[SinistraInRete] Costas Lapavitsas: Imperialismi e rivalità economica

Rassegna 17/09/2024

Costas Lapavitsas: Imperialismi e rivalità economica

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Imperialismi e rivalità economica

di Costas Lapavitsas

Il crescente conflitto tra blocchi diversi conferma che non esiste un’unica classe capitalista mondiale. E non c’è motivo di considerare migliori i capitalismi di Russia, Cina o India

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italia 1536x560.jpgLa geopolitica mondiale è attualmente segnata da straordinarie tensioni e conflitti armati che fanno temere una guerra mondiale, soprattutto in Ucraina, Medio Oriente e Taiwan. Dall’inizio del 2010, la disposizione delle principali potenze statali ricorda sempre più gli anni precedenti alla grande conflagrazione imperialista del 1914. Una simile svolta sarebbe stata difficilmente immaginabile negli anni Novanta, quando l’ideologia della globalizzazione neoliberista dominava e gli Stati uniti regnavano come unica superpotenza.

Gli Usa restano senza dubbio il principale – e più aggressivo – attore sulla scena internazionale, come dimostra la loro posizione nei confronti della Cina. È importante notare che nessuno dei suoi potenziali sfidanti proviene dalle «vecchie» potenze imperialiste, ma tutti sono nati da quello che una volta era considerato il Secondo o il Terzo Mondo, con la Cina come principale concorrente economico e la Russia come principale concorrente militare. Ciò riflette la profonda trasformazione dell’economia mondiale negli ultimi decenni.

L’inasprimento delle tensioni avviene, inoltre, in un momento di storica performance negativa del nucleo centrale dell’economia mondiale, in particolare dopo la Grande Crisi del 2007-09. L’attività economica nelle aree centrali è notevolmente debole in termini di crescita, investimenti, produttività e così via, e non ci sono segnali evidenti di un nuovo rilancio. Il periodo successivo alla Grande Crisi del 2007-09 è un classico interregno nel senso di Antonio Gramsci, cioè del vecchio che muore e del nuovo che non nasce, solo che in questo contesto segnala l’incapacità del nucleo dell’accumulazione capitalistica di intraprendere una propria crescita sia a livello interno che internazionale.

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Enrico Tomaselli: I piani di Israele

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I piani di Israele

di Enrico Tomaselli

nmflzkd.jpgLa situazione mediorientale somiglia sempre più a una pentola a pressione, che però nessuno ha interesse a far esplodere realmente. Come spesso accade, quando un conflitto deve fare i conti con l’impossibilità di una vittoria sul campo, e con l’incapacità della leadership politica di misurarsi con questa realtà, il rischio maggiore deriva proprio dalla mancanza di una prospettiva chiara, e quindi dal fatto che la guerra – lasciata a sé stessa – finisca per prendere vita propria, scivolando verso la catastrofe senza che nessuno lo voglia effettivamente.

Per quanto ritenga che i rischi effettivi di un ricorso alle armi nucleari siano sempre sopravvalutati (il che, in fondo, è parte della strategia di deterrenza che le caratterizza), bisogna riconoscere che siamo qui di fronte a una congiuntura assai particolare. Da un lato, infatti, abbiamo uno stato – Israele – impegnato in un conflitto che non è in condizione di vincere militarmente, che non può sostenere a lungo socialmente ed economicamente, e che non può politicamente permettersi di perdere. Dall’altro, abbiamo il governo più estremista e fanatico della storia di questo paese, che sia per interessi e ambizioni personali (Netanyahu) che per delirio messianico (Ben Gvir, Smotrich), è disposto a tutto.

Sullo sfondo, aleggia l’ombra della semi-segreta e famigerata Direttiva Sansone [1] – una sorta di estensione ancor più delirante dell’ormai ben nota Direttiva Annibale. In base a questa folle clausola, qualora lo stato ebraico percepisse di trovarsi in una condizione in cui la sua stessa esistenza fosse minacciata, e non vi fosse alcuna realistica possibilità di annullare la minaccia, l’intero arsenale nucleare del paese (stimato in circa 300 testate) verrebbe lanciato contro paesi nemici e amici, col preciso intento di scatenare un conflitto nucleare globale – muoia Sansone e tutti i filistei, appunto – secondo una logica suprematista e razzista, per cui un mondo senza ebrei (in realtà senza sionisti, poiché circa solo la metà degli ebrei vive in Israele) non merita di esistere.

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Wolfgang Streeck: “Sahra Wagenknecht è l’unica che pone le domande giuste — e offre le risposte giuste”

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“Sahra Wagenknecht è l’unica che pone le domande giuste — e offre le risposte giuste”

intervista a Wolfgang Streeck

wolfgang streeck
buendnis sahra wagenknecht soziologe partei bildIl famoso sociologo tedesco discute delle recenti elezioni nella Germania orientale, della necessità di tornare allo Stato-nazione, del comunitarismo di sinistra e delle carenze del populismo di destra. Wolfgang Streeck è un sociologo ed economista politico tedesco, direttore emerito del Max Planck Institute for the Study of Societies di Colonia. Il lavoro di Streeck si concentra sulle tensioni tra capitalismo e democrazia, in particolare su come i sistemi economici influenzano le strutture sociali e politiche. Tra i suoi libri più noti vi è Buying Time: The Delayed Crisis of Democratic Capitalism, dove esplora le conseguenze a lungo termine delle politiche neoliberali. Streeck è ampiamente riconosciuto per i suoi contributi alle discussioni sul futuro del capitalismo nelle economie avanzate.

* * * *

Zeit: A cosa sta pensando in questo momento, signor Streeck?

Wolfgang Streeck: Qualcuno come me, che ha lavorato per decenni sull’economia politica, non può fare a meno di notare oggi che la nostra prospettiva sulle società è stata a lungo limitata, perché spesso abbiamo trascurato il fatto che ci occupiamo di società nazionali. La storia del capitalismo democratico, ad esempio, può essere compresa solo esaminando le connessioni tra le singole società nazionali e la società globale.

 

Zeit: Lei è considerato una delle principali influenze intellettuali della politica di Sahra Wagenknecht. È soddisfatto del successo dell’Alleanza Sahra Wagenknecht (BSW) in Sassonia e Turingia?

Streeck: Oh Dio, raramente mi sento soddisfatto, ma guardo a questo con grande simpatia. La crisi del sistema politico tedesco è innegabile, e non è solo un fenomeno tedesco, ma può essere osservato in tutte le società capitaliste occidentali: il crollo del centro, il declino della socialdemocrazia e l’emergere di nuovi partiti che rappresentano interessi e valori che in precedenza non avevano posto nello spettro politico consolidato.

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Sergio Cararo: Ucraina. La Nato gioca con il fuoco, la Russia pronta a rispondere. Siamo su piano inclinato

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Ucraina. La Nato gioca con il fuoco, la Russia pronta a rispondere. Siamo su piano inclinato

di Sergio Cararo

Nel suo discorso al forum di San Pietroburgo, il presidente russo Putin ha affrontato la questione delle autorizzazioni all’Ucraina da parte dei paesi Nato a usare le proprie armi a lungo raggio contro il territorio russo.

Putin ha affermato che l’Ucraina lo sta già facendo con droni e altri mezzi, ma che i missili di precisione a lungo raggio sono tutt’altra cosa, perché per utilizzarli c’è bisogno di conoscenze tecniche, intelligence e coperture satellitari che l’Ucraina non possiede e che possono venire essere fornite solo dai paesi della NATO e dai loro esperti militari.

Questo è il punto cruciale. I missili Nato dati all’Ukraina non possono essere lanciati senza i satelliti Nato-USA preposti alla loro guida. Quindi ognuno di questi deve essere programmato e guidato dalla Nato.

Il militare ukraino non può pigiare il bottone di lancio se non riceve l’ordine dal personale Nato che connette i missili con i satelliti, ne stabilisce l’obiettivo, la mappatura elettronica del tragitto, il monitoraggio durante il volo e ne valuta i risultati. Tutto ciò è, minuto per minuto, in mano al personale operativo della Nato.

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Marco Cattaneo: MMT, che cosa dice e che cosa non dice

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MMT, che cosa dice e che cosa non dice

di Marco Cattaneo

I critici della MMT hanno una spiccata attitudine a criticarla sulla base di una rappresentazione fuorviante delle affermazioni di questa scuola di pensiero economico. 

In particolare, un classico è accusare la MMT di volere sempre e comunque incrementare il deficit pubblico, in quanto all’incremento del deficit pubblico corrispond(erebbe) sempre e comunque incremento di ricchezza privata.

Bene: l’affermazione degli economisti MMT può sembrare superficialmente quella, ma è invece MOLTO differente.

La MMT NON dice che all’incremento del deficit pubblico corrisponde sempre e comunque incremento di ricchezza privata.

La MMT DICE che all’incremento del deficit pubblico corrisponde sempre e comunque incremento di risparmio finanziario nominale privato.

Questo deriva da un’identità contabile che dovrebbe (dovrebbe…) risultare ovvia a chiunque: il deficit è l’eccesso di spesa pubblica rispetto al prelievo fiscale. Se il settore pubblico spende più di quanto tassa, il settore privato incrementa le sue disponibilità finanziarie, perché riceve più di quanto paga.

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Stephen Karganovic: Durov non lo ha ancora capito

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Durov non lo ha ancora capito

di Stephen Karganovic

Dopo essere stato rilasciato su cauzione da un carcere francese, l’imprenditore russo Pavel Durov ha rilasciato diverse dichiarazioni da cui si deduce che si sta facendo gravi illusioni sulla natura della sua situazione. Ha descritto l’azione delle autorità francesi che ha portato al suo arresto e alla sua detenzione in territorio francese come “sorprendente e fuorviante“. Ha poi messo in discussione la premessa legale della sua detenzione e della successiva incriminazione, ovvero che potrebbe essere ritenuto “personalmente responsabile dell’uso illegale di Telegram da parte di altre persone“.

È deludente vedere un adulto sofisticato e cosmopolita di trentanove anni, anche se traumatizzato dalle sue recenti esperienze, ragionare come un bambino. Ci si sarebbe aspettati che una persona con le possibilità economiche di Durov si assicurasse un’assistenza legale competente che lo aiutasse a comprendere i “fatti della vita” relativi al suo caso.

Ci sono due fatti fondamentali che l’avvocato di Durov avrebbe dovuto spiegare al suo cliente. Tra l’altro, questo avvocato è estremamente ben inserito nell’establishment francese e nel sistema giudiziario che sta perseguitando il suo disorientato protetto. Non sarebbe ingiusto dire che la sua lealtà è dubbia.

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comidad: Lo strano nesso tra deindustrializzazione e militarismo

comidad

Lo strano nesso tra deindustrializzazione e militarismo

di comidad

Ci sono persone con le quali è impossibile interloquire, poiché si teme quasi di intromettersi nel loro monologo interiore o di turbare i loro flussi di coscienza. Ma il picco della capacità di cantarsela e suonarsela da soli va riconosciuto certamente alla propaganda USA/NATO, che ha toccato le vette della poesia simbolista con la storia del superamento delle presunte “linee rosse” della Russia e della altrettanto presunta incapacità di reagire da parte del Cremlino. Si trattava in realtà di “linee rosse” tracciate dallo stesso presidente Biden due anni e mezzo fa, come ad esempio l’invio dei caccia F-16 a Kiev, escluso ancora un anno fa.

C’è anche da dubitare della tesi secondo cui il controllo dell’escalation sarebbe un monopolio esclusivo degli USA e della NATO. L’attacco missilistico russo della scorsa settimana al centro di formazione militare di Poltava rappresenta oggettivamente un’escalation, poiché si è selezionato un obiettivo militare all’interno di un’area civile densamente abitata, sapendo inoltre che almeno una parte degli istruttori colpiti non sarebbero stati ucraini ma di provenienza di paesi NATO. C’è stata la “coincidenza” che immediatamente dopo l’attacco arrivassero le dimissioni del ministro degli Esteri svedese Tobias Billström, la cui opera era stata determinante nel trascinare la Svezia a tutti gli effetti nella NATO, mentre sino a tre anni fa Stoccolma, pur partecipando dal 1995 a tutte le esercitazioni militari dell’alleanza, non aveva mai chiesto di formalizzare l’adesione.

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Andrea Capocci: La scienza indaga ma nessuno indaga sulla scienza

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La scienza indaga ma nessuno indaga sulla scienza

di Andrea Capocci

Leonid Schneider è un riferimento per chi si occupa di eticità della ricerca, tuttavia il giornalismo scientifico rimane una merce rarissima

Per chi si occupa di etica della ricerca, Leonid Schneider è un nome di riferimento. Schneider è un giornalista scientifico indipendente ucraino oggi residente in Germania, con una lunga esperienza di ricerca in biologia molecolare alle spalle. Dal suo sito forbetterscience.com pubblica documentatissime inchieste su frodi scientifiche da tutto il mondo. Una delle più note riguarda il chirurgo italiano Paolo Macchiarini, considerato fino a un decennio fa una star mondiale per i suoi sperimentali trapianti di trachea a base di cellule staminali. Per lui si parlò anche di un possibile premio Nobel, prima che Schneider dimostrasse che i suoi interventi non rispettavano le norme dell’etica medica (è un eufemismo) e che i pazienti non ne recavano alcun beneficio. Da lì è iniziata la caduta libera di Macchiarini che da Stoccolma, invece del premio, ha ricevuto una condanna penale a due anni e mezzo di carcere per lesioni a danni di alcuni pazienti. La sua storia è raccontata anche dalla serie Netflix Bad Surgeon.

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Raffaele Sciortino: Le tensioni tra Usa e Cina e lo stato di salute del capitalismo mondiale

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Le tensioni tra Usa e Cina e lo stato di salute del capitalismo mondiale

di Raffaele Sciortino

Benjamin Bürbaumer, Chine/ Ètats-Unis, le capitalisme contre la mondialisation, Paris, La Découverte, 2024

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fine.jpgNella letteratura sullo stato delle relazioni sino-americane non è affatto facile ritagliarsi uno spazio. A maggior ragione se il focus è non su aspetti particolari ma sul quadro complessivo, nello spazio e nel tempo, dello scontro che va delineandosi tra Stati Uniti e Cina Popolare. Ciò vale in particolare per gli studi europei non in lingua inglese, sui quali pesa la scarsa attenzione per un tema che il pubblico continentale percepisce sì come cruciale ma tende a vivere da spettatore passivo. Gioco forza, data la crescente irrilevanza della Unione Europea nel quadro economico e geopolitico mondiale. Rappresenta una parziale eccezione la Francia, per ragioni che rimandano vuoi alle mai scomparse velleità geopolitiche vuoi alla percezione del declino interno e internazionale del paese.

Dopo la pubblicazione tra il 2022 e il 2023 di alcuni lavori in lingua francese sulla competizione tra le due potenze[1], è da poco uscito su questo tema il lavoro di un giovane studioso di economia politica internazionale, Chine/ Ètats-Unis, le capitalisme contre la mondialisation di Benjamin Bürbaumer. Mentre fin qui il focus delle analisi si è per lo più incentrato sull’ambito della politica internazionale, ciò che caratterizza in positivo questo studio è il rifiuto esplicito di un approccio che fa della geopolitica una dinamica separata e in ultima istanza decisiva incentrata oltretutto sulla relazione tra attori nazionali. La tendenza allo scontro Usa/Cina parla innanzitutto dello stato di salute del sistema capitalistico mondiale e della parabola paradossale della globalizzazione (che gli autori francesi chiamano mondializzazione). Paradossale a misura che il “nodo mondializzazione-finanziarizzazione” – il cui asse, vedremo, si è costituito proprio intorno alla relazione Stati Uniti/Cina – ha sì permesso al capitalismo mondiale la fuoriuscita dalla crisi degli anni Settanta, ma alla condizione di innescare l’ascesa di un potente rivale del capitale occidentale che è oggi arrivato a contestare la “supervisione” statunitense della mondializzazione stessa.

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Giovanni Di Benedetto: A sinistra vietato vietare?

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A sinistra vietato vietare?

di Giovanni Di Benedetto

Il presente lavoro è stato elaborato in occasione della presentazione del libro Vietato a sinistra (a cura di Daniela Dioguardi per i tipi di Castelvecchi Editore,2024) che si è tenuta a Palermo Giovedì 27 Giugno 2024 presso la libreria Feltrinelli

ndiasbv.pngQuestioni dirimenti come quelle della legge 54 del 2006 sull’affido condiviso, dell’utero in affitto, della gestazione per altri (GPA), del sex work,la prostituzione o sesso a pagamento, e del blocco della pubertà indotto tramite farmaco su minori che si percepiscono di sesso diverso da quello di nascita, non si possono liquidare facilmente né possono essere affrontate in modo semplicistico; richiedono una riflessione quanto più approfondita possibile e, soprattutto, quanto più partecipata possibile. La discussione e il dibattito su questi temi non può che fare bene alla nostra democrazia, che è già abbastanza azzoppata e claudicante di suo. Il libro intitolato Vietato a sinistra, curato da Daniela Dioguardi per i tipi della Castelvecchi (Roma 2024), ha il merito di fare riflettere su tali questioni, a dire il vero temi a cui non sempre si dà il giusto peso. È un libro che costringe a documentarsi e ad approfondire. In questo sta, probabilmente, il suo merito più importante.

E allora vado subito al dunque. Non conosco a sufficienza le differenti articolazioni che animano il dibattito tra le varie correnti femministe e le nuove soggettività del variegato arcipelago delle identità di genere e di orientamento sessuale riconducibile al mondo lbgtqia+. Il rischio è quello di prendere, per così dire, lucciole per lanterne. Tuttavia i problemi e i dissidi che animano tale dibattito mi pare possano essere ricondotti a questioni più generali che rimandano alla debolezza e alla frammentazione del mondo che, genericamente, si potrebbe definire della sinistra non liberal.Per quel po’ che può valere la mia opinione, faccio mia la considerazione contenuta nel libro secondo la quale c’è il rischio che in nome della libertà si possano sdoganare prostitu­zione, maternità surrogata, pornografia archiviando tra i reperti del patriarcato il dato reale e simbolico che i sessi sono due (p. 6).

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Michele Paris: Trump-Harris, il peggio dell’America

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Trump-Harris, il peggio dell’America

di Michele Paris

In uno dei tradizionali inutili esercizi pseudo-democratici previsti dalla stagione elettorale negli Stati Uniti, il pubblico americano ha assistito nella serata di martedì al primo e, forse, unico dibattito presidenziale tra Donald Trump e Kamala Harris. La maggior parte di media e analisti “mainstream” ha commentato l’evento, tenuto per la cronaca presso il National Constitution Center di Philadelphia e trasmesso da ABC News, con un certo grado di serietà, discutendo su quale dei due candidati sia uscito vincitore dalla serata e su quali punti di forza o debolezze siano emerse. Non ci saranno tuttavia effetti significativi sulle percentuali di gradimento di entrambi, né sono diventate più chiare le rispettive posizioni sui vari temi affrontati. Quello che invece il dibattito ha regalato è un’ulteriore dimostrazione della crisi terminale della “democrazia” americana, dove la verità dei fatti, i processi decisionali e di selezione del potere sono tenuti rigorosamente lontani dagli occhi della stragrande maggioranza della popolazione.

A un livello immediato, il dibattito ha confermato le anticipazioni della vigilia. Trump ha attaccato la Harris collegandola alle politiche dell’amministrazione Biden di cui fa parte, in particolare sulla sempre più impopolare guerra in Ucraina. Se fosse lui a venire eletto, ha assicurato l’ex presidente repubblicano, il conflitto finirebbe in un attimo. Con il rilancio della campagna del “Russiagate” in fase di rodaggio, l’attuale vice-presidente democratica ha risposto invece che, con Trump alla Casa Bianca, oggi Putin “siederebbe a Kiev”.

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Andrea Puccio: Israele fa pressioni sulla Corte Penale Internazionale e sulla Corte di Giustizia

lantidiplomatico 

Israele fa pressioni sulla Corte Penale Internazionale e sulla Corte di Giustizia

di Andrea Puccio

Si avvicina il giorno in cui la Corte Penale Internazionale dovrà decidere sulla richiesta di arresto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del ministro della “sicurezza, Yoav Galant e le pressioni nei confronti della corte si fanno sempre più pressanti.

Durante un’intervista nel programma Al-Mashhadiya Across dell’emittente libanese Al Mayadeen il consulente legale della Corte penale internazionale, Fouad Bakr ha affermato che il lavoro della corte è ostacolato e che alcuni paesi hanno intenzione di minare le indagini tagliando i finanziamenti.

Ha anche riferito che ci sono state pressioni e minacce contro la maggior parte degli avvocati e dei giudici coinvolti nel caso “Israele”, i cui telefoni sono stati violati.

Inoltre i rappresentanti di “Tel Aviv” hanno minacciato il procuratore della Corte penale internazionale, ha affermato Fouad Bakr che ha anche criticato la legge approvata dalla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, secondo la quale il governo può imporre sanzioni alla Corte penale internazionale se indaga o persegue persone protette da Washington o dai suoi alleati.

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Redazione: “Nessun movimento è spontaneo!”. Ecco come la CIA organizza le “rivoluzioni colorate”

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“Nessun movimento è spontaneo!”. Ecco come la CIA organizza le “rivoluzioni colorate”

di Redazione

Serdar Üsküplu, per anni capo della propaganda nel Comitato Centrale del Vatan Partisi turco, ne è oggi uno dei più influenti vice-presidenti. Il Vatan Partisi è un’organizzazione d’avanguardia della sinistra rivoluzionaria turca di origine maoista oggi apertasi sul patriottismo kemalista. In una recente trasmissione sulla televisione privata “Ulusal Kanal” Üsküplu ha potuto gestire un intero programma in cui ha affermato che gli Stati Uniti hanno creato una grande organizzazione sotto il controllo della CIA per realizzare rivoluzioni colorate in tutti quei Paesi che provano a emanciparsi dall’imperialismo atlantico.

Il perno di tutto è la Fondazione Nazionale per la Democrazia (NED), che opera sotto il diretto controllo del Congresso degli Stati Uniti ed è attiva in più di 90 paesi. Serdar Üsküplu ha affermato: “La NED educa e forma i manager delle ONG che stanno dietro alle rivoluzioni colorate. Hanno formato molte persone in tutto il mondo” e ha citato in particolare il movimento “Otpor” con sede in Serbia, già promotore del golpe che rovesciò il governo patriottico del socialista Slobodan Milosevic a inizio del nuovo Millenio. Ma anche la Turchia conosce una struttura simile, ha spiegato durante la trasmissione suscitando curiosità fra il pubblico ignaro: si chiama “Istituto Nazionale della Democrazia” (NDI), è affiliato alla NED e ha un ufficio ad Ankara dal 1997.

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Davide Miccione: Frombolieri democratici

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Frombolieri democratici

di Davide Miccione

Geminello Preterossi è, già da qualche anno, uno dei punti di riferimento politico-teorici più affidabili per tutti coloro che non hanno ritenuto gli eventi dell’ultimo quadriennio come naturali e necessari quasi fossero la pioggia o il tramonto (insomma l’inquietante idea che giacché c’è la guerra, la pandemia, il terrorismo e la crisi climatica allora tutte le scelte conseguenti sono necessarie e indiscutibili) bensì come eventi storici e politici in cui le scelte umane e politiche e le forze e gli interessi in campo hanno avuto grande spazio nel definire le conseguenze e perfino nel costruire la figura dell’evento stesso.

Tra coloro che non pensano dunque che la scienza (o meglio quel grosso carro di cartapesta che a essa dal 2020 con sempre maggior frequenza si va sostituendo) abbia eliminato o debba eliminare la politica e non pensano che la storia continui a essere comunque finita (come se sapessimo una volta per tutte chi ha torto e chi ha ragione: sempre gli stessi guardacaso) ascoltare o leggere Preterossi può costituire un’esperienza chiarificante o perlomeno consolatoria. Per questo diamo conto in questa recensione, seppur con ritardo, di un suo libro dal titolo Contro Golia uscito nel 2020 per i tipi della Rogas di Roma, casa editrice che per coloro che vogliono ragionare seriamente su questi ultimi anni sembra costituire ormai un importante presidio. Il Golia dal titolo rimanda palesemente all’enormità e pericolosità delle dimensioni sovrastatali che sempre più caratterizzano il nostro coraggioso mondo nuovo.

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Fulvio Grimaldi: Saluto alla 2 giorni sulla Palestina di Torrazza Coste

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Saluto alla 2 giorni sulla Palestina di Torrazza Coste

di Fulvio Grimaldi

Non potendo partecipare in presenza ho inviato questo testo di saluto che Andrea Meluso leggerà nella sessione pomeridiana di domenica

Carissimo Andrea, cari amici,

Per quale motivo dovremmo preoccuparci di Gaza? Della Palestina?

Chiunque avesse perso quella parte di sé che grida di dolore quando vede bambini fatti a pezzi da bombe e cecchini israeliani, troverebbe difficile rispondere a questa domanda.

Perché dovremmo sentire come nostre le cose che avvengono in Palestina?

Perché la nostra specie, dalla quale si sono estraniati coloro che massacrano in Palestina e nel mondo, non potrebbe continuare a vivere su questo pianeta come se ciò che succede ad altre persone, ad altri organismi, non avesse niente a che fare con noi. Non siamo più in quel mondo. Non siamo più tribù isolate sparse sul pianeta che lottano per sopravvivere, ognuna per conto suo. Siamo otto miliardi di essere umani, al netto di quelli estraniatisi, di cui dicevo sopra, che non sono più separati e distanti come un tempo. Siamo interconnessi in tutti i sensi, siamo globali.

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