[SinistraInRete] Algamica: Ebrei o sionisti? Decidete!

Rassegna 12/10/2024

Algamica: Ebrei o sionisti? Decidete!

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Ebrei o sionisti? Decidete!

di Algamica

P5ottobreLa manifestazione del 5 ottobre a Roma è stata grande nonostante la campagna terroristica fatta dalla stampa, in modo martellante quella dei fogliacci di destra.

In quella manifestazione esponevamo un cartello: «Ebrei o sionisti? Decidete »! Un cartello che ha incuriosito perfino la nota giornalista Giovanna Botteri che ha voluto intervistarci, alla quale abbiamo esposto il suo significato e alla domanda: «ma allora non credete nella possibilità di due popoli due Stati»? abbiamo risposto che: «è l’insieme dell’Occidente che non ha mai voluto uno Stato per i palestinesi ed ha sempre sostenuto lo Stato di Israele e la sua azione criminale per 80 anni nei confronti dei palestinesi fino al genocidio che sta praticando in questo periodo».

Ora nonostante, ripetiamo, la campagna terroristica e il divieto della questura e del governo, ispirati dalla Sinagoga di Roma, fin da subito che era stata indetta la manifestazione, la manifestazione c’è stata, nonostante che per entrare in piazza fosse necessario essere identificati. Dunque il significato è impressionante: una volontà di esprimere a tutti i costi una condanna radicale dell’Occidente e dello Stato sionista di Israele e il sostegno alla resistenza palestinese.

Si diceva: «ma manifestare il 5 ottobre, a ridosso del 7 ottobre, ha un significato politico: vuol dire festeggiare l’azione “terroristica” compiuta da Hamas il 7 ottobre 2023». Ovviamente chi ragiona in questo modo intende rimuovere in toto 80 anni di torture operate dallo Stato sionista di Israele nei confronti del popolo palestinese. A noi non interessa fare comparazione, perché se dovessimo mettere su due piatti di una bilancia ottant’anni di soprusi e il 7 ottobre 2023 non c’è alcun dubbio di dove penderebbe la bilancia.

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Redazione ROARS: I Lincei e l’INVALSI: 10 domande scomode

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I Lincei e l’INVALSI: 10 domande scomode

di Redazione ROARS

Question185508448 7f247723f5 b.jpgUn interessante convegno linceo, dal titolo “Problemi sulla valutazione” a scuola, si svolgerà alla presenza dell’INVALSI. Ecco le nostre 10 domande: non abbiamo resistito, sperando che qualche Linceo voglia farle al posto nostro.

L’Accademia Nazionale dei Lincei è un’istituzione di rilevanza storica e culturale, considerata “la più illustre nella storia fra le moderne accademie d’Italia e d’Europa”. Sul sito dell’Accademia se ne può ripercorrere la storia: i lincei, dal nome del felino dallo sguardo acuto, simbolo della compagnia di studiosi – Federico Cesi, Galileo Galilei, Quintino Sella, Giovanbattista della Porta, per citare i più illustri – coltivarono e promossero fin dal ‘600 una rinnovata visione delle scienze, fondata sull’indagine libera e sperimentale, opposta a qualsiasi vincolo di tradizione e autorità.

L’Accademia di oggi promuove e organizza un Convegno nazionale dal titolo “Problemi sulla valutazione scolastica” (qui il programma). Ottima idea, pensiamo. Di “Problemi sulla valutazione scolastica” ce ne vengono in mente parecchi. Sfogliamo il programma. Tra diversi nomi, più o meno noti, ritroviamo alcune vecchie conoscenze.

Primo tra tutti: il presidente INVALSI, Roberto Ricci, che racconterà in apertura le sfide della scuola del futuro, viste attraverso i dati dei test INVALSI.

-il professor Matteo Viale, linguista, che tra le sue attività istituzionali annovera quella di esperto e consulente INVALSI, con cui condividemmo un interessante scambio di informazioni su chi e come vengono corretti i test computerizzati (vedi qui)

-il professor Giorgio Bolondi, matematico, storico esperto e collaboratore, in diverse tipologie di ben remunerati incarichi, dello stesso istituto INVALSI.

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Vladimiro Giacché: Cheng Enfu. “Dialettica dell’economia cinese”

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Cheng Enfu. “Dialettica dell’economia cinese”

di * * * e Vladimiro Giacché

cheng enfu dialettica cinese.jpgCheng Enfu, tra i maggiori esponenti del marxismo cinese e internazionale, promotore e animatore, con riviste e forum internazionali, della più importante comunità marxista mondiale, raccoglie diversi saggi scritti negli ultimi decenni, nei quali la Cina ha compiuto – non in rottura ma in continuità dialettica con il trentennio di costruzione delle basi del socialismo dopo la conquista del potere politico (1949-1978) – uno straordinario percorso di sviluppo economico che per durata (pochi decenni) e popolazione coinvolta (oltre 1,4 miliardi di persone) non ha eguali in tutta la storia mondiale.

Preceduto da un importante saggio su Dieci punti di vista sul marxismo, questo corposo libro si snoda attraverso 7 capitoli a loro volta suddivisi in diverse sezioni: 1. Il moderno sistema economico della Cina; 2. L’economia cinese nel quadro di una Nuova Normalità; 3. I cinque nuovi concetti di sviluppo della Cina; 4. La riforma del sistema di distribuzione cinese; 5. Riforma del rapporto tra mercato e governo in Cina; 6. L’apertura graduale del mercato finanziario interno in Cina; 7. L’apertura dell’economia cinese.

Ognuna delle rilevantissime questioni inerenti l’“economia socialista di mercato” cinese viene affrontata, con approccio critico-dialettico, con analisi concreta della situazione concreta, “cogliendo la verità dai fatti”, combinando sempre rilevazione empirica e analisi teorica, senza cedimenti ad affermazioni propagandistiche o autocelebrative.

I lavori di Cheng e della sua scuola prendono le mosse dalla realtà, esaminano i caratteri di fondo e le ragioni del successo complessivo della “via cinese”, denunciano altresì limiti e rischi di alcune tendenze, proponendo correttivi, o cambiamenti di rotta.

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Giacomo Gabellini: La traiettoria insostenibile del debito Usa

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La traiettoria insostenibile del debito Usa

di Giacomo Gabellini

Alla fine del secondo trimestre del 2024, il debito federale degli Stati Uniti ha raggiunto i 34.831 miliardi di dollari, a fronte dei 32.332 registrati nello stesso periodo del 2023. Si tratta di un incremento su base annua pari a circa 2.500 miliardi. L’intero debito pubblico italiano, in confronto, assomma circa 2.900 miliardi di euro. Della colossale massa debitoria accumulata, poco più di 27.000 miliardi di dollari è considerata marketable, rientrante cioè nella categoria dei titoli negoziabili sul mercato. Di questi, oltre 14.000 miliardi sono costituiti da titoli da due a dieci anni (Notes), più di 5.800 miliardi da titoli da un anno o meno (Bills), circa 4.500 miliardi da titoli trentennali (Bonds), poco più di 2.000 miliardi da titoli indicizzati all’inflazione da cinque, dieci o trent’anni (Treasury Inflation Protected Securities) e poco meno di 600 miliardi da titoli biennali fluttuanti (Floating Rate Notes).

La relativamente scarsa rilevanza rivestita dai titoli a lunga scadenza sul totale pone di fronte alla classe dirigente statunitense un grosso e costante problema di rifinanziamento del debito in scadenza, in un contesto di crescita astronomica e apparentemente inarrestabile della massa debitoria complessiva. Anche perché oltre 8.000 miliardi di dollari dei titoli negoziabili sono riconducibili a soggetti esteri, con particolare riferimento agli investitori istituzionali che stanno gradualmente soppiantando le Banche Centrali.

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Andrea Zhok: Beirut come Gaza: il Bancomat illimitato dei crimini di Israele

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Beirut come Gaza: il Bancomat illimitato dei crimini di Israele

di Andrea Zhok

“Nel momento in cui gli USA dovessero iniziare a percepire che la propria proiezione di impero mondiale costa più di quello che rende, un po’ di canali di irrigazione di politici, giornali ed eserciti compiacenti in giro per il mondo potrebbero seccarsi.”

Anche questa notte Israele si è esibito nella sua specialità militare: il bombardamento di aree urbane inermi.

Anche questa notte sono crollati caseggiati e sono morte decine di civili che non avevano voluto o non avevano potuto lasciare Beirut (perché secondo la dottrina di ingaggio israeliana chiunque capiti nei pressi di un soggetto che si presume ostile a Israele diviene automaticamente una salma in fieri.)

Visto che l’unico attacco iraniano di risposta a Israele non risulta aver fatto nessuna vittima civile, giustamente sulle prime pagine fotocopia di Stampa, Corriere e Repubblica con riferimento al Medio Oriente compare soltanto la pensosa riflessione circa il consenso americano a bombardare i pozzi di petrolio iraniano (“Quando ci vuole, ci vuole…”).

Israele pare aver fretta di ridurre anche Beirut come Gaza, dove l’ultimo bollettino dava l’80% delle abitazioni distrutte o inagibili, 1,9 milioni di persone sfollate, 41.788 morti e 96.794 feriti.

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Emmanuel Todd: «Non sono filorusso, ma se l’Ucraina perde la guerra a vincere è l’Europa»

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«Non sono filorusso, ma se l’Ucraina perde la guerra a vincere è l’Europa»

Daniele Labanti intervista Emmanuel Todd

Esce per Fazi l’edizione italiana del volume La sconfitta dell’Occidente di Emmanuel Todd, pubblicato in Francia da Gallimard. Il libro ha scatenato un vespaio di critiche verso l’antropologo francese, accusato da un decennio di tenere posizioni filo-putiniane. Todd sarà alle Librerie.coop Ambasciatori martedì 8 ottobre, per presentare il volume in dialogo con Carlo Galli.

* * * *

Professor Todd, in Francia è stato scritto che lei vuole «far passare i suoi sogni per realtà» e che ciò che afferma non ha basi scientifiche. Che cosa risponde?

«La questione non è sapere cosa scrive di me la stampa francese, ma conoscere i fatti che la storia attuale rivela. Il fatto è che gli Stati Uniti non sono stati in grado di produrre l’equipaggiamento militare di cui gli ucraini hanno bisogno, perché è un dato di fatto che il potere della loro industria è stato prosciugato dalla finanziarizzazione. È un dato di fatto che l’esercito ucraino è in ritirata ed è un dato di fatto che fatica a reclutare soldati. È un dato di fatto che le sanzioni economiche occidentali hanno fatto più danni all’economia europea che a quella russa ed è anche un fatto che la stabilità politica della Francia è oggi più minacciata di quella della Russia.

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Gigi Sartorelli: Descalzi (Eni) contro l’auto elettrica, la UE propina “ideologie ridicole”

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Descalzi (Eni) contro l’auto elettrica, la UE propina “ideologie ridicole”

di Gigi Sartorelli

L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ci ha tenuto ad esibire le sue opinioni riguardo la transizione all’auto elettrica della UE. Il suo intervento alla ‘Giornata dell’Economia’ organizzata da Forza Italia è destinato sicuramente a far discutere.

Non voglio essere antieuropeo“, ha detto Descalzi, “sono antistudipidità perché la stupidità uccide e ci sta uccidendo. La stiamo subendo alla luce di ideologie ridicole che ci vengono dettate da una minoranza dell’Europa“, con evidente riferimento alla bocciatura della proposta del ministro Urso (rinviare gli impegni al superamento dei motori endotermici).

Infatti, a fine settembre, il governo ancora sperava di ottenere appoggio sulla revisione della scadenza al 2035 per la fine della produzione di auto a benzina e diesel. E invece, Sven Giegold, segretario di Stato tedesco agli Affari economici, al Consiglio UE Competitività ha chiuso ogni spiraglio di trattativa.

Per noi gli obiettivi climatici sono fondamentali“, ha dichiarato il politico tedesco, “e vediamo già un pericolo che l’industria UE non regga la competizione con veicoli elettrici provenienti da altrove. Il nostro obiettivo non è mettere in discussione l’uscita dal motore endotermico nel 2035“.

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Donatella della Porta: Il panico morale di fronte alle critiche a Israele

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Il panico morale di fronte alle critiche a Israele

di Donatella della Porta

Nel pamphlet “Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica” Donatella della Porta analizza come artisti, attivisti e intellettuali solidali con la Palestina – ebrei compresi – siano stati presi di mira e accusati di antisemitismo, in particolare in Germania, per le loro posizioni critiche di Israele.

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Estatal del Trabajo Social 03.jpgAl Festival del Cinema di Berlino 2024 (la Berlinale) il premio per il miglior film documentario è stato assegnato a “No Other Land”, opera congiunta del regista palestinese Basel Adra e del giornalista israeliano Yuval Abraham, che esamina l’impegno comune di un cittadino palestinese e un cittadino israeliano a portare alla luce le violazioni dei diritti umani perpetrate da Israele nella Cisgiordania occupata. Durante la cerimonia di conferimento del premio, l’artista palestinese ha condannato i massacri in corso in Palestina e ha chiesto alla Germania di interrompere la fornitura di armi al governo israeliano (cosa che Paesi come Spagna, Irlanda e Portogallo si erano già impegnati a fare); l’artista israeliano ha denunciato la situazione di apartheid nel suo Paese e ha chiesto la fine dell’occupazione.

Quasi immediatamente politici e giornalisti tedeschi li hanno accusati di antisemitismo, hanno minacciato di togliere i finanziamenti al festival e hanno invitato il ministro verde della Cultura, Claudia Roth, a dimettersi dopo che il quotidiano Bild l’aveva accusata di aver applaudito i discorsi degli artisti. Dopo aver affermato che le dichiarazioni al gala erano “scioccamente unilaterali e caratterizzate da un profondo odio verso Israele”, il suo ufficio stampa ha affermato che la ministra aveva applaudito l’artista israeliano ma non il suo coautore palestinese. In seguito alla reazione scandalizzata alle loro dichiarazioni, entrambi gli artisti hanno ricevuto minacce di morte. Come ha dichiarato Abraham al Guardian, “stare sul suolo tedesco come figlio di sopravvissuti all’Olocausto e chiedere un cessate il fuoco – e poi essere etichettato come antisemita non è solo oltraggioso, ma sta anche mettendo letteralmente in pericolo vite ebree… Non so cosa la Germania stia cercando di fare con noi”, ha aggiunto. “Se questo è il modo in cui la Germania affronta il senso di colpa per l’Olocausto, lo sta svuotando di ogni significato”. Prima dell’inizio dell’evento, alcuni artisti si erano già ritirati dal festival, denunciando quella che consideravano una nuova ondata di maccartismo.

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Giovanni Guerra: Il ritorno dell’estrema destra nell’Europa (neo)liberale

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Il ritorno dell’estrema destra nell’Europa (neo)liberale

di Giovanni Guerra

Il successo dei “populisti” non è la causa, ma l’effetto, della crisi della democrazia. E dato che all’orizzonte l’unico keynesismo che si profila è quello in campo militare coniugato al rigore fiscale, è prevedibile un ulteriore rafforzamento dell’estrema destra

ipocrisia2 768x425 1.jpgStimolato da alcune considerazioni del suo maestro Hegel, Karl Marx, nell’incipit del 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, osservava che la «storia si present[a]» sempre «due volte», «la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa». L’adagio del filosofo di Treviri descrive alla perfezione il ritorno dell’estrema destra in Europa a distanza di un secolo, lustro più, lustro meno, dalla sua prima ascesa con Mussolini (1922) ed Hitler (1933), ma anche Horty (1920), Salazar (1932), Franco (1939) e Pétain (1939), che hanno fatto precipitare il continente nel ventennio più buio della sua storia recente.

 

La resistibile ascesa dei populisti in Europa

Quelli erano “dittatori”, quelli di oggi sono (chiamati) “populisti”, ma non per questo sono meno pericolosi. Sollecitati da questa ricorrenza storica, e stanchi di veder versare altre lacrime di coccodrillo da parte di chi pensa che il successo dell’estrema destra sia la causa, e non l’effetto, della crisi della democrazia nel continente, sembra doveroso provare a riflettere sulle responsabilità gravanti sulle classi dirigenti liberali europee (Zielonka), nella convinzione che molte siano le colpe loro imputabili nell’aver favorito, oggi come allora, tale resistibile exploit. Non solo, forte è l’impressione che, proprio come in passato, tra l’estrema destra e l’«estremo centro» (Ali) (neo)liberale si registrino numerose convergenze, a partire, neanche a dirlo, dalla comune avversione per il socialismo (Dardot – Guéguen – Laval – Sauvêtre): a ben vedere, la prima non costituisce una “rottura” rispetto al secondo, quanto piuttosto una “inflessione” sciovinistica e politicamente illiberale di una medesima cultura basata sulla protezione del liberismo economico e dei processi di accumulazione capitalistica (Wilkinson).

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Mauro Casadio: La grande rimozione

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La grande rimozione

Il comunismo nel Novecento? Una sconfitta, non un fallimento

di Mauro Casadio

Ieri la prima giornata di lavori del Forum “Elogio del comunismo del Novecento”. Oggi si prosegue la mattina con la seconda e terza sessione, poi interruzione per partecipare alla protesta contro il divieto di manifestazione. I lavori riprenderanno domenica mattina con la quarta sessione.
Pubblichiamo il testo dell’introduzione ai lavori del Forum di Mauro Casadio della Rete dei comunisti

Forum foto.jpgIn questo nuovo cambio epocale si stanno determinando le condizioni per affrontare in modo più oggettivo la grande rimozione politica fatta, in buona e mala fede, sul movimento di classe e comunista del ‘900; necessità che si impone non solo in termini storici ma anche per le prospettive di una, ora di nuovo, necessaria trasformazione sociale. Come RdC già dagli anni ’90 sentivamo questa esigenza tanto da produrre alcune pubblicazioni, titolate “Il bambino e l’acqua sporca”, per indagare più a fondo quelle esperienze cercando, appunto, di salvare il “bambino”.

Ci fermammo, però, in quella ricerca ed elaborazione sia per nostri limiti soggettivi sia perché, nel contesto dell’affermazione globale del neoliberismo, rischiavamo di oscillare tra suggestioni ipercritiche e continuismo dogmatico vista l’impossibilità di avere verifiche certe nella realtà. Ciò non esclude che avessimo già una idea di ciò che era avvenuto e si era prodotto nelle esperienze comuniste dell’est e dell’ovest dell’Europa in particolare, luogo dal quale era partito il moto rivoluzionario mondiale del Novecento.

Se per la soggettività gli esami non finiscono mai, sul piano dell’oggettività la situazione attuale viene ora in nostro aiuto in quanto la crisi di egemonia dell’imperialismo euroatlantico ci fornisce più strumenti per concepire una nuova possibilità di cambiamento di sistema.

Certo se il capitalismo non fosse ricaduto ancora una volta nelle sue intime contraddizioni di fondo parlare del movimento comunista del ‘900 sarebbe possibile farlo solo in termini di ricerca storica, utilissima ma non di nostra diretta competenza.

 

La fine della “fine della storia”

Invece la fine della “Fine della Storia” ci permette di tracciare una linea rossa dalla rivoluzione Bolscevica del ’17 utile a interpretare gli andamenti del conflitto di classe internazionale, ma soprattutto definire il ruolo avuto da essa nel processo di emancipazione generale di tutta l’umanità.

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Riccardo Paccosi: La sconfitta dell’Occidente di Emmanuel Todd

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La sconfitta dell’Occidente di Emmanuel Todd

Ovvero il conflitto NATO-Russia alla luce della morte di Dio

di Riccardo Paccosi

L’ultimo libro dello storico e antropologo Emmanuel Todd “La Sconfitta dell’Occidente” è calato sul dibatto odierno come un lampo che sopraggiunge di colpo a squarciare il buio della notte. Ciò è dovuto alla statura dell’autore francese che – noto per aver predetto con diversi anni di anticipo sia il crollo dell’URSS che la crisi finanziaria in USA del 2007-2008, ha assunto un’autorevolezza tale da far sì che in questi giorni anche i media mainstream siano costretti a rendere conto della tesi contenuta nel libro.

Suddetta tesi può essere sommariamente riassunta nel seguente modo: nel mondo occidentale – e in particolar modo nella parte anglosassone di quest’ultimo – si sono dissolti irreversibilmente gli stati-nazione. Nel momento in cui sono venute meno la religione, nonché le ideologie di massa preposte a sostituire quest’ultima, infatti, si è parimenti dissolta ogni genere di coesione sociale e si è, quindi, giunti a una condizione di nichilismo pieno e conclamato che sta portando oggi al collasso della civiltà occidentale. Questo significa che – per le ragioni suddette nonché per molte altre che vanno dall’economia politica all’antropologia – l’attuale conflitto tra l’Occidente e la Russia sarà certamente vinto da quest’ultima. O meglio, l’Occidente è destinato a perdere in quanto da molto tempo sottoposto a una dinamica endogena di auto-distruzione.

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Il Chimico Scettico: Il famoso metodo, quello di Galilei

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Il famoso metodo, quello di Galilei

di Il Chimico Scettico

Credo che ogni tanto ci sia da ribadire, perché di scientificità e ascientificità si è straparlato a schiovere. Una prima doverosa precisazione va fatta citando (di nuovo) Feynman:

Indaghi per curiosità, perché qualcosa è ignoto, non perché già conosci la risposta. E mano a mano che acquisisci informazioni scientifiche non è che tu stia trovando la verità, ma realizzi quello che è più o meno probabile.

Quindi non si sta parlando di nessun tipo di verità. Poi per vari motivi nei discorsi sul metodo scientifico si è sempre navigato tra i massimi sistemi, Popper, la falsificabilità etc, generando più confusione che altro, il più delle volte glissando sugli aspetti quantitativi (analisi dei dati, misure) e abusando selvaggiamente dell’induzione (se sappiamo che A=B è ragionevole pensare che C=D, senza dimostrarlo). È una cosa che riguarda lemaledettebasi, quelle che perlopiù mancano. Quindi ritengo sia meglio ripartire non dall’alto ma dal basso, non dalla fine ma dall’inizio. E se si parla di “metodo scientifico” si parla di scienze galileiane e le scienze galileiane iniziano convenzionalmente con Galileo. Cominciamo terra terra, dall’Enciclopedia per Ragazzi Treccani:

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Norberto Fragiacomo: C’era una volta il diritto di riunione

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C’era una volta il diritto di riunione

di Norberto Fragiacomo

Recitava l’articolo 17 della Costituzione della Repubblica Italiana che “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”.

“Soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”, sottolineo con una metaforica matita rossa.

Ho usato in apertura l’imperfetto per evidenziare che, al pari dell’articolo 11 (quello che ripudia la guerra), anche l’articolo 17 è stato tacitamente abrogato dai governanti della colonia USA nota come Italia. Lo stesso in verità può dirsi dell’intera Parte Prima della nostra Legge Fondamentale, svuotata di significato e cogenza negli ultimi tre decenni con il verboso avallo di teorici “garanti”.

La manifestazione romana di sostegno alla Palestina massacrata è stata vietata sulla base di motivazioni pretestuose e in parte addirittura menzognere: falsificando persino il calendario, giornalisti compiacenti hanno cercato di far credere all’opinione pubblica che sabato 5 cadesse l’anniversario del 7 ottobre 2023 e che dunque l’appello alle piazze fosse una provocazione “antisemita”

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Giuseppe Masala: Petrodollaro e la scheggia impazzita Israele: il Medio Oriente sull’orlo dell’abisso?

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Petrodollaro e la scheggia impazzita Israele: il Medio Oriente sull’orlo dell’abisso?

di Giuseppe Masala

Per tutta la seconda metà del novecento e per questo scorcio di inizio millennio ci siamo illusi come europei di essere il centro del mondo, il faro della civiltà e un insostituibile pilastro del sistema-mondo. La Verità vera è che l’Europa, ormai da decenni non è più il centro del mondo e neanche il centro dell’Impero Occidentale a guida statunitense. A essere precisi bisognerebbe dire che ormai dell’Impero Occidentale l’Europa sta scivolando sempre più verso la marginalità strategica ed economica. Non pare azzardato dire che il centro nevralgico dalla suprema importanza strategica ed economica per la sopravvivenza dell’Impero Occidentale sta diventando sempre più il Medio Oriente. Naturalmente questo è dovuto all’evidente fatto che la forza dell’Impero Occidentale si basa sostanzialmente su un sistema monetario e finanziario dominato dal Dollaro statunitense e che, a sua volta, non può esserci dominio del Dollaro senza il petrodollaro, ovvero quel peculiare meccanismo per il quale il Regno Saudita si impegna a farsi pagare il proprio petrolio in dollari americani e a investire negli Stati Uniti i dollari in eccedenza e dove, in contraccambio, Washington s’impegna a difendere con ogni mezzo diplomatico e militare necessario il Trono dei Saud.

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