Rassegna 06/11/2024
Alberto Bradanini: “Kazan finirà nei libri di storia”. Dialogo sui Brics
“Kazan finirà nei libri di storia”. Dialogo sui Brics
Alessandro Bianchi intervista Alberto Bradanini
Il Vertice Brics in Russia per il futuro del nuovo mondo multipolare. Il punto sul processo di Dedollarizzazione e il messaggio inviato all’occidente
Abbiamo chiesto all’Ambasciatore Alberto Bradanini[i], come sempre una bussola imprescindibile per comprendere i tortuosi tempi in cui viviamo, un commento più a freddo e ragionato sul Vertice BRICS di Kazan per “Egemonia”.
Buona lettura.
* * * *
Ambasciatore, dopo alcuni giorni dalla sua conclusione, quali sono i suoi giudizi più a freddo sul Vertice di Kazan?
Senza enfatizzare oltre misura e a dispetto del fastidio con cui viene accolto in Occidente, non pare vi siano dubbi che il vertice Brics di Kazan sarà riportato nei libri di storia. Gli accordi di Bretton Woods (1944) conferirono al dollaro lo status di valuta di riserva in tutto il mondo e inaugurarono l’era della prevaricazione, a vantaggio dei vincitori, gli Stati Uniti. Kazan ha ora decretato che l’epoca dell’immutabilità del privilegio è giunta a fine corsa. I rapporti di potere sulla scena internazionale non cambieranno domattina, ma a Kazan il Sud del Mondo ha aperto nuovi orizzonti, insperati spiragli di luce nel tunnel distruttivo dove intendono rinchiuderci i generali Stranamore del Nord del Mondo. Costoro, in veste di cupe gentildonne e gentiluomini affetti da ipocrisia e narcisismo, si agitano con movenze ridicole su un palcoscenico da incubo, tentando di riportare indietro l’orologio della storia, quando il Regno del Bene era sovrano assoluto ed estrattore unico delle risorse altrui.
Che messaggio, secondo lei, è stato mandato all’occidente da Kazan?
Oggi l’Occidente è una locomotiva impazzita, il suo deragliamento metterebbe fine al genere umano.
L’eco che giunge da Kazan ha la concisione di un segnale telegrafico: “Il treno della storia si è rimesso in moto. Le pretese egemoniche dell’impero (nel silenzio ebete dei satelliti europei) hanno fatto il loro tempo.
Giannetto Edoardo (Nanni) Marcenaro: La funzione dialettica del “Manifesto del Partito Comunista” nel processo storico
La funzione dialettica del “Manifesto del Partito Comunista” nel processo storico
di Giannetto Edoardo (Nanni) Marcenaro
Introduzione
Il 175° anniversario della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista, ricorso l’anno passato, cade in un’epoca nella quale lo sviluppo del processo storico, da una parte, ha dimostrato come – a dispetto dei trionfali proclami dei liberali all’indomani del dissolvimento dell’Unione Sovietica– il socialismo e l’ideologia Marxista-leninista siano ben vivi e abbiano acquisito più forza e ricchezza di quanta mai ne avessero creata prima, soprattutto nella Repubblica Popolare della Cina, e dall’altra parte invece, ha segnato in Occidente l’inizio di una profonda crisi di credibilità, diffusione, e radicamento nelle popolazioni dei vari Stati europei, per quegli stessi movimento e pensiero.
Gli ultimi trent’anni hanno visto un ridimensionamento, non distante da una completa cancellazione dal panorama politico nell’Occidente capitalistico, delle formazioni comuniste o socialiste la cui influenza sulla società e sulle culture nazionali, nonostante il continuo deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro, si è sempre più ridotta, sotto l’attacco costante e sistematico del revisionismo storico e delle incessanti ondate contrarie dei prodotti culturali di massa.
La classe capitalista ha potuto prendere l’iniziativa in assenza di qualsiasi costrizione e trasformare a propria immagine e somiglianza l’intera società, disgiungendo gli aspetti politici dei rapporti sociali da quelli identitari, in modo da isolare “individuo” e “società”, disinnescando quindi qualsiasi portata rivoluzionaria dei movimenti dei diritti cosiddetti “civili”, e trasportando le questioni economiche nel loro insieme sul terreno della meccanica “celeste” del “libero mercato”, con i subdoli mezzi della retorica keynesiana di “imprese” e “famiglie”, nella quale dilegua qualsiasi nozione di conflitto sociale o di classe e la prospettiva unica sull’orizzonte degli eventi è quello del thatcheriano “there is no alternative”: è consentito soltanto appellarsi al lumicino della speranza che “un altro capitalismo” sia possibile.
OttolinaTV: Gli USA battono in ritirata? – Il piano che metterebbe fine all’eccezionalismo statunitense
Gli USA battono in ritirata? – Il piano che metterebbe fine all’eccezionalismo statunitense
di OttolinaTV
Ma se, invece che finire di scatenare la terza guerra mondiale, l’Occidente decidesse di ritirarsi? Di fronte alla debacle ucraina, al fallimento della guerra economica e commerciale contro la Cina e alla manifesta incapacità di tirare un ragno dal buco dal caos in Medio Oriente, negli ultimi mesi, sulle principali testate specializzate di politica internazionale d’oltreoceano, si sono andati moltiplicando gli appelli a un ridimensionamento complessivo delle ambizioni egemoniche dell’imperialismo a guida USA; e non mi riferisco alle fantasie erotiche sul fantomatico isolazionismo di Trump: per un impero globale come gli USA, che vive del furto sistematico di una parte consistente della ricchezza prodotta nel resto del mondo, l’isolazionismo – banalmente – non è un’opzione. No: mi riferisco a una lunga serie di riflessioni che partono dall’assunto che (volenti o nolenti) l’ordine globale, in qualche misura, è già multipolare e le mire egemoniche degli USA risulterebbero ormai sostanzialmente velleitarie: sostanzialmente, si avanza l’ipotesi che sia arrivata l’ora di operare una qualche forma di ritirata ordinata e si cerca di stabilirne fini e modalità; le riflessioni più comuni si limitano, di solito, a ipotizzare la ritirata da qualche fronte per concentrarsi maggiormente su quelli ritenuti più urgenti e vitali. Altre cercano di stabilire le condizioni minime necessarie affinché una ritirata ordinata non si tramuti in un vera e propria disfatta; ma mai nessuno si era spinto a ridisegnare, in modo così ampio ed esaustivo, le coordinate di un nuovo ipotetico ruolo degli USA e dei suoi alleati nel nuovo ordine multipolare come questo articolo pubblicato lunedì scorso su Foreign policy. Congelamento del fronte ucraino e fine all’espansionismo della NATO per permettere a una piccola (ma stabile) Europa di contrattare serenamente le condizioni della pace con il vicino russo, fine del sostegno incondizionato a Israele e definitiva ritirata degli USA dal Medio Oriente; e, soprattutto, stop a ogni tentativo di costruire una coalizione anti-cinese nel Pacifico: insomma, decisamente pane per i nostri denti. Ma prima di addentrarci nei dettagli di questo coraggioso piano, vi ricordo di mettere mi piace a questo video per permetterci di non dover dichiarare anche noi la nostra ritirata e continuare, invece, la nostra battaglia quotidiana contro la propaganda e la dittatura degli algoritmi e, se ancora non lo avete fatto, anche di iscrivervi a tutti i nostri canali su tutte le piattaforme social – da YouTube a Spotify, da X a Telegram, passando per Rumble – e di attivare tutte le notifiche.
Sergio Cesaratto: Le bugie di Giorgetti
Le bugie di Giorgetti
La nuova governance fiscale europea fra bugie e metafisica
di Sergio Cesaratto
Il governo ha presentato la nuova Legge di Bilancio che segue l’invio a Bruxelles del Piano strutturale di bilancio (PSB) in ottemperanza alla nuova governance fiscale europea varata lo scorso aprile. L’obiettivo del PSB per i Paesi ad elevato debito è di portare il rapporto fra debito pubblico e il PIL su una traiettoria discendente (almeno -1% all’anno), e mantenere il disavanzo al di sotto del 3 per cento del PIL nel medio termine (conseguendo a regime un massimo di 1,5% di disavanzo strutturale). Il PSB definisce in accordo con La Commissione europea il percorso pluriennale necessario per realizzare gli obiettivi. È nel quadro dell’aggiustamento proposto alla Commissione che vanno giudicate le promesse politiche presenti e future del governo di non operare né tagli massicci della spesa pubblica, né aumenti delle imposte, al massimo una lotta agli “sprechi”.
Dalla trattativa con la Commissione scaturirà una traiettoria pluriennale della “spesa netta”. Quest’ultima è la spesa pubblica al netto di quella per interessi. Il tasso di crescita nominale della spesa netta è la variabile chiave per il monitoraggio dell’attuazione del PSB.
L’aggiustamento di bilancio pluriennale espresso in termini di tassi di crescita annuali della spesa netta nominale sarà inderogabile (a meno di catastrofi). Qual è la logica della regola? Una ratio ovviamente c’è, e non è neppure troppo complicata.
Francesco Cappello: L’intelligenza artificiale chiamata a decidere la guerra atomica
L’intelligenza artificiale chiamata a decidere la guerra atomica
di Francesco Cappello
In pochissimi minuti bisogna essere pronti alla risposta e all’attacco nucleare. Come nel caso di una guida senza conducente, ci si affida, perciò, all’intelligenza artificiale anche in questo caso estremo mettendo da parte la ragionevolezza umana giudicata troppo lenta nei suoi processi decisionali. L’intelligenza artificiale però non ha coscienza, letteralmente non sa quel che fa. Affidarsi a processi decisionali artificiali non è forse da incoscienti?
Una caratteristica poco nota di un eventuale confronto bellico nucleare tra superpotenze è la rapidità con cui si svolgerebbe. I tempi previsti, perché gli ordigni atomici, con il loro smisurato carico di morte, giungano a bersaglio, sono dell’ordine di qualche minuto se ci si limita allo spazio europeo (vedi il mio Le prime ore del conflitto provocherebbero più di 90 milioni di persone uccise e ferite) e rimangono di quest’ordine di grandezza se piuttosto che considerare i tempi più ampi (tra venti e trenta minuti) dei missili balistici intercontinentali, si prendessero in esame i tempi per giungere a bersaglio necessari ai vettori nucleari a bordo di sommergibili naviganti in acque internazionali, nei pressi delle coste del paese nemico (1).
Atomic first strike
Fabio Mini: Kim, Putin e il doppiopesismo della NATO
Kim, Putin e il doppiopesismo della NATO
di Fabio Mini
Che la guerra in Ucraina fosse convenzionale è assodato da tempo. Almeno fino a quando non si scoprirà con meraviglia e sorpresa che sono già state usate armi non convenzionali, munizioni speciali, aggressivi biologici e chimici.
E fino a quando non si passerà alla guerra nucleare che potrebbe accadere in ogni momento. Nella guerra convenzionale vige il principio di reazione di Newton secondo il quale a ogni azione corrisponde una reazione che la natura, la scienza, l’etica e il diritto bellico vorrebbero uguale e contraria.
In realtà sempre più spesso la reazione bellica motivata è innaturale, sproporzionata, asimmetrica e indiretta. Quella immotivata non è una reazione ma un’azione. La reazione israeliana all’azione di Hamas è stata sproporzionata e diretta non contro Hamas ma contro tutti i palestinesi esistenti e quelli non ancora nati. Altra cosa innaturale è giustificare chi agisce affermando che reagisce. Dopo l’introduzione del ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti (1928) si è continuato a fare la guerra di aggressione dando a essa nomi diversi e confondendo azione e reazione secondo la convenienza del momento. Non si è considerata la vera storia che registra l’accumulo di azioni, minacce e ingiustizie che hanno portato alla reazione.
Olúfẹ́mi O. Táíwò: Sfuggire alla cattura delle élite
Sfuggire alla cattura delle élite
Cinzia Arruzza intervista Olúfẹ́mi O. Táíwò
Olúfẹ́mi Táíwò fa saltare le prospettive del dibattito dominante sulle «guerre culturali». E ci ricorda che il pensiero anticoloniale può essere l’antidoto al depotenziamento delle identity politics. Anche nelle presidenziali Usa
Nel suo libro La cattura delle élite, appena tradotto in italiano, il giovane filosofo afroamericano Olúfẹ́mi Táíwò cambia la consueta e poco produttiva prospettiva delle polarizzanti discussioni intorno alle «guerre culturali» e le «politiche delle identità». Attingendo dalla tradizione del pensiero anticoloniale, mostra infatti quanto il concetto di identity politics oggi in voga sia molto distante da quello introdotto negli anni Settanta dal Collettivo femminista nero Combahee River. Indica però come causa di questa degenerazione non l’attivismo antirazzista contemporaneo ma le élite liberali dominanti: quel concetto è divenuto infatti preda della «cattura delle élite», che – come per altri contenuti politici radicali – spogliano le identità del loro potenziale di liberazione per utilizzarle a proprio vantaggio.
In questo dialogo con Cinzia Arruzza, professoressa di filosofia alla Boston University e tra l’altro autrice, con Tithi Bhattacharya e Nancy Fraser, di Femminismo per il 99%, discute di come i movimenti sociali possano riconoscere e sfuggire alla «cattura», e di quanto questo processo possa servire a interpretare le dinamiche della campagna elettorale per le elezioni presidenziali americane.
Ramon Schack: L’impresa della Wagenknecht
L’impresa della Wagenknecht
Michelangelo Severgnini* intervista Ramon Schack
“La BSW, grazie alla sua fenomenale ascesa in un brevissimo lasso di tempo, ha rivitalizzato il dibattito e ridisegnato il panorama politico della Germania”.
Dal giorno della sua fondazione (l’8 gennaio 2024), il partito Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW) ha cominciato lentamente a cambiare le carte in tavola all’intero dello scacchiere politico tedesco.
Nato come una costola di Die Linke, storico partito di sinistra, ha ormai più che triplicato, in meno di un anno, le percentuali che quest’ultimo partito ormai raccoglieva in Germania.
Come tutti i partiti europei che propongano un’agenda alternativa alle direttive più o meno ufficiali di Bruxelles, la BSW è stata in questi ultimi mesi accusata di razzismo, populismo e tutto il corollario appresso.
A quanto pare però, i suoi elettori non la pensano così e, nel mentre che l’Europa si fa una ragione sulle ragioni della BSW, gli elettori tedeschi sembrano progressivamente dare la loro preferenza a questa nuova formazione.
Per quanto sia un’alleanza nata intorno alla figura di Sahra Wagenknecht, questo nuovo progetto politico è forse l’unica proposta elettorale al momento in Germania in grado di raccogliere i bisogni delle fasce popolari della popolazione, ma anche di dare una risposta alle paure di una sinistra che esce a pezzi dalla stagione del finto moralismo fatto di Ong ancelle della menzogna e di sostegno militare all’Ucraina. Finto moralismo di cui sia Die Linke che il partito dei Verdi hanno dato ampio sfoggio Inn questi ultimi 3 anni di governo Scholtz.
Thierry Meyssan: A Kazan l’ordine del mondo è precipitato
A Kazan l’ordine del mondo è precipitato
di Thierry Meyssan
Il vertice dei BRICS a Kazan ha segnato la fine del dominio del G7 sul mondo. Le regole anglosassoni che organizzavano le relazioni internazionali saranno gradualmente sostituite da impegni vincolanti sottoscritti da ciascun Paese. Questa rivoluzione ci riporta ai tentativi fatti da Russia e Francia nel 1899 di stabilire un diritto internazionale, vanificati dalla Conferenza Atlantica e dal duopolio Stati Uniti-Regno Unito
Il XVI vertice dei BRICS allargati si è tenuto a Kazan (Russia) dal 22 al 24 ottobre [1]. Oltre ai nove capi di Stato e di governo dei Paesi già membri dell’organizzazione, vi hanno partecipato altri 11 Stati; inoltre, una ventina di Paesi hanno presentato richiesta di adesione.
Questo evento rappresenta il culmine della strategia avviata nel 2019 dal presidente brasiliano Luiz Inácio da Silva, dal primo ministro russo Vladimir Putin, dal primo ministro indiano Manmohan Singh e dal presidente cinese Hu Jintao. Il loro obiettivo era instaurare relazioni internazionali fondate sulla Carta delle Nazioni Unite, che avrebbero consentito a ogni Paese di svilupparsi. Non si trattava di opporsi all’imperialismo occidentale del G8 (di cui la Russia è stata membro fino al colpo di Stato occidentale di Maidan del 2014 in Ucraina), ma di esplorare un’altra via, senza gli anglosassoni.
Putin ha svolto un ruolo centrale nell’istituzione di questo organismo di cooperazione economica, simile a quello svolto dallo zar Nicola II nel 1899, quando fu inventato il diritto internazionale [2]. Fu Putin a organizzare il primo vertice dei BRICS a Ekaterinburg, dove la Russia fu però rappresentata dal presidente Dmitri Medvedev.
In un’intervista rilasciata in occasione del vertice di Kazan, Putin, citando le affermazioni del primo ministro Narendra Modi, ha ribadito che «i BRICS non sono un’organizzazione anti-occidentale, ma non-occidentale».
Nella dichiarazione finale i capi di Stato e di governo affrontano quattro questioni distinte [3]:
Eros Barone: Per il 120° anniversario della morte di Antonio Labriola
Per il 120° anniversario della morte di Antonio Labriola
di Eros Barone
I clowns politici hanno sempre di che divertirci in questo paese dove fiorisce la commedia da piangere e la tragedia da ridere.
Lettera di Antonio Labriola a Friedrich Engels del 5 novembre 1894.
La “crisi di fine secolo” e lo stato di assedio politico caratterizzarono in Italia il periodo intercorrente fra le cannonate del generale Fiorenzo Bava Beccaris, con cui fu stroncata l’insurrezione popolare (Milano, 6-7-8-9 maggio 1898), e le revolverate dell’anarchico Gaetano Bresci, con cui fu stroncata la vita del re Umberto I (Monza, 29 luglio 1900). Tuttavia, questi eventi non impedirono una fioritura di studi e di ricerche intorno alla teoria di Marx, poiché in quel drammatico tornante fra i due secoli il marxismo conquistò una posizione di prestigio nella cultura italiana e divenne il centro di un ampio dibattito intellettuale che vide impegnate le menti più acute del tempo.
- Una eccezionale fioritura di studi e discussioni sul pensiero di Marx e di Engels
Nel volgere di pochi mesi videro la luce uno dopo l’altro i saggi di Benedetto Crocesu Materialismo storico ed economia marxistica, la monografia di Giovanni Gentile su La filosofia di Marx, 1 le considerazioni Pel materialismo storico di Corrado Barbagallo e La teoria del valore di Carlo Marx di Arturo Labriola: quattro giovani intellettuali emergenti che esordivano sulla scena della cultura facendo i conti con il pensiero marx-engelsiano. Sempre nello stesso periodo esplodeva la polemica sul revisionismo fra Merlino e Bissolati, il giovane Enrico Leone pubblicava sulla «Rivista critica del socialismo» un lavoro sul Metodo nel «Capitale» di Karl Marx e uscivano La produzione capitalistica di Antonio Graziadei e Il terzo volume del «Capitale» di Vincenzo Giuffrida. Una domanda sorge spontanea: come può essere spiegato il fatto che il marxismo, appena conosciuto venti anni prima, avesse raggiunto, in un’epoca in cui le idee circolavano ancora piuttosto lentamente, una simile influenza e un simile successo?
Fabrizio Marchi: L’ideologia dell’illimitato genera violenza
L’ideologia dell’illimitato genera violenza
di Fabrizio Marchi
I recenti drammatici fatti di cronaca che hanno visto come protagonisti ragazzini giovanissimi che hanno ucciso le loro fidanzatine o delle ragazzine da cui erano stati lasciati o rifiutati, hanno ovviamente dato ulteriore linfa alla solita scontatissima narrazione in base alla quale questi atti sarebbero il prodotto della cultura patriarcale e maschilista o dei suoi cascami.
La mia opinione è esattamente all’opposto. Questi gesti sono in realtà il prodotto di una società spappolata, disgregata, atomizzata e soprattutto priva di qualsiasi fondamento etico e valoriale che genera individui fragili e psicologicamente instabili. In pratica siamo in un contesto dominato dal nichilismo, riempito soltanto dalla corsa forsennata e disperata alla visibilità, al successo, all’esibizione narcisistica e, naturalmente, al denaro. Un contesto dove naturalmente ogni vincolo comunitario – quindi in primis, ma non solo, la famiglia, anche non obbligatoriamente tradizionale – deve tendenzialmente essere distrutto o quanto meno fortemente indebolito. La figura e la funzione del padre e del paterno nel loro complesso, quindi non soltanto e non necessariamente biologici, sono stati già da tempo letteralmente massacrati e del tutto sovrapposti al tanto vituperato patriarcato. Come si suol dire, il bambino è stato buttato insieme all’acqua sporca.
Clara Statello: Crolla il fronte ucraino. Perché la Russia schiera i soldati nordcoreani?
Crolla il fronte ucraino. Perché la Russia schiera i soldati nordcoreani?
Il trattato tra RPDC e Federazione Russa. Le opzioni dell’occidente
di Clara Statello
Kiev rompe il tabù: il fronte del Donbass sta crollando. Lo ha ammesso apertamente il maggiore generale ucraino Dmitry Marchenko.
“Non è un segreto militare. – ha detto martedì mattina ad un blogger ucraino – I russi sono entrati a Selidovo e stanno stabilendo lì un punto d’appoggio, penso che nel prossimo futuro la circonderanno e la cattureranno completamente, il che darà loro un’uscita tattica verso Pokrovsk”.
Adduce tre ragioni alla situazione disperata sul fronte sud:
- La mancanza di munizioni e armi;
- La mancanza di personale, di rinforzi e la conseguente stanchezza degli uomini;
- Squilibri nella gestione delle truppe sui fronti.
Per l’analista militare tedesco di Bild Julian Röpke il fronte ucraino “sta cadendo a pezzi. Città dopo città, insediamento dopo insediamento, Kiev perde da 2 a 5 chilometri al giorno ed in sei mesi potrebbe arrivare nel Dnepr, scrive sul suo account X.
Atilio Boron: BRICS 2024. Il veto suicida del Brasile contro il Venezuela
BRICS 2024. Il veto suicida del Brasile contro il Venezuela
di Atilio Boron*
L’imperdonabile veto del governo brasiliano all’ingresso del Venezuela nei BRICS+ non è una sorpresa. Esistono conflitti profondamente radicati tra i progetti regionali e internazionali del Ministero degli Affari Esteri del Brasile e quelli del governo bolivariano. Questo conflitto, a volte latente, altre volte manifesto, si è verificato indipendentemente da ciò che Lula pensava durante i suoi primi otto anni di mandato. Dopo molti attriti diplomatici, le relazioni tra Brasilia e Caracas si sono normalizzate solo dopo la sconfitta dell’ALCA nel novembre 2005.
Ma i rancori tra i due governi, e soprattutto tra i rispettivi ministeri degli Esteri, erano come quelle braci coperte di cenere, apparentemente spente, ma bastava una brezza per ravvivare il fuoco. E il vento soffiava forte nelle steppe di Kazan.
Per i diplomatici del subimperialismo brasiliano – mi rifaccio a questa caratterizzazione di Ruy Mauro Marinii (cf. “Subimperialismo y dependencia en América Latina”, Ver Adrián Sotelo Valencia, CLACSO 2021) – la posizione internazionale di Chávez, il suo instancabile iperattivismo e il tono fortemente antimperialista del suo discorso e della sua pratica concreta (come la creazione di Petrocaribe, ad esempio), hanno provocato fin dall’inizio una malcelata repulsione nei quadri dirigenti del Ministero degli Affari Esteri brasiliano.
Va ricordato che, a differenza della stragrande maggioranza dei Paesi, la “relativa autonomia” di cui gode il ministero degli Esteri all’interno dell’apparato statale brasiliano fa sì che le sue definizioni e proposte prevalgano spesso su quelle che potrebbero essere adottate dal presidente in carica, soprattutto quando quest’ultimo è un civile.
Alberto Giovanni Biuso: Mitridate
Mitridate
di Alberto Giovanni Biuso
Da vari decenni non possiedo un televisore e, quando mi capita di dormire in un albergo, mi sottopongo a un piccolo esperimento: accendo la TV e guardo per qualche decina di secondi i primi 50/60 canali memorizzati. Scorrono quindi tutte le reti RAI, quelle di Mediaset, la7 e numerosissime emittenti locali.
E allora ogni volta comprendo. Comprendo come soltanto un lento ma inesorabile processo di mitridatizzazione possa permettere a tante persone intelligenti di sottomettersi ogni giorno per varie ore a qualcosa che a me appare stupefacente:
-un’informazione (i ‘telegiornali’) che si vede subito essere né più né meno che fiction, declamata urlando, tutta uguale nelle reti nazionali, pubbliche o private che siano, tutta obbediente alla medesima ‘scaletta’ e alle stesse parole d’ordine, un vero e proprio cinegiornale del Duce fascista, che pur con governi diversi da decenni si esprime sempre alla stessa maniera;
-un ‘intrattenimento’ semplicemente idiota. Non trovo altro aggettivo per definire quiz; ballerini; stantii e volgarissimi comici; programmi ‘sportivi’ dove non si vede mai lo sport e invece si parla, si litiga, si urla; cantanti più o meno attempati e più o meno travestiti da majorettes o tenutarie di bordelli; grandi fratelli et similia dove la ‘spontaneità’ è evidentemente costruita a tavolino dagli sceneggiatori/autori di quei sedicenti ‘programmi verità’;