioni di estrema dal Venezuela: dalla raccolta di medicine – sottratte “a quei malati di cancro che non ne avevano più bisogno”, ai soldi che di certo non servivano a curare, ma a organizzare violenze e colpi di stato, alla propaganda e a chissà cos’altro.

Ha avuto qualche esitazione solo quando, ai tempi del poliziotto-attore, Oscar Pérez, che voleva tentare il golpe nel 2018, “una persona poi tornata nell’ombra” le aveva chiesto un coinvolgimento maggiore. Ora rimpiange che “il sacrificio” di Pérez non sia servito a far ribellare i militari “che nei ranghi bassi – afferma – sono tutti con noi, ma negli alti comandi no, perché stanno con Padrino e Diosdado”.

La donna si considera un’anti-chavista della prima ora. Come tanti oppositori ritiene di essere stata penalizzata “perché Chávez ha espropriato i terreni e le fabbriche e ha portato alla rovina il paese”. Una convinzione ben radicata in famiglia, ma con qualche eccezione nella prole. Il voto della signora, invece, alle ultime elezioni europee è andato all’estrema destra. E qui le cose sono chiare, considerata l’ammirazione di Machado per la motosega del torvo Milei e per le politiche genocide del boia Netanyahu.

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Philip Giraldi: C’è del marcio a Washington

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C’è del marcio a Washington

di Philip Giraldi – unz.com

Scott Ritter è perseguitato dall’FBI per aver invocato la pace mentre la lobby israeliana manipola le elezioni

ritter 750x430.jpgUna cosa che si può dire dell’Amministrazione del Presidente Joe Biden è che, quasi ogni settimana, c’è qualcosa di nuovo ed emozionante di cui discutere. Di recente, la sua demenza galoppante ci ha regalato un discorso di abdicazione durato 11 minuti, in cui Joe ha annunciato che non si sarebbe candidato per un altro mandato presidenziale. Ha farfugliato che stava facendo questo passo nonostante il suo desiderio di continuare. Il Presidente, che ha 81 anni e che negli ultimi tempi si è fatto notare soprattutto per il suo carente stato mentale che lo porta a cadere dalle scale, si è sentito in dovere di dire che ritiene che i suoi risultati come Presidente “meritino un secondo mandato” e che “nulla può ostacolare la salvezza della nostra democrazia”. Ha anche affermato di essere ”il primo presidente in questo secolo a riferire al popolo americano che gli Stati Uniti non sono in guerra in nessuna parte del mondo”, anche se gli USA occupano militarmente alcune parti della Siria, bombardano lo Yemen e sono impegnati in attività antiterroristiche in Iraq, oltre a sostenere logisticamente e con l’intelligence i grandi e crescenti conflitti in Ucraina e a Gaza. Biden ha promesso che “difenderà” Israele in caso di attacco, presumibilmente indipendentemente da chi il Primo Ministro Benjamin Netanyahu assassinerà o bombarderà per provocare una guerra contro Libano, Siria e Iran. Joe ha infine celebrato la nomina di Kamala Harris come erede designata allo Studio Ovale dopo aver eliminato il fastidioso e assertivo Donald Trump, che, presumibilmente, è colui che straccerà la Costituzione degli Stati Uniti e “distruggerà la democrazia” se gliene verrà data la possibilità.

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Elena Basile: Chi prepara una guerra nucleare a Russia e Cina

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Chi prepara una guerra nucleare a Russia e Cina

di Elena Basile

Nel 2001, in seguito all’attacco alle Torri Gemelle, la dottrina nucleare statunitense cambia. La Nuclear Posture Review (NPR) legittima l’utilizzo del nucleare contro i nemici a scopo difensivo per una minaccia imminente. La deterrenza era basata sulla garanzia di distruzione reciproca (la Mutually Assured Destruction, MAD) che fino al 2001 si considerava conseguenza inevitabile dell’uso del nucleare. La dottrina militare alla fine della Guerra fredda inserisce l’utilizzo del nucleare nei teatri di guerra convenzionali. Le nuove armi nucleari dovrebbero implicare danni circoscrivibili ed essere utilizzate contro la Russia e l’“asse del male” Iran, Iraq, Corea del Nord, Cina e anche Libia. Come afferma il professor Michel Chossudovsky, la NPR inscrive il conflitto sullo status di Taiwan fra gli scenari in cui Washington potrebbe essere spinta a ricorrere al nucleare. Dopo l’11 Settembre si sviluppa una strategia militare integrata che concilia l’arma convenzionale con quella nucleare, costruisce rifugi antiatomici e testate nucleari chirurgiche in grado di ridurre i danni collaterali, inserisce capacità convenzionali, cibernetiche in piani di guerra nucleare.

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Giovanni Iozzoli: Fumo di Londra

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Fumo di Londra

di Giovanni Iozzoli

Mentre scrivo queste brevi note, dall’Inghilterra giunge qualche confortante segnale di reazione al ciclo di violenze di matrice xenofoba, che ha incendiato diverse città del Regno Unito. Grandi manifestazioni “antirazziste” hanno superato nei numeri quelle di segno opposto, coinvolgendo le comunità straniere, pezzi di sindacato e di sinistra politica. Una buona cosa, perché l’incubo delle strade in mano ai teppisti islamofobi, non poteva essere tollerato più a lungo.

Questa ondata di violenza – non prevista da alcuno – ha reso l’idea di una pentola a pressione improvvisamente scoperchiata da un evento tragicamente occasionale. Da questo punto di vista, sapere che l’assassino di bambini di Southport non è un aspirante jihadista ma un cristiano figlio di ruandesi, ha cambiato poco il quadro: la scintilla non descrive l’incendio né offre previsioni sulla sua diffusione. A bruciare in Inghilterra in questo momento è proprio il mito della convivenza multietnica di cui il comunitarismo britannico è sempre sembrato laboratorio avanzato.

E’ inutile negarlo, siamo scioccati dalle immagini di nostri fratelli di classe – giovani segmenti di working class bianca – totalmente succubi di parole d’ordine e suggestioni di segno fascista.

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Pierluigi Fagan: In bilico

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In bilico

di Pierluigi Fagan

Come vanno le cose negli Stati Uniti a più di due mesi dal voto? Forse inaspettatamente, il ticket democratico non solo ha recuperato il sensibile svantaggio che aveva contro quello repubblicano, ma comincia a sopravanzarlo anche in alcuni degli stati incerti. Hanno avuto anche picchi di donazioni individuali di piccolo importo e le prime due uscite rally hanno raccolto molta più gente dell’aspettato.

I motivi potrebbero essere quattro. Il primo è che la Harris è senz’altro più “energetica” di Biden e fino a lì bastava poco.

Il secondo è che il ticket è ben assortito tra lei e questo Walz che nessuno conosceva, ma che sta mostrando alcune qualità specifiche. Diciamo che Walz porta un elemento di “normalità” nella valutazione politica. Insegnante per venti anni, per dodici parlamentare, per cinque governatore, sembra avere contatto con temi tradizionalmente propri della politica fattiva e concreta piuttosto che quella sfrenatamente ideologica degli ultimi tempi. Walz è al contempo un tipo abbastanza sicuro di sé senza essere arrogante, ma ha introdotto anche un tono meno esasperato nel confronto politico.

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Fulvio Grimaldi: Luci e ombre nell’estate del nostro scontento

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Luci e ombre nell’estate del nostro scontento

Russia e Iran, problemi d’immagine. Barghuti, luce in fondo al tunnel. Bernocchi, punto nero nel tunnel

di Fulvio Grimaldi

Un mio intervento video https://youtu.be/0e2acPBrSoE

1. Sui colpi tattici e d’immagine subiti dall’Iran (assassinio di Hananieh a Tehran) e dalla Russia (invasione di forze ucraine in profondità, non previste né contrastate);

2. sull’ipotesi, fattasi concreta, di un ritorno alla libertà del sei volte ergastolano leader di Fatah e della Seconda Intifada, Marwan Barghuti, condizione posta da Hamas nei negoziati per un cessate il fuoco, forse in cambio della rinuncia iraniana alla ritorsione;

3. sull’indegno libello di Piero Bernocchi, segretario dei COBAS, di esaltazione dei curdi siriani, collaborazionisti e mercenari degli occupanti USA, predatori di terre arabe, definiti “l’espressione più luminosa di una rivoluzione politica, civile, sociale, morale e culturale, che li rende la punta mondiale più avanzata di un’idea completa e ricca di democrazia, multiculturalismo, tolleranza, femminismo ed ecologismo e un riferimento ideologico senza ugual nel mondo”.

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Paolo Di Marco: AI, Lavoro e Capitale

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AI, Lavoro e Capitale

di Paolo Di Marco

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Ne suo articolo seminale (Computer Machinery and Intelligence, Mind 1950) Turing non chiede cosa sia l’intelligenza -compito disperato, dice- ma sostituisce la domanda con un’altra, rappresentata dal ‘gioco dell’imitazione’: una persona in una stanza deve indovinare mediante una serie di domande se il soggetto al di là della parete sia uomo o donna o, successivamente, macchina. Questo verrà poi chiamato test di Turing e rappresenta tuttora il criterio principe del riconoscimento di una Intelligenza Artificiale (in breve AI).

Ma c’è un problema: l’equivalenza fra le due domande è ingannevole; Turing non ci dice che la macchina al di là della parete è intelligente, ma che è indistinguibile. E nel 1950, dato lo stato delle conoscenze sull’intelligenza, questo poteva essere considerato soddisfacente.

Questa attenzione al risultato (il cosa), indipendentemente dal modo di raggiungerlo (il come), viene mantenuta in tutti gli sviluppi successivi, a partire dal convegno ‘fondativo’ del ’56 organizzato a Dartmouth da McCarthy, dove filosofia e scienze neurocognitive sono del tutto marginali rispetto al nucleo matematico-ingegneristico (‘quando il seminario inizierà avremo un accordo eccezionale sulle questioni filosofiche e linguistiche così potremo perdere poco tempo con quelle quisquilie’ scrive Minsky). Il risultato principale del convegno è porre le basi della ‘AI simbolica’ come insieme di regole per la manipolazione di simboli matematici.

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Carlo Formenti: Per costruire il socialismo del secolo XXI non serve rileggere il passato con le vecchie categorie

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Per costruire il socialismo del secolo XXI non serve rileggere il passato con le vecchie categorie

Serve analizzare il presente da prospettive inedite

In merito a uno scambio epistolare fra il sottoscritto e gli amici del Forum Italiano dei Comunisti

di Carlo Formenti

jnfòaoyresDa qualche tempo gli amici del Forum italiano dei comunisti mi hanno inserito in una loro mailinglist. Qualche settimana fa mi hanno inviato un file che contiene un libro di Roberto Gabriele che ha lo stesso titolo del mio blog (lo potete scaricare al seguente indirizzo). Mi hanno chiesto di darne un giudizio critico e di stendere eventualmente una prefazione (o una postfazione) in vista della pubblicazione che, se ho ben inteso, è prevista dopo l’estate in corso. Ho letto con attenzione il testo in questione, tuttavia, a mano a mano che procedevo nella lettura sono passato da una benevola aspettativa (dovuta al fatto che gli amici del Forum, rispetto alla galassia dei partitini, gruppi e gruppuscoli neocomunisti residuati dallo sfascio di PCI, PdRC e cespugli vari, hanno almeno il merito di rifiutare la scorciatoia di una illusoria riaggregazione per sommatoria dell’esistente), a una profonda irritazione, dovuta al fatto che, ancora una volta, l’attenzione si concentra prevalentemente sul passato alla ricerca di errori e tradimenti e di un mitico “filo rosso” che marcherebbe la continuità di un genuino orientamento comunista dal Manifesto del 1848 ai giorni nostri. Sull’onda di tale irritazione ho risposto all’invito di cui sopra con la mail che riproduco quasi integralmente qui di seguito (solo con qualche minima correzione e integrazione).

(…) ho la sensazione che tutti voi di area neo-post comunista leggiate poco o almeno con poca attenzione le cose che vado scrivendo sul blog e/o sui miei libri. Altrimenti vi sareste resi conto che sono lontanissimo dal taglio memorialista-nostalgico di approcci come quello di Gabriele (e di molti, ahimè quasi tutti, gli altri amici del giro). Per essere brutalmente franco e per semplificare al massimo:

1) non credo più da tempo che esista qualcosa come il socialismo “scientifico” di cui si parla nel libro.

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Giorgio Agamben: Qualche notizia sull’Ucraina

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Qualche notizia sull’Ucraina

di Giorgio Agamben

Tra le menzogne che vengono ripetute come se fossero verità ovvie, vi è quella che la Russia avrebbe invaso uno stato sovrano indipendente, senza precisare in alcun modo che quel cosiddetto stato indipendente non soltanto era tale solo dal 1990, ma era stato fin allora per secoli parte integrante prima dell’impero russo (dal 1764, ma già fra il XV e il XVI secolo era incluso del Granducato di Mosca) e poi della Russia sovietica. Ucraino era del resto forse il più grande degli scrittori in lingua russa del XIX secolo, Gogol’, che, nelle Veglie della fattoria di Dikanka, ha meravigliosamente descritto il paesaggio della regione che si chiamava allora «Piccola Russia» e i costumi della gente che vi viveva. Per la precisione occorre aggiungere che, fino alla fine della Prima guerra mondiale, una parte rilevante del territorio che ora chiamiamo Ucraina era, col nome di Galizia, la provincia più lontana dell’impero austro-ungarico (in una città ucraina, Brody, nacque Joseph Roth, uno dei maggiori scrittori in lingua tedesca del novecento).

È importante non dimenticare che i confini di quella che chiamiamo dal 1990 Repubblica Ucraina coincidono esattamente con quelli della Repubblica socialista sovietica Ucraina e non hanno alcun possibile fondamento anteriore nelle continue vicende di spartizioni fra polacchi, russi, austriaci e ottomani che hanno avuto luogo nella regione.

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Emiliano Brancaccio: La sopravvalutazione che governa il mondo

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La sopravvalutazione che governa il mondo

di Emiliano Brancaccio

Sembrano lontani i tempi in cui i crolli di borsa venivano interpretati come segni propiziatori per il sovvertimento dell’ordine costituito. Oggi le masse tendono piuttosto a condividere le ansie dei grandi investitori.

Quando gli affari di borsa di quei pochi vanno male, si teme che la vita di tutti andrà peggio. Così, se Tokyo sprofonda, Wall Street la rincorre e a ruota seguono Francoforte, Parigi e il piccolo catino di Milano, alla notizia accade che pure nelle umili case, dove non si è mai visto il becco di un titolo, si avverta comunque un cenno d’angoscia per l’incerto futuro dei corsi azionari.

Ci sarebbe da fare autocritica, da rimarcare qualche distinguo tra i destini dei signori del denaro e quelli delle classi lavoratrici. Ci sarebbe da discutere della razionalità di un sistema che mette la speculazione a dirigere i traffici del mondo. Ma non sembra ancora il tempo. Totalità del capitale è anche totalità dei sentimenti equivoci che suscita nei subalterni.

Vediamo allora se sia il caso di temere per il futuro, viste le attuali turbolenze dei mercati. Il problema sta nella scelta del criterio di valutazione. Operazione non banale, considerata la pletora di ciarlatani che popolano le analisi di borsa.

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Mauro Armanino: Lettere dal Sahel XV

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Lettere dal Sahel XV

di Mauro Armanino

 

Solo Dio è la mia casa

Niamey, giugno 2024. Lo affermava Joy senza esitazione stamane. Originaria di Benin City, nello stato di Edo, nella Nigeria da cui è partita con il figlio minore nel 2022. Menziona problemi legati alla famiglia e fa allusione pure a morti rituali che l’hanno impaurita e fatta fuggire in Egitto. Passa dal Camerun e, dopo aver attraversato il Ciad e il Sudan, raggiunge la capitale dell’Egitto, Il Cairo. Suo figlio Emanuele ha 17 anni e si separa dalla madre per andare a vivere con alcuni coetanei in un’altra città. Joy trova lavoro come domestica per oltre un anno. Frequenta la chiesa presbiteriana di St John nella capitale dove si sente accolta e rispettata dalla comunità parrocchiale e dal clero straniero. Sente un’attrazione divina del monte Sinai e vorrebbe raggiungerlo per poi stabilirsi in Israele. E’ fermata prima di raggiungere la meta per mancanza di documenti di viaggio idonei ed è riportata al Cairo dove sarà detenuta per tre mesi in una prigione della capitale.

Terminata la pena è deportata a Lagos in Nigeria con un volo speciale assieme ad altri connazionali. Non torna nella sua città di origine perché è convinta che il suo futuro si farà altrove, lontano dall’Africa che ha smesso di sentire come la sua terra.

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Eros Barone: Ucraina, Israele, Iran e Taiwan: “a che punto è la notte?”

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Ucraina, Israele, Iran e Taiwan: a che punto è la notte?”

di Eros Barone

Pochi sanno che gli ebrei ucraini hanno fornito un contributo fondamentale allo Stato israeliano, come dimostrano i nomi, pressoché sconosciuti all’opinione pubblica europea, di Ytzhak Ben-Zvi e di Ephraim Katzir,1 entrambi, come un buon numero di altri, ucraini. Del resto, lo stesso Volodymir Zelensky, nato da genitori ebrei divenuti recentemente cittadini israeliani, delineò, in un discorso tenuto all’Onu il 5 aprile del 2022, il futuro politico dell’Ucraina, dichiarando che il suo paese avrebbe dovuto conformarsi al modello israeliano. L’Ucraina, disse, «sarà più simile allo Stato israeliano che all’Europa occidentale; di fatto, tenderà a trasformarsi in un “Grande Israele”, la cui società sarà altamente militarizzata e le cui forze armate saranno incorporate in tutte le istituzioni». 2 In effetti, come ha rilevato la rivista statunitense “Forbes”, «le analogie con Israele sono moltissime. […] Alcune di esse sono state analizzate dal gruppo di studio “Atlantic Council” e da numerosi osservatori». 3

Così, fu proprio un qualificato esponente dell’“Atlantic Council”, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, Daniel Shapiro, colui che rilanciò l’idea del presidente ucraino, accompagnandola però con alcune indicazioni essenziali per la sua realizzazione.

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Enrico Tomaselli: Una nuova dottrina di guerra eurasiatica?

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Una nuova dottrina di guerra eurasiatica?

di Enrico Tomaselli

photo 2024 03 13 18 32 14.jpg“Il generale esperto logora il nemico tenendolo costantemente sotto pressione. Lo fa correre dappertutto adescandolo con vantaggi illusori”.

Sun Tzu

L’evoluzione delle dottrine belliche è determinata per un verso da quella tecnologica (nuove armi, nuovi strumenti offensivi o difensivi impongono approcci diversi al combattimento – si pensi ai velivoli senza pilota), ma per un altro è l’esperienza stessa del combattimento a forgiare il nuovo pensiero militare. Tutti i grandi pensatori militari, infatti, siano essi occidentali od orientali, hanno sempre tratto le proprie riflessioni da una pregressa esperienza (diretta o meno) della guerra.

Storicamente, l’evoluzione del pensiero strategico si è addensata poi nella elaborazione di dottrine più specifiche, costruite anche in base alla natura e alla portata degli interessi dei paesi nel cui ambito queste venivano sviluppate. Se guardiamo ai decenni successivi alla fine della WWII, possiamo osservare come il pensiero strategico abbia avuto il suo sviluppo – com’è logico – essenzialmente negli Stati Uniti e nell’URSS. In entrambe i casi, è stato ovviamente risucchiato nel ristretto ambito del confronto tra queste due potenze. Durante l’intero corso della guerra fredda, il pensiero strategico occidentale e sovietico è stato caratterizzato dalla presenza delle armi nucleari (innovazione tecnologica) e dall’evoluzione di quanto sviluppato nel corso del precedente conflitto mondiale (esperienza di combattimento).

Gli anni successivi alla seconda guerra mondiale, infatti, hanno visto sia Washington che Mosca sviluppare un modello speculare, le cui caratteristiche principali sono state: creazione di grandi blocchi integrati di alleanze politico-militari (NATO e Patto di Varsavia), sviluppo di un arsenale atomico, sia in funzione potenzialmente offensiva che di deterrenza, costruzione di un modello di forze armate basato sulla mobilità e sulla massiccia presenza di corazzati.

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Alfonso Strazzullo: Il metodo di Marx contro Zizek

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Il metodo di Marx contro Zizek

di Alfonso Strazzullo

Arte Concettuale“Una delle trappole più subdole che insidiano i marxisti è la ricerca del momento della Caduta, quando le cose hanno preso la piega sbagliata nella storia del marxismo: fu già Engels con la sua concezione positivista-evoluzionista del materialismo storico? Sono stati il revisionismo e l’ortodossia della Seconda Internazionale? È stato Lenin? O è stato Marx stesso nella sua ultima opera, dopo aver abbandonato il suo umanesimo giovanile (come alcuni “marxisti umanisti” hanno sostenuto decenni fa)? L’intero argomento deve essere respinto: non c’è nessuna opposizione, la Caduta è necessariamente inscritta nelle origini stesse. (Per dirla tutta, una simile ricerca dell’intruso che ha infettato il modello originario e ne ha causato la degenerazione non può che riprodurre la logica dell’antisemitismo). Ciò significa che, anche se – anzi, soprattutto se – si sottopone il passato marxista a una critica spietata, bisogna prima riconoscerlo come “proprio”, assumendosene la piena responsabilità, non sbarazzarsi comodamente della “cattiva” piega delle cose attribuendola a un intruso estraneo (il “cattivo” Engels che era troppo stupido per capire la dialettica di Marx, il “cattivo” Lenin che non ha capito il nucleo della teoria di Marx, il “cattivo” Stalin che rovina i nobili piani del “buon” Lenin, ecc.)”.

Mi è giunta tra i meandri del Telegram questa citazione con cui sono assurdamente d’accordo, tranne, paradossalmente, che con il nucleo stesso del ragionamento di Zizek.

L’autore sloveno (col quale ho un rapporto strano, mi diverte, mi affascina, mi disgusta e mi fa incazzare allo stesso tempo) mi trova assolutamente d’accordo con l’osservazione del fatto che spesso si immagina un marxismo in un modo o nell’altro puro, non pervertito, originario per così dire, inseguendo una forma ideologica tipica della religione e non della scienza (tolgo, per questo, la filologia, essendo la prima scienza o il primo approccio scientifico tra ciò che oggi chiamiamo “discipline umanistiche”, la prima forma laica di studio della scrittura, che perde la S maiuscola che aveva in ambito teologico) e ha a sua volta ragione nel ribadire che la struttura logica dell’antisemitismo è esattamente questa (per dirla con Eco, è la struttura logica dell’urfascismo).

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Fabio Mini: Kiev prova a fare il “cane pazzo” come Israele

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Kiev prova a fare il “cane pazzo” come Israele

di Francesco Piccioni – gen. Fabio Mini*

Ci vuole un tecnico per smontare le chiacchiere ideologiche e la propaganda spicciola. Se il tema è la guerra, poi, solo un militare pensante può guardare freddamente quel che accade sul terreno e chiamare le cose col loro vero nome.

Da una settimana i media nazionali e continentali sono inebriati dall’”offensiva” ucraina nell’oblast russo di Kursk. Pochi chilometri di sconfinamento vengono rivenduti come un rovesciamento del fronte e dell’andamento del conflitto. Il quotidiano sfortunatamente più venduto in Italia arriva a definire la Russia “un colabrodo”.

L’ideologia annebbia e azzera la memoria. Anche l’allora Unione Sovietica, e proprio in quella zona, veniva descritta così dai comandi nazifascisti oltre 80 anni fa.

Oggi come allora – o come ai tempi di Napoleone – ci si bea del fatto incontestabile che “i confini” russi non sono un muro blindato, un groviglio di trincee e cavalli di frisia. Chiunque abbia anche solo viaggiato da quelle parti, persino in tempi recentissimi, ha visto una successione di sterminati campi di grano e/o girasoli, interrotti al massimo da una sottile fila di alberi, con poche e rare strade sterrate che si dipartono da quelle principali.

Poco più a nord i campi lasciano spazio a foreste fitte, non attraversabili a piedi e ancora meno interrotte da qualche strada. Percorribile, certo, ma è come infilarsi in un tubo…

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Piccole Note: Sul guasto all’aereo di Trump e di attentati vari

piccolenote

Sul guasto all’aereo di Trump e di attentati vari

di Piccole Note

Guasto all’aereo di Trump. Nuove rivelazioni sull’attentato subito e un attentato farlocco attribuito all’Iran, profetizzato da Netanyahu al Congresso Usa

Guasto meccanico per l’aereo di Trump, che doveva recarsi Bozeman per un comizio ed è invece stato costretto a un atterraggio di emergenza a Billings. Sfortunato il candidato alla presidenza degli Stati Uniti, già scampato a un tentativo di omicidio reso possibile da una defaillance disastrosa quanto sorprendente della Sicurezza.

 

Caccia a Trump

Un nuovo tassello di tale defaillance è stato disvelato due giorni fa grazie alle riprese della body cam di un agente della polizia di Cutler, cittadina dove si è consumato l’attentato. Nell’audio trapelato, l’agente, nei momenti più concitati di quel giorno fatale, si lamenta del fatto che lo scorso martedì aveva avvisato i Servizi segreti di tenere sotto controllo l’edificio dal quale ha poi sparato l’attentatore, ricevendo le dovute rassicurazioni: “Nessun problema”, avevano risposto, “metteremo dei ragazzi lì”.

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Anadi Mishra: Bangladesh: una transizione epocale?

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Bangladesh: una transizione epocale?

di Anadi Mishra

Come le dimissioni e la fuga di Sheikh Hasina possono rappresentare un cambio di paradigma politico per tutto il subcontinente

La storia del Bangladesh dalla sua nascita nel 1971 segue in gran parte il pattern degli altri stati del Subcontinente indiano: un’alternanza nel tempo tra processo democratico e accentramento autoritario, portata avanti tra partiti familiari, interventi dell’esercito e sollevazioni di piazza. Il Bangladesh non fa eccezione, e dall’anno della sua separazione e indipendenza dall’attuale Pakistan, ha visto alternarsi al governo quasi esclusivamente due partiti, la Lega Awami fondata dal padre della patria Mujibur Rahmani (di cui Sheikh Hasina è la figlia) e il Partito Nazionale Bangladeshi (BNP) retto da Khaleda Zia, vedova di un altro ex presidente, Zia Ur Rahman.

La Lega Awami, ridotta a partito personale di Sheikh Hasina era al governo sin dal 2009, riconfermata nelle tornate elettorali del 2014, 2018 e 2024. Le modalità con cui la Hasina ha mantenuto il potere sono comunemente praticate in Asia Meridionale: a dispetto degli assetti Repubblicani e democratici che i diversi stati della Penisola Subcontinentale si sono dati, il ricorso alle manette per le opposizioni e l’utilizzo spregiudicato della polizia è pratica comune.

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Chiara Zanella: Democrazia: un concetto obsoleto?

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Democrazia: un concetto obsoleto?

di Chiara Zanella

I miei viaggi partono sempre più spesso dallo sconcerto. Diverse volte, nel giro di poche settimane, un senso di sgomento mi ha assalita mentre seguivo la “notizia del giorno”: il dibattito di Biden e Trump sulla CNN; il resoconto dei giochi di palazzo per la Presidenza della Commissione europea; il discorso di Mattarella sulla democrazia tenuto alla settimana sociale della Chiesa, a Trieste… ho un orecchio delicato, le cose che stridono mi danno sui nervi. Così l’antico vizio del viaggio ogni volta mi riprende e, come il don Chisciotte gucciniano, sento che devo (…) fare presto perché più che il tempo passa/il nemico si fa d’ombra e s’ingarbuglia la matassa…

Punto di partenza è il termine che m’inquieta di più: “democrazia”.

Democrazia, forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce a ogni cittadino la partecipazione in piena uguaglianza all’esercizio del potere pubblico (treccani.it).

Dov’è finita? È questa la domanda che non mi dà tregua.

“L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

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