Si possono arrestare i pedofili anche senza arrestare Durov

Alessandro Marescotti – 27/08/2024

 

Quante cose abbiamo letto sulla pedopornografia su Telegram in questi giorni?

Quanti “esperti” stanno sbucando in questi giorni per dirci che tecnicamente Telegram nasconde rischi inaccettabili per la comunità?

Quanti si sono erroneamente convinti dopo tanti articoli, uno più allarmante dell’altro, che per eliminare i pedofili bisogna in qualche modo controllare Telegram e limitarne le attuali forme di anonimizzazione?

Quanti stanno parlando di “controllo democratico” delle piattaforme digitali per togliere in realtà al potere una spina nel fianco?

Quanti si sono immaginati i pedofili che la fanno franca grazie al fondatore di Telegram, ossia a quel Durov che ora sta bene dove sta?

Come in Italia abbiamo arrestato i pedofili su Telegram 

Se anche voi cominciate a pensare che Telegram sia il problema, se ritenete che la magistratura francese abbia finalmente dato uno scossone all’inerzia e all’inaccettabile compiacenza, allora leggete questa notizia fornita dalla Polizia di Stato il 16 dicembre 2020:


“Sfruttavano canali Telegram e WhatsApp per scambiarsi materiale pedopornografico con violenze anche su neonati. Ma sono stati scoperti dagli agenti della polizia postale italiana. Gli agenti per due anni hanno lavorato sotto copertura individuando 159 gruppi pedofili, identificando 432 persone di questi 81 sono italiani, 15 dei quali arrestati in flagranza”.

La fonte è

https://www.poliziadistato.it/articolo/postale-scoperti-gruppi-e-canali-per-scambio-pedopornografico

Questo dimostra che non è vero che Telegram non consente di arrestare i pedofili.

Come la Francia ha arrestato i pedofili su Telegram 

Facciamo un altro esempio più recente?

Andiamo in Francia.

In quella nazione, che accusa Telegram di non consentire di scoprire i criminali della pedofilia, in realtà si sono messi a segno brillanti colpi contro la pedopornografia proprio su Telegram.

La Procura di Parigi infatti il 9 febbraio 2024 ha annunciato lo smantellamento di una rete di criminalità infantile che dilagava su un gruppo di messaggistica Telegram, dove veniva offerta la vendita di “sex tapes” di adolescenti. Dieci persone sono state rinviate a giudizio e processate.

La fonte è

https://www.liberation.fr/societe/police-justice/pedocriminalite-le-parquet-de-paris-annonce-le-demantelement-dun-reseau-sevissant-sur-telegram-20240210_56NT2RXZERES3AZTK7JYN6ZSYQ

E quindi?

Questo dimostra che volendo si può. E senza dover arrestare Durov.

Cosa c’è dietro la crociata contro Telegram?

Dietro ciò che sta avvenendo in Francia c’è molto probabilmente il tentativo di piegare Telegram al volere del potere occidentale di entrare dentro la privacy delle piattaforme digitali come ha ben documentato Snowden quando ha dimostrato che tutte le grandi multinazionali del digitale si erano piegate alle richieste segrete della NSA.

Occorre percepire d’istinto il segnale allarmante che profana da un’operazione abnorme e che attiene a uno strumento di comunicazione usato nella guerra in Ucraina. Uno strumento che né l’Ucraina né la Nato riesce a controllare. E che sta creando notevoli problemi a Kiev.

I canali Telegram dei renitenti ucraini

Telegram consente infatti l’anonimato nei gruppi di aiuto, a differenza di WhatsApp in cui ogni utente è individuato nei gruppi con il suo numero di cellulare. I canali Telegram consentono, con una efficace comunicazione anonima molti-a-molti, di allertare in forma collaborativa migliaia di persone in pochi secondi, garantendo alle persone di essere individuate solo con un soprannome. Come facevano i partigiani durante la Resistenza.

Telegram è, sfruttando tali caratteristiche, lo strumento principale di una spontanea resistenza nonviolenta alla guerra. Una resistenza di cui poco ci siamo occupati anche noi che spesso parliamo di resistenza nonviolenza senza vederla nella realtà concreta odierna.

Siamo di fronte a una “resistenza digitale” con cui oltre ottocentomila renitenti alla leva in Ucraina riescono a sottrarsi alla guerra mentre la Russia, nella sua offensiva in Donbass, avanza a ritmo sempre più serrato, forte di una superiorità numerica, per i soldati, di circa 4 a 1.

Il caso Assange

C’è chi dice che in Occidente la magistratura non si può prestare a questi giochi, e in molti casi può essere assolutamente vero. Ma il potere in certi casi può anche piegare la giustizia per perseguitare i propri nemici, come è accaduto per Assange. Una macchia nera nel sistema di investigazione svedese dovrà essere smacchiata e ancora nessuno ha presentato le sue scuse. Per non parlare del Regno Unito.

Perché tirare in ballo Assange?

Perché la vergognosa persecuzione giudiziaria del fondatore di WikiLeaks ha qualcosa in comune con l’attuale arresto di Durov: entrambi hanno avuto il coraggio di essere indipendenti dal potere politico fino al punto di infastidirlo troppo.

Il solerte appoggio di Kiev a Parigi

L’appoggio immediato di Kiev all’arresto di Durov è la spia rossa che dovrebbe accendersi nelle nostre menti quando ragioniamo di questa inquietante vicenda.

Perché Kiev si intromette in una vicenda francese che sembra riguardare pedopornografia, droga, mafia e altre cose che non dovrebbero interessare Zelensky?

Perché?

Ci sono dei fatti che non rispondono in modo diretto alla domanda ma che possono aiutarci indirettamente capire, un pochino alla volta, perché Telegram preoccupa Zelensky.

Kiev si sta infatti ritirando dal Donbass in queste ore con una velocità mai vista prima, lasciando stupiti gli analisti militari. Sta cedendo le sue roccaforti vitali e fra non molto il fronte del Donbass rischierà di collassare rovinosamente. Ci sono tutte le premesse, gli analisti militari indipendenti da giorni mostrano le evidenze con immagini satellitari inconfutabili. La sconfitta dell’Ucraina aleggia come uno spettro per chi aveva ottimisticamente scommesso invece nella vittoria. E Austin, il capo del Pentagono, ha detto che in caso di sconfitta dell’Ucraina bisogna essere pronti a intervenire.

Le reti Telegram dei disertori ucraini 

Siamo in un momento topico e drammatico. Siamo a un passo dalla possibile disfatta militare dell’Occidente nella sua guerra per procura.

Centinaia di migliaia di ucraini si rifiutano di combattere con le armi che doniamo con tanta generosità, convinti che muoiano dalla voglia di usarle. E invece non è così. Muoiono e basta. Giovani un tempo patriotticamente convinti della mobilitazione eroica e spontanea del 2022 sono oggi letteralmente degli “imboscati”. Si chiudono in casa e si nascondono e l’unico legame che hanno con il mondo esterno è Telegram. Si fidano di Telegram, Telegram è il loro scudo di protezione in fatto di anonimato e al contempo è la rete di cooperazione per poter sfuggire ai rastrellamenti del governo. I renitenti varcano i fiumi in piena, rischiano la vita, scappano pur di non finire nel tritacarne verso cui li spingiamo con la nostra retorica della guerra giusta. E Telegram è la loro ancora di salvezza per poter prendere i contatti giusti, per chiedere soccorso ai propri cari senza essere scoperti dai governi. Questi renitenti li potremmo definire “renitenti digitali”.

E assieme a loro ci sono i disertori. Quelli che a decine di migliaia si troveranno nel caos di una disfatta militare. Senza ordini, con esplosioni devastanti, con morti e feriti ovunque, in balia di una guerra da cui mettersi in salvo, nelle foreste inospitali, fra i boschi in accampamenti di fortuna con la bandiera bianca nello zaino, nel caso servisse. Braccati dai droni e dai soldati delle opposte trincee.

Come si terranno in contatto i disertori ucraini dopo la Caporetto di Kiev per sottrarsi agli ordini di Zelensky?

Con Telegram.

Come chiederanno la loro resa i soldati di Putin?

Con Telegram.

Maledetto Telegram e chi lo ha inventato.

Proprio così.

Diceva Andreotti: a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina.

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