Esplosione cercapersone in Libano, Fulvio Grimaldi: “E’ terrorismo, bellezza!”

Fulvio Grimaldi – 20/09/2024

MONDOCANE: E’ TERRORISMO, BELLEZ (fulviogrimaldi.blogspot.com)

 

Dal canale “Spunti di riflessione” di Paolo Arigotti:

E’ terrorismo, bellezza! Il ringhio del bassotto, con Fulvio Grimaldi

Nella notte tra il 16 e il 17 settembre del 1982 il generale israeliano Ariel Sharon accende le fotocellule per consentire ai fascisti libanesi dei partiti cristiani di tagliare la gola, spaccare la testa, eviscerare gli organi, cavare gli occhi, a bambini, donne, anziani palestinesi nel capo profughi di Sabra e Shatila a Beirut.

Il 17 settembre 2024, esattamente alla scadenza dei 42 anni, generali e governanti israeliani fanno saltare in aria i cercapersone di migliaia di persone, tra militanti della Resistenza antisionista e civili che si trovavano a passare di lì, o a trovarsi nello stesso ambito famigliare. Muoiono a decine, rimangono feriti, mutilati, accecati, squarciati, a migliaia. Anche bambini.

Il giorno dopo il terrorismo Sion replica con le radio portatili walkie talkie. Alle belve del delirio millenaristico piacciono i simboli, sicuramente hanno anche tenuto conto del calendario mosaico, o di qualche ricorrenza della Torah (con la quale, paradossalmente, gli immigrati ebrei da ogni angolo del mondo, non c’entrano se non per acquisizione fittizia).

Grazie al sabotaggio degli strumenti per il coordinamento delle operazioni difensive di Hezbollah, ora la tavola è apparecchiata per l’invasione dell’”esercito più morale del mondo”, come l’ho sentito definire fin da “Piombo Fuso” su Gaza, mentre salutavo i corpicini di tre bambine sventrate dalle bombe israeliani proprio mentre il loro papà, medico a Gaza, nella stanza accanto, stava dando un’intervista alla TV dei sionisti (vedi il mio docufilm “Araba Fenice il tuo nome è Gaza”). Era andato sul sicuro l’esercito più immorale, vigliacco e sadico del mondo e della Storia.

E’ perfettamente nella tradizione e nel costume giudaico-cristiano quanto sta succedendo in Libano. Come a Deir Yassin nel 1948, come a Sabra e Shatila nel 1982, come ad Acri nelle crociate di Riccardo Cuor di Leone e Goffredo da Buglione, come a Sant’Anna di Stazzema, come ad Addis Abeba e in Libia col maresciallo Graziani, come con Dick Cheney, Bush Jr e neocon vari l’11 settembre e attentati in Europa e in giro per il mondo che ne sono stati filiati, come in tutte le guerre terroristiche di potentissimi contro inermissimi, come in tutte le False Flag, come con le sanzioni che decimano per fame, veleni e mancanza di cure intere popolazioni tra Iran, Venezuela e altri 40 paesi, come con la tempesta di bombe e cecchini arrapati scatenati su un popolo rifugiato nelle tende in “zone sicure” a Gaza.

Devo continuare? Non mi basterebbero i tanti anni che ho alle spalle più quelli, per la verità scarsi, che mi aspettano. Ma sono sempre loro e, se vi sentite parte della cosiddetta “comunità internazionale”, siamo sempre e quasi solo noi. O nostri sicari travestiti. Primatista mondiale, storicamente, gli USA, entità ontologicamente terrorista, a partire dal genocidio dei nativi e a passare per l’11 settembre, l’invenzione di Al Qaida e le liste settimanali degli assassinandi firmate da Obama. E andare. Primatista assoluto, nell’attualità, la mostruosità sionista.

Sulla quale vanno rettificate alcune rappresentazioni artatamente costruite. Incominciando con la conclamata superiorità della sua forza militare, tale solo per potenza di armamenti (generosamente donati da Washington e non solo) ed efficienza fondata sul cinismo degli apparati di intelligence, capaci di condurre operazioni terroristiche in tutto il mondo.

In quasi tutti i conflitti con i vicini arabi, Israele ha rischiato la sconfitta ed è prevalso eminentemente per il soccorso USA e grazie ad azioni di pirateria contrarie a tutte le regole che, ai termini di convenzioni e diritto internazionale, governano la guerra. Così’ nella Guerra dei Sei Giorni, 1967, quando si assicurò il dominio dell’aria, decisivo nelle guerre moderne, distruggendo di sorpresa a terra tutte le aviazioni dei paesi arabi nemici. Così nel 1973, messa con le spalle al muro dagli eserciti di Egitto, Siria, Iraq, ridotta a ventilare l’uso delle sue armi atomiche, ma salvato dall’intervento delle portaerei statunitensi. Così nelle due guerre al Libano, 1982 e 2006, in entrambe delle quali fu rispedito oltre confine (nel secondo caso in 38 giorni), da una milizia in ciabatte.

Ciò che invece è insuperabile e, ad oggi, imbattibile di Israele è la sua totale mancanza di scrupoli e l’illimitato ricorso al terrorismo, sia nel distruggere popolazioni e interi paesi, sia

per gli assassinii mirati, sia per le violazioni, con la sua tecnologicamente sofisticatissima intelligence, della sovranità altrui.

Si parla sempre di regole d’ingaggio. Il dato evidente da sempre è che, mentre tutti gli avversari dello Stato ebraico le osservano rigorosamente, dai palestinesi all’Iran, dallo Yemen agli Hezbollah, evitando con cura di colpire civili (e includo l’operazione 7 ottobre, mirata a far prigionieri coloni occupanti e finita in strage per il caotico intervento, totalmente privo di scrupoli nei confronti dei propri cittadini, delle forze armate israeliane), Israele se ne è sistematicamente sbattuto. Grazie anche alla complicità della cosiddetta “comunità internazionale”, ertasi a difesa perenne della sua impunità.

Oggi Nasrallah parla di una dura risposta per le stragi degli strumenti elettronici. In precedenza avevano parlato di ritorsione gli iraniani, yemeniti, palestinesi, siriani. Una rappresaglia per l’assassinio di un esponente arabo, una reazione allo sterminio di bambini in una scuola.

Ma qui non siamo di fronte a efferatezze criminali isolate. E neanche a una guerra nella quale uno dei contendenti è trasceso oltre le regole d’ingaggio comunemente accettate.

Qui siamo davanti a uno Stato che ha fatto del terrorismo sui civili il principio sul quale sono fondati la sua esistenza e i suoi rapporti con il mondo circostante. Se di rappresaglia si deve parlare, la corretta rappresaglia sarebbe quella per un bambino fatto a pezzi a Gaza, quanto quella per l’assassinio di Haniyeh, oppure la distruzione dell’unità d’élite israeliana, “8.200”, specialista della cyberguerra, realizzata da Hezbollah (e taciuta dai media) nei giorni precedenti l’operazione cercapersone e walkie talkie.

A conti fatti, una ritorsione Israele se la merita per tutto quello che ha fatto dal 1948 ad oggi. Altro che solo per Haniyeh, o 5000 beeper fatti esplodere.

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