[SinistraInRete] Paolo Di Marco: Le armi segrete dell’impero, e la sua nemesi

Rassegna 28/09/2024

 

Paolo Di Marco: Le armi segrete dell’impero, e la sua nemesi

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Le armi segrete dell’impero, e la sua nemesi

di Paolo Di Marco

KarpMusk0- premessa: per ora va bene…

Quando i nostri amici americani bombardarono Milano ero troppo piccolo per capire che non era normale lanciare bombe sui civili, per di più quando c’era stato un armistizio, ma ci pensarono Dresda (v. Mattatoio 5) e Hiroshima a chiarire la morale della situazione.

Ero un poco più consapevole quando protestavo contro la guerra in Vietnam scappando sui marciapiedi per evitare che le camionette del 3° Celere del siciliano a stelle e striscie Scelba mi facessero piatto. E ancora quando marciavo a Vicenza verso la base americana lungo una strada circondata da filo spinato pensavo di esercitare una pressione morale cui il popolo americano non sarebbe stato insensibile.

Fu solo più tardi che compresi che se n’erano andati dal Vietnam non per le proteste dei giovani ma perchè erano stati sconfitti.

Se l’ingloriosa fuga da Kandahar echeggia le immagini dell’evacuazione da Saigon viene allora da chiedersi a che punto è il dominio americano sul mondo.

Alcuni parlano di crisi dell’impero americano. (recentemente anche Pietro Terzan comentando il libro di Burgio, Leoni, Sidoli: Terza guerra mondiale? Il fattore Malvinas, L’AntiDiplomatico, 2024)

Il più autorevole è probabilmente McCoy (To Govern the Globe: World Orders and Catastrophic Change, del 2021), famoso per la sua opera magistrale ‘The Politics of Heroin, the complicity of CIA in the global drug trade’, insuperato per documentazione e ampiezza di prospettive -il più bel libro mai scritto sulla droga e la sua gestione.

Lui ora aggiorna il libro con un intervista a Tom’s Dispatch:

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Leo Essen: Con la fine del tempo di lavoro finisce anche il tempo libero

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Con la fine del tempo di lavoro finisce anche il tempo libero

di Leo Essen

sportenbmbi 1220x600.jpgBenjamin Kline Hunnicutt è professore di storia all’Università dell’Iowa. La sua ricerca si è concentrata sulla riduzione dell’orario di lavoro. Molto noto è il suo libro Kellogg’s Six-Hour Day, sulle prospettive e gli effetti della riduzione della settimana lavorativa presso Kellogg’s, la multinazionale delle merendine. Con studiosi come Joseph Pieper e Hannah Arendt ha anche esplorato l’«ascesa del lavoro totale».

In un articolo pubblicato nel 1999 sulla rivista Nord Sud, Hunnicutt si confronta con Giovanni Mazzetti, esponente europeo di primo piano degli studi sulla riduzione dell’orario di lavoro.

Come mai, si chiede Hunnicutt, in Occidente abbiamo abbandonato la riduzione dell’orario? Per quale ragione, dopo aver ridotto la giornata lavorativa della metà nel corso del “secolo della riduzione del tempo di lavoro” e dopo aver immaginato un’età dell’oro, con un tempo libero così ampio da poter perseguire il vero bene della vita – i liberi prodotti della mente, la comunità, lo spirito – per quale ragione, dicevo, ci siamo rivolti verso un tempo pieno di lavoro, perdendo di vista il vecchio principio secondo il quale il lavoro non è che un mezzo per altri fini? Le risposte che mi sono dato si possono riassumere così: consumismo e mercificazione della vita; politica governativa di creazione del lavoro; cambiamento culturale corrispondente all’inversione del rapporto tra lavoro e tempo disponibile.

L’idea di lavoro, dice Hunnicutt, ha invaso e sottomesso tutta l’azione e l’esistenza umana. Tutta la vita moderna ha finito con l’essere dominata dall’ideologia del lavoro. Il lavoro ha finito per essere considerato come connaturato alla condizione umana, come una proprietà naturale. E invece, dice, il lavoro deve essere considerato come storico e relativo.

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Giuseppe Masala: Come può esplodere il fronte in Estremo Oriente?

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Come può esplodere il fronte in Estremo Oriente? (I parte)

di Giuseppe Masala

Mentre in Medio Oriente e in Ucraina infuriano le battaglie, sui tavoli degli strateghi, degli economisti, dei diplomatici e dei tecnologi si inizia a progettare quella che sarà la probabile guerra (da vedere se calda o fredda) in Estremo Oriente tra quella che è la potenza egemone degli ultimi quaranta anni, gli Stati Uniti e quella che è la potenza emergente in grado di lanciare il guanto di sfida per l’egemonia globale, la Cina Popolare.

Come abbiamo più volte rilevato, il motivo di scontro trae origine da questioni economiche. La Cina, dopo la caduta del Muro di Berlino è diventata la fabbrica del mondo, sfruttando un costo della manodopera incredibilmente competitivo e dove altri costi, come per esempio quelli per la tutela dell’ambiente, sono stati sostanzialmente nulli per lungo tempo. Questi fattori chiave hanno attratto nel Celeste Impero capitali da tutto il mondo sviluppato consentendo al paese una rapidissima crescita e uscita dal sottosviluppo. Da notare peraltro, che la Cina Popolare non si è limitata ad assemblare prodotti da altri progettati, ma è – grazie a una oculata politica sulla innovazione – riuscita a diventare una potenza tecnologica con i suoi campioni nazionali in grado di sfidare i colossi americani e (i pochissimi) colossi europei.

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Sergio Fontegher Bologna: Germania. Le elezioni in Brandenburgo

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Germania. Le elezioni in Brandenburgo

di Sergio Fontegher Bologna

Carissimi, consentitemi un paio di commenti alle elezioni in Brandenburgo di ieri.

La prima cosa su cui mi sentirei di attrarre l’attenzione è l’alta percentuale di votanti, sopra il 70%. La seconda cosa è la vittoria di Pirro della SPD, che non riesce a formare una maggioranza, una volta che i Verdi sono stati estromessi dal parlamento regionale.

E’ la seconda volta, dopo la Turingia, che i Verdi non raggiungono la soglia del 5%. E ben gli sta, perché un partito nato sulla protezione dell’ambiente e quindi sulla pace si era trasformato in un partito di bellicisti sostenitori di Zelensky. Però è anche una triste constatazione, in quanto il patrimonio costituito dall’ambientalismo tedesco aveva reso l’aria più respirabile nell’Europa neoliberale. Oggi quel patrimonio è stato disperso.

AfD, si dice, ha perso col suo 29,9%. Sì, è arrivata seconda però i numeri in Parlamento regionale sono tali che AfD ha conquistato la Sperrminorität, ossia può bloccare tutte le decisioni che richiedono la maggioranza di due terzi, per esempio quelle per l’elezione dei giudici costituzionali. Non solo, la AfD è primo partito tra i giovani dai 18 ai 24 anni. Non solo, il candidato di punta della AfD ha ottenuto nel suo collegio il cosiddetto Direktmandat con il 39,9% dei voti(!!).

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Vincenzo Costa: “Io ho paura della sinistra”

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“Io ho paura della sinistra”

di Vincenzo Costa

Io ho paura della sinistra.

Non che interessi a nessuno o che abbia qualche rilevanza. Ma credo che per onestà tra tutti noi e gli amici che mi hanno chiesto l’amicizia bisogna fare un po’ di chiarezza.

C’è chi ancora critica la sinistra per farla tornare a essere ‘sinistra”. Costoro pensano che comunque sia meglio della “destra”.

E c’è chi invece pensa che da questa sinistra, dalla sua cultura, dai suoi gruppi dirigenti e anche dal suo elettorato non possa venire nulla di buono.

C’è chi ha paura della “destra”. Per quanto questa destra sia odiosa, volgare, con elementi da studiare col metodo lombroso, io ho più paura della sinistra.

Non ho paura del fascismo di destra, ma del totalitarismo della sinistra.

Questi non solo hanno tutti i mezzi di informazione ma vogliono chiudere quei pochi mezzi di comunicazione che utilizza chi dissente.

I fascisti veri, odierni, sono Gentiloni, la Von der Leyen, Bonelli, che vorrebbe impedire di parlare ai negazionisti.

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Paolo Cacciari: La finanziarizzazione della natura

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La finanziarizzazione della natura

di Paolo Cacciari

L’obbligo di sottoscrivere una polizza contro rischi naturali è da tempo una richiesta delle classi dirigenti globali. La natura, già ridotta a capitale nella contabilità di imprese e stati, diventa sempre di più merce di scambio intermediata dalla finanza. Intanto cresce il mercato “al dettaglio” per assicurarsi i clienti finali e quello “all’ingrosso”, tra le grandi compagnie di assicurazione, gran parte delle quali si divertono da tempo a giocare in borsa tra loro. Abbiamo bisogno di rilanciare una nuova stagione di finanza critica che reinventi i principi e le pratiche del mutualismo, per costruire relazioni solidali e pratiche cooperative fuori mercato in grado di affrontare le fragilità delle nostre vite. La cura e la manutenzione del territorio, scrive Paolo Cacciari, fanno parte di queste attività non lucrative

Con la assicurazione obbligatoria dei rischi ambientali il cerchio della finanziarizzazione della natura si chiude. La natura, già ridotta a “capitale naturale” nella contabilità nazionale, ovvero stock di servizi ecosistemici da includere negli asset patrimoniali delle imprese, diventa a tutti gli effetti merce di scambio intermediata dalla finanza. La shock economy (già ben descritta da Naomi Klein al tempo dell’uragano Katrina a New Orleans) è un potente mezzo per drenare denaro dai “risparmiatori”, ricavare profitti e far crescere il Pil.

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Sandro Moiso: Il nuovo disordine mondiale/ 26 – La guerra post-umana

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Il nuovo disordine mondiale/ 26 – La guerra post-umana

di Sandro Moiso

cercapersone esplosi.jpgTra pace e guerra non esiste un sottile confine, ma una vasta zona grigia, dove gli stati danno vita a quella che viene definita competizione strategica, utilizzando in diverse combinazioni i quattro elementi che formano il potere di uno stato: diplomatico, militare, economico e informativo. Proprio quest’ultimo fattore, complice la pervasività delle tecnologie digitali, ha assunto una rilevanza senza precedenti. (Alessandro Curioni – Intelligenza artificiale, etica e conflitti, 21 settembre 2024 «il Sole 24 ore»)

Quando esploderà il mio cellulare? Molti di noi hanno cominciato a chiederselo perché in fondo quello che Israele, il Mossad, i suoi servizi segreti hanno fatto nei confronti di militanti di Hezbollah potrebbe essere usato contro di noi in una futura guerra. Altri nemici e altre potenze ostili potrebbero ripetere quel tipo di attacco attraverso gadget tecnologici disseminati nella nostra vita quotidiana e quindi: quando esploderà il mio cellulare? (Federico Rampini – Quando esploderà il mio cellulare?, Corriere TV 23 settembre 2024)

Valutare le cause, le conseguenze e il risultato ultimo dei recenti attacchi israeliani di carattere digitale ai militanti e ai capi di Hezbollah, è qualcosa che si potrà fare soltanto più avanti nel tempo. Anche se, a giudizio di molti esperti, al momento attuale gli assassinii mirati e il terrorismo impiegati dall’IDF e dai suoi ipocriti alleati americani non sembra essere in grado di piegare la resistenza e l’azione militare anti-sionista sia a Gaza che in Libano. Resta ancora aperta, poi, la possibile azione militare contro l’Iran che però, così come del resto in Libano una volta messi gli stivali per terra, richiederebbe il pieno e dichiarato appoggio militare statunitense a una guerra sul fronte mediorientale.

Un’azione militare totale che, nella migliore tradizione statunitense e occidentale, ha però bisogno di una “giusta causa” ovvero di un attacco via terra e via aria diretto da parte del fronte sciita sul territorio israeliano.

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Fosco Giannini: “Guerra di movimento” e costruzione del partito comunista

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“Guerra di movimento” e costruzione del partito comunista

di Fosco Giannini

raised fists 8512417 1280Tra la terza guerra mondiale già in corso, la crisi sistemica dell’Ue, la torsione in senso fortemente reazionario del capitalismo italiano e la totale assenza di un’opposizione politica, sociale e sindacale, cresce in Italia l’esigenza della costruzione di un’avanguardia comunista, di un partito comunista di classe, unitario, di quadri, con una linea di massa.

Riarmare politicamente la “classe” – oggi disarmata, muta, inane –, l’intera “classe politecnica” del lavoro, il movimento operaio complessivo attraverso la messa in campo di un partito comunista, rivoluzionario, d’avanguardia, di lotta, di quadri, con una linea di massa. Questo è l’obiettivo che le forze comuniste che si vanno unendo (Movimento per la Rinascita Comunista, Resistenza Popolare, Patria Socialista, Costituente Comunista) vogliono, in modo risoluto, perseguire – assieme ad altre soggettività comuniste che vorranno condividere il cammino – e hanno “proclamato”, pubblicamente e di fronte ad un vasto “pubblico” di compagne e compagne, di lavoratori e intellettuali, nell’ultima e importante giornata, nel dibattito finale (“Verso la costruzione del partito comunista”) della Festa nazionale del MpRC tenutasi a Castelferretti (Ancona) dal 13 al 15 settembre scorsi.

La messa in campo di una forza comunista e rivoluzionaria è un progetto che fa tremare le vene dei polsi. Ne siamo consapevoli. Ma la determinazione a proseguire l’impegno e la lotta per cogliere questo obiettivo acquisiscono a mano a mano più forza in relazione alla razionalità degli argomenti che sono alla base dello stesso progetto strategico. È una ratio politica e ideologica, un’interpretazione materialistica della fase, internazionale e nazionale, a guidarci, non il cuore, non un’idealità immateriale, non un sogno.

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Paolo Pileri: Alluvione in Romagna: guardiamo i fatti con gli occhiali del cemento, non solo dell’emotività

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Alluvione in Romagna: guardiamo i fatti con gli occhiali del cemento, non solo dell’emotività

di Paolo Pileri*

Abbiamo cambiato il clima: questo è chiaro anche se non a tutti, purtroppo. Proviamo però a uscire dalla trappola dell’emotività con cui ci viene presentato il dramma delle alluvioni. Lo facciamo con pieno rispetto per vittime e danneggiati. E lo facciamo usando un grafico messo a disposizione della Agenzia ambientale dell’Emilia-Romagna (Arpae), ovvero l’ente istituzionale che monitora l’ambiente e fornisce a tutti, politici inclusi, informazioni per capire e decidere.

La pioggia cumulata caduta in questi giorni in Romagna è tanta (800 millimetri) e supera la media degli ultimi trent’anni (la fascia evidenziata in verde). Questo ci dice Arpae con quel grafico. E fin qui “tutto bene”. Ma se andiamo a scavare un po’ più indietro nel tempo, ad esempio prendiamo il 1979, scopriamo cose che ci aiutano a vedere più chiaro che cosa è accaduto e a quali responsabilità guardare.

La linea verde rappresentata nel grafico delle precipitazioni giornaliere cumulate in Emilia-Romagna si riferisce al 1979, mentre quella nera al 2024. Guardate in corrispondenza di fine settembre. I due valori sono più o meno alla pari. Che cosa significa? Semplice: che nel 1979 cadde la medesima pioggia, più o meno, di quella di qualche giorno fa. Ma nel 1979 non ci furono le alluvioni devastanti di questi giorni.

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Il Pungolo Rosso: Verdi e umanitari in tuta mimetica. Salvini & co. pacifisti?

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Verdi e umanitari in tuta mimetica. Salvini & co. pacifisti?

di Il Pungolo Rosso

“Grida vendetta” il voto favorevole non solo della ex capitana della Sea Watch Carola Rackete, ma anche della quasi totalità del gruppo parlamentare europeo dei Verdi, i quali andrebbero ribattezzati “verdi in tuta mimetica”, e soprattutto l’astensione de La France Insoumise che molte simpatie ha conquistato per qualche settimana nella sinistra sinistrata italiana.

E sì che appena tre mesi fa AVS in Italia e LFI in Francia hanno chiesto (ottenendoli) un bel po’ di voti in nome della “pace”, dell’ “antifascismo”, dell’”accoglienza” e dell”alternativa”, e oggi dimostrano ancora una volta – per chi non è intenzionalmente cieco – di essere nient’altro che la stampella “di sinistra” dell’imperialismo guerrafondaio UE-USA-NATO.

Ancora una volta, come 110 anni fa, la guerra fa da spartiacque tra chi si pone sul terreno dell’opposizione al “nemico in casa nostra” e chi invece, dietro l’ipocrita retorica della pace e del “progresso”, si colloca apertamente nel campo dell’interventismo guerrafondaio.

Ma il voto sull’articolo 8 ha messo a nudo anche le incertezze e le contraddizioni che esistono nello stesso blocco della maggioranza di destra che governa a Roma rispetto alla rimozione dei vincoli all’uso delle armi europee per colpire obiettivi sul suolo russo.

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Francesco Valagussa: Trump, Harris e il male minore

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Trump, Harris e il male minore

di Francesco Valagussa

«Chi sceglie il male minore dimentica rapidamente di aver scelto a favore di un male» diceva Hannah Arendt. Certo, in quel caso si stava riferendo al Terzo Reich, «che nemmeno con tutta la migliore volontà del mondo – precisava nelle righe successive – si poteva chiamare male minore». La formula del “male minore”, tuttavia, è riuscita a insinuarsi con grande rapidità anche nei paesi democratici.

Anzi, nel secondo dopoguerra la democrazia stessa si presentava vestendo i panni del male minore: «potrebbe non esistere alcun buon regime politico, ma la democrazia è sicuramente la meno malvagia delle alternative»: prima di essere riciclata da Churchill, durante un dibattito alla Camera dei comuni nel 1947, la frase era stata coniata qualche mese prima da Camus, in un intervento apparso sulle colonne del “Combat”, giornale nato qualche anno prima su iniziativa della Resistenza francese durante l’occupazione nazista.

In un tono a metà tra disillusione e prudenza l’autore si muove tra le prime, fragili impalcature della Quarta Repubblica con le stesse movenze di una Trümmerfrau: la sua parola d’ordine, collocata in vari luoghi nevralgici dell’articolo, è modestia.

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