Comunicato CC 26/2024 – 12 novembre 2024
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Lottare per mettere fine alla partecipazione del nostro paese alla Terza guerra mondiale promossa dai gruppi imperialisti USA-NATO, sionisti e UE!
Rendere pubbliche informazioni sulle strutture militari USA-NATO presenti in Italia!
Il nostro paese è sempre più coinvolto nella Terza guerra mondiale. Dalla spesa militare inserita nella prossima legge di bilancio che farà salire il bilancio del Ministero della Difesa da 28 a 32 miliardi di euro, alla commessa di 20 miliardi di euro affidata alla joint venture (associazione temporanea di imprese) tra l’italiana Leonardo e la tedesca Rheinmetall per la costruzione di carri armati, il governo Meloni amplia la partecipazione del nostro paese alla Terza guerra mondiale promossa dai gruppi imperialisti USA-NATO, sionisti e UE. È quello che conferma anche il Ministro della Difesa Crosetto, ossia che “l’aumento delle spese militari è necessario perché il nostro Paese non è preparato alla guerra” e che fa il paio con le dichiarazioni del Generale Carmine Masiello (che il governo Meloni lo scorso 15 febbraio ha nominato capo di stato maggiore dell’Esercito italiano): in un recente discorso affermava che “l’esercito non è fatto per vivere nella burocrazia, ma per prepararsi alla guerra”.
Sempre più esplicitamente i vertici della Repubblica Pontificia sono costretti a dichiarare apertamente che siamo in guerra e che è inevitabile l’impegno più ampio del nostro paese nella guerra in corso.
Per i gruppi imperialisti USA-NATO, sionisti ed europei la guerra è indispensabile per mantenere il loro dominio sull’umanità e alcuni di loro con la produzione militare accumulano anche enormi profitti.
Ma la maggiore subordinazione agli imperialisti USA, quindi il maggiore coinvolgimento nelle loro guerre e la complicità con i sionisti d’Israele contrappongono sempre più il governo Meloni alle masse popolari italiane. Allargano il numero di persone che scendono in piazza o comunque sono indignate e preoccupate, rafforzano la lotta degli organismi già attivi contro la guerra, contro le basi USA e NATO e solidali con la resistenza palestinese, mettono in discussione prassi correnti che prima erano più o meno “pacifiche”, come gli accordi di collaborazione tra università italiane e università, aziende ed enti sionisti.
Denunciare capillarmente con articoli di giornale, scritte murali, locandine e volantini, attraverso i social network ogni base militare, agenzia e installazione NATO e USA presente sul nostro territorio rafforza la lotta di tutti gli organismi attivi contro la Terza guerra mondiale.
Per questi motivi pubblichiamo la relazione che un lettore della nostra propaganda ci ha mandato sull’oleodotto NIPS (Northern Italy Pipeline System) della Rete NATO POL (Petroleum Oil Lubricant). La sua relazione fornisce anche utili istruzioni su come realizzare ricerche simili e smascherare installazioni che vengono utilizzate a scopi militari.
La relazione mette in evidenza anche che ogni struttura ad uso militare, in particolar modo quelle di collegamento e che forniscono anche servizi civili, ha bisogno di rispettare una serie di criteri e accorgimenti che allo stesso tempo diventano segni di riconoscimento della sua esistenza.
Il nostro paese è disseminato di installazioni militari, basi, poligoni, comandi, infrastrutture a uso militare o a “doppio uso” (civile e militare) riconducibili alle attività della NATO e possibile bersaglio nella guerra in corso. Conoscerle e rendere pubblica la loro esistenza vuol dire fornire a tutti gli organismi operai e popolari informazioni utili per lottare contro la sottomissione del nostro paese alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA-NATO, sionisti e UE!
La presenza di una struttura militare USA-NATO deve risaltare in ogni località!
Spezzare il velo di segreto sulle installazioni e opere militari presenti nel paese a uso dei gruppi imperialisti USA-NATO!
La denuncia pubblica delle loro attività è un primo fondamentale passo per organizzarsi e dare uno sbocco concreto alla lotta contro la NATO!
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Dove passa l’oleodotto NIPS (Northern Italy Pipeline System) della Rete NATO POL (Petroleum Oil Lubricant) e come trovarlo
Salve compagni,
vi scrivo perché avete più volte esortato i vostri collaboratori, simpatizzanti e lettori a segnalare strutture della NATO o simili presenti sul territorio italiano e quindi vorrei con questa lettera fare ciò che chiedete e illustrare anche il metodo con cui ho fatto questa mia ricerca, in modo che sia d’esempio anche per altri che vogliono fare azioni simili.
La struttura su cui ho trovato informazioni è l’oleodotto NIPS della Rete NATO POL.
Per prima cosa ho trovato, cercando su Internet, diverse notizie in merito all’oleodotto. In particolare, uno studio del Politecnico di Torino (qui) trovato in rete molto interessante che contiene un sacco di dati. La funzione dell’oleodotto è quella di essere una fonte di approvvigionamento continua e costante per fornire carburante ai velivoli nei principali aeroporti del nord-est del paese, partendo dal mare occidentale “più sicuro” fino appunto agli aeroporti militari del nord-est (dove da sempre stazionano militarmente gli statunitensi), ovvero storicamente nei territori esposti in prima linea durante la guerra fredda, quando il confine del blocco occidentale era a Trieste. Oggi il confine si è spostato molto più lontano, in Ucraina, ma la posizione dell’oleodotto è comunque funzionale perché il “nemico” è nella stessa direzione. In questo studio viene disegnato un tracciato di massima dell’oleodotto e vengono indicati alcuni comuni che attraversa: grazie a queste informazioni ho capito dove passa a grandi linee e dove cercare.
La partenza dell’oleodotto è sita nel Porto di La Spezia dove è presente un terminale navale di attracco alla rete presso uno dei moli (è possibile però che le navi attracchino a largo come avviene per i rigassificatori, e che ci siano tubature subacquee, quindi senza un attracco diretto al molo anche per ragioni di sicurezza). Dal punto iniziale nel molo il tubo finisce in primo luogo al deposito di stoccaggio sito a Vezzano Ligure (SP), per poi passare al secondo deposito di Pontremoli (ancora non trovato sulla mappa) dove si stocca il carburante prima del passo appenninico (non è da escludere che ci siano vecchie gallerie nascoste da qualche parte sotto il cosiddetto passo della Cisa), fino ad arrivare al deposito principale di Collecchio (PR) subito dopo le montagne, dove l’oleodotto arrivato in pianura si divide in tre direzioni. Un altro deposito trovato è quello fuori dall’Aeroporto Militare di Ghedi (BS).
Questi sono i depositi di carburante che ho trovato, ma non è da escludere che all’esterno di ogni aeroporto militare ce ne sia uno dove si stocca il carburante in una zona “sicura” esterna al perimetro dell’aeroporto, forse affinché non venga preso di mira assieme all’aeroporto in caso di attacco militare, cosa che farebbe saltare tutto in aria.
Questi depositi sono identificabili dal satellite attraverso Internet (mi manca solo quello di Pontremoli e altri eventuali esterni ad ogni aeroporto). Infatti le cisterne, anche se interrate e per quanto nascoste alla vista, presentano comunque una forma circolare del terreno che le ricoprono se viste dall’alto, e devono essere tenute a debita distanza dagli alberi e più in generale dalla vegetazione spontanea, le cui radici potrebbero rovinare le strutture, cosa che li rende dall’alto piuttosto visibili.
In particolare dal deposito principale di Collecchio l’oleodotto si divide in 3 tronconi: il principale continua dritto in direzione nord-est fino a Ghedi per poi proseguire fino a Vicenza e ad Aviano (PN), servendo tutti i principali Aeroporti militari e probabilmente anche i civili più importanti lungo questa linea. Questo è sicuramente il troncone principale e strategico in quanto punta a servire le più grosse basi USA e NATO del nord-est, dove sono stoccate anche la maggioranza delle testate nucleari presenti in Italia. Risulta quindi il tratto fondamentale su cui insistere nell’approfondimento della ricerca.
Gli altri due tronconi, sicuramente meno rilevanti ma comunque strategici, seguono parallelamente la via Emilia: da Collecchio fino all’Aeroporto Militare di San Damiano (PC) correndo a sud della via Emilia in una linea mediana tra la via Emilia e la Pedemontana (è da capire se è ancora attivo e se in funzione siccome l’aeroporto non è più cosi strategico dal punto di vista militare); mentre da Collecchio a Bologna correndo sempre a sud della via Emilia in una linea mediana tra la via Emilia e la Pedemontana fino a Bologna, probabilmente passando dalla città e dall’aeroporto di Bologna e poi si inoltra verso la Romagna ma stavolta passando a nord dell’autostrada A14, fino all’Aeroporto Militare di Cervia (RA).
Il tratto di Bologna è sicuramente uno dei pochi urbani (perché la maggior parte del percorso si svolge in campagna) e sarebbe interessante capire quale punto attraversa precisamente nella città di Bologna, perché di sicuro attraversa zone civili e residenziali, che in caso di guerra diventerebbero sicuramente obiettivi militari, vista la strategicità dell’oleodotto dal punto di vista anche della difesa aerea.
Nel tratto oltre all’aeroporto di Cervia (RA) l’oleodotto arriva fino all’Aeroporto di Rimini, siccome fino agli anni ‘90 li era presente una squadriglia di caccia bombardieri NATO armati di missili nucleari.
Dopo aver capito la struttura generale della rete, ho effettuato ulteriori ricerche su Internet e ho affinato la ricerca. Anche se certe informazioni di natura militare non vengono divulgate in maniera trasparente nelle mappe dei piani regolatori, non si può segretare una eventuale fascia edilizia di rispetto delle aree edificabili, dove si deve per forza dire ai costruttori di non costruire in quel punto. Quindi proseguendo nella ricerca, in una cartina geografica trovata sempre online era presente un punto sulla mappa che recitava in chiaro “spia militare”, segno che ci sono cartelli identificativi del tracciato.
A quel punto ho effettuato una trasferta in auto, nonostante i molti chilometri e lo spostamento di regione, per fare un sopralluogo nel punto indicato. Arrivato sul luogo ho trovato, precisamente nel punto indicato, il cartello specifico per segnalare la presenza dell’oleodotto (ogni tot metri a quanto pare ce ne è uno), che serve appunto ad avvisare che non si deve scavare o costruire in alcun modo lungo tutta quella linea. Trovato il primo cartello è stato un gioco da ragazzi trovare gli altri (è bastato unire i puntini sulla mappa).
I cartelli si presentano fissati su un tubo metallico di circa 2 metri di altezza e di circa 8-10 cm di diametro, con un cartello fissato a “bandiera” sull’asta e di colore bianco. Spesso ho trovato questi cartelli rovinati, quasi come se fossero stati grattati oppure come se le intemperie del tempo avessero rovinato le scritte ormai quasi illeggibili. Ma ne ho trovati alcuni in perfetto stato, forse perché ricollocati in tempi più recenti o non ancora manomessi.
Il cartello tipicamente recita le seguenti scritte:
Sul lato A:
cartello n° XXX
AMMINISTRAZIONE DELLO STATO
E’ fatto divieto di:
- deteriorare, asportare, e/o spostare la presente segnaletica Art. 437 C.P. – Art. 673 C.P.
- effettuare escavazioni e/o arature oltre 50 cm. di profondità nella fascia di m 2 così come indicato dal presente cartello
- in caso di emergenza telefonare al n° 0521/994534 o al n° 0521/805222
I numeri di telefoni segnalati nel cartello, hanno il prefisso telefonico di Parma e guarda caso, sia la società privata che gestisce l’oleodotto, sia il centro di comando Nato hanno sede a Parma, ad ulteriore conferma di aver trovato la cosa giusta.
Sul lato B:
In alto al centro è stampato:
un simbolo triangolare di pericolo di tipo infiammabile
con due frecce ai lati che indicano 1m di distanza ai lati
La sottostante scritta recita:
CONDOTTA INTERRATA
DIVIETO DI ARATURA ED ESCAVAZIONE
OLTRE 50 cm DI PROFONDITÀ
Nelle vicinanze del cartello, a volte anche a diversi metri di distanza, sono spesso presenti i classici sfiatatoi di superficie che regolano la pressione interna del tubo, ma in questo caso non è un segno di riconoscimento in quanto gli stessi sfiatatoi o simili sono presenti per ogni infrastruttura di questo tipo (metanodotti, acquedotti, ecc.), quindi l’invito è a non farsi confondere da questi ma di concentrarsi sul cartello bianco che differisce dagli altri cartelli segnalatori rispetto ai gasdotti, acquedotti, eccetera.
L’oleodotto sembra quindi essere sempre interrato e segnalato da appositi cartelli, quindi in teoria non è mai visibile ad occhio nudo: rimane da capire come attraversa i grandi fiumi, dove non è cosi facile farlo passare sotto al letto del fiume, in questi casi mi viene da dire potrebbero esserci tubi in vista vicino ai letti del fiume, oppure potrebbero essere incorporati in infrastrutture civili come ponti o dighe. Questo aspetto è ancora da indagare, non ho fatto sopralluoghi sui grandi fiumi.
Ritornando alla mappatura. Questo metodo pratico appena spiegato, con il quale ho trovato l’oleodotto, è replicabile in tutti i luoghi del passaggio dell’oleodotto, immagino anche quelli in cui io non sono stato di persona. Le province coinvolte sono: La Spezia (Liguria), Massa (Toscana), tutte le province dell’Emilia Romagna tranne Ferrara e Rimini, Cremona, Mantova, Brescia (Lombardia), Verona, Vicenza, Treviso (Veneto), Pordenone, Udine (Friuli).
Spero di aver riassunto la mia esperienza in modo esaustivo, in modo che gli organismi che lottano contro la presenza di installazioni militari USA e NATO presenti nei vari territori possano replicare e ampliare la ricerca, che mi ha portato a rintracciare la posizione dell’oleodotto, senza alcuna conoscenza di base dell’infrastruttura militare indagata, per di più utilizzando solo fonti trovate in rete!
Questo per dire che sembra una cosa tanto segreta, ma se sono riuscito a trovarlo io da casa che sono solo un civile curioso, immagino che qualsiasi analista o esperto militare nemico possa farlo senza troppi problemi.
Rimane anche da capire in quale misura l’oleodotto in questione fornisca carburante anche agli aeroporti civili, siccome è importante comprenderne a pieno la funzione. Potrebbe infatti essere certamente rilevante e strategico non solo per le guerre di aggressione USA-NATO (che vogliamo combattere) ma anche banalmente per la difesa nazionale (e quindi legittima), ma se ci pensiamo è una struttura strategica anche dal punto di vista civile, che serve banalmente per togliere il traffico di centinaia se non migliaia di camion cisterna dalle nostre autostrade. Il punto è che non sappiamo ancora se il nostro governo abbia su di esso il controllo o per che cosa venga davvero usato.
Quindi l’invito è a trattare il tema non come se fosse un obiettivo militare e basta, ma come tutte le cose che hanno un ambivalenza, cercando di discernere i due utilizzi, anche se inevitabilmente intricati, per aumentarne la comprensione da parte delle masse. Suggerisco come forma di lotta pacifica e scherzosa, di diffondere il numero di telefono trovato sul cartello, e invitare ad effettuare scherzi telefonici, ai numeri che dovrebbero essere (ma non ho testato la cosa) quello del centro di Comando NATO di Parma o quello della società privata che per suo conto lo gestisce.
Vi ringrazio dell’attenzione!
Avanti compagni!