[SinistraInRete] Marco Sommariva: Palestina. Le verità confortevoli

Rassegna 19/09/2024

Marco Sommariva: Palestina. Le verità confortevoli

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Palestina. Le verità confortevoli

di Marco Sommariva

grossman.jpgIn questo periodo in cui si parla molto di Palestina e Israele, più volte mi sono chiesto cos’ho capito di questo conflitto. La prima risposta che mi son dato è stata “scrivine”, e questo perché non riesco a capire esattamente cos’ho in testa finché non la scrivo. La seconda risposta è stata più che altro una raccomandazione: fai attenzione a non essere l’eco di cose già dette, magari già echi a loro volta di qualcos’altro. In poche parole, ho ragionato sull’argomento con la stessa logica con cui ragiono su tutto, non in base a cosa mi si sta raccontando nel momento in cui i riflettori sono puntati sugli avvenimenti, ma in funzione di cosa mi hanno trasmesso e insegnato le mie letture passate, i miei libri; questo, anche perché sono convinto che, come ho letto da qualche parte, i libri sono in grado di tirarci fuori dai nostri bunker di verità confortevoli, da quel pozzo di fortuna che ogni tanto risaliamo e che ci permette di sbirciare nell’inferno degli altri senza mai sentire la puzza di morte, per poi tornare sul fondo da cui siamo emersi senza neppure uno schizzo di sangue sulla camicia perfettamente stirata. E questo sbirciare nell’inferno degli altri, per poi magari sentenziare sulla base di alcuni fotogrammi che da qualche parte s’è deciso di darci in pasto, è uno sport in cui si registrano sempre più partecipanti; forse perché, come ha scritto lo scrittore israeliano David Grossman in Caduto fuori dal tempo, “Che c’è di più eccitante dell’inferno degli altri, dimmi? E poi sarai d’accordo con me che un dolore di seconda mano è preferibile a uno di prima mano.”

E così, cercando di non farmi influenzare troppo da immagini, video e resoconti dove regnano dolore, sangue e lacrime, in cui s’incontrano solo cadaveri e mai un sorriso, faccio mente locale e cerco nella mia memoria un aiuto per fare un minimo di ordine su questo conflitto.

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Glenn Diesen: La militarizzazione della Scandinavia e la Grande Guerra del Nord 2.0

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La militarizzazione della Scandinavia e la Grande Guerra del Nord 2.0

di Glenn Diesen

262409191 259673892859300
541369016650902722 n 1Sul tema dell’allargamento della NATO alla Penisola Scandinava e la sicurezza della regione del Baltico ripubblichiamo, tradotto dall’inglese, un interessante articolo del professor Glenn Diesen (titolo originale The Militarisation of Scandinavia & the Great Northern War 2.0 How a Region of Peace Became an American Frontline”) uscito il 6 settembre che valuta con un’analisi critica prospettive e sviluppi strategici in quella regione.

Glenn Diesen è professore presso l’Università della Norvegia sud-orientale (USN) e Associate Editor presso Russia in Global Affairs. L’attività di ricerca di Diesen si concentra su geoeconomia, conservatorismo, politica estera russa e Grande Eurasia.

* * * *

La militarizzazione della Scandinavia comprometterà drasticamente la sicurezza della regione e determinerà nuovi conflitti poiché la Russia sarà costretta a rispondere a quella che potrebbe diventare una minaccia esistenziale. La Norvegia ha deciso di ospitare almeno 12 basi militari statunitensi sul suo territorio, mentre Finlandia e Svezia seguono l’esempio trasferendo il controllo sovrano su parti del loro territorio dopo essere recentemente diventate membri della NATO. Saranno costruite infrastrutture per portare più velocemente le truppe statunitensi ai confini russi, mentre il Mar Baltico e l’Artico saranno convertiti in mari della NATO.

Mentre la Scandinavia si converte da una regione di pace a una linea del fronte degli Stati Uniti, ci si aspetterebbe un ulteriore dibattito su questo cambiamento storico. Tuttavia, le élite politico-mediatiche hanno già raggiunto il consenso sul fatto che l’espansione della NATO migliora la nostra sicurezza grazie a una maggiore forza militare e deterrenza. Più armi raramente portano a più pace, sebbene questa sia la logica della pace egemonica a cui questa generazione di politici si è impegnata.

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Andrea Sartori: Vulnerabili all’allucinazione. Dalla tv ai social sulle orme di Neil Postman

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Vulnerabili all’allucinazione. Dalla tv ai social sulle orme di Neil Postman

di Andrea Sartori

nam june paik video flag.jpgNell’agosto dello scorso anno, Luiss University Press ha opportunamente ripubblicato la traduzione in italiano del saggio del 1985 del sociologo e teorico dei media americano Neil Postman (1931-2003), dal titolo Divertirsi da morire. Il discorso pubblico nell’era dello spettacolo (Prefazione di Matteo Bittanti).

Quaranta anni fa, all’epoca dell’uscita per Viking (Penguin Random House) di Amusing Ourselves to Death: Public Discourse in the Age of Show Business, Postman faceva sedere la televisione al banco degli imputati della critica dei media. Questo non significa che rileggere il suo lavoro oggi equivalga a una mera operazione archeologica sui mezzi della comunicazione. Divertirsi da morire, infatti, ci fornisce obliquamente delle indicazioni anche circa quel che sta accadendo nella nostra contemporaneità, segnata dal predominio dei social media, dei relativi codici comunicativi, e dei poteri economici che li alimentano (a partire da quelli di Mark Zuckerberg ed Elon Musk).

La tesi sostenuta in queste righe, ricavata da alcune riflessioni che Postman svolge su un testo di Northrop Frye (Il grande codice. Bibbia e letteratura [1981], Vita e Pensiero, 2018), è che i socialintensificano fino al parossismo una predisposizione o affordance che è propria della TV e già della parola scritta, benché in quest’ultimo caso essa sia sviluppata in misura minore.

Frye, come riporta Postman (p. 27), sostiene che «la parola scritta è molto più potente che non il semplice ricordare: essa ricrea il passato nel presente, e ci dà, non solo la cosa ricordata, ma l’intensità eccitante di un’allucinazione» (The Great Code: The Bible and Literature, Academic Press, 1981, p. 227).

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Fulvio Grimaldi: Ti teniamo d’occhio… nel mirino

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Ti teniamo d’occhio… nel mirino

di Fulvio Grimaldi

Stavolta non è come il 13 luglio a Butler in Pennsylvania. Stavolta non hanno lasciato che centrasse il bersaglio, per poi, avendolo mancato, subito fargli fare la fine dell’assassino di Kennedy. Stavolta, dopo l’evidentissima, dimostrata complicità dei Servizi del Deep State nel tentativo maldestro di far fuori la stravaganza imperial-terrorista, poco allineata sulla cancellazione della Russia dalla faccia della Terra, hanno dovuto dare dimostrazione di fedeltà costituzionale ed evitare l’esecuzione.

Anzi, tanto si sono spinti a rettificare l’immagine, solidificata in cento episodi FBI, CIA e compari, di complici della rimozione del granello di sabbia biondochiomato nel meccanismo della marcia verso l’unipolarismo tramite guerra totale, da aver addirittura individuato e neutralizzato il proprio sicario. Senza ucciderlo, sarebbe stato troppo sospetto.

Anzi ancora: mica hanno scelto il solito “psicolabile” lupo solitario con nessun responsabile di sostanza alle spalle (figura sulla quale si sono subito avventati i nostri media, macchiette colonizzate con la pallina rossa sul naso, in ritardo sulle istruzioni dal Centro). Con l’attentatore, Ryan Routh, bello maturo e padrone di pensiero e azione, dal retroterra Azov, fattosi vedere con la canna del Kalashnikov esibita nel reticolato della recinzione, hanno mandato avanti un figurante credibile.

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Giuseppe Masala: Storm Shadow su Mosca. E poi?

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Storm Shadow su Mosca. E poi?

di Giuseppe Masala

La situazione sul campo di battaglia in Ucraina si fa sempre più drammatica a causa dell’avanzata delle truppe russe nel Donbass. In particolare a preoccupare il regime filo occidentale di Kiev guidato da Zelensky è lo sfondamento delle linee eseguito, da parte dell’esercito russo, nei pressi della città strategica di Pokrosk, ovvero del centro fondamentale per la logistica militare ucraina nella regione. A peggiorare ulteriormente la situazione di Zelensky è la rotta nel territorio russo di Kursk invaso dalle truppe di Kiev circa un mese fa: ormai questa manovra si sta sempre più dimostrando una mossa suicida anche grazie allo sfondamento delle truppe russe che stanno avanzando nei distretti di Korenevo e di Sudzha liberando peraltro diversi insediamenti.

Insomma, siamo di fronte a una vera e propria rotta delle truppe di Kiev che ovviamente non sarà priva di conseguenze. Già questi due anni e mezzo di guerra infatti ci hanno insegnato, che a seguito di una debacle ucraina l’occidente non tende di certo a fare un passo indietro, ma, al contrario, né prepara uno in avanti; ovvero blocca qualsiasi ipotesi di trattativa, come per esempio quella “stoppata” dall’allora Premier britannico Boris Johnson due anni fa a Istanbul e prepara una nuova escalation del conflitto militare.

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Chiara Zanella: Misunderstanding

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Misunderstanding

di Chiara Zanella

There must be some misunderstanding, there must be some kind of mistake… La voce è quella di Phil Collins, la canzone un vecchio pezzo dei Genesis. Dev’esserci un equivoco, un qualche genere di malinteso…. Sì, loThere must be some misunderstanding, there must be some kind of mistake… credo anch’io. Ma conviene riavvolgere il nastro e cominciare dal principio.

Qualche settimana fa incontro Enzo. È stranito. Ha rivisto alcuni vecchi compagni di scuola – dice – un appuntamento cui il gruppetto tiene molto e che si sforza di realizzare, magari col favore delle vacanze, sfidando i molti impegni e gli immancabili imprevisti. Oltre all’affetto nato tra i banchi delle magistrali, li accomuna l’ambito lavorativo: tutti sono (qualcuno era – Phil Collins lascia intuire che non si tratta di giovincelli) insegnanti.

È accaduto – mi riferisce Enzo – che, mentre ci si stava aggiornando sugli eventi dei mesi (o degli anni) trascorsi dall’appuntamento precedente, Enzo abbia raccontato agli amici che durante la pandemia è stato sospeso per non aver accettato di sottoporsi ai tamponi; gli ha fatto timidamente eco Corrado, sospeso per aver rifiutato la vaccinazione.

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Giorgio Agamben: Scienza e felicità

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Scienza e felicità

di Giorgio Agamben

Malgrado l’utilità che crediamo di trarne, le scienze non possono farci felici, perché l’uomo è un essere parlante, che ha bisogno di esprimere in parole gioia e dolore, piacere e afflizione, mentre la scienza ha in ultima analisi di mira un essere muto, che sia possibile conoscere numero et mensura, come tutti gli oggetti del mondo. Le lingue naturali che gli uomini parlano sono al limite un ostacolo alla conoscenza e, in quanto tali, devono essere formalizzate e corrette, eliminando come “poetiche” quelle ridondanze a cui invece innanzitutto badiamo quando esprimiamo i nostri desideri e i nostri pensieri, i nostri affetti come le nostre avversioni.

Proprio in quanto si rivolge a un uomo muto, la scienza non può mai produrre un’etica. Che scienziati illustri abbiano compiuto senza alcuno scrupolo nell’interesse della scienza esperimenti sui corpi dei deportati nei Lager o dei condannati nelle carceri americane non dovrebbe in questo senso sorprenderci. La scienza si fonda infatti sulla possibilità di separare a tutti i livelli la vita biologica di un essere vivente dalla sua vita di relazione, la muta vita vegetativa che l’uomo ha in comune con le piante dalla sua esistenza spirituale di essere parlante.

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Roberto Iannuzzi: Gli americani hanno messo gli occhi su Trieste, e non è un bene per il porto giuliano

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Gli americani hanno messo gli occhi su Trieste, e non è un bene per il porto giuliano

di Roberto Iannuzzi

Washington vuole integrare Trieste nella sua strategia di contenimento di Russia e Cina, ma i suoi progetti sono nel migliore dei casi inconcludenti, nel peggiore pericolosi

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2560x1707Negli ultimi mesi, diversi articoli riguardanti Trieste sono apparsi su think tank e riviste specializzate negli USA. Il più recente, pubblicato dal National Interest, risale allo scorso 14 agosto.

Senza giri di parole, gli autori (Kaush Arha dell’Atlantic Council, e Carlos Roa, visiting fellow presso il Danube Institute di Budapest) affermano che lo scalo triestino, storicamente porta marittima di accesso all’Europa centrale e orientale, può svolgere un ruolo chiave nel connettere l’Europa all’Indopacifico nel quadro dei piani americani volti a competere con la Belt and Road Initiative (BRI), la Via della Seta cinese.

Questi piani consistono essenzialmente nella creazione di un corridoio economico e commerciale che dovrebbe unire l’India alla penisola araba, e quest’ultima all’Europa attraverso Giordania e Israele. Denominato India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), tale progetto fu lanciato da Washington al G20 tenutosi un anno fa in India (9 e 10 settembre 2023).

A livello mediatico, all’IMEC è stato spesso affibbiato il nome di “Via del Cotone”, per contrapporla ancor più esplicitamente alla Via della Seta cinese.

Un altro articolo, pubblicato dall’Atlantic Council lo scorso 21 maggio, sottolineava inoltre la necessità di integrare Trieste con il Baltico e il Mar Nero attraverso la creazione di due corridoi stradali e ferroviari che colleghino il porto giuliano con quelli di Danzica in Polonia e di Costanza in Romania.

Assieme a un terzo corridoio fra Danzica e Costanza, tali direttrici andrebbero a formare i lati di un triangolo di trasporti in grado di unire l’Adriatico con gli altri due mari.

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Il Pungolo Rosso: Il DDL 1660: vivisezione di una legge liberticida

ilpungolorosso

Il DDL 1660: vivisezione di una legge liberticida

di Il Pungolo Rosso

Militanza
graficaDa molti anni, con i più svariati pretesti, governi di diverso colore hanno introdotto leggi per limitare l’agibilità di scioperare, lottare, manifestare.

Il governo Meloni è deciso a proseguire questa operazione facendo fare alla repressione statale delle lotte e dello stesso dissenso un salto qualitativo e quantitativo attraverso il disegno di legge 1660, che dal 10 settembre è alla Camera per la discussione e la rapidissima approvazione.

Con questa “legge-manganello” il governo vuole regolare i conti con tutte le realtà ed esperienze di lotta in corso e creare gli strumenti giuridici necessari per prevenire e stroncare sul nascere i futuri, inevitabili conflitti sociali. La sempre più marcata tendenza alla guerra sul fronte esterno richiede sul fronte interno un contesto sociale pacificato, e a questo “lavorano” tutti gli apparati dello stato.

Introducendo nuovi reati e nuove aggravanti di pena, il DDL 1660 colpisce a un tempo le manifestazioni contro le guerre, a cominciare da quelle contro il genocidio dei palestinesi a Gaza, e quelle contro la costruzione di nuovi insediamenti militari; i picchetti operai; le proteste contro le “grandi opere”, la catastrofe ecologica, la speculazione energetica; le forme di lotta di cui questi movimenti si dotano per aumentare la propria efficacia come i blocchi stradali e ferroviari; le occupazioni di case sfitte. E contiene norme durissime contro qualsiasi forma di protesta e di resistenza, anche passiva, nelle carceri e nei Centri di reclusione degli immigrati senza permesso di soggiorno, perfino contro le proteste di familiari e solidali a loro supporto.

Il DDL 1660 arriva a punire anche il “terrorismo della parola”, cioè la detenzione di scritti che inneggiano alla lotta – dal momento che, gratta gratta, dietro il ricorso alla categoria “terrorismo”, usata apposta per creare paura, non c’è altro che la lotta di classe, la lotta al colonialismo e le lotte sociali ed ecologiste.

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Valerio Pellegrini e Davide Scaturro: Fabbricanti d’universi: ruoli, regole e fantasie

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Fabbricanti d’universi: ruoli, regole e fantasie

di Valerio Pellegrini e Davide Scaturro

Molto più di un manuale di scrittura, “Fare mondi” di Ian Cheng è una matrice di universi possibili

in rilievo letture fare mondi A.jpgFare Mondi di Ian Cheng si presenta come un manuale di scrittura. Ma in certi punti l’artista losangelino le cui opere sono esposte tra l’altro al MOMA, al Whitney Museum, alla Fondazione Louis Vuitton di Parigi, alza davvero alto il tiro quando punta ad applicare il suo metodo niente di meno che alla condizione umana. Un viaggio introspettivo scritto da un artista che indaga non solo la psiche del creativo, ma anche le complesse dinamiche della vita mentale di chiunque cerchi di dare un senso o una prospettiva al proprio universo. In pratica il libro di Cheng spiega un metodo per capire, progettare e comunicare interi universi di significato.

 

Che cos’è il worlding

Nella visione di Cheng, il mondo è “la realtà onnicomprensiva in cui siamo inglobati” (fisicamente e mentalmente inglobati), mentre un Mondo (con la M maiuscola) è il frutto dell’arte del “worlding”, ovvero la progettazione di un intero universo di significati in cui abitare nel tempo. Il Mondo è uno speciale tipo di universo in cui i significati sono disposti in una rete organica di giochi e di interazioni finalizzate alla sopravvivenza del Mondo stesso.

“Un futuro in cui è possibile credere, perché promette di diventare un gioco infinito. […] In un gioco finito si gioca per vincere. Ci sono regole chiare e un finale definito. In un gioco infinito si gioca per continuare a giocare. Se c’è il rischio che finisca, le regole devono essere modificate affinché il gioco prosegua”.

L’arte “innaturale” del worlding è la capacità di costruire un universo finito che scatena un gioco infinito di significazioni. Il termine concepito da Cheng si differenzia dalla comune accezione del termine world building per il fatto che tratta di Mondi come artefatti non necessariamente narrativi.

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Michele Blanco: I partiti neoliberisti europei e i grandi capitalisti hanno paura di Sahra Wagenknecht

lantidiplomatico

I partiti neoliberisti europei e i grandi capitalisti hanno paura di Sahra Wagenknecht

di Michele Blanco

Presentatosi per la prima volta alle elezioni amministrative tedesche, dopo il buon successo alle ultime elezioni europee, il suo partito il Bündnis Sahra Wagenknecht, guidato dalla omonima dirigente marxista, ha ottenuto il 15,8% dei voti in Turingia e l’11,8% in Sassonia, è da annoverarsi, senza ombra di dubbio, tra i vincitori delle elezioni nei due Länder tedeschi appena svoltesi, arrivando addirittura a superare, surclassandole le tre formazioni della sinistra tedesca, il Partito socialdemocratico (Spd), i Verdi, Die Linke.

Tutto questo anche a discapito del dato di fatto di avere contro tutte le fonti d’informazione ufficiali e private che sono concentrate nella proprietà dei grandi gruppi.

Notiamo che fatte le prime constatazioni, subito parte la falsificazione della realtà, perché per i mass media ufficiali e appartenenti ai grandi gruppi editoriali, non solo tedeschi ma anche italiani, la proposta politica di Sahra Wagenknecht “non è adatta un modo moderno e intelligente” non sarebbe una proposta politica di sinistra”.

Ma nella realtà la proposta politica della Wagenknecht è assolutamente di sinistra, di vera sinistra politica, infatti si coniugano i diritti sociali, ovvero i temi della casa, scuola, pensioni, cultura e lavoro, che devono essere garantiti a tutti.

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Andrea Zhok: Quelle sottili linee rosse…

lantidiplomatico 

Quelle sottili linee rosse…

di Andrea Zhok

In questi giorni si è molto discusso del “permesso” fornito dal segretario di Stato americano Antony Blinken di utilizzare i missili ATACAMS sul territorio russo. La notizia però spesso è riportata in modo scorretto, come se la questione fosse il permesso di colpire il territorio russo. Ovviamente se la questione fosse questa, sarebbe una non-notizia, visto che il territorio russo viene colpito regolarmente da più di un anno, soprattutto con droni.

Per capire la portata della notizia bisogna andare a vedere il recente commento di Putin, che ha ricordato come, diversamente dai droni, per utilizzare i missili ad alta precisione ATACAMS (1320 kg, fino a 300 km di portata) c’è bisogno dei sistemi di puntamento GPS della NATO e di personale a terra, sempre della NATO. Per l’ennesima volta Putin ha affermato che questa è una linea rossa, che definisce la partecipazione diretta della NATO alla guerra.

Ora, è opportuno riflettere un momento sulla questione delle “linee rosse”.

Molti strateghi da salotto romano hanno deriso nell’ultimo anno le minacce di Putin e il fatto di non aver mai risposto all’altezza del proprio pieno potenziale al continuo superamento delle “linee rosse”. Questa mancata risposta è presentata come un segno di debolezza da parte di Putin.

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Francesco Cappello: L’Africa in Cina

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L’Africa in Cina

di Francesco Cappello

Nono Forum Cina-Africa: Pechino intende collaborare alla costruzione del futuro dell’Africa con il consenso dei suoi leader attraverso una modernizzazione che non coincida con l’adozione di modelli occidentali quanto con la promozione e costruzione di una “comunità dal destino condiviso”. Per i leader africani è necessario non ripetere gli errori del passato in termini di investimenti sbagliati, squilibrio della bilancia commerciale, problemi ambientali e debito eccessivo. Chiedono continuità nel comune impegno contro colonialismo, razzismo e imperialismo

I delegati e i presidenti di 53 su 54 paesi Africani (tutti meno lo eSwatini) si sono dati appuntamento a Pechino, dal 3 al 6 settembre, al nono FORUM Cooperazione Cina-Africa.

Esso si svolge con cadenza triennale alternativamente in Cina e in Africa. Il Forum ha visto la partecipazione del segretario generale dell’ONU e del presidente della Commissione dell’Unione Africana. Il summit è stato preceduto da importanti incontri bilaterali al vertice, di Xi Jinping con molti importanti leader africani, il tutto finalizzato al raggiungimento di accordi di cooperazione e sviluppo tra le parti: partenariati economici, sviluppo delle infrastrutture e cooperazione bilaterale.

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Pino Cabras: Putin: la dichiarazione all’antivigilia della guerra diretta

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Putin: la dichiarazione all’antivigilia della guerra diretta

di Pino Cabras

Siccome i media si stanno occupando di cose poco importanti – come al solito – è urgente richiamare l’attenzione sulla notizia più rilevante. Non è soltanto la classica notizia del giorno, ma una novità che va a lambire, per sua natura, una questione da fine di civiltà: ossia uno scontro diretto NATO-Russia, cioè una guerra mondiale alla soglia di una guerra nucleare. Scusate se è poco. Questa è la portata delle dichiarazioni di Vladimir Putin, che il 12 settembre 2024 ha pronunciato un discorso senza fronzoli in merito al “permesso” (in realtà un ordine tassativo) dato a Volodymyr Zelensky dagli Stati Uniti e dal Regno Unito per l’uso di missili occidentali a lungo raggio contro il territorio della Federazione Russa. Gli stessi abietti e impassibili fornitori d’armi consegnate ai genocidi che stanno sterminando la gente della Striscia, oggi usano ogni categoria “morale” per giustificare l’intensificazione estrema del conflitto in Europa. Credibili e puri come uno stupratore con i pantaloni abbassati.

Sentiamo direttamente da Putin cosa ritiene che siano i “permessi” di bombardare e quali sono le logiche conseguenze:

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Emiliano Brancaccio: I grandi capitali nel risiko draghiano

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I grandi capitali nel risiko draghiano

di Emiliano Brancaccio

Unicredit/Commerzbank L’istituto con sede a Milano vorrebbe comprare il restante pacchetto di azioni che il governo di Berlino sta mettendo sul mercato per completare la privatizzazione

Capitalisti italiani che mangiano capitalisti tedeschi? Può accadere anche questo nelle odierne sommosse del potere economico internazionale. Andrea Orcel, capo di Unicredit, ha reso noto che la banca italiana ha acquisito il nove percento della tedesca Commerzbank.

E non intende fermarsi: l’istituto con sede a Milano vorrebbe comprare il restante pacchetto di azioni che il governo di Berlino sta mettendo sul mercato per completare la privatizzazione.

Se l’acquisizione andrà avanti, la Bce darà il suo placet. Il direttorio di Francoforte condivide infatti l’allarme del Rapporto Draghi sulla competitività. Gelosi di preservare le rispettive proprietà nazionali, gli stati membri dell’Unione europea hanno finora ostacolato le acquisizioni transfrontaliere tra capitali, col risultato che le aziende europee sono oggi “nane” nella lotta globale con i giganti americani e cinesi.

La ricerca scientifica in effetti conferma. La centralizzazione dei capitali in sempre meno mani procede in Europa a ritmi ancora blandi. L’ottanta percento del capitale azionario è controllato in Italia e in Germania da circa il 2 percento degli azionisti.

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