Fulvio Grimaldi: “Iena ridens vs carota anale”

Fulvio Grimaldi – 21/10/2024

MONDOCANE: Iena ridens vs carota anale USA, DAL SOGNO, MAI ESISTITO, ALL’INCUBO DI SEMPRE

 

Iena ridens vs carota anale
USA, DAL SOGNO, MAI ESISTITO, ALL’INCUBO DI SEMPRE

Radio28NewsTV: Leonardo Lisanti  intervista Fulvio Grimaldi

 

 

Kamala Harris e Donald Trump in corsa alle Elezioni USA 2024 che si terranno martedì 5 novembre: il mondo attende di scoprire chi sarà il vincitore e diventerà il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Cosa accadrà dopo le elezioni? Quale percorso ci attende in caso di vincita dell’uno o dell’altro candidato? Ne parliamo in questa puntata di Radio28News con lo scrittore e giornalista Fulvio Grimaldi.

 

IENA RIDENS VS CAROTA ANALE

Mi scuso con le iene che saranno pure ridentes, buon per loro, avranno i loro motivi, ma meritano ogni rispetto, in quanto animali intelligenti e che sanno stare al mondo, e ogni simpatia, meritano, per la pratica migliore che l’essere umano vanta, il sorriso. Quello che sparge a piena coda il mio bassotto, quando scodinzola in attesa di carezza, o biscotto, o passeggiata.

Sorriso contagioso, tonificante e rasserenante. Quando non è ghigno di magliaro elettorale umano, come quello che caratterizza tutti coloro che ci fottono, da Biden a Meloni, da Larry Fink a uno qualsiasi dei Papi, nessuno escluso. Oggi ai nostri emuli neo-post è caro il ghigno del tizio che è scampato a un paio di fucilate, più o meno ben mirate, ed è in questo caso che le prospettive di penetrazione, solitamente di cetrioli, hanno assunto il colore della carota.

Qui proviamo a uscire dal limbo delle banalità e dei conformismi che caratterizzano, tra tanti altri conniventi, i commenti agli esercizi di anti-democrazia e presa per il culo delle elezioni USA, da parte di notabili come il pontefice, o il presidente, o qualsiasi loro ragazzo di bottega che queste virtù pratichi su giornali o televisioni.

Kamala Harris, o The Donald Trump? La differenza sta mica nel tè che prendono, portogli da valletti e cortigiane. Sta piuttosto nel biscottino che ci intingono: quale al piccantino zenzero, quale alla carezzevole cannella. Il tè rimane sempre quello: botte e vilipendio a tutti coloro che non gli riconoscono la tiara, o la corona che dio gli ha dato. Tè sorbito a las cinco de la tarde, ogni santo giorno di guerra che un qualche logaritmo manda in onda e in Terra..

Ci sono i legulei dell’onanismo mediatico mirato che disquisiscono sul voto USA con la perspicacia di quello che, nell’indimenticabile commedia del Trio, entrava e chiedeva a Pedro col bicchiere tra le labbra e il liquido che gli gorgogliava in gola, “Bevi qualcosa Pedro, bevi qualcosa?” Dicesi tautologia. Trattasi di dissonanza comunicativa, inevitabile conseguenza della dissonanza cognitiva da manipolazione.

Si tratta, in parole accessibili agli scampati alla dissonanza, di circolo vizioso: il padrino-padrone rigurgita qualcosa, tu lo raccoglie nel fazzolettino Kleenex e lo stropicci addosso all’altro passeggero, nel tuo viaggio attraverso i bizantinismi astuti che l’èlite di allora impose per sempre al sistema elettorale più truffaldino, sia nel prima, che nel durante, che nel dopo, che il mago di Oz abbia mai saputo concepire.

Prima fai votare i gonzi, opportunatamente indirizzati da qualche ossessione mediatica in cui si dice che uno dei due tromba il mondo insieme a Putin e che l’altro, sotterrato il suo laptop pieno di schifezze, droga, molestie sessuali, ruberie, è l’ottimo rampollo di un presidente che non si è mai accorto di niente (anche perché il figliolo lo confondeva con ottimi affari cinesi e ucraini). Sono cose che contano nel voto, mica il fatto che ti ritrovi tra alcuni milioni di espulsi in bidonville di roulotte fuori città, come a Lagos Nigeria, perché da Detroit al Kansas, in cambio dei missili per Zelensky, il costo dell’affitto e di tutto il resto è diventato troppo alto.

Fatti votare quelli così illuminati da New York Times, CNN, FBI e Obama, li metti da parte. Non contano molto, qualsiasi cosa abbiano potuto scegliere tra blackout notturni e vagonate di voti postali mai certificati, che arrivano giorni dopo, quando si tratta di rettificare quanto uscito dalle urne e dai logaritmi degli Hightech fidati  A questo punto arrivano i Grandi Elettori, 538, eletti anni prima nei vari Stati e, facendo delle schede del minuto popolo coriandoli con cui rallegrare quello stesso popolo, decidono loro chi debba essere presidente.

Nel 2000 in Florida tra Bush e Al Gore se la si giocava per alcune decine di voti. Ma un riconteggio avrebbe potuto definire l’esito. Non lo fecero, non avrebbe prodotto l’esito giusto. Si rivolsero ai Grandi Elettori e si accapigliarono su chi ne avesse incamerato uno di più. Alla fine la Corte Suprema, con la maggioranza di giudici nominata da una delle due parti, decise, lei, chi avesse vinto. Optarono per Bush il minore. La maggior parte di quei giudici li aveva nominati il papà.

I nostri affidabilissimi Federico Rampini e Paolo Mieli giurano che quella è la più grande democrazia del mondo. E chi siamo noi per obiettare?

 

Sharing - Condividi