[SinistraInRete] Daniela Tafani: Omini di burro. Scuole e università al Paese dei Balocchi dell’IA generativa

Rassegna 28/10/2024

Daniela Tafani: Omini di burro. Scuole e università al Paese dei Balocchi dell’IA generativa

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Omini di burro. Scuole e università al Paese dei Balocchi dell’IA generativa

di Daniela Tafani

Come l’omino di burro del romanzo di Collodi, chi introduca nelle scuole e nelle università strumenti di “intelligenza artificiale generativa” promette agli studenti un Paese dei Balocchi in cui potranno scrivere senza aver pensato. I sistemi neoliberali – nei quali si ritiene che la didattica sia un addestramento ai test e che la valutazione delle opere dei ricercatori non ne richieda la lettura – sono già pronti a un simile annientamento dell’istruzione pubblica e alla sua sostituzione con qualche software proprietario.

Volentieri la redazione ripubblica il contributo di Daniela Tafani apparso sul Bollettino telematico di filosofia politica

Pinocchio 1940 The Coachman 2.png1. Macchine per scrivere frasi probabili

A un programma informatico si assegna talvolta il nome della facoltà umana che si desidera implementare; così, osservava nel 1976 Drew McDermott, si ingannano molte persone, tra le quali in primo luogo se stessi, riguardo a ciò che il programma è effettivamente in grado di fare: “un programma chiamato ‘PENSARE’” – scriveva McDermott – “tende ad acquisire inesorabilmente strutture di dati chiamate ‘PENSIERI’”. L”espressione “intelligenza artificiale generativa” è un esempio di tale “mnemotecnica dei desideri”: induce infatti a dimenticare che si tratta di software che gira su computer e che generare output a partire da input è ciò che i software normalmente fanno.

I generatori di linguaggio sono sistemi informatici di natura statistica, basati su grandi modelli del linguaggio naturale (Large Language Models): producono stringhe di testo, sulla base di una rappresentazione probabilistica del modo in cui le sequenze di forme linguistiche si combinano nei testi di partenza e sulla base della valutazione, formulata da esseri umani, dei gradi di preferibilità delle risposte.

L’interazione con tali sistemi non ha nulla a che vedere con l’interlocuzione con un essere umano. Quando immettiamo, quale input, una domanda – ad esempio, Chi ha scritto I promessi sposi?” –, la domanda che stiamo effettivamente ponendo è un’altra: nel caso di questo esempio, è: “Data la distribuzione statistica delle parole nel corpus iniziale di testi, quali sono le parole – che gli utenti e i valutatori approverebbero maggiormente – che è più probabile seguano la sequenza Chi ha scritto I promessi sposi?“”.

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Pino Arlacchi: Il Secondo Olocausto e le Nazioni Unite

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Il Secondo Olocausto e le Nazioni Unite

Alessandro Bianchi intervista Pino Arlacchi

l’AntiDiplomatico intervista l’ex vicesegretario delle Nazioni Unite: “Non ci sono qui camere a gas, ma sono all’ opera gli stessi infernali meccanismi del primo Olocausto”

ARLACCHI2 1100x1100.jpg“Sono diventato pessimista sull’esito della partita Israele-Palestina”. Pino Arlacchi, ex vicesegretario generale e Direttore del programma antidroga e anticrimine dell’ONU torna a dialogare con “Egemonia”. Uno dei più noti sociologi e criminologi a livello mondiale, cultore delle materie internazionalistiche e in particolare delle dinamiche delle Nazioni Unite, autore di saggi importanti su terrorismo e finanza, a Pino Arlacchi abbiamo chiesto di aiutarci a inquadrare il massacro israeliano in atto alla luce del diritto internazionale e, soprattutto, offrire proposte concrete che potrebbero essere prese per dare al regime di Tel Aviv una pressione internazionale che oggi manca.

* * * *

Sulla definizione del massacro in corso da parte di Israele si dibatte molto sul termine da utilizzare. Come lo definirebbe Lei alla luce del diritto internazionale?

“La rottura dell’ultimo tabù al riguardo è stata la delibera della Corte internazionale di giustizia che ha definito i massacri di Gaza un tentato genocidio. Pochi si sono accorti delle conseguenze di questa svolta. Media e governi occidentali -nonché il Palazzo di Vetro- hanno immediatamente calato il sipario sul tema. La svolta è stata, in realtà, il riconoscimento di un fatto talmente imbarazzante da non poter essere accettato, in precedenza, neppure da molti critici del sionismo. Non si può più negare che quanto avviene davanti ai nostri occhi è il tentativo di sterminare un popolo e non la vendetta per una catastrofe subita un anno fa. Non siamo di fronte a un eccesso di legittima difesa.

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Fachinelli e/o Fortini?

di Ennio Abate

Prima parte

Fortini cartella Siena aElvio Fachinelli, il desiderio dissidente (Quaderni Piacentini n. 33 – febbraio 1968)

Dietro front. Torno al 1968. In quell’anno lessi pure «Il desiderio dissidente» sul n.33 – febbraio 1968 dei «quaderni piacentini». Un saggio calato – oggi direi: quasi affogato – in un presente che allora ribolliva. Fachinelli parlava di «movimenti di dissidenza giovanile del nostro e degli altri paesi ad alto sviluppo industriale». Li diceva fragili nei «contenuti programmatici» e nei «comportamenti», ma tenaci: non si facevano riassorbire dal Sistema, dal Potere. Diceva. Ma chi era per me, che partecipavo all’occupazione della Statale di Milano (qui), Elvio Fachinelli e che effetti ebbe su di me quella lettura? Un nome che sentivo per la prima volta, uno psicanalista. Visto appena – una sola volta, mi pare nel 1988 – vent’anni dopo tra il pubblico della Casa della Cultura di Via Borgogna. E, quando lessi quel suo saggio, sulla psicanalisi avevo al massimo curiosità, sospetti o idee libresche e incerte. Forse, se non fosse stato pubblicato sui «quaderni piacentini», neppure l’avrei notato. Perché l’ideologismo della politica al primo posto, impostosi per tutti gli anni Settanta, mi aveva raggiunto e preso in ostaggio.

La prima reazione fu di simpatia. Nelle parole di Fachinelli ritrovavo, espresso su un piano intellettuale autorevole e argomentato, quel desiderio di libertà e di cambiamento, che sentivo attorno a me. Ma il ghiaccio sociale sembrava rotto anche per me. Uscivo dall’isolamento dell’immigrato, che in una Milano a lui sconosciuta era riuscito a stabilire fino ad allora poche e limitate relazioni, mi ritrovavo di botto tra compagni e compagne e ascoltavo con piacere discorsi di denuncia, svecchiamento e rivolta. Eppure impacci e dubbi restavano; e si svelarono anche in quella mia lettura.

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Piccole Note: Libano: i sunniti resistono alle pressioni Usa per eliminare Hezbollah

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Libano: i sunniti resistono alle pressioni Usa per eliminare Hezbollah

di Piccole Note

La guerra e le pressioni non riescono a isolare Hezbollah all’interno del Libano.Il governo libanese respinge gli ultimatum e chiede l’applicazione della risoluzione ONU 1701

Amos Harel, su Haaretz, verga un articolo dai toni trionfalistici sulla guerra che Israele sta conducendo in Libano contro Hezbollah, sgranando i tanti successi che Tel Aviv può vantare, dall’uccisione di tanti leader del movimento sciita, a iniziare dal suo leader carismatico Hassan Nasrallah, alla riduzione delle capacità offensive del nemico, soprattutto per quanto riguarda le sue capacità balistiche (così temute all’inizio dello scontro) e tanto altro.

 

Dichiarare vittoria e chiudere la guerra

Una serie di successi indubbi, commista ad altri dubbi, che fanno concludere all’analista israeliano che è improbabile che Israele possa “escogitare una ‘immagine di vittoria’ più convincente” di questa.

Conclusione da cui discende la considerazione più interessante: “Ci stiamo avvicinando al punto in cui il beneficio militare derivante dalla prosecuzione della guerra sarà pari al prezzo che verrà pagato per essa, nella misura in cui Hezbollah riuscirà a riprendersi.

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Leonardo Sinigaglia: Kazan 2024, la resa dei media occidentali: chi ha isolato chi?

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Kazan 2024, la resa dei media occidentali: chi ha isolato chi?

di Leonardo Sinigaglia

Dal’inizio dell’Operazione Militare Speciale russa in Donbass e Ucraina, uno dei mantra preferiti dalla propaganda occidentale è stato quello del preteso isolamento della Russia.

Secondo i nostri politici e giornalisti, Mosca sarebbe stata “isolata” dalla “comunità internazionale” a causa della sua “improvvisa e immotivata invasione di un paese pacifico”.

Questa narrazione, già debole finanche nei convulsi giorni seguiti a quel 22 febbraio, ha mostrato col passare dei mesi di essere una mera fandonia, un pio desiderio delle classi dirigenti euro-atlantiche a cui la realtà, nonostante tutte le conferenze stampa e le colonne sui giornali, si ostinava a non conformarsi.

La più grande e feroce campagna sanzionatoria della Storia non è riuscita a piegare l’economia russa, con i paesi del mondo, finanche occidentali, impegnati in un complesso gioco di triangolazioni ed espedienti per garantirsi il collegamento con i mercati russi. Similmente, nemmeno dal punto di vista politico la Russia è rimasta “isolata”: sono stati approfonditi i rapporti con i partner tradizionali e anche con quelli più recenti, il ridicolo e ipocrita “mandato di cattura” ai danni del presidente Putin non ha prodotto frutti, la popolarità di Mosca è incredibilmente cresciuta, soprattutto nello strategico continente africano, e le organizzazioni di cui è parte hanno visto uno sviluppo qualitativo portentoso.

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Fabbricanti di Fake NewsGaetano Colonna:

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Fabbricanti di Fake News

di Gaetano Colonna

 

Tutti hanno notato che i governi, compreso il nostro, promuovono campagne contro la creazione e la diffusione delle cosiddette Fake News, un tempo più semplicemente definite “notizie false”. Sono sempre più numerose le prove che in realtà sono proprio i governi ad utilizzare intensivamente, almeno per talune loro delicate attività, la fabbricazione di fakes.

Apprendiamo infatti da un lungo articolo del giornale online statunitense The Intercept che il Joint Special Operation Command (JSOC), ovvero il “Comando Congiunto delle Operazioni Speciali” USA, sta cercando aziende in grado di creare falsi «così convincenti che né gli esseri umani né i computer saranno in grado di rilevare che sono falsi».

 

Fake news speciali

Nel documento declassificato, riportato dal giornale, si legge espressamente che:

«Special Operations Forces (SOF) are interested in technologies that can generate convincing online personas for use: on social media platforms, social networking items, and other on line content. The solution should include facial & background imagery, facial & background video, and audio layers». (Le Forze per le Operazioni Speciali (SOF) sono interessate a tecnologie in grado di generare personaggi convincenti da utilizzare su piattaforme di social media, social network e altri contenuti online. La soluzione deve includere immagini del volto e dello sfondo, video del volto e dello sfondo, livelli audio).

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Mauro Casadio: “Il comunismo del Novecento ha prodotto un processo di emancipazione generalizzato”

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“Il comunismo del Novecento ha prodotto un processo di emancipazione generalizzato”

Intervista a Mauro Casadio

Torniamo a soffermarci sul recente Forum su “Elogio del comunismo del Novecento” organizzato a Roma dalla Rete dei Comunisti per valutare e approfondire insieme a Mauro Casadio alcuni aspetti emersi dalla discussione.

Intanto è già cominciata la raccolta dei contributi pervenuti al Forum per procedere quanto prima alla pubblicazione degli atti. Già si prevede un volume “corposo” come avvenuto nel caso de “Il Giardino e la Jungla”, la cui circolazione e presentazione nelle città italiane consentirà di proseguire il dibattito e le analisi emerse dal forum del 4-5-6 ottobre. Mauro Casadio, per la Rete dei Comunisti, ha curato l’introduzione dei lavori del Forum.

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Da cosa è nata l’esigenza di dare vita a un Forum sull’elogio del comunismo del Novecento?

Nasce dalla palese e incredibile rimozione che viene fatta di fronte ai drammatici scenari che stanno maturando per tutta l’umanità prodotti dallo sviluppo capitalista. Siamo di fronte nuovamente ai rischi di una guerra nucleare, a un immiserimento generalizzato delle classi subalterne laddove il capitalismo e l’imperialismo comandano e a questi scenari si aggiungono i danni prodotti dalla crisi ambientale.

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Elena Basile: La spirale primitiva del taglione

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La spirale primitiva del taglione

di Elena Basile

Leggo le dichiarazioni dei principali esponenti politici occidentali di fronte all’assassinio di Yahya Sinwar, capo dell’organizzazione (definita terroristica) Hamas, ma anche colui che pareva disposto a trattare con Israele al fine di trovare una soluzione al rebus: rilascio degli ostaggi in cambio del cessate il fuoco.

Tutt’altro che una equazione difficile da risolvere se Israele non avesse un governo a questo punto anch’esso terrorista, che nei fatti si oppone a qualsiasi ipotesi che non contempli l’utilizzo della forza bruta militare. Dal loro punto di vista non c’è spazio per all’avvio di negoziati per affrontare diplomaticamente tanto le comprensibili esigenze di sicurezza di Israele, quanto le sacrosante rivendicazioni del popolo palestinese, un popolo martoriato a partire dall’esodo del 1948.

Nell’atteggiamento dei leader europei, non c’è nulla che richiami ad esempio la postura di Olof Palme, il compianto leader di una socialdemocrazia svedese, amante della pace e del vero progresso sociale, ormai sepolta nel passato remoto.

Leggevo insomma le dichiarazioni di Biden, Macron, Rutte e dei tanti altri come loro, e mi sembrava di palpare il nichilismo occidentale, ben descritto da Emmanuel Todd nel suo libro “La disfatta dell’Occidente”, che grazie all’editore Fazi è disponibile ora anche in Italia.

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OttolinaTV: Perché il vertice BRICS di Kazan è l’ultima speranza che abbiamo per evitare la terza guerra mondiale

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Perché il vertice BRICS di Kazan è l’ultima speranza che abbiamo per evitare la terza guerra mondiale

di OttolinaTV

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8Ottoliner buongiorno e benvenuti a questo nuovo appuntamento delle cronache di fine impero; come molti di voi sapranno, nonostante il silenzio assordante del circo mediatico domani a Kazan avrà inizio quello che, con ogni probabilità, è l’evento di politica internazionale più importante dell’anno: il sedicesimo summit annuale dei BRICS (ormai ufficialmente BRICS+), probabilmente il più importante dalla loro fondazione nel 2009, subito dopo lo scoppio della grande crisi finanziaria causata dagli USA e pagata da tutto il resto del mondo. L’Occidente collettivo, infatti, che è ostaggio di una ristrettissima oligarchia finanziaria che deve il suo dominio all’imperialismo finanziario USA e alla dittatura globale del dollaro, ha già dichiarato la guerra totale al resto del mondo per ostacolare l’ineluttabile transizione a un nuovo ordine multipolare; e, dopo aver subito una clamorosa sconfitta nella prima battaglia sul fronte ucraino, è impegnato a sostenere la deflagrazione definitiva di un secondo fronte in Medio Oriente per salvare la faccia, destabilizzare il pianeta e ostacolare così, appunto, la crescita economia e industriale dei presunti avversari. Di fronte alle evidenti difficoltà del blocco occidentale, in molti (ovviamente intendo tra gli antimperialisti che, comunque, alle nostre latitudini sono una piccola minoranza, per quanto sempre più consistente), presi dall’entusiasmo, tifano per una resa dei conti definitiva che metta fine per sempre all’imperialismo a guida USA attraverso le armi e – sempre presi dall’entusiasmo – sono spinti a farsi un’immagine dei BRICS+ come di un blocco di Paesi coeso, pronto a guidare questa distruzione – via missili ipersonici – del Grande Satana. Purtroppo (o per fortuna) rischiano di rimanere delusi: ammesso e non concesso che alcuni dei BRICS+ auspichino davvero la resa dei conti definitiva via armi contro il dominio dell’Occidente collettivo, quello che possiamo dire con un discreto margine di certezza è che, di sicuro, non è una posizione condivisa e nemmeno maggioritaria.

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Stefano Borroni Barale: L’intelligenza artificiale. Problemi e prospettive

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L’intelligenza artificiale. Problemi e prospettive

Intervista a Stefano Borroni Barale

robot armati.jpg“L’Ai attuale è una grande operazione ideologica e di marketing, confezionata per aumentare il controllo delle persone e restringere il margine di libertà digitale” (1)

L’Intelligenza artificiale (Ai) è un tema oggi talmente di moda che persino il papa ha ritenuto indispensabile dire la sua sull’argomento. Un utile strumento per orientarsi in questo profluvio di notizie, in genere sensazionalistiche e spesso fuorvianti, è fornito dal libro recentemente pubblicato di Stefano Borroni Barale, “L’intelligenza inesistente. Un approccio conviviale all’intelligenza artificale”, Altreconomia, 2023. Un agile saggio divulgativo alla portata anche del lettore meno esperto.

Il titolo “L’intelligenza inesistente” rimanda esplicitamente ad Agilulfo il “cavaliere inesistente” creato da Italo Calvino, un paladino che pur “non esistendo” riesce comunque a combattere valorosamente al servizio di Carlomagno (“Bé, per essere uno che non esiste, siete in gamba !” sbotta a un certo punto l’imperatore).

Più precisamente per l’autore – a differenza di quanto sostengono i millantatori – non esiste oggi (né è alle viste) una Ai “forte” in grado di pensare come un essere umano ma solo un’Ai “debole” in grado di “simulare” alcuni aspetti del pensiero umano. Una Ai che funziona solo grazie al lavoro costante di un vasto proletariato digitale, invisibile e malpagato (i cosiddetti “turchi meccanici” o “turker”). (2)

“Collegamenti” ha posto alcune domande all’autore. (3)

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Mentre gli entusiasti esaltano le prospettive che ci offre lo sviluppo dell’Ai, a molti non ne sono sfuggiti i pericoli, dal punto di vista della privacy, della violazione del diritto d’autore e dell’uso bellico (come il controllo totale sui palestinesi nella “smart city” di Hebron e i droni israeliani che seminano morte a Gaza). Secondo te quali sono i maggiori rischi di questa nuova tecnologia, così come si va configurando ?

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Enrico Tomaselli: Medio Oriente in fiamme 1/2

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Medio Oriente in fiamme 1/2

di Enrico Tomaselli

Un sommario inquadramento geopolitico della situazione mediorientale, per provare ad orientarsi nel complesso panorama della regione, tra le più esplosive del pianeta, e comprenderne le dinamiche politiche e militari. Prima parte di una analisi generale, che successivamente, nella seconda, esaminerà gli aspetti militari del conflitto

MEIF1.jpgGli avvenimenti mondiali susseguiti all’avvio dell’Operazione Speciale Militare, nel febbraio 2022, hanno sicuramente rilanciato – specialmente in occidente – un interesse diffuso per la geopolitica, materia negletta da decenni. Questo rinnovato interesse, però, non ha trovato grande corrispondenza nella effettiva comprensione delle dinamiche che la sottendono, anche e soprattutto nelle élite politiche europee.

Anche chi prova a fare delle analisi geopolitiche, del resto, spesso tende a dare per scontate cose che, invece, tali non sono per il grande pubblico. Uno degli errori più comuni – nella rappresentazione e quindi nella comprensione – è quello di focalizzare l’attenzione sugli attori principali, ricadendo, anche involontariamente, in quelle schematizzazioni dualistiche che hanno caratterizzato i decenni precedenti, allontanandosi quindi dalla complessità che invece caratterizza appunto la visione geopolitica.

Con questa consapevolezza, si vuole qui pertanto affrontare l’attuale situazione mediorientale – al momento la più incandescente – partendo dapprima da una valutazione complessiva del quadro geopolitico, per poi esaminare nella seconda parte – con uno sguardo più ravvicinato – la situazione di teatro sotto il profilo militare.

Quando guardiamo al conflitto in Medio Oriente, tendiamo appunto a escludere (o quanto meno a marginalizzare) gli attori non di primo piano. Vediamo Israele, con gli Stati Uniti alle loro spalle, e dall’altro lato l’Iran con i vari soggetti dell’Asse della Resistenza.

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Gioacchino Toni: La società della ricompensa. I tanti volti (sorridenti) della gamification coercitiva

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La società della ricompensa. I tanti volti (sorridenti) della gamification coercitiva

di Gioacchino Toni

Adrian Hon, La società della ricompensa. Perché la gamification ci fa giocare di più ma divertire di meno, traduzione di Paolo Bassotti, Luiss University Press, Roma 2024, pp. 320, € 23,00 edizione cartacea, € 12,99 ebook

gami 123.jpgUscito con il titolo You’ve Been Played: How Corporations, Governments, and Schools Use Games to Control Us All (‎Basic Books, 2022), il volume, dal taglio divulgativo, è stato scritto da un autore che conosce bene l’universo dei videogame e delle loro applicazioni extra-ludiche. Adrian Hon è programmatore di videogiochi, co-creatore di Zombies Run! – uno dei più popolari mobile fitness game – e co-fondatore della celebre casa di produzione indipendente di videogame Six to Start.

Nonostante il termine gamification si sia diffuso soltanto in avvio del nuovo millennio, del ricorso a logiche di gioco per scopi non ludici si può parlare anche a proposito di pratiche in uso ben da prima dell’avvento del digitale e di internet. Indubbiamente le nuove tecnologie hanno incrementato il grado di pervasività e di incidenza della gamification1 ed è passando in rassegna i fattori tecnologici e sociali che hanno portato a tutto ciò che si apre il libro di Hon.

Lo sguardo utopico con cui si guardava ai giochi come se questi potessero “salvare il mondo” proprio dei decenni a cavallo tra il cambio di millennio – onda lunga di quel tecno-ottimismo che aveva contraddistinto la nascita di internet e l’arrivo del digitale –, può dirsi scemato a metà degli anni Dieci quando, invece, si è diffusa una sorta di disillusione circa il mondo della rete. In realtà scrive Hon, «l’aura carismatica che avvolgeva i vecchi ideali utopistici non è morta, ma si è spostata su quel tipo di gamification della vita e del lavoro oggi tanto in voga, conferendole una legittimità morale che cela i suoi aspetti più manipolatori» (p. 33).

Nonostante ad avere la meglio sia stata una gamification conservatrice, utilizzata per aumentare la produttività e lo sfruttamento, Hon si guarda bene dal demonizzare il ricorso a logiche di gioco per scopi extra-ludici, non mancando di sottolineare come la gamification sia effettivamente dotata di un grande potenziale educativo e scientifico.

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Alessandra Ciattini: La CIA e la cosiddetta “French Theory”

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La CIA e la cosiddetta “French Theory”

di Alessandra Ciattini

aodinvghnCome l’agenzia di spionaggio è riuscita a creare un pericoloso clima antisovietico e antimarxista, camuffando la sua propaganda come informazione fattuale e ammorbidendo l’atteggiamento critico nei confronti della delirante politica impostasi agli albori del “secolo americano”, favorendo, inoltre, la metamorfosi delle forze politiche rappresentative del movimento operaio

Si potrebbe affermare che nulla accade per caso: l’indebolimento del marxismo è stato prodotto da molti fattori, tra i quali anche l’intervento diretto della CIA, i cui agenti (fatto sorprendente) erano dei raffinati cultori di filosofia.

Ricordo i giorni successivi all’ammainamento della bandiera rossa dal Cremlino e la sua sostituzione con quella russa. Tutti gioivano esultanti affermando che la guerra fredda era finita e che ci avrebbe aspettato un periodo di pace e di prosperità. Per quanto mi riguarda, insieme ai membri del mio ambiente culturale, non partecipai a questa gioia, convinta che la Germania dell’est era stata praticamente svenduta e la fine dell’URSS avrebbe messo in pericolo i già difficili equilibri mondiali. Non mi vanto di aver avuto ragione anzi, speravo e di avere torto e che le mie paure fossero infondate. Invece, oggi ci troviamo alle soglie di una terza guerra che sarà probabilmente nucleare, alquanto prevedibile se si conosce la natura insaziabile del capitalismo, il cui motto può così esser riassunto “dare il meno possibile, per ottenere il massimo”, o se vogliamo una citazione letteraria, così a un certo punto esclama in Moby Dick il capitano Akab: “Il mio movente e il miei fini sono folli, ma i miei mezzi sono razionali”. Razionali nel senso che sono adeguati all’apocalittico sterminio dell’umanità o all’uccisione della balena bianca. Tra l’altro ricordo che un bomba nucleare è anche meno cara rispetto a tutte le armi sofisticate che si stanno attualmente usando.

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Andrea Vento: Al via il vertice Brics+ di Kazan: fondamentale passaggio verso un nuovo ordine internazionale multilaterale, equo e inclusivo

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Al via il vertice Brics+ di Kazan: fondamentale passaggio verso un nuovo ordine internazionale multilaterale, equo e inclusivo

di Andrea Vento*

 

Un’agenda complessa e ambiziosa che potrebbe gettare le basi per la ridefinizione dell’architettura finanziaria internazionale basata sul dollaro

Grandi attese a livello internazionale, in primis nei Paesi che hanno a vario titolo mostrato interesse a collaborarvi, per il consueto vertice annuale dei Brics che quest’anno, a seguito della presidenza russa, si terrà a Kazan dal 22 al 24 ottobre prossimi. Nello specifico, la particolare importanza che assume l’atteso evento è principalmente riconducibile a tre ordini di motivazioni: sarà il primo vertice annuale dopo l’ampliamento del 1 gennaio scorso; vedrà la presenza di rappresentanti di un nutrito gruppo di Paesi al momento non ancora membri ed evidenzia un agenda programmatica di particolare rilevanza e complessità.

 

La situazione dei membri del Brics+

A Kazan andrà, dunque, in scena il primo summit ai massimi livelli di rappresentanza politica successivo al significativo ampliamento di inizio anno che ha sancito l’ingresso effettivo di Iran, Emirati Arabi Uniti, Egitto ed Etiopia, determinando, fra le varie, l’evoluzione dell’acronimo identificativo in Brics+. Mentre, l’Arabia Saudita, pur avendo anch’essa ufficialmente aderito lo stesso giorno, di fatto a oggi non ne ha ancora formalizzato l’ingresso sostanziale.

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Fulvio Grimaldi: Iena ridens vs carota anale

mondocane

Iena ridens vs carota anale

USA, dal sogno, mai esistito, all’incubo di sempre

di Fulvio Grimaldi

Radio28NewsTV: Leonardo Lisanti intervista Fulvio Grimaldi

In diretta18 ottobre alle ore 20:45

https://www.youtube.com/live/yNY_y4cBwlw

https://youtu.be/yNY_y4cBwlw

Kamala Harris e Donald Trump in corsa alle Elezioni USA 2024 che si terranno martedì 5 novembre: il mondo attende di scoprire chi sarà il vincitore e diventerà il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Cosa accadrà dopo le elezioni? Quale percorso ci attende in caso di vincita dell’uno o dell’altro candidato? Ne parliamo in questa puntata di Radio28News con lo scrittore e giornalista Fulvio Grimaldi.

Mi scuso con le iene che saranno pure ridentes, buon per loro, avranno i loro motivi, ma meritano ogni rispetto, in quanto animali intelligenti e che sanno stare al mondo, e ogni simpatia, meritano, per la pratica migliore che l’essere umano vanta, il sorriso. Quello che sparge a piena coda il mio bassotto, quando scodinzola in attesa di carezza, o biscotto, o passeggiata.

Sorriso contagioso, tonificante e rasserenante. Quando non è ghigno di magliaro elettorale umano, come quello che caratterizza tutti coloro che ci fottono, da Biden a Meloni, da Larry Fink a uno qualsiasi dei Papi, nessuno escluso.

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Fabio Pavesi: Per BlackRock l’Italia è un perfetto terreno di caccia. Ecco perché

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Per BlackRock l’Italia è un perfetto terreno di caccia. Ecco perché

di Fabio Pavesi*

Un’analisi praticamente perfetta – fatta da “tecnici” del capitale, senza alcun travestimento ideologico – di cosa è il governo Meloni, le sue chiacchiere e distintivo senza un briciolo di verità.E soprattutto della grande finanza internazionale, puramente speculativa, che vede in questo come in altri paesi in difficoltà soltanto l’occasione per conquistare posizioni dominanti, guadagni facilissimi (i “bollettari” delle infrastrutture, per esempio), pronti a determinare le scelte politiche insieme o in concorrenza con l’Unione Europea.

Quando tutta la popolazione si sveglierà dal sogno tossico che vive da oltre 30 anni, si accorgerà che in questo paese non ci sarà rimasto quasi nulla per creare ricchezza e benessere. Non certo per chi ci abita, ma neanche più per le imprese, che a quel punto saranno fuggite – chi avrà potuto – o avranno chiuso.

Buona lettura.

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Ci sono due livelli di lettura della recente girandola di incontri che Giorgia Meloni ha avuto con i big della scena finanziaria mondiale: da Larry Fink, il potente capo di BlackRock; al visionario e controverso Elon Musk, fino a Nadella di Microsoft, Sam Altman di OpenAi solo per citarne alcuni.

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Giuseppe Masala: Il “pezzo africano” della terza guerra mondiale

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Il “pezzo africano” della terza guerra mondiale

di Giuseppe Masala

In quel grande mosaico che è la Guerra Mondiale “a pezzi” in corso in questa fase storica certamente gioca un ruolo cruciale il tassello che comprende il Mar Rosso, lo stretto di Bab al-Mandab e il Golfo di Aden. Come tutti sappiamo ad aver acceso i riflettori dei mass media occidentali su quest’area è il blocco al transito alle navi occidentali – tutt’ora in corso – decretato dagli Houthi, ovvero i ribelli filoiraniani yemeniti che controllano sostanzialmente la parte ovest del paese.

Come si può capire questo blocco è uno smacco gravissimo per gli armatori occidentali che si vedono costretti a far percorrere alle loro navi cargo la costosissima rotta di circumnavigazione dell’Africa con il fine di evitare i missili antinave delle milizie yemenite.

Questo enorme problema economico per l’Occidente ci fa però dimenticare che lo stretto di Bab al-Mandab non ha solo la sponda nord-est nella penisola arabica, ma ha anche la sponda sud-ovest nel continente africano e precisamente in quel quadrante comunemente noto come Corno d’Africa.

Anche in questa precisa area africana i rapporti internazionali si stanno muovendo ormai in maniera sempre più evidente verso un potenziale conflitto; sia chiaro, nei rapporti tra stati incidono questioni di natura storica, antropologica, etnica, religiosa peculiari dell’area territoriale, ma spesso si vede anche la mano delle grandi potenze mondiali che tentano di influenzare “il gioco regionale” per trarne vantaggio.

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Marta Mancini: Il vittimismo dei forti

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Il vittimismo dei forti

di Marta Mancini

L’immagine di Benjamin Netanyahu dinanzi all’assemblea generale delle Nazioni Unite, mentre mostra le tavole del futuro assetto del Medio Oriente, racconta molto più di quello che appare. Poco importa se in molti hanno abbandonato l’aula al suo ingresso, dal momento che il messaggio del premier israeliano, giunto appositamente al Palazzo di Vetro per affermare nientemeno che la verità, è stato pronunciato con assoluta e consapevole determinazione affinché il mondo intero ne fosse, per così dire, informato. E affinché gli stessi israeliani insieme agli alleati storici fossero rassicurati sul fatto che nessuno d’ora in avanti potrà dirsi ignaro.

L’efficacia oratoria, tuttavia, non è tutta farina del sacco di Bibi: la diade maledizione-benedizione pronunciata per descrivere l’alternativa tra un Medio Oriente a influenza iraniana e l’auspicata prospettiva di annientamento della Repubblica Islamica, discende direttamente dalle Sacre Scritture, in particolare dal Deuteronomio (11, 26 e 31): “Vedi, oggi io pongo innanzi a voi benedizione e maledizione: benedizione se obbedirete ai precetti di Jahveh vostro Dio che oggi vi prescrivo; maledizione se non obbedirete ai precetti di Jahveh vostro Dio e devierete dal cammino che oggi vi prescrivo, seguendo altri dei che non avete conosciuto …

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