[SinistraInRete] Eugenio Donnici: L’orologio di Freud

Rassegna 29/08/2024

Eugenio Donnici: L’orologio di Freud

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L’orologio di Freud

di Eugenio Donnici

finito infinito 1220x600.jpgIn base a un rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco, del luglio 2015, si apprende che il disagio mentale è in aumento in tutti i paesi ad alto reddito. Il Report riprende un articolo dell’Economist dello stesso anno, dal titolo «Mental illness. The age of unreason» nel quale si affermava che, in riferimento alle stime di quel periodo, tra il 2011 e il 2030 il costo delle malattie mentali in tutto il mondo avrebbe raggiunto l’ammontare di oltre 16 trilioni di dollari in termini di mancata produzione (sic!) – la previsione prende come base il valore del dollaro nel 2010. Un costo più elevato rispetto a quello delle patologie oncologiche, cardiovascolari, respiratorie croniche e del diabete. (1)

Penso che non ci sia bisogno di rimarcare che la crisi pandemica del Covid-19, che abbiamo vissuto e che sembra ormai un lontano ricordo, abbia dato man forte alla tesi del Report dell’AIFA.

Dai tempi di Freud a oggi molti aspetti della vita quotidiana sono cambiati, in relazione al disagio psichico: il gap tra medici psichiatrici e psicoterapeuti si è attenuato, molto spesso lavorano in team e collaborano alla risoluzione dei problemi, sebbene rimanga la linea di demarcazione e di azione.

Forse, l’aspetto più terrificante della malattia mentale era connesso con la paura che essa esercitava, nel recente passato, sui singoli e sulla collettività, in quanto si finiva per essere internati nei manicomi. Ancora negli anni Ottanta, in seguito all’entrata in vigore della legge Basaglia, nei piccoli centri abitati, la sola notizia che una persona fosse affetta da un problema mentale, era sufficiente a creare scompiglio e sgomento nell’intera comunità. Per certi versi, la paura del contagio era più forte del tifo, della lebbra o della stessa peste, poiché scattava il meccanismo di difesa e quindi il relativo isolamento del soggetto con disturbo psichico.

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Flavia: L’Agenda Gender, la famiglia, le radici del malessere giovanile e le risposte del Moloch capitalista

sinistra

LAgenda Gender, la famiglia, le radici del malessere giovanile e le risposte del Moloch capitalista

di Flavia

ibucxc.pngL’Agenda Gender si compone di leggi (a tutela della comunità Lgtbq); prevede programmi Erasmus a sostegno delle iniziative Pride, usa milioni di euro per sostenere le attività Lgbtq+ e i loro attivisti in Africa, Asia, America Latina ed Europa orientale e sostiene le iniziative e le ONG legate al Dragtivism (l’arte del “travestimento”) ed è diventata, negli anni, un’industria milionaria. Inoltre condiziona i finanziamenti ai paesi subordinati all’accettazione delle sue direttive; si combina e si rafforza con le richieste sulla regolamentazione delle Sex Workers; con quelle sull’utero in affitto e con quelle sulla fecondazione assistita. Inoltre l’Agenda Gender è la “bibbia” ideologica e falsamente libertaria della disforia di genere; del mercato legato alla transizione e alla medicalizzazione a vita, e apre le porte all’ingegneria genetica e alla totale manipolazione dell’umano. Ma basterebbe chiedersi perché molte multinazionali di Big Pharma e del Big Tech se ne fanno promotori, senza contare l’appoggio di tanti transumanisti :dall’Opern Society Foundation di Soros alla fondazione Taresem che investe in progetti di ricerca sulle nano e biotecnologie, cyborg-coscienza, criogenica e Intelligenza Artificiale; passando per Black Rock, Google, Amazon. Solo per questo dovrebbe venirci qualche dubbio… a meno di non scambiare questi colossi dell’economia mondiale in filantropi dell’umanità1.

In primo luogo iniziamo a dire che l’Agenda Gender è prima di tutto è un attacco contro le donne. Nella negazione del sesso a favore del “genere” vi è la negazione soprattutto della donna e della sua capacità riproduttiva che deve essere sempre più funzionalizzata alle necessità di valorizzazione del capitale, con modalità diverse nel nord e nel sud del mondo e distruggere ciò che non può totalmente controllare. Nel mentre, nei paesi dominati – contro le donne – deve essere rafforzata l’opera di distruzione di quelle economie di sussistenza che praticavano e che le “valorizzava” all’interno delle loro comunità, trasformandole in lavoratrici a basso costo o in uno gigantesco esercito industriale di riserva latente da utilizzare anche contro i lavoratori maschi.

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Paolo Ferrero: Perché non si fermano i massacri in Ucraina e Gaza?

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Perché non si fermano i massacri in Ucraina e Gaza?

Agli Usa conviene la guerra permanente

di Paolo Ferrero

Da mesi e mesi siamo chiamati a convivere con un massacro quotidiano di migliaia di persone. La situazione più insopportabile è in Palestina dove l’esercito israeliano sta compiendo da mesi un genocidio del popolo palestinese, un orribile massacro dove bambini e ragazzi – che sono la maggioranza della popolazione palestinese a Gaza – muoiono ogni giorno a causa delle bombe e della mancanza di acqua e di cibo. Insopportabile perché le sofferenze che si consumano in questo campo di concentramento a cielo aperto che è diventata Gaza avvengono in mondovisione, sotto gli occhi di tutti e tutte.

Di Auschwitz l’umanità ha saputo dopo: qui lo sappiamo in tempo reale e sappiamo che domani accadranno nuovamente le atrocità che sono accadute oggi. Sappiamo tutto di questa mattanza che solo la falsa coscienza ci può far chiamare guerra: le azioni di decimazione della popolazione palestinese non hanno nulla a che vedere con la guerra ma sono un genocidio finalizzato alla pulizia etnica della striscia di Gaza. A questa situazione inumana a cui partecipiamo con la fornitura di armi al governo israeliano – l’Italia è al terzo posto nella classifica di fornitura delle armi con cui vengono massacrati i palestinesi – si accompagna la nostra compartecipazione al massacro in corso in Donbass.

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Ángeles Maestro: Vaiolo delle scimmie, telenovela dell’estate o nuova edizione della pandemia della paura?

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Vaiolo delle scimmie, telenovela dell’estate o nuova edizione della pandemia della paura?

di Ángeles Maestro*

Mercoledì 14 agosto Tedros Adhanon, a nome dell’OMS, ha dichiarato “emergenza sanitaria pubblica internazionale” dovuta al vaiolo delle scimmie.

Si è basato nell’esistenza, in diversi paesi africani, di 40.000 casi e 1.456 morti per questa causa dal 2022. Ha chiesto ai governi dei diversi paesi del mondo di dotarsi di grandi dosi di vaccino da produrre contro questa nuova piaga.

In primo luogo va detto che non si tratta di una malattia grave. I sintomi sono malessere generale, febbre, mal di testa ed eruzioni cutanee, piccole vescicole. Come in altre malattie infettive, la probabilità di morire a causa di questa è limitata a persone precedentemente molto indebolite per altre cause o con carenze immunologiche significative.

In secondo luogo, è necessario contestualizzare i 1.456 decessi occorsi in Africa nello scorso biennio, confrontandoli con i 3 milioni di bambini sotto i 5 anni che muoiono ogni anno in quel continente a causa della malnutrizione o con i 4.000 minori che muoiono ogni giorno, secondo l’Unicef, a causa di malattie infettive derivate dalla mancanza di acqua potabile. Se si trattasse davvero di proteggere salute e vita umana, quali dovrebbero essere priorità ed “emergenze” per l’OMS?

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Marco Cattaneo: Fabio Panetta e le spese per l’istruzione

bastaconeurocrisi

Fabio Panetta e le spese per l’istruzione

di Marco Cattaneo

Fabio Panetta, l’attuale governatore della Banca d’Italia, sicuramente non è il peggiore degli euroausterici. Tra i governatori delle banche centrali eurozoniche è sicuramente schierato dalla parte delle colombe, non da quella dei falchi più retrivi e ottusi.

Però appartiene al mainstream economico, quindi aspettarsi più di tanto, dal punto di vista della logica e della razionalità delle sue argomentazioni, sarebbe ingenuo.

Alcuni giorni fa ha insistito, tanto per cambiare, sulla necessità di ridurre il debito pubblico, argomentando tra le altre cose che l’Italia spende più per pagare interessi che per l’istruzione pubblica.

Di fronte a un’affermazione del genere, chi potrebbe contestare il fatto che qualcosa non funziona ?

Però qual è la conseguenza, nella testa di Panetta ? che occorre ridurre il deficit, abbassare il debito, “quindi” pagare meno interessi, “quindi” avere più soldi per altre cose. Logico, no ?

No.

Ridurre il deficit, nella testa del mainstream economico, vuol dire aumentare le tasse o abbassare le spese. Entrambe azioni che rallentano l’economia.

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Elena Basile: Il tornaconto degli Usa nella invasione di Kursk

fattoquotidiano

Il tornaconto degli Usa nella invasione di Kursk

di Elena Basile

L’approccio analitico agli eventi porta a sottolinearne la complessità, l’entrata in gioco di fattori molteplici. La sintesi, al contrario, nella ricostruzione storica coglie l’essenziale.

Non sono una stratega militare e, più che le logiche autonome e i minimi spazi, mi interessa il nocciolo dei problemi. Mi è difficile quindi dare all’Ucraina una soggettività indipendente dalla volontà della Cia e degli altri attori del Blob statunitense. Kiev è la capitale di un Paese distrutto, che sopravvive economicamente e militarmente grazie agli aiuti occidentali. La sua classe dirigente è asservita agli interessi statunitensi e passerà alla storia per avere venduto il suo popolo, avere massacrato una generazione di giovani, i membri della gloriosa resistenza nazionale (secondo i giornali del mainstream) che ora fuggono all’estero, si nascondono in casa, si rompono le ossa per poter non andare al macello.

La guerra alla Russia non è più nemmeno una guerra per procura: diviene gradualmente uno scontro tra Nato e Mosca. I mesi precedenti le elezioni statunitensi sono i più pericolosi perché i Democratici devono esibire agli elettori qualche scalpo per poter giustificare gli enormi finanziamenti a spese del contribuente riversati in una guerra suicida.

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Adam Hanieh: Il riciclaggio del carbonio e la nuova corsa all’Africa

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Il riciclaggio del carbonio e la nuova corsa all’Africa

By Adam Hanieh

Combustione Gas.jpgAll’inizio di novembre del 2023, poco prima dell’apertura del vertice COP28 a Dubai, un’azienda degli Emirati Arabi Uniti, fino ad allora sconosciuta, aveva attirato l’attenzione dei media per le notizie sui suoi potenziali accordi fondiari in Africa.

I report indicavano che la Blue Carbon – una società di proprietà privata dello sceicco Ahmed al-Maktoum, membro della famiglia regnante di Dubai – aveva firmato accordi che le garantivano il controllo di vasti appezzamenti di terra in tutto il continente africano. Questi accordi comprendono un incredibile 10% della terraferma in Liberia, Zambia e Tanzania, e il 20% in Zimbabwe. Complessivamente, l’area equivale alle dimensioni della Gran Bretagna.

Blue Carbon intende utilizzare i terreni per lanciare progetti di compensazione di carbonio, una pratica sempre più diffusa che, secondo i sostenitori, aiuterà a contrastare il cambiamento climatico. Le compensazioni di carbonio comportano la protezione delle foreste e altri programmi ambientali che vengono equiparati a una certa quantità di “crediti” di carbonio. Questi crediti possono essere venduti a chi inquina in tutto il mondo per compensare le proprie emissioni. Prima di avviare le trattative per questo enorme accordo, la Blue Carbon non aveva alcuna esperienza né di compensazioni di carbonio né di gestione forestale. Ciononostante, l’azienda si candida a guadagnare miliardi di dollari da questi progetti.

Le ONG ambientaliste, i giornalisti e gli attivisti hanno subito condannato gli accordi come una nuova “corsa all’Africa“, un accaparramento di terre in nome della mitigazione dei cambiamenti climatici. In risposta, la Blue Carbon ha ribadito che le discussioni erano solo esplorative e che avrebbero richiesto la consultazione delle comunità e ulteriori negoziati prima di un’approvazione formale.

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Massimiliano Bonavoglia: L’insostenibilità della svolta green (e i reattori autofertilizzanti russi)

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L’insostenibilità della svolta green (e i reattori autofertilizzanti russi)

di Massimiliano Bonavoglia*

photo 2024 08 19 21 47 24.jpgTenteremo di rispondere alle seguenti domande: Quanto è sostenibile la Transizione Green? La produzione dell’energia pulita rispetta l’ambiente? Rispetta i diritti umani, quelli dei lavoratori e quelli dei minori? Lo stoccaggio e lo smaltimento delle batterie in aumento iperbolico, costituisce un problema? La svolta ecologica aiuta l’agricoltura, l’allevamento e l’occupazione nell’eurozona? Trasformare la dieta tradizionale in insettivora, è sano ed è a qualche impatto occupazionale? Quali Paesi avvantaggia la transizione ecologica per il settore auto? Il decreto green migliora il mercato immobiliare nazionale, o lo mortifica? Lanceremo poi alcuni brevissimi spunti di riflessione.

* * * *

La transizione verso un futuro energetico più verde è presentata dall’establishment come una necessità ineludibile, per affrontare le sfide del cambiamento climatico. Tuttavia, mentre ci impegniamo in questa trasformazione, è cruciale che esaminiamo attentamente le conseguenze ambientali, sociali etiche e morali legate alla produzione e allo smaltimento delle tecnologie verdi. Per di più, dovremmo riflettere non solo sull’impatto ambientale e sociale di queste, ma anche su come le regolamentazioni green stiano trasformando radicalmente l’agricoltura tradizionale, gli allevamenti e l’uso delle terre fertili in Europa. Il progetto di cui parliamo, coinvolge al massimo 450 milioni di persone, su un pianeta di più di otto miliardi di abitanti. Quindi una soluzione per tutti, adottata da una esigua minoranza.

La produzione di batterie e materiali per l’energia rinnovabile, sarebbe essenziale per ridurre le emissioni di carbonio, ma sta generando gravi conseguenze ambientali nei Paesi dove avviene l’estrazione delle materie prime. Appare come un paradosso: per inquinare meno nelle aree metropolitane del mondo più ricco, si deteriora l’ambiente di quello più povero, che in una logica globalista e in un’ottica olistica, risulta in ultima istanza controproducente.

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Dante Barontini: Partita la campagna per vendere il “prodotto Harris”

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Partita la campagna per vendere il “prodotto Harris”

di Dante Barontini

La convention “dem” di Chicago mostra con grande chiarezza cosa sia rimasto della “democrazia liberale” nel cuore dell’imperialismo occidentale. E quindi, a cascata, in ogni paese della “catena dei subordinati”.

Come potete leggere su tutti i giornali, l’assemblea dei delegati ha incoronato Kamala Harris descrivendo l’evento come una “rinascita”, un risorgere del progressismo, delle minoranze delle donne, ecc.

Manca completamente qualsiasi indicazione concreta su cosa voglia dire tutto questo. Anche il programma economico, schematizzato su diversi media come “contrapposizione radicale” al programma di Trump, a un’analisi più attenta rivela ben poche differenze.

Le più significative – ma sono promesse, bisogna ricordare – riguarda la “sanità per tutti” e un programma di rilancio dell’edilizia popolare. Come già sappiamo, che queste proposte diventino leggi e poi politiche concrete dipende da molti fattori, primo fra tutti il controllo della maggioranza in Congresso (niente affatto scontata), perché anche diversi “dem” all’atto pratico sono piuttosto contrari a qualsiasi “intervento dello Stato nell’economia”.

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Gustavo Veiga: Venezuela, il sabotaggio elettorale e l’intossicazione informativa

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Venezuela, il sabotaggio elettorale e l’intossicazione informativa

di Gustavo Veiga

La dichiarazione del governo che il sistema di trasmissione dei dati è stato danneggiato dall’esterno è stata confermata dall’impresa statunitense Netscout. La fragilità digitale dello Stato

In questa fase del XXI secolo il Venezuela è quello che è stata Cuba nel XX a partire dagli anni ‘60. Un Paese demonizzato nella società capitalista, attraversato da un’intossicazione informativa così sproporzionata che a tratti distoglie l’attenzione dal genocidio palestinese in corso o dalla guerra tra Russia e Ucraina. Questa realtà, esacerbata dall’alleanza tacita tra il capitalismo 2.0 e le estreme destre, alimenta un conflitto d’interessi che occulta il nucleo del problema nella patria di Simón Bolívar. Uno Stato sovrano sottoposto a un assedio continuo per la sua principale risorsa non rinnovabile: il petrolio.

Qualsiasi arma disponibile, compreso il sabotaggio a un sistema elettorale elogiato perfino dagli stessi detrattori di Hugo Chávez e Nicolás Maduro, è stata cruciale per tentare di far sì che i rapporti di forza nel mondo della comunicazione digitale si inclinassero verso l’opposizione guidata da Corina Machado. Come se non bastassero il potere militare coercitivo di Stati Uniti, Unione Europea, NATO e dell’organismo regionale più docile alle politiche di Washington, la OEA. Comprese le recenti critiche di Lula e Gustavo Petro al presidente venezuelano che in altre circostanze hanno appoggiato.

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Pierluigi Fagan: Andare a funghi nel mondo multipolare

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Andare a funghi nel mondo multipolare

di Pierluigi Fagan

Il New York Times finalmente conferma un fatto già noto da un po’ di tempo per chi segue le faccende militari: Biden ha segretamente approvato il nuovo piano di strategia nucleare americano.

Del fatto se ne parla apertamente da qualche settimana, dicendo che i russi fanno esercitazioni simulate di puntamento di missili atomici sulle capitali europee, che hanno una nuova arma Skyfall ovvero il primo razzo a propulsione nucleare, ma anche il “simulatore di esplosione nucleare” per addestrare le truppe ad agire sul campo bombardato da nucleare tattico, che i cinesi stanno incrementando di gran lena il proprio arsenale anche atomico, con articoli usciti su Financial Times ed Economist. Il nuovo piano americano aprirebbe una nuova stagione di ricerca, produzione e messa in campo di una serie di armamenti atomici che superano l’equilibrio della Mutual Assured Distruction (M.A.D.) vigente tra USA e URSS dal 1950. I motivi sono tre.

Il primo, strategico, è che gli Stati Uniti stanno registrando i primi effetti dei nuovi allineamenti multipolari. Un domani, impegnati in un confronto con i russi, potrebbero esser attaccati dai cinesi, dai coreani e chissà, forse anche dagli iraniani, loro o i loro alleati. Personalmente credo che iraniani la bomba già ce l’hanno o ci metterebbero assai poco a procurarsela. Al crescere dell’attrito tra russi e americani ci andrebbe di mezzo l’Europa.

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Salvatore Bravo: Nel giorno degli schiavi

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Nel giorno degli schiavi

di Salvatore Bravo

Nella notte tra il 22 e il 23 agosto del 1791 gli schiavi di Haiti diedero vita alla ribellione che li condusse alla libertà. Napoleone Bonaparte reintrodusse la schiavitù abolita nel 1804, ma l’esperienza segnò un mutamento irreversibile nella lotta per il riconoscimento della dignità di ogni essere umano. Il 23 agosto è pertanto la giornata internazionale per la Commemorazione della Tratta degli schiavi e per la sua Abolizione. Tale giornata che rammemora un episodio fondamentale della storia della lotta di classe, in realtà è stata cancellata dalle pubbliche manifestazioni. Su di essa regna e impera il silenzio assoluto. Non si tratta di un caso, ma è una contraddizione che svela la realtà-verità sul capitalismo. Dimenticare la giornata dell’abolizione della schiavitù significa, in un momento storico dominato da gerarchie sociali inamovibili, rievocare la lotta di classe, essa è lo spettro di cui le oligarchie al potere temono il ritorno, per cui il dimenticare è una manovra per fatalizzare il presente. L’ideologia della cancellazione della storia è costituita da una serie di tasselli che nell’insieme costruiscono l’ideologia della conservazione del presente.

Gli schiavi di Haiti dimostrarono che nessun sistema di sottomissione e di dominio è eterno; i subalterni possono avviare la lotta per la loro liberazione e possono vincere e possono ribaltare condizioni sociali insopportabili.

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