Rassegna 22/09/2024
Fabio Ciabatti: God save the drag queen! La cultura woke tra antagonismo e neoliberismo
God save the drag queen! La cultura woke tra antagonismo e neoliberismo
di Fabio Ciabatti
Mimmo Cangiano, Guerre culturali e neoliberismo, Nottetempo 2024, € 17, pp. 192.
C’è una singolare coincidenza nella strategia politica dei due partiti che competono per la presidenza americana. I due candidati vicepresidenti, Tim Walz per i democratici e J.D. Vance per i repubblicani, sembrano essere stati scelti per contendersi le spoglie della classe lavoratrice americana. Le questioni legate all’identità di classe non possono certamente prendere troppo spazio nella campagna elettorale. Siamo pur sempre nel ventre della bestia capitalistica mondiale. Eppure la classe non è questione che possa essere bellamente ignorata perché, come si suol dire anche se in modo decisamente banalizzante, gli elettori votano soprattutto con il portafoglio. Perciò non rimane che evocare un sbiadito simulacro della classe per poi farlo agitare con cura da due personaggi secondari dello spettacolo elettorale.
Ed ecco spuntare dal cilindro Tim Walz, particolarmente gradito ai sindacati americani. A dirla tutta, però, J.D. Vance sembra più adatto a invocare il fantasma dell’America lavoratrice: nella sua famosa autobiografia, Hillbilly Elegy: A Memoir of a Family and Culture in Crisis, egli rivendica apertamente le sue origini popolari, ovviamente dal punto di vista di chi ce l’ha fatta a diventare un uomo di successo. Con l’assumere su di sé il connotato dispregiativo della parola hillbilly (nella sua accezione negativa, il termine significa cafone, zoticone ecc.) l’autore vuole evidentemente marcare la propria distanza dall’élite dominante. Insomma ci troviamo nel bel mezzo di un guazzabuglio postmoderno con i repubblicani che sembrano più a loro agio nell’evocare, certamente a modo loro, temi legati all’appartenenza di classe rispetto ai democratici. Questi ultimi, invece, attraverso la loro candidata alla presidenza, una donna di colore di origini asiatiche, hanno il physique du rôle per impersonare le questioni legate alle cosiddette identity politics, nonostante si guardino bene dal farne un tema centrale della propaganda elettorale.
OttolinaTV: Italia sotto shock: il paese rientra a scuola, ma invece dei prof ci trova Flavio Briatore
Italia sotto shock: il paese rientra a scuola, ma invece dei prof ci trova Flavio Briatore
di OttolinaTV
Oltre 7 milioni di studenti e poco meno di 700 mila insegnanti (oltre i quasi 200 mila tra personale amministrativo, tecnico e ausiliario); da stamattina si rimette completamente in moto quella che potremmo definire, in assoluto, la più grande industria del paese e anche quella che – probabilmente più di ogni altra – è indicativa del nostro stato di salute e del nostro grado di civiltà: l’industria della conoscenza o, come la definisce il nostro Federico Greco, l’industria della d’istruzione pubblica (con la d davanti). La scuola che infatti finiamo di ripopolare con oggi è una scuola che, in ossequio ai dettami del neoliberismo più fondamentalista, è stata e sarà sempre di più spogliata del suo ruolo fondamentale: la formazione di una cittadinanza consapevole che abbia tutti gli strumenti per partecipare attivamente e consapevolmente alla vita pubblica; un progetto di lunga durata, coltivato meticolosamente nel tempo, che rappresenta uno dei pilastri fondamentali di quella che noi definiamo, appunto, la Controrivoluzione Neoliberista – che, in soldoni, significa la guerra delle classi dominanti contro la democrazia. Io sono Letizia Lindi, di mestiere insegno storia e filosofia nelle scuole superiori e, con questo video, Ottolina Tv oggi ha deciso di salutare il ritorno sui banchi di scuola dei nostri ragazzi e dei miei colleghi ricostruendo, passo dopo passo, gli snodi fondamentali di questo crimine contro il popolo italiano che è stata la devastazione della scuola pubblica e cercando di fare una proposta concreta per riprendercela.
Il termine scuola significa oggi “luogo nel quale si attende allo studio”; in realtà, però, deriva dal latino schŏla che, a sua volta, deriva dal greco scholé e che in origine significa – udite, udite – tempo libero, un po’ come l’otium dei latini: quella parentesi dalle fatiche quotidiane durante la quale ci si dovrebbe poter occupare liberamente di coltivare le proprie predisposizioni intellettuali senza necessariamente avere secondi fini, giusto per il gusto di farlo.
Carlo Formenti: Se due secoli vi sembran pochi
Se due secoli vi sembran pochi
La storia della rivoluzione secondo Traverso
di Carlo Formenti
A mo’ di premessa
A volte succede di adocchiare il titolo di un libro appena uscito e dirsi “questo lo devo leggere”. Così mi è capitato con il libro di Enzo Traverso, Rivoluzione 1789-1989. Un’altra storia (Feltrinelli). Dopodiché l’incombere di altre priorità di lettura, associate a un lavoro impegnativo di cui stavo per licenziare la versione definitiva (1), ma soprattutto l’esauriente presentazione del saggio di Traverso che ho potuto consultare sul blog dell’amico Alessandro Visalli (2), mi hanno fatto rimandare l’acquisto e poi dimenticare il proposito di effettuarlo. Tuttavia questa estate, mentre traducevo il libro di Kevin Ochieng Okoth, Red Africa (l’edizione italiana sarà in libreria per i tipi di Meltemi il prossimo novembre, con una mia postfazione), mi sono imbattuto in una citazione dell’edizione inglese del testo di Traverso, e il mio interesse si è riacceso, soprattutto perché la citazione si inserisce nel contesto di una critica – condivisa da chi scrive – nei confronti di un movimento comunista occidentale che ha pressoché ignorato il contributo delle lotte di liberazione del Sud del mondo al rinnovamento del marxismo. Dal momento che mi è parso di ricordare che anche Visalli attribuisce a Traverso interessanti spunti di riflessione sul tema, ho rimediato al mancato acquisto di un paio d’anni fa, ed eccomi dunque qui a ragionare sul contributo dell’autore all’analisi di due secoli di esperienze rivoluzionarie.
Prima di avviare il discorso, faccio un paio di premesse per facilitare al lettore tanto la comprensione del punto di vista di chi scrive, quanto la decisione di acquistare o meno il libro. In primo luogo, devo confessare che sono rimasto piacevolmente sorpreso nel verificare che Traverso ha pubblicato un lavoro che può (anche) essere considerato una approfondita ricerca iconografica sulla produzione di simboli, immagini e figure (quadri, opere d’arte, fotografie, bandiere, manifesti, divise, ecc.) associati ai vari eventi rivoluzionari dei secoli XVIII, XIX e XX. Uno straordinario repertorio visivo che, a mio avviso, vale da solo l’acquisto del volume.
Andrea Zhok: Difficile trovare le parole giuste per parlare di ciò che accade nella Palestina
Difficile trovare le parole giuste per parlare di ciò che accade nella Palestina
di Andrea Zhok
È difficile trovare le parole giuste per parlare ancora, dopo quasi un anno di massacri, di ciò che accade nella Palestina occupata. Non passa giorno che l’IDF, o gruppuscoli di coloni, non assassinino palestinesi innocenti.
Chi si informa su fonti attendibili, e non in quella sentina omissiva che è l’informazione ufficiale, sa che la bomba sul campo rifugiati, il cecchinaggio di bambini, l’uccisione dei (pochi) giornalisti presenti, il blocco armato dei soccorsi ONU, le mitragliate sulle ambulanze, l’arresto, la detenzione arbitraria e la tortura di semplici sospetti, sono eventi quotidiani.
E il tutto avviene in un contesto dove gli edifici rimasti in piedi sono una minoranza, e dove la morte per stenti o per mancanza di cure mediche è un evento ordinario.
Psicologicamente ogni essere umano ha una quantità di risorse emozionali limitate: non si può essere h24, per undici mesi in una condizione di disgusto e sdegno, per quanto questa sia l’unica disposizione emozionale corretta. A un certo punto subentra un ottundimento psicologico inevitabile, una stanchezza di fondo. La specie umana è disegnata in modo che all’emozione segua una decisione e un’azione. Se nessuna decisione e nessuna azione trovano spazio, l’emozione comincia ad appassire, anche se le sue ragioni rimangono vive.
Gaetano Colonna: Chi è in guerra con la Russia?
Chi è in guerra con la Russia?
di Gaetano Colonna
Prosegue la guerra di propaganda, accanto a quella delle armi, sulla questione del conflitto fra Russia e Ucraina. Vista la pericolosità delle prospettive che alcuni vanno delineando nell’est dell’Europa, è utile mettere in evidenza alcuni aspetti rilevanti, di cui i media ben poco dicono.
Che l’attacco ucraino sul suolo russo sia una mossa disperata per alzare la posta in gioco da parte del governo ucraino, in gravissima difficoltà, è piuttosto chiaro: gli osservatori specializzati ne parlano, i media no.
Fallimenti ucraini
L’attacco stesso, secondo gli ultimi aggiornamenti sul campo, è già stato fermato dalle forze russe, che stanno ora procedendo alla riconquista del terreno perduto, a quanto sembra con notevoli perdite da parte ucraina.
Zelensky ha una strutturale difficoltà a reclutare uomini; assiste a una lenta ma progressiva avanzata russa nel Donbass; teme che l’eventuale elezione di Trump possa portare a un accordo russo-americano; è costretto a ricorrere a continue sostituzioni al vertice delle proprie istituzioni temendo che si creino le condizioni per il suo rovesciamento.
Francesco Cappello: Gli USA lanciano il sasso atomico e nascondono la mano
Gli USA lanciano il sasso atomico e nascondono la mano
di Francesco Cappello
Gli Stati Uniti dichiarano apertamente guerra alla Russia nascondendosi dietro Ucraina e paesi europei
Nel corso di un’intervista, Putin ha chiarito che qualora la NATO desse il permesso di usare missili a lungo raggio (1) occidentali, sul territorio russo, si tratterebbe di una esplicita dichiarazione di guerra della NATO contro la Russia (2). Leggiamo:
«Non si tratta del divieto o del permesso al regime di Kiev di colpire il territorio russo. Ciò viene già fatto con l’ausilio di veicoli aerei senza pilota e con altri mezzi. Ma quando si tratta di armi ad alta precisione e a lungo raggio di produzione occidentale, la storia è completamente diversa. Il fatto è che, come ho già detto, è come qualsiasi esperto potrà confermare, sia qui che in Occidente, l’esercito ucraino non è in grado di utilizzare i moderni sistemi ad alta precisione e a lungo raggio di produzione occidentale. Non può farlo. Ciò è possibile solo utilizzando dati di intelligence provenienti da satelliti di cui l’Ucraina non dispone. Questi dati sono disponibili solo dai satelliti dell’Unione Europea o degli Stati Uniti, in generale, dai satelliti della NATO. Questo è il primo punto. Il secondo aspetto molto importante, forse quello fondamentale, è che solo i militari della Nato possono svolgere missioni di volo con questi sistemi missilistici.
Pino Cabras: Putin: la dichiarazione all’antivigilia della guerra diretta
Putin: la dichiarazione all’antivigilia della guerra diretta
di Pino Cabras
Siccome i media si stanno occupando di cose poco importanti – come al solito – è urgente richiamare l’attenzione sulla notizia più rilevante. Non è soltanto la classica notizia del giorno, ma una novità che va a lambire, per sua natura, una questione da fine di civiltà: ossia uno scontro diretto NATO-Russia, cioè una guerra mondiale alla soglia di una guerra nucleare. Scusate se è poco. Questa è la portata delle dichiarazioni di Vladimir Putin, che il 12 settembre 2024 ha pronunciato un discorso senza fronzoli in merito al “permesso” (in realtà un ordine tassativo) dato a Volodymyr Zelensky dagli Stati Uniti e dal Regno Unito per l’uso di missili occidentali a lungo raggio contro il territorio della Federazione Russa. Gli stessi abietti e impassibili fornitori d’armi consegnate ai genocidi che stanno sterminando la gente della Striscia, oggi usano ogni categoria “morale” per giustificare l’intensificazione estrema del conflitto in Europa. Credibili e puri come uno stupratore con i pantaloni abbassati.
Sentiamo direttamente da Putin cosa ritiene che siano i “permessi” di bombardare e quali sono le logiche conseguenze:
Marco Meotto: A scuola di individualismo
A scuola di individualismo
di Marco Meotto
Non si dica che alla destra non interessa la scuola. Il pensiero conservatore ha ormai chiaro che il conseguimento di un’autentica egemonia culturale passa senz’altro anche dalle aule scolastiche.
Ce lo mostrano bene le nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica. Sono così connotate ideologicamente che il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione le ha bocciate all’unanimità. Tuttavia il CSPI è un organo di garanzia senza alcun potere di veto (i suoi pareri sono “obbligatori ma non vincolanti”). A viale Trastevere hanno tirato diritto e le Linee guida, promulgate a settembre iniziato, entrano in vigore già da quest’anno.
Quasi a prevenire le critiche attese, il ministro Valditara ha precisato che esse «hanno come stella polare la Costituzione». In effetti, il documento ministeriale pullula di riferimenti alla Carta, ma sono del tutto strumentali a una visione della scuola totalmente diversa da quella emancipante che avevano pensato i Costituenti. Si usa la Costituzione, ma per svuotarla di significato.
Per le scuole, adeguarsi alle nuove disposizioni ministeriali significherà mettere mano quanto prima, già da queste settimane di settembre, ai singoli curricoli d’istituto. Non si tratta di poca cosa, soprattutto perché l’educazione civica è una materia di studio – sempre che così la si possa davvero definire – piuttosto atipica. La sua natura trasversale la porta a intrecciare i propri contenuti con la programmazione didattica di tutte le altre discipline.
Guido Liguori: Il dibattito teorico-politico su Gramsci negli anni Settanta
Il dibattito teorico-politico su Gramsci negli anni Settanta
di Guido Liguori*
1. Cagliari 1967
Per la comprensione del dibattito su Gramsci in Italia negli anni Settanta, conviene probabilmente dividere il decennio in due parti. Una prima parte, che arriva fino alla pubblicazione nel 1975 dell’edizione critica dei Quaderni del carcere a cura di Valentino Gerratana, è contraddistinta da una serie di studi per il tempo innovativi, che reagivano per alcuni aspetti al convegno gramsciano di Cagliari del 1967 (di cui dirò) e che fecero compiere alla conoscenza di Gramsci e soprattutto del suo pensiero un vero e proprio salto di qualità. Una seconda parte del decennio, invece, che è più rilevante dal punto di vista politico, ovvero del dibattito pubblico, e si interseca: a) con la cosiddetta “questione comunista”, cioè con la speranza di un sorpasso elettorale del Pci sulla Dc, e poi con i governi di solidarietà nazionale e le polemiche che ne derivarono; b) con la crescente polemica tra comunisti e socialisti del tempo, a partire dal “nuovo corso” craxiano, una polemica a tutto campo, in cui fu coinvolto anche Gramsci.
Alle spalle degli anni Settanta vi era l’onda lunga del secondo biennio rosso 1968-1969, che determinò in Italia una inedita e prolungata fortuna di tutti o quasi gli autori della tradizione marxista, e con essi anche di Gramsci. Sul piano degli studi gramsciani propriamente detti, l’antecedente più immediato era il convegno di Cagliari del 1967, i cui atti vennero pubblicati due anni dopo1. Un convegno che, benché non fosse stato in realtà univoco, fin dal titolo – Gramsci e la cultura contemporanea – rischiava di incasellare Gramsci in quel ruolo di “grande intellettuale” che gli era stato assegnato dopo la guerra e fino a metà degli anni Cinquanta, quando sia la pubblicazione degli scritti del Biennio rosso, sia le novità del XX Congresso avevano concorso a far ritornare sulla scena, giustamente e inevitabilmente, il Gramsci militante, dirigente e pensatore politico.
Marcello Musto: I tanti volti del Capitale
I tanti volti del Capitale
di Marcello Musto
L’opera di Karl Marx possiede le doti dei grandi classici: stimola nuovi pensieri ed è capace di illustrare aspetti fondamentali del passato quanto della contemporaneità
Passano i lustri e, sebbene sia stato descritto più volte come un testo antiquato, si ritorna a discutere del Capitale di Karl Marx (appena ripubblicato in una nuova edizione da Einaudi). Nonostante abbia compiuto 157 anni (fu pubblicato il 14 settembre del 1867), la «critica dell’economia politica» conferma di possedere tutte le virtù dei grandi classici: stimola nuovi pensieri a ogni rilettura ed è capace di illustrare aspetti fondamentali del passato quanto della contemporaneità. Simultaneamente, ha il pregio di circoscrivere la cronaca del presente – così come il peso dei suoi, spesso inadeguati, protagonisti – nella posizione relativa che le spetterebbe. Non a caso, il celebre scrittore italiano Italo Calvino affermò che un classico è tale anche perché ci aiuta a «relegare l’attualità al rango di rumore di fondo». I classici indicano le questioni essenziali e i punti ineludibili per poterle intendere a fondo e dirimerle. Per questo motivo essi conquistano perennemente l’interesse di nuove generazioni di lettori. Un classico rimane indispensabile nonostante il trascorrere del tempo e, anzi, nel caso del Capitale si può affermare che questo scritto assume tanto più efficacia quanto più il capitalismo si diffonde in ogni angolo del pianeta e si espande in tutte le sfere delle nostre esistenze.
Ritorni a Marx
In seguito allo scoppio della crisi economica del 2007-2008, la riscoperta del magnum opus di Marx fu una vera e propria necessità, quasi la risposta a un’emergenza: rimettere in circolazione il testo – da tutti dimenticato, dopo la caduta del Muro di Berlino – che forniva chiavi interpretative ancora valide per comprendere le vere cause della follia distruttiva del capitalismo.
Sergio Cesaratto: L’insegnamento di Graziani e i recenti sviluppi in tema di moneta e domanda aggregata
L’insegnamento di Graziani e i recenti sviluppi in tema di moneta e domanda aggregata*
di Sergio Cesaratto**
Non sono stato un allievo di Graziani, sebbene abbia preparato gli esami di micro e macro sui suoi testi, quelli prima versione per capirci. Da giovane ricercatore fui messo a “fargli da assistente” e fu un’esperienza a cui ancora guardo con affetto. Condividemmo centinaia di esami. Divise sempre equamente i compiti da correggere. Era simpatico, ironico, spesso tagliente nei giudizi. Sapeva che ero allievo di Garegnani con cui non aveva rapporti eccellenti. Ciò nonostante mi sostenne ai concorsi. Quando lo riferii a Garegnani, questi mi disse che le colpe dei padri non dovevano ricadere sui figli.
Grande è stato il rammarico per non aver discusso con lui di temi monetari che gli erano cari, ma che solo più tardi sono diventati mia tematica di ricerca.
Da questo voglio partire. Siccome Marco Passarella mi ha onorato di un lungo post in cui discute alcuni miei rilievi alla teoria del circuito monetario di Graziani, mi riferirò spesso alla sua interpretazione della teoria, lettura mi sembra abbastanza condivisa da altri “circuitisti”. Sottolineerò quanto unisce, non quanto divide.
Negli ultimi 10 anni si è progressivamente affermata una nuova teoria Postkeynesiana della crescita guidata dalla domanda, quella basata sul concetto di supermoltiplicatore – in realtà dovuto a Hicks, e impiegato anche da Kaldor e da Gardner Ackley nel suo famoso studio sull’economia italiana per la Svimez del 1961. Questo studio presenta assonanze con il coevo studio di Garegnani sempre per la Svimez (v. Cesaratto 2020).
Il supermoltiplicatore e la moneta endogena
Il supermoltiplicatore è uno sviluppo del moltiplicatore keynesiano nel quale gli investimenti, da componente autonoma della domanda (decisi ‘autonomamente’ dagli imprenditori), diventano componente indotta, vale a dire spinta dalle attese circa la domanda.
Salvatore Bianco: Piano Draghi, o dell’economia di guerra
Piano Draghi, o dell’economia di guerra
di Salvatore Bianco
Un dato su tutti: delle 50 più importanti società tecnologiche mondiali, appena quattro sono europee. Nel suo rapporto sullo stato comatoso dell’economia europea, pubblicato lunedì 9 settembre, Mario Draghi è stato chiaro: occorrono tanti soldi per «competere». Circa 800 miliardi di euro all’anno, corrispondenti al 4,5% del Pil comunitario nel 2023, per tre anni. Tanto per iniziare. La parola ripetuta ossessivamente come un mantra è quella di «autosufficienza», che per analogia richiama alla mente quella ben più sinistra di «autarchia». «l’Unione Europea dovrebbe orientarsi – afferma solennemente Draghi – verso l’emissione regolare di strumenti di debito comune per consentire progetti di investimento congiunti tra gli Stati membri». Siamo alla svolta keynesiana? Ma neppure per sogno. Si legge infatti nella relazione immediatamente dopo: «e contribuire all’integrazione dei mercati dei capitali». La regia dell’operazione non sarà dunque affidata alla mano pubblica ma resterà saldamente in capo alle banche e ai fondi privati da far crescere, che avranno il compito di «drenare» il risparmio privato dei cittadini europei. Il tutto si svolgerà rigorosamente in ambito privato, di investimenti pubblici, magari in deficit, neppure a parlarne. E a beneficiare di questo “rastrellamento” di risorse senza precedenti non saranno ovviamente il lavoro povero, in grande espansione, la sanità pubblica, ovunque al collasso, la scuola o più in generale lo Stato sociale.
Dante Barontini: C’è chi riesce a mentire anche sui missili…
C’è chi riesce a mentire anche sui missili…
di Dante Barontini
Ignoranza, approssimazione, malafede, suprematismo idiota… La miscela che sta portando l’Occidente capitalistico oltre tutte le “linee rosse” che separano dalla guerra nucleare è così tossica che forse neanche i diretti responsabili se ne rendono più conto.
Vale per le classi dirigenti (finanziarie e politiche) come per una parte dei vertici militari (anche se come “tecnici” della guerra dovrebbero essere i più consapevoli dei rischi reali), ma soprattutto per i media, incaricati – istituzionalmente – di “formare l’opinione pubblica” fornendole un quadro edulcorato, ideologizzato, “facilitato” e dunque falso della situazione reale.
Un esempio in fondo innocuo è fornito dalle reazioni al “mandato di cattura” emesso dalle autorità russe contro alcuni giornalisti occidentali che avevano seguito da “embedded” (con divise, elmetti, giubbotti antiproiettile forniti dalle truppe) l’incursione ucraina nel territorio russo del Kursk.
Abituati da oltre 30 anni – prima guerra Usa in Iraq, 1991 – a fare da ufficio stampa alle truppe dell’Impero trovano ormai “normale” entrare in un paese straniero (extra-Shengen, ovviamente) senza “chiedere permesso”. Ossia senza fare richiesta di visto (se previsto da quel paese), attendere che sia concesso, ecc. Per di più al seguito di un “esercito invasore” (per quanto “mini”, come in questo caso).
Alessandro Visalli: Circa Sahra Wagenknecht
Circa Sahra Wagenknecht
di Alessandro Visalli
Pubblichiamo questa puntuale e condivisibile analisi del nostro illustre redattore Alessandro Visalli sul “caso” Sahra Wagenknecht in Germania. Un progetto politico da seguire con molta attenzione e che potrebbe essere praticato anche in Italia, naturalmente con le dovute differenze e peculiarità del nostro paese rispetto alla Germania. Preannuncio che sabato 16 novembre dalle ore 9,30 alle 14 presso il “Roma Scout Center” sito in Largo dello Scautismo 1 (Piazzale delle Province) a Roma, presenteremo il libro di Sahra Wagenknecht “Contro la sinistra neoliberale”. I relatori saranno Vladimiro Giacchè, che ha curato la prefazione dell’edizione italiana del libro, lo stesso Alessandro Visalli, Pier Luigi Fagan e Stefano Fassina. E’ prevista la partecipazione di Fabio De Masi, già parlamentare al Bundestag e al Parlamento europeo, dirigente del partito fondato da Sahra Wagenknecht. L’evento sarà coordinato e moderato dal sottoscritto ed è promosso da L’Interferenza. (Fabrizio Marchi)
* * * *
Nel mio libro del 2023, “Classe e Partito”, sulla base dell’analisi materialista degli stessi Inglehart e Beck, proponevo di collegare la revoca delle basi materiali di esistenza, e quindi dell’essere sociale, del compromesso keynesiano, nelle quali siamo immersi, alla dissoluzione delle forme di coscienza dello stesso.
Piccole Note: Missili a lungo raggio a Kiev: il mondo in bilico
Missili a lungo raggio a Kiev: il mondo in bilico
di Piccole Note
Il premier britannico Starmer da Biden perché Kiev riceva il placet all’uso dei missili a lungo raggio. L’infausta visita dei ministri degli Esteri di Usa e Regno Unito a Kiev dell’11 settembre
L’11 settembre il ministro degli Esteri David Lammy e il segretario di Stato americano Antony Blinken sono sbarcati a Kiev, “la prima visita congiunta in assoluto di un ministro degli Esteri del Regno Unito e di un segretario di Stato americano, che evidenzia l’incrollabile determinazione del Regno Unito e degli Stati Uniti a sostenere l’Ucraina”, come si legge nel comunicato ufficiale del governo britannico.
Data simbolica quella scelta dai due, che rinnoverebbe i fasti dell’11 settembre 2001, perché l’11 settembre 2024 potrebbe essere ricordato come il giorno in cui ebbe inizio la terza guerra mondiale. Infatti, la visita aveva diversi scopi.
Anzitutto tenere ferma la barra della guerra, ribadendo che l’asse anglosassone non vuole che abbia termine e, in parallelo, tentare di sbloccare la querelle sull’invio di missili a lungo raggio all’Ucraina, che potrebbe aprire l’apocalittico scenario evocato.
Claudio Conti: La Bce taglia i tassi, il governo “cartona” il Pil
La Bce taglia i tassi, il governo “cartona” il Pil
di Claudio Conti
Persa la funzione guida della politica monetaria, alle banche centrali non resta che surfare sulle aspettative dei “mercati”. Vale per la Federal Reserve, vale a maggior ragione per la Bce, che nel suo statuto – ricordiamo sempre – ha un unico obiettivo: la lotta all’inflazione (mentre la Fed deve almeno bilanciare questo stesso obiettivo con le oscillazioni del tasso di disoccupazione).
Ieri la Bce, come “i mercati” si aspettavano, ha tagliato dello 0,25% i tassi sui depositi, quelli che guidano la politica monetaria, portandoli dal 3,75% al 3,5%.
Stando ai dati economici – la Germania sta entrando in recessione tecnica, la produzione industriale italiana crolla con invidiabile costanza da oltre un anno e mezzo, l’inflazione europea è già ora piuttosto vicina al target del 2%, considerato “ottimale” – non poteva far altro.
Semmai, visti appunto i dati, sarebbe stato logico anche un taglio più consistente (lo 0,5), anche se la gravità della situazione sembra aver scosso comunque i vertici di Francoforte inducendoli ad abbassare dello 0,6% sia il tasso di rifinanziamento principale che il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale, rispettivamente al 3,65% e al 3,90%.
Leonardo Sinigaglia: BRICS. La svolta di San Pietroburgo
BRICS. La svolta di San Pietroburgo
di Leonardo Sinigaglia
Si è concluso a San Pietroburgo il 14° incontro dei rappresentanti dei paesi BRICS responsabili per le questioni di sicurezza. L’incontro, che si è svolto tra l’11 e il 12 settembre, è stato il primo di questo tipo dopo l’espansione del gruppo, e, conseguentemente, il primo a ospitare anche delegazioni da Iran, Etiopia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Come notato dal Global Times, questo incontro segna un importante punto nell’evoluzione dei BRICS, manifestando la necessità e la volontà di espandere la cooperazione oltre la sfera strettamente economica, soprattutto per meglio riuscire a rispondere alle sfide poste da un contesto internazionale turbolento e caratterizzato da imponenti trasformazioni.
Tra gli interventi più significativi ci sono stati sicuramente quello di Wang Yi, Ministro degli Esteri della RPC e membro dell’Ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, e quello di Ali Akbar Ahmadian, segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale della Repubblica Islamica dell’Iran.
Proprio in ragione della particolare fase attraversata oggi dall’Umanità, Wang Yi ha esortato i paesi di tutto il gruppo a dotarsi di una prospettiva a lungo termine, a mostrare apertura e a collaborare più strettamente per affrontare le sfide poste alla sicurezza, per diventare un saldo punto di riferimento per la comunità internazionale e dare dei contributi significativi al mantenimento della pace.