[SinistraInRete] Il Pungolo Rosso: L’esercito sionista attacca le basi Unifil in Libano. Strano? E perché?

Rassegna 16/10/2024

Il Pungolo Rosso: L’esercito sionista attacca le basi Unifil in Libano. Strano? E perché?

ilpungolorosso

L’esercito sionista attacca le basi Unifil in Libano. Strano? E perché?

di Il Pungolo Rosso

Israele
in LibanoS’è scatenato un gran baccano internazionale, in questi giorni, perché l’esercito sionista ha osato attaccare le basi Unifil, forte della sua assoluta storica impunità dovuta alla protezione incondizionata di cui gode da decenni. Un baccano insensato, e ipocrita. Forse è il caso di ricordare che il 22 luglio 1946 l’Haganah e l’Irgun non esitarono a far saltare in aria a Gerusalemme il King David Hotel in cui era ospitato il comando delle truppe britanniche in Palestina e Cisgiordania (facendo 91 morti e 46 feriti) – fu la punizione inferta ai loro protettori britannici per aver cercato, assai blandamente in verità, di porre un qualche argine all’immigrazione ebraica in Palestina – https://it.wikipedia.org/wiki/Attentato_al_King_David_Hotel.

La banda Stern (il nome ufficiale era Lehi), autrice del feroce massacro di palestinesi nel villaggio di Deir Yassin e dalle esplicite simpatie per il nazismo, l’Irgun e l’Haganah si segnalarono per altri omicidi mirati ai danni dei loro mandanti (Lord Moyne, ad esempio, e fu assassinato da loro anche Lord Bernadotte, il mediatore ONU). Compirono attentati anti-britannici anche fuori dalla Palestina (uno avvenne a Roma), e – notate bene! – all’atto di fondazione dello stato di Israele tutti i membri di queste formazioni ultra-sioniste di rivendicata matrice terroristica (*) furono incorporati, previa amnistia generale, dentro l’esercito regolare e nella nomenklatura politica. I loro capi (Shamir, il “pacifista” Rabin, i macellai Dayan e Sharon, e via continuando) sono stati per decenni tra le massime autorità politiche e militari dello stato sionista.

Quindi, di cosa meravigliarsi? C’è da chiedersi, piuttosto, il perché dei recenti attacchi ad Unifil nel sud del Libano. E la risposta è piuttosto agevole. La trascriviamo paro paro dal Corriere della sera di ieri, 11 ottobre, certo non imputabile di sentimenti anti-sionisti:

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Antonio Semproni: Contro il green: per una vera ecologia

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Contro il green: per una vera ecologia

di Antonio Semproni

photo 5978575217854890427 y.jpgIl numero 1 del 2024 de La Fionda – Contro il green – si apre sotto il segno di una riflessione sul diritto del sistema terra, cioè su quel diritto chiamato a indurre comportamenti umani armoniosi e a valorizzare l’interdipendenza tra gli esseri umani e i viventi non umani: ci si domanda quali enti debbano essere legittimati a sancire e fa valere tale diritto e in particolare se essi debbano avere dimensione statuale o ultrastatuale. Quest’ultima dimensione pare accattivante perché rispondente all’imperativo secondo cui i “problemi globali devono essere risolti a livello globale”; tuttavia, il diritto plasmato da entità sovranazionali, sprovviste delle caratteristiche tipiche dell’ente statuale (quali sovranità e giurisdizione), scade in soft law e dunque è incoercibile. Recuperare la dimensione nazionale è imprescindibile per produrre hard law, cioè diritto coercibile, che possa garantire, con la forza della sanzione, comprovati risultati ambientali; tuttavia, ci si dovrà preoccupare, in primo luogo, di sventare derive tecnocratiche: nessuno Stato, soprattutto se gravitante nell’eurozona, è immune a questo rischio, che si affaccia pericolosamente in considerazione del carattere emergenziale del diritto del sistema terra, il quale richiederebbe un piglio manageriale; in secondo luogo, di assicurare, nella formazione delle decisioni politiche interessanti l’ambiente, il ricorso a meccanismi di democrazia partecipativa, che permettano alla parte sociale debole “di confrontarsi ad armi pari con i detentori di forza sociale”.

Affidare la soluzione della crisi climatica alla tecnocrazia implica anche sedare il conflitto sociale immanente alla transizione ecologica: quali saranno le sorti dei lavoratori impiegati nelle industrie più inquinanti? Per questo motivo un ruolo primario nella transizione ecologica deve essere riservato alle parti sociali: in America Latina si dà il caso il sindacati che hanno ottenuto la riassunzione, presso altre aziende, del personale impiegato da imprese inquinanti, delle quali era stata decretata la chiusura con un provvedimento del giudice.

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Francesco Cappello: Anniversari. Il 7 ottobre è accaduto l’11 settembre

seminaredomande

Anniversari. Il 7 ottobre è accaduto l’11 settembre

Una parziale rassegna di analisti non allineati

di Francesco Cappello

bulldozergazawallAll’indomani del 7 ottobre è stato subito chiaro che non tutti i giornalisti e gli analisti avevano accettato l’interpretazione dei fatti come diffusi dal mainstream. Passerò in rassegna, più o meno in ordine di apparizione, quelle analisi che mi sono note e che hanno messo radicalmente in dubbio l’interpretazione corrente dei fatti di quel sabato 7 ottobre 2023, usati per “legittimare”, almeno agli occhi della maggioranza più sprovveduta, l’azione genocidiaria del governo israeliano, iniziata il giorno dopo, e che tragicamente continua, senza interruzione, da un anno a questa parte

Ecco come Grandangolo, la Rassegna stampa internazionale del venerdì su Byoblu, a cura di Manlio Dinucci, andata in onda venerdì 13 ottobre, presenta didascalicamente la propria versione dell’attacco di Hamas ai danni di Israele, avvenuto sabato 7 ottobre del 2023, nell’edizione dal titolo L’11 settembre del Medioriente:

Secondo la versione ufficiale, l’attacco di Hamas ha “colto di sorpresa” Israele. Vi è però una serie di fatti inspiegabili che non rende credibile la versione ufficiale.

Come è possibile che la barriera di Gaza sia stata sfondata con bulldozer senza che nessuno se ne sia accorto? La barriera che circonda Gaza, lunga 64 chilometri, è formata da un muro sotterraneo dotato di sensori, per impedire di scavare tunnel, e da una recinzione alta 6 metri con sensori, radar, telecamere e sistemi d’arma automatici collegati a un centro di comando, ed è presidiata da soldati.

Come è possibile che in quello stesso giorno si stesse svolgendo un festival musicale, con migliaia di giovani, nel deserto a pochi chilometri da Gaza, in una zona già ritenuta pericolosa perché nel raggio dei razzi di Hamas, per di più senza alcuna forza di sicurezza?

Come è possibile che, quando i militanti di Hamas hanno attaccato i centri abitati, non siano immediatamente intervenute con elicotteri le forze speciali israeliane, ritenute tra le migliori del mondo, e siano intervenute solo forze di polizia?

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Cory Doctorow: Internet, Big Tech e diritti digitali

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Internet, Big Tech e diritti digitali

di Cory Doctorow

Pubblichiamo un estratto del libro di Cory Doctorow Come distruggere il capitalismo della sorveglianza, traduzione di Ippolita, collana POSTUMAN3. Il 12 ottobre 2024, alle 17.00, in occasione dell’Internet Festival di Pisa, l’autore sarà in collegamento da remoto per rispondere alle domande del gruppo Ippolita. Ringraziamo l’editore per la disponibilità.

L’aspetto più sorprendente della rinascita del terrapiattismo nel XXI secolo è la vastità di dimostrazioni a suo sfavore che si sono accumulate nel corso del tempo. Si può immaginare come, nei secoli passati, le persone che non avevano mai raggiunto un punto di osservazione sufficientemente alto da cui vedere la curvatura della Terra, potessero giungere alla convinzione, per loro del tutto logica, che la Terra fosse piatta. Dal momento in cui oggi anche le scuole elementari sono in grado di far penzolare le videocamere GoPro dai palloncini, mandandole abbastanza in alto da fotografare la curvatura della Terra, ci vuole uno sforzo eroico per mantenere la convinzione che il mondo sia piatto, per non parlare dell’esperienza della visione ineccepibile, della medesima panoramica, che si gode dai finestrini di un aereo. Ma la stessa cosa vale anche per il nazionalismo bianco e l’eugenetica. Ci troviamo in un momento storico in cui ci si può trasformare in un “dato genetico” facendo un semplice tampone all’interno della guancia; una volta inviato il campione a un’azienda di sequenziamento dei geni, insieme a una modesta somma di denaro, be’… la cosiddetta “scienza della razza” sarà irrimediabilmente confutata.

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Claudio Conti: Il suicidio della Germania “austera”

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Il suicidio della Germania “austera”

di Claudio Conti

Il ministro dell’Economia tedesco, il verde-liberale Robert Habeck, ha confermato mercoledì che il prodotto interno lordo del Paese è destinato a ridursi per il secondo anno consecutivo e ha attribuito la colpa della crescente debolezza dell’economia ai “fallimenti degli ultimi decenni”.

Il governo tedesco prevede ora una contrazione dell’economia dello 0,2% quest’anno, mentre in precedenza aveva previsto una crescita dello 0,3%, ha dichiarato Habeck ai giornalisti.

La ripresa viene quindi nuovamente ritardata, ma ora principalmente non a causa di fattori ciclici che sono peggiorati o si sono sviluppati più lentamente, ma perché i fattori strutturali la rendono molto più difficile”.

Habeck ha attribuito la debolezza economica della Germania non tanto alle politiche della coalizione di tre partiti al governo, ma piuttosto a problemi strutturali di lunga data che sono stati “incorporati” nell’economia per decenni – in particolare la mancanza di investimenti nelle infrastrutture e la scarsità di manodopera qualificata.

Sembra evidente che il ministro in questione scambi gli effetti (“investimenti in infrastrutture “e “carenza di manodopera qualificata”) per le cause, toppando quindi clamorosamente la “prognosi” per superare la crisi (ricordiamo che per definire una fase come “recessione” servono due trimestri di crescita negativa, mentre qui si sta parlando già di due anni).

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comidad: Anche il 7 ottobre nel sacro calendario del culto cleptocratico

comidad

Anche il 7 ottobre nel sacro calendario del culto cleptocratico

di comidad

La data del 7 ottobre è assurta ai fasti della religione ufficiale con un nuovo significato, sfrattando la celebrazione dell’obsoleta Madonna del Rosario; ciò a ennesima smentita del luogo comune secondo cui vivremmo in una società secolarizzata che avrebbe perso il senso del sacro. Spacciando gli israeliani per ebrei, si è trasformato un evento bellico in oggetto di culto sacrificale, estorcendo all’opinione pubblica la sottomissione al mistero, doloroso ma anche glorioso, del Popolo Eletto che si scontra col Male Assoluto. Si tratta di una vera e propria diffida, di una sfacciata intimidazione nei confronti di chi voglia porre troppe domande, ammonendolo a non incorrere nella blasfemia. A distanza di un anno dall’attacco di Hamas e di altre formazioni palestinesi, l’Israeli Defence Force infatti non ha ancora pubblicato i risultati dell’inchiesta che avrebbe dovuto spiegare i motivi della debacle del sofisticato e costoso sistema elettronico di protezione militare al confine di Gaza. La BBC ha pubblicato una ricostruzione parziale degli eventi del 7 ottobre in base a presunte testimonianze di militari israeliani, i quali avrebbero condizionato le loro dichiarazioni alla garanzia di rimanere nell’anonimato.

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Alberto Giovanni Biuso: Feroci sentimentalismi

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Feroci sentimentalismi

di Alberto Giovanni Biuso

Riassumere la trama di una commedia di Friedrich Dürrenmatt non è mai semplice. Ancor meno lo è quando si tratta di un testo come Il matrimonio del signor Mississippi (1952), commedia nella quale muoiono in scena quasi tutti i personaggi pur trattandosi di un testo nient’affatto tragico.

Basti dunque dire che si tratta della storia di una stanza, all’inizio splendente di ricchezza e di eleganza e alla fine pressoché distrutta, tranne un tavolino da caffè stile Biedermeier. In questa stanza agisce Florestan Mississippi, procuratore generale di un non identificato stato europeo del Novecento, che può trovarsi tra il gotico del Nord e l’archeologia mediterranea. Insieme a lui Anastasia, ricca e assai bella Signora padrona di casa; Frédéric René Saint-Claude, membro della gerarchia sovietica e organizzatore della rivoluzione in quel Paese; il Conte Bodo von Übelohe-Zabernsee, medico filantropo e per questo andato in rovina; il ministro della Giustizia, vari altri personaggi minori anche se essenziali all’azione.

L’interazione tra tali personaggi e le loro azioni ha degli scopi nobilissimi. Nulla di meno che una riforma politico-morale, più morale che politica, dell’umanità, che restauri «l’ordine morale del mondo» e conduca la società umana verso la perfezione (trad. di Eugenio Bernardi, in FD, Teatro, Einaudi–Gallimard, Torino 2002, pp. 269-270).

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Ascanio Bernardeschi: Contro l’Europa del capitale e della guerra

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Contro l’Europa del capitale e della guerra

di Ascanio Bernardeschi

vittoria.jpgLe politiche economiche dell’Unione europea tutelano gli interessi del grande capitale conducendoci a una crisi di vaste proporzioni, peggiorando drasticamente le condizioni e i diritti dei lavoratori e abbattendo gli spazi di resistenza democratica.

In Europa siamo di fronte a una crisi di vaste proporzioni, tanto da far rimpiangere quella del 2008. Il tessuto produttivo europeo è alla canna del gas a partire dalla “locomotiva” Germania. Come al solito, il peggio ne fanno i lavoratori. Proviamo a indagare le cause.

1992, Trattato di Maastricht. Una data infausta. Da quel momento, con una costante progressione, si è impoverito e ha perso diritti il mondo del lavoro. Non si tratta di una coincidenza. L’ex governatore della Banca d’Italia, nell’occasione della firma del Trattato, ebbe a sussurrare agli intimi che i nostri governanti non si rendevano conto di cosa stavano sottoscrivendo, cioè il cambiamento della natura dello Stato, la sua riduzione a uno Stato minimo, ma non di tipo liberale ottocentesco; molto peggio perché privava gli Stati della sovranità monetaria e sposava acriticamente tutte le indicazioni della scuola neoliberista di Chicago.

Per la verità, la cosa era cominciata un paio di anni prima con il divorzio fra Banca d’Italia e Tesoro, di cui fu esecutore Azelio Ciampi. Uno dei capisaldi della scuola di Chicago è, infatti, che le banche centrali debbano essere indipendenti dalla politica e debba essere loro proibito di acquistare non già i titoli tossici, ma direttamente dal Tesoro i titoli del debito pubblico. Questo ha significato che da allora gli Stati sono costretti a collocare per intero tali titoli nel mercato, esponendosi alla speculazione a rischio di far lievitare i tassi e con ciò il debito stesso, come è avvenuto regolarmente per la maggior parte delle nazioni.

Questo tranello è stato confermato dal Trattato che vi ha aggiunto altre tagliole. Sempre in omaggio alle dottrine neoliberiste ha stabilito che la prima cosa da tutelare è la stabilità monetaria e il controllo del tasso di inflazione, non i diritti sociali.

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Leonardo Mazzei: I sionisti stanno vincendo?

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I sionisti stanno vincendo?

di Leonardo Mazzei

vittoria.jpgDomande e punti fermi ad un anno dal 7 ottobre

Un anno fa, a caldo, scrivemmo che la data del 7 ottobre sarebbe rimasta nella storia. Definimmo lo sfondamento del muro che recinge il lager di Gaza come il grido di libertà della Resistenza palestinese. Sapevamo pure che il significato e la natura di quell’eroica azione sarebbe stato infangato, distorto, infine rovesciato dalla narrazione nazi-sionista che pervade l’occidente.

Così scrivevamo, infatti, il 10 ottobre 2023:

«A Gaza, sabato scorso, un muro è stato abbattuto. È il muro che recinge da 16 anni il più grande campo di concentramento che la storia ricordi. Quello sfondamento è stata la vittoria di tutti coloro che amano la libertà delle persone e dei popoli. Ma quel coraggioso rilancio della lotta di liberazione è stato subito etichettato come “terrorismo”. Il linguaggio orwelliano si è imposto un’altra volta. Era inevitabile che così fosse nella nostra marcia società. Ma questa arroganza dei dominanti è pure il segno della loro straordinaria insicurezza. Hanno talmente paura del mondo così com’è, che lo raccontano a rovescio non solo agli altri ma pure a sé stessi».

Fu chiaro da subito che il 7 ottobre avrebbe segnato una svolta nella lotta di liberazione del popolo palestinese, così come non c’erano dubbi sull’estrema ferocia della reazione dell’occupante sionista.

In un anno di acqua ne è passata sotto i ponti, ed è giusto tentare un primo bilancio (sintetico e per punti) di quanto avvenuto, anche per provare a capire quel che ci aspetta.

 

  1. Israele stato criminale e genocida

In questi giorni i sionisti di tutto il mondo, gente disonesta e spudorata come tutti i razzisti che si rispettino, hanno cercato di venderci la storia di un 7 ottobre come riedizione dello sterminio nazista.

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Caitlin Johnstone: Israele incarcera un giornalista statunitense, spara contro le forze di pace dell’ONU, bombarda Beirut, uccide altri bambini…

lantidiplomatico

Israele incarcera un giornalista statunitense, spara contro le forze di pace dell’ONU, bombarda Beirut, uccide altri bambini…

di Caitlin Johnstone

Una volta potevo scrivere singoli articoli sulle singole cose brutte in cui è coinvolto l’impero statunitense nel mondo. In questi giorni trovo sempre più spesso necessario riunirne un mucchio in un unico articolo giornaliero per toccarne il maggior numero possibile, solo per rimanere al passo con i tempi.

Israele ha arrestato Jeremy Loffredo di The Grayzone, un giornalista statunitense che di recente aveva realizzato un reportage sul campo sugli attacchi missilistici iraniani della scorsa settimana in Israele. 

L’agenzia di stampa israeliana Ynet riporta che le accuse contro Loffredo “includono l’aiuto al nemico in tempo di guerra e la fornitura di informazioni al nemico”, che, come nota il suo collega Kit Klarenberg, può essere punito con la pena di morte in Israele. 

La Grayzone ha ulteriormente chiarito in un comunicato che ufficialmente la polizia israeliana sta trattenendo il reporter “con il sospetto di gravi reati di sicurezza per aver pubblicato pubblicamente… i luoghi in cui sono caduti i missili vicino o all’interno di strutture di sicurezza sensibili, con l’obiettivo di portare tutto ciò a conoscenza del nemico e quindi aiutarlo nei suoi futuri attacchi”.

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Jeremy Kuzmarov: Sette ottobre, è chiaro che non ci è stata detta la verità

lantidiplomatico

Sette ottobre, è chiaro che non ci è stata detta la verità

di Jeremy Kuzmarov* – CovertActionMagazine

In un appassionato discorso davanti al Congresso degli Stati Uniti a giugno, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato: “Come il 7 dicembre 1941 e l’11 settembre 2001, il 7 ottobre è una data che vivrà per sempre nell’infamia”.

Nella versione ufficiale propagandata da Netanyahu, il 7 ottobre i combattenti di Hamas hanno violato il muro di sicurezza israeliano e attaccato il festival musicale Tribe of Nova e i kibbutz circostanti, uccidendo 1.139 israeliani, tra i quali 815 civili. Israele ha risposto lanciando una guerra totale.

Gli scettici nei confronti della versione ufficiale si sono chiesti come Hamas abbia potuto violare il muro di sicurezza di Israele, che era tra i più sorvegliati al mondo e collegato a sensori.

Si sono anche chiesti come mai le forze militari israeliane non siano state immediatamente mobilitate per sbaragliare i combattenti di Hamas, che erano arrivati a bordo di deltaplani e avevano per lo più armi rudimentali.

Anche una rete di informazione mainstream come ABC ha trasmesso un servizio speciale su una squadra di ufficiali donne dell’IDF di stanza vicino al confine che avevano segnalato attività sospette ai loro superiori giorni prima dell’attacco del 7 ottobre, solo per vedere la loro segnalazione ignorata. La maggior parte delle ufficiali donne dell’IDF sono state massacrate quando la loro base è stata invasa il 7 ottobre.

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Redazione: Dall’etica del riconoscimento alla cultura del dono

fuoricollana 

Dall’etica del riconoscimento alla cultura del dono

di Redazione

Nel suo ultimo libro, Francesco Fistetti sostiene che l’Occidente euro-atlantico deve prendere atto che siamo ormai entrati in un mondo post-occidentale e operare un coraggioso decentramento rispetto alla sua presunta superiorità spirituale, riconoscendo la pari dignità delle altre culture

Un mondo post-occidentale

«Il titolo del libro “La svolta culturale dell’Occidente” conserva intatta l’urgenza per l’Occidente euro-atlantico di prendere atto che siamo ormai entrati in un mondo post-occidentale e di operare un coraggioso decentramento rispetto alla sua presunta superiorità spirituale riconoscendo la legittimità e la pari dignità delle altre culture. “Svolta culturale” era intesa sia nel senso descrittivo di una constatazione empirica di un mondo globale non più egemonizzato dalla cultura occidentale (come gli Studi Postcoloniali avevano cominciato a dimostrare), sia in un senso normativo, riconducibile alla necessità di una sua assunzione di coscienza e di responsabilità etico-politica. Ciò che da allora appare ancora più attuale è la prospettiva epistemologica che il paradigma del dono offre su questa problematica, che rimane più centrale che mai per costruire una convivenza fondata sulla pace e sulla giustizia.

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Antonio Martone: Contaminazione o standardizzazione?

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Contaminazione o standardizzazione?

di Antonio Martone

La retorica progressista contemporanea tende spesso a esaltare la contaminazione culturale come un valore in sé, associandola a principi di apertura, inclusione e pluralismo. Tuttavia, dietro questa narrazione apparentemente innocua e virtuosa, si celano contraddizioni profonde che meritano un’analisi critica. In particolare, la sinistra postmoderna rischia di scivolare in un discorso ideologico superficiale, che riduce la complessità dei fenomeni culturali a una celebrazione acritica del multiculturalismo. In questa prospettiva, la contaminazione culturale viene spesso presentata come un flusso continuo e indistinto di interazioni tra identità diverse, privo di tensioni, contraddizioni o resistenze.

Il concetto di “contaminazione culturale” nella retorica progressista assume una connotazione non scevra da connotati ideologici con cui l’incontro tra diverse identità culturali viene presentato come un processo naturale e armonioso. Tuttavia, questa visione rischia di ignorare un elemento essenziale: l’identità culturale non è un’entità fluida e neutra, bensì un sistema complesso di significati e appartenenze che si radicano nella storia, e che si inscrivono profondamente in un territorio oltre che nelle tradizioni specifiche di un popolo.

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